L’istruzione pubblica specchio del Paese, tra malcontento e caos: “Il Ministero pretende una didattica efficace anche in classi di trentacinque alunni, la maggior parte dei quali cresciuta senza libri e senza regole”. Un articolo per ‘Tu Inviato’
C’è aria di scuola. Nel senso che la scuola è per aria: quest’anno, se possibile, più che mai. L’istruzione italiana non è più un problema politico: è semplicemente un cancro sociale le cui metastasi ingarbugliate hanno contribuito a decretare la morte di tante cose. Del profitto degli alunni soprattutto.
Perché se la fame di cattedre, di pane e di serietà affligge penosamente i docenti precari, è soprattutto la conseguenza di essa a condannare (chissà per quante generazioni ancora) l’Italia e gli italiani. Il punto è che tanti neppure se ne accorgono e in troppi preferiscono non guardare. Per primo il ministro Gelmini, solidale a parole, sprezzante di fatto. E totalmente indifferente al destino della scuola pubblica.
Quella privata, invece, sembra godere di ottima salute; anche in questo caso, però, si tratta di apparenza (ma credo si possa tranquillamente parlare di presa per i fondelli): oggi più che mai gli istituti privati (cattolici e non) sono sovvenzionati anche dalle nostre tasche e molti di essi, sfruttando il dramma economico dei precari e avendo esclusivamente fini di lucro a discapito degli obiettivi culturali, sfornano futuri universitari impreparati, viziati e presuntuosi. Ecco, forse, una delle cause di questo disastro: la presunzione. Una piaga molto italiana. Sempre più italiana. La presunzione di non aver bisogno di imparare niente da nessuno. La presunzione di avere figli laureati e realizzati delegando, però, ad altri l’onere dell’educazione e del disincanto. La presunzione di considerarsi un insegnante insostituibile (magari vecchio, stanco e annoiato. Eppure insostituibile). La presunzione permea il tessuto del nostro Paese.
Non a caso gli italiani hanno scelto un preciso e fedele rappresentante di questa mentalità, sottovalutandone, ahimè, le conseguenze: la presunzione esaspera l’egoismo, l’egoismo genera malcontento e il malcontento determina il caos.