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Lo Stato italiano deve pagare per le vittime dei crack delle finanziarie. Gli anni 80 - 90 sono stati quelli dell’alta finanza, del boom delle Borse e delle grandi scalate.
By Admins (from 28/03/2013 @ 03:04:20, in it - Scienze e Societa, read 3042 times)

Quest’impetuosa crescita ha comportato numerosi benefici ai singoli protagonisti della scena economica: grandi gruppi, multinazionali, banche, assicurazioni e società finanziarie hanno sfruttato al meglio tutte le occasioni che il ventennio ha presentato.

Un tassello è pero mancante al mosaico: il singolo risparmiatore non ha raggiunto quel grado di tutela e di partecipazione che gli spetta di diritto.
Il suo ruolo è rimasto limitato a quello di spettatore pagante, se non di partecipante al "parco buoi", e solo in alcuni casi la normativa si è occupata delle sue problematiche.
Il vuoto non riguarda solo l’aspetto legislativo ma si estende anche al disinteresse generale del sistema nei confronti delle necessità dell’investitore privato.

I FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO DI DIRITTO ITALIANO

La Legge n. 77 del 1983 promuoveva presso i risparmiatori lo strumento del fondo comune mobiliare di diritto italiano, il lancio del prodotto era aiutata da una compatta e massiccia azione dei grandi organi di stampa (tutti controllati dalla grande industria).
L’istituzione delle casse comuni gestite era ovviamente ben vista da tutte le realtà industriali, bancarie ed assicurative che vedevano l’importante vantaggio di questo nuovo strumento di finanziamento per le attività imprenditoriali.

I fondi comuni mobiliari italiani non hanno trovato successo presso il grande pubblico che continua a preferire l’acquisto diretto di titoli pubblici.
La Legge 77 del 1983 istitutiva dei fondi comuni mobiliari di diritto italiano non è stata più aggiornata dal legislatore e non fornisce pertanto ancora adeguate risposte ai seguenti interrogativi posti dal mercato:

  • la società di gestione acquista i titoli contenuti nel fondo comune: a quale prezzo e da quale ente?
    qual è l’ammontare delle commissioni applicate dalla società di gestione per la negoziazione dei titoli contenuti nel fondo comune?
  • quante volte nel corso dell’anno la società di gestione rinnova completamente (lucrando per se stessa altre commissioni di negoziazione) il portafoglio del fondo comune?
  • alcune società di gestione amministrano meno di cento miliardi di lire: cosa succede nelle pericolose situazioni in cui la massa amministrata dal fondo comune mobiliare è al di sotto del livello di convenienza?

Negli USA le menzionate situazioni sono seguite attentamente dalla SEC Security Exchange Commission a difesa della collettività dei risparmiatori.
Questi interrogativi spiegano forse il limitato interesse dei risparmiatori italiani verso il sistema dei fondi comuni mobiliari italiani che gestisce attualmente circa 140.000 miliardi di lire.

Il mercato dei fondi comuni mobiliari italiani è peraltro dominato, per ammontare della massa amministrata, da una decina di importanti gruppi bancari ed assicurativi.
I gruppi che gestiscono fondi comuni mobiliari dovrebbero fare pressioni sul Parlamento affinchè la Legge regolatrice del citato strumento venga migliorata a vantaggio dei risparmiatori e quindi dei gruppi proponenti.Nei Paesi europei dove le Autorità e le Associazioni dei consumatori sono più attente alla difesa dei diritti dei risparmiatori imperano organizzazioni come, ad esempio, la scozzese Scottish Equitable che da sola gestisce una massa di denaro superiore a quella amministrata da tutto il sistema dei fondi comuni mobiliari italiani.

I TITOLI ATIPICI
La fine degli anni 80 segna il crollo di organizzazioni dedite al collocamento di titoli "atipici" come l’Europrogramme di Arnaldo Bagnasco, la Eurogest di Paolo Federici e di altre minori come l’Istituto Fiduciario Lombardo di Vincenzo Cultrera, l’Istituto Finanziario Piemontese dei fratelli Canavesio e la OTC Overseas Trade Center di Luciano Sgarlata.
Una recente sentenza della Magistratura ha condannato il Ministero dell’Industria ad indennizzare alcuni clienti (quelli che si erano organizzati per la tutela) della OTC per i danni subiti a ragione dei mancati controlli ministeriali.

L’EUROPROGRAMME E L’EUROGEST
I veri disastri, a ragione delle masse amministrate e del numero di clienti coinvolti (circa 40.000) furono quelli del fondo immobiliare Europrogramme e del gruppo Eurogest (la fiduciaria Fundus e la Scotti finanziaria spa).
Il caso Europrogramme è in buona parte risolto grazie anche all’impegno degli ex Agenti del fondo immobiliare a difesa dei loro clienti, una novità è il riaccendersi di un procedimento legale nei confronti del gruppo De Benedetti presunto mandante di una campagna di stampa che mise in crisi il fondo immobiliare.

E’ invece irrisolto il caso Eurogest (il gruppo del finanziere Paolo Federici) dove gli azionisti della Scotti finanziaria spa (una immobiliare che nel 1987 aveva un patrimonio immobiliare superiore a mille miliardi di lire) hanno visto azzerato il valore dell’investimento per ragioni che non sono ancora chiare.
Gli ex fiducianti della fiduciaria Fundus sono invece intrappolati in una liquidazione coatta amministrativa dove i liquidatori si rifiutano cautelativamente di liberare la massa amministrata esistente a ragione delle pretese dell’Amministrazione finanziaria per presunte omesse ritenute da parte della fiduciaria: in otto anni l’Amministrazione finanziaria ha perso ben cinque volte in Commisione tributaria (anche in quella Centrale) ma continua a presentare ricorsi: ed i risparmiatori aspettano !

Il caso Eurogest vede coinvolti circa 20.000 risparmiatori.
AssoCittadini ha presentato una circostanziata denuncia penale in merito alle presunte responsabilità nella crisi Eurogest.

GLI AGENTI DI CAMBIO
La fine degli anni 80 vedeva morire anche la categoria degli agenti di cambio che chiudevano con diversi crack la storia della loro attività.

LE SIM
Gli anni 90 sono quelli del lancio delle SIM società d’intermediazione mobiliare con la Legge 1/1991.
L’ultimo crack di una SIM (la napoletana PROFESSIONE & FINANZA) fa salire il conto dei risparmi bruciati a circa 700 miliardi lire con circa 10.000 investitori in difficoltà.
Ma anche per le SIM più solide e corrette c’è un pericolo: la liberalizzazione europea che scatterà a settembre con l’entrata in vigore del Decreto Eurosim
I provvedimenti a carico di SIM e Fiduciarie nel 1992 hanno riguardato cinque società, ventisei nel biennio successivo, quattordici nel 1995 e quattro nel 1996.
Nel complesso quelle sanzionate sono state quarantanove delle quali trenta fallite, o in liquidazione coatta o cancellate.

Le motivazioni di questi crack sono inquietanti perché i soldi dei clienti sono quasi sempre spariti nel nulla.Nel 1994 è stata dichiarata fallita la Zoppi Sim: è da considerarsi un fatto storico perché finalmente a seguito di questo crack per la prima volta un Magistrato ha fatto ispezionare dalla Guardia di Finaza la Consob e finalmente, quest’anno dei dirigenti della Consob sono stati rinviati a giudizio per abuso d’ufficio.
La Unionsim, l’associazione che raggruppa 32 società non legate a grandi gruppi, ha preannunciato una elevata moria di SIM in occasione dell’entrata in vigore della direttiva Eurosim: il preludio dello scoppio della vera competizione europea.

LE SIM BANCARIE: IL CREDITO SVIZZERO
Neanche l’ingresso dei grandi istituti bancari, italiani e stranieri, nel capitale delle SIM è riuscito in questi anni a tenere i clienti al riparo delle irregolarità gravi degli operatori.

E’ questo il caso della ELVIGEST, controllata dal gruppo CREDITO SVIZZERO, di grande blasone e di dimensioni di livello assoluto.
La fiduciaria venne sospesa nel 1995 dalla Consob a ragione di una evidente costante subordinazione degli interessi della clientela a quelli del gruppo CREDITO SVIZZERO.
Ci risulta che parte della clientela abbia accettato delle transazioni mentre altri hanno avviato delle procedure legali attualmente in corso.
Il CREDITO SVIZZERO ha riorganizzato le sue attività in Italia concentrandole nella CREDIS SIM.

LE SIM BANCARIE: LA ING SVILUPPO
Una storia particolare è poi quella della ING SVILUPPO FIDUCIARIA, controllata dal grande gruppo BANCARIO ASSICURATIVO olandese ING INTERNATIONALE NEDERLANDEN GROEP, la ING SVILUPPO fiduciaria fu multata dalla CONSOB nell’ottobre 1993 con l'ammenda più alta mai comminata: 80 milioni di lire. La ING SVILUPPO FIDUCIARIA fu poi sospesa nell’estate 1994 a ragione di una scarsa trasparenza nei costi di gestione imputati ai clienti.
Il gruppo olandese ING, azzerati i vertici aziendali in Italia sta ora tentando il rilancio: sono però diverse le spiegazioni che la ING deve ancora fornire al pubblico italiano.

GLI EMERGING MARKETS
La ING comprò nel 1994 il gruppo SVILUPPO dalla FINARTE del finanziere Francesco Micheli, la ING si lanciò immediatamente in Italia l’attività di collocamento di diverse tranches delle obbligazioni "emerging markets", cioè emissioni obbligazionarie che la ING aveva proposto in altri Paesi del mondo cosiddetti emergenti quali il Cento ed il Sudamerica, i rendimenti offerti al pubblico italiano per le "emerging markets" era allettante e previsto comunque dopo qualche anno di impiego: la stampa finanziaria non ha più fornito notizie sui risultati ottenuti dal risparmiatore con queste obbligazioni.

GESTIARTE
La ING deve poi ancora fornire spiegazioni adeguate in merito ad una attività ereditata da Francesco Micheli: GESTIARTE.
Gestiarte fu il primo (ed anche l’ultimo) tentativo di lanciare in Italia un fondo comune d’investimento in opere d’arte.
L’Avviso richiesto dalla Consob ai sensi di legge d’avvenuta pubblicazione del prospetto informativo e riportato su Il sole 24 ore dell’8.11.1989 prevedeva la chiusura dell’operazione al 31.12.1995 ma sembra che questa data non sia stata rispettata ed i lavori siano ancora in corso.

LA BANCA DI ROMA E LA IMPREFIN SIM
Ma esistono casi ancora più clamorosi, come quello che ha coinvolto la BANCA DI ROMA e una sua controllata la IMPREFIN SIM con sede legale a Milano.
Un vero e proprio scandalo, se non altro per i nomi eccellenti che sotto un codice cifrato risultavano essere clienti della SIM.

Tutto cominciò alla fine del 1993, quando alla CONSOB arrivarono le denunce d’alcuni clienti della IMPREFIN SIM, che lamentavano un risultato di gestione inferiore alle attese.

Tra le irregolarità trovate dagli ispettori Consob la cosa più grave fu quella che sui conti dei VIP c’era sempre il segno positivo ed, in qualche caso le operazioni erano finanziate dalla stesa SIM.

Da quando gli Ispettori Consob hanno richiesto l’azzeramento del vertice della IMPREFIN SIM, la BANCA DI ROMA è corsa ai ripari.

Dopo aver ripianato i 25 miliardi di perdite ed aver nominato nuovi dirigenti, ha trasferito le attività della SIM nella FIGEROMA, altra SIM controllata. E la vita continua!

IL PRIMATO DELLA BANCA POPOLARE DELL’ETRURIA E DEL LAZIO
La SIM ad avere il primato del fallimento tra le SIM bancarie è la ECU SIM, controllata dalla BANCA POPOLARE DELL’ETRURIA E DEL LAZIO e dalla BANCA DI LANCIANO, essa è stata dichiarata fallita a luglio del 1995.

LO STATO DEVE INTERVENIRE

E’ impensabile che gli intermediari falliti trovino disponibilità liquide per appianare le perdite dei clienti.La reperibilità degli ingenti fondi necessari per la ricapitalizzazione degli enti finanziari disastrati può derivare solo in minima parte da contribuzioni dirette degli stessi intermediari.

Si potrebbero destinare ad un "Fondo di garanzia" parte delle disponibilità liquide non ancora acquisite dal Consiglio di Borsa, per la restante parte non sembrerebbero esserci alternative ad un intervento pubblico, in altre parole con qualche forma di prestito straordinario al "Fondo" da parte del Tesoro o della Banca centrale.Oppure infine, con un’emissione di titoli pluriennali, garantiti dallo Stato, da parte del "Fondo" stesso.

Lo Stato deve risarcire il risparmiatore che perde il denaro per la scarsa vigilanza degli enti preposti.
La Corte d'Appello di Roma ha recentemente stabilito che i risparmiatori che hanno investito e perso il loro denaro perché hanno fatto affidamento sull'obbligo di vigilanza del MINISTERO DELL'INDUSTRIA E DEL COMMERCIO potranno essere risarciti dal dicastero stesso.

Tale sentenza stabilisce infatti che il principio del neminem laedere (divieto di produrre un danno illecito) vale anche nei confronti delle istituzioni pubbliche che, attraverso il loro comportamento illecito, negligente o imprudente, abbaino finito per provocare danni ai cittadini.

Maggiore tutela giuridica e patrimoniale, diffusione delle informazioni e possibilità di una migliore educazione finanziaria: ecco le ragioni per cui AssoCittadini scende in campo a difesa del risparmiatore mettendo a disposizione tutte le sue risorse.

Fonte: associttadini.org

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