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Il presidente di BigG è stato ascoltato dalla Commissione Giustizia del Senato Usa. A Mountain View si favoriscono da soli? "No, non siamo a conoscenza di manipolazioni", la risposta
By Admin (from 06/01/2012 @ 14:03:19, in it - Osservatorio Globale, read 3226 times)

Immaginate Google come uno Stato. Un accogliente, servito e funzionante Stato in cui i cittadini non pagano le tasse. Immaginate, come è ovvio che sia, che negli anni sempre più persone decidano di trasferirsi in quest'area e che Google, altro passo ovvio, decida a un certo punto di investire direttamente sul territorio di sua proprietà aprendo negozi, ristoranti e banche che vadano a concorrere direttamente con quelle già presenti e di diversa paternità. È a questo punto che Google viene chiamato da un'autorità sovrastatale a spiegare, o meglio a rassicurare in merito, in che modo gestisce la concorrenza commerciale a Googlelandia: spinge i cittadini verso i suoi esercizi commerciali? In che modo permette o meno a strutture di altri di avere successo? Si comporta correttamente? E, in definitiva, se invece di uno Stato fosse il mondo intero, è giusto che sia Google a decidere cosa funziona o cosa no?

L'ex amministratore delegato e presidente di Google Eric Schmidt è stato chiamato al cospetto della commissione Giustizia del Senato statunitense a a fornire lumi sull'equivalente situazione che si è generata online. Sul banco degli accusatori Yelp, Expedia e Nextag, portali che accusano Mountain View di fare il bello e il cattivo tempo con le gerarchie del suo motore di ricerca, e ad ascoltare e punzecchiare Schmidt alcuni dei senatori americani (Mike Lee, Al Franken e Richard Bklumenthal), scettici sulla buona fede dell'attività del colosso californiano. La Federal Trade Commission sta portando avanti delle indagini per verificare la correttezza del comportamento di Google e l' Unione europea si sta interrogando sulla questione da tempo.

Forte dei suoi dieci anni di esperienza alla guida della società, il timone a gennaio è tornato nelle mani del fondatore Larry Page, Schmidt ha respinto le accuse in quello che si può definire senza mezzi termini il solito modo: è apparso tranquillo, non è entrato nel dettaglio del funzionamento tecnico del motore di ricerca e si è trincerato dietro al principio secondo il quale è prima di tutto nell'interesse di Google, che " vive nel costante terrore di una migrazione verso un prodotto concorrente", fornire risultati utili e non alterati. " Non sono a conoscenza di manipolazioni dei risultati per dare rilevanza ai nostri", "per motivare la presenza dei servizi di Google al terzo posto dei risultati di ogni ricerca dovrei avere in mano dettagli tecnici", "diamo rilevanza a ciò che è più completo per l'utente", "non siamo perfetti, ma aggiorniamo le pagine ogni 12 ore", sono alcune delle risposte date alla commissione a stelle e strisce.

Nella parte finale quello che di primo acchito potrebbe sembrare uno scivolone, ma in realtà è solo l'ennesima dichiarazione in linea con la tradizionale difesa di BigG: " Diamo la preferenza ai nostri risultati di ricerca quando riteniamo che i nostri siti offrano le migliori risposte agli utenti".

Inoltre, ha fatto notare Schmidt in vari passaggi, gli equilibri in Rete stanno cambiando e gran parte delle informazioni passa ormai dai social network. Una risposta, questa, che potenzialmente potrebbe aprire un nuovo vaso di Pandora. Stando alle accuse mosse ieri, a puntare il dito contro Schmidt e compagnia potrebbe esserci stato benissimo Mark Zuckerberg per l'attività di auto-comunicazione che Google ha organizzato per il debutto e la promozione di Google+. La freccia rossa comparsa sulla hompage del motore di ricerca ieri, quando il social network di Mountain View ha aperto le porte a tutti, invitava gli utenti a utilizzare il servizio era pubblicità scorretta comparendo su una piazza in cui il confine fra pubblico e privato è sempre più labile? Far comparire i profili di Plus in testa alle ricerche mette in difficoltà gli altri social network già attivi e inibisce l'entrata nel settore a nuovi attori? Ancora: il +1 di Plus in che modo modifica le ricerche? E quello dei nuovi attori è un tasto toccato in modo particolare da chi accusa e assicura che oggi non sarebbe in grado di iniziare il suo business a causa del comportamento di Google. Ieri si è parlato anche di Android e Schmidt ha replicato che chi usa uno smartphone dotato del sistema operativo del gigante sotto accusa non deve per forza affidarsi al suo motore di ricerca. Suzanne Michel, dipendente Google ed ex Federal Trade Commission, aveva inoltre dichiarato che i due terzi delle ricerche mobili di Google arrivano da dispositivi Apple, per precisa scelta di adozione del servizio da parte di Cupertino.

Si potrebbe andare avanti all'infinito prendendo tutti i concorrenti di Google Places, Google Shopping, YouTube, Google Books, Google Flight eccetera eccetera e interrogarsi, anche con prove pratiche, sulla visibilità che hanno su Google Search. La risposta sarà sempre la stessa: agiamo in buona fede e nell'interesse dell'utente, che fra l'altro può tranquillamente approdare altrove. Ed è questo, per ora, l'ago della bilancia. Lo strapotere di Google è sotto gli occhi di tutti nei dati degli istituti di ricerca, 65% del mercato Usa in agosto, ma a differenza di quanto accaduto offline a Microsoft non è stato ancora dimostrato che all'internauta viene imposto qualcosa. Che si tratti dell'utilizzo del motore di ricerca stesso o dei risultati che genera. Il monopolio è di fatto e nasce da precise scelte quotidiane, le alternative ci sono e sono a portata di click. Google fa un sacco di soldi con la pubblicità e questo continuerà inevitabilmente a esporla a rivendicazioni di questo tipo o a accuse come quelle mosse a Street View, mancato rispetto della privacy, o a Google News, sfruttamento dell'attività giornalistica, e starebbe facendo intensa attività di lobbing per evitare di finire nell'occhio del ciclone come Bill Gates anni fa. Per ora le risposte di Schmidt e colleghi, per quanto vaghe e basate quasi esclusivamente su non facciamo niente di male, - il celebre motto di BigG è " don't be evil" -  sono state sufficienti. La palla alla prossima indagine.

Fonte: daily.wired.it - Credits per la foto: Ap La presse