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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

This opens up new implications for the treatment of neurological and psychiatric conditions, even suggesting that diet choices might influence their progression.

In spite of more than 20 years of research efforts, the enzymatic function of the CRYM protein has remained elusive. Previous research has shown that CRYM functions both as an important structural protein and a binder of thyroid hormones, but PhD student Andre Hallen suspected something more.

"CRYM was first discovered in the ocular lens of marsupials, that is, in Skippy's eye! Since then, we've seen it in lamb brains, in other tissues and learnt how it can be observed and mutated in mammals like humans. Now we can see more of its full potential in human health and nutrition," Hallen explains.

In a study published in the Journal of Neurochemistry, Hallen conclusively demonstrated an enzyme function for CRYM, and identified how this enzymatic activity reveals a new role for thyroid hormones in regulating mammalian amino acid metabolism.

It also recognises a possible reciprocal role of enzyme activity in regulating bioavailability of intracellular T3, with further research pathways for how this regulatory role might open up new treatment options for a range of neurological and psychiatric conditions.

Hallen lead a team of scientists on this study, including three months working in North America with Dr Arthur Cooper, a world authority on neurochemistry and amino acid chemistry.

His research has also sparked the interest of international scientists, including Patrick W Reed and Robert J Bloch of the University of Maryland, who profiled Hallen's work in their article ‘Crystallin-Gazing: Unveiling Enzymatic Activity'.

In 2012, Hallen will continue his research into this area, further exploring the role of diet in influencing hormone function, and the effects of these changes on the CRYM protein, its related mutations and conditions.

Source: Macquarie University - via ZeitNews.org

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L’ 11 marzo 2011, poco dopo il terrificante terremoto di magnitudo 9, uno tsunami si abbatte sulla costa orientale giapponese, investendo la centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Onde alte più di 10 metri sorpassano le barriere protettive, di appena cinque metri e mezzo, e inondano i sei reattori. Č black-out. I sistemi di raffreddamento saltano. Inizia così una corsa contro il tempo per evitare la catastrofe, solo in parte sventata grazie al disperato ricorso all’ acqua di mare, gettata sui reattori con idranti ed elicotteri. Non basterà a evitare fusioni parziali del nocciolo nei reattori 1, 2 e 3, incendi ed esplosioni nei reattori 2, 3 e 4. Dallo scorso dicembre, nove mesi dopo l’incidente, la situazione è stabile, con i reattori in stato di chiusura fredda, una condizione che non implica rischi immediati. Di sicuro, è stato il peggiore incubo atomico che il Giappone ricordi e l’unico altro incidente, insieme a Chernobyl, classificato come livello 7, il massimo della scala Ines. Ma fu davvero così catastrofico? Un anno dopo, è ancora difficile rispondere. 

Chernobyl victim.

Anche se la centrale Fukushima non sta più rilasciando isotopi radioattivi nell’aria, come iodio-131 e cesio-137, non è chiara quale sia stata la reale portata della contaminazione. A maggio è atteso un rapporto del Committee on the Effects of Atomic Radiation delle Nazioni Unite che dovrebbe fare un po’ di chiarezza. Intanto, al primo anniversario dell’incidente, sono emersi nuovi particolari inquietanti. Secondo un rapporto della Rebuild Japan Initiative Foundation, un’organizzazione indipendente costituitasi per indagare su Fukushima, nei drammatici giorni dopo l’11 marzo il governo considerò l’ipotesi di evacuare Tokyo, che si trova a circa 250 chilometri da Fukushima. Non s’arrivò a tanto, ma più di 100mila persone, residenti nel raggio fino a 40 chilometri dalla centrale, sono ancora sfollate e almeno 25mila non potranno far ritorno nelle loro case per i prossimi cinque anni a causa delle radiazioni.

Il quadro, tuttavia, potrebbe essere meno drammatico. Sembra che l’esposizione della popolazione alle radiazioni sia stata minima, anche grazie ai venti che giocarono a favore, spirando verso il mare. Secondo le ricerche effettuate dalla Fukushima Medical University, il 99,3 per cento delle 10mila persone residenti vicino alla centrale e sottoposte a screening avrebbero ricevuto meno di 10 millisieverts (mSv) di radioattività nei primi quattro mesi dopo l’incidente. La dose più alta registrata è stata 23 mSv, ben inferiore alla soglia di 100 mSv collegata a un più elevato rischio di cancro. Questi dati sono in linea con le analisi presentate da un panel di ricercatori statunitensi, secondo cui le conseguenze a Fukushima non saranno minimamente paragonabili a quelle del disastro di Chernobyl. Persino i lavoratori dentro la centrale – hanno riferito gli scienziati alla conferenza della Health Physics Society – sono stati esposti a livelli di radiazioni 10 volte inferiori rispetto alle 500mila persone che costruirono il sarcofago sopra la centrale ucraina, esplosa nel 1986. A Fukushima, il rischio di ammalarsi di tumore potrebbe aumentare dello 0,002%, e la probabilità di morire dello 0,0001%. Troppo poco perché si possa distinguere i casi di tumore connessi all’incidente nucleare rispetto all’incidenza nella popolazione generale.

Si tratta comunque di conclusioni provvisorie che lasciano scettici alcuni esperti. Come Hisako Sakiyama, attivista anti-nuclearista e ex biologo al National Institute of Radiology, il quale sostiene che, mentre i danni provocati dalle esposizioni acute alle radiazioni sono ben noti, gli effetti sulla salute di basse esposizioni, ma prolungate nel tempo, sono in gran parte sconosciuti.

Al di là dell’esposizione diretta, poi, restano le preoccupazioni sulla contaminazione degli alimenti. Secondo l’ultimo rapporto dell' Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) l’1% delle circa 14mila analisi svolte su cibi giapponesi fornisce ancora valori superiori ai limiti di sicurezza per il cesio 137, e una particolare specie di funghi della prefettura di Tochigi continua ad avere restrizioni sulla vendita. Tra marzo e novembre scorsi, hanno subito restrizioni alla vendita e divieti pesce, alghe, spinaci, funghi, carne, tè e latte.

Altre analisi stanno valutando le conseguenze della radioattività sull’ ecosistema naturale. Non così drammatiche, per fortuna. Però gli uccelli nella regione di Fukushima si sarebbero ridotti di un terzo, secondo Tim Mousseau, ecologo della University of South Carolina in Columbia, e nell’oceano, sostiene Ken Buesseler, chimico marino della Woods Hole Oceanographic Institution, plutonio e stronzio radioattivo potrebbero accumularsi nei pesci vicino al reattore.

In termini economici, il danno complessivo alla regione di Fukushima è stimato in miliardi di dollari.

Fonte: wired.it

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Cercetatorii din cadrul Charles Sturt University au studiat modalitatile prin care micutii interactioneaza între ei. În aceasta directie oamenii de stiinta s-au folosit de imagini obtinute prin intermediul unor camere video miniaturale, montate pe capetele copiilor. Camerele au fost atasate doar pentru perioade de 10-15 minute pe zi, pentru a nu le crea micutilor niciun fel de disconfort.

Ne împrietenim  chiar înainte de a învăţa să vorbim

Astfel, studiul a permis o calatorie fascinanta la nivelul lumii vazute de cei mici, unde simple obiecte, de genul unei linguri, par de-a dreptul supradimensionate.

Experimentul a dezvaluit în premiera modalitatile prin care copii cu vârste cuprinse între 6-18 luni se folosesc de mijloace non-verbale, surprinzator de sofisticate si subtile, prin care comunica si chiar glumesc între ei.

"Am fost foarte surprinsi sa vedem cât de sofisticati erau în termenii propriilor lor abilitati sociale, precum si de încercarile pe care le faceau pentru a fi siguri ca vor invita alti copii în propriul lor grup social. Micutii se foloseau chiar de mici jocuri sociale, de care adultii nu îsi dau seama decât daca urmaresc foarte atent comportamentul copiilor", declara Jennifer Summison, cercetator în cadrul universitatii australiene.

Spre exemplu, copii pretindeau ca daruiesc altora câte o jucarie, doar pentru a le-o smulge instantaneu din mâna, sau stateau în scaunele foarte apropiate si faceau schimb de biberoane.

Cu o alta ocazie, cercetatorii au surprins o fetita de un an, care încerca sa consoleze un alt copil speriat, acoperindu-l cu o bucata de material transparent sub care copilul speriat se simtea protejat si putea sa observe lumea înconjuratoare cu un sentiment de siguranta.

Sursa: AFP via descopera.ro

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Experimentele efectuate pe soareci si pe sobolani au aratat ca reducerea masiva a numarului de calorii consumate a dus la prelungirea vietii acestora, însa acest experiment nu poate fi reprodus pe oameni.

Postul negru, secretul vieţii lungi şi al creierului sănătos

Acum, cercetatorii de la National Institute of Aging din SUA au descoperit ca persoanele care nu consuma niciun fel de aliment timp de o zi sau doua beneficiaza de un efect de protejare a creierului de afectiunile degenerative.

Profesorul Mark Mattson, conducatorul laboratorului de neurostiinte al institutului, a declarat: "Reducerea numarului de calorii poate proteja creierul, însa efectul nu poate fi obtinut prin reducerea cantitatii de mâncare consumate. Cea mai buna varianta este adoptarea unor perioade de post total, în care nu se consuma nimic, alternate cu perioade în care se poate consuma orice".

Cercetatorii au descoperit ca atunci când cantitatea de calorii consumate este redusa drastic se observa cresterea cantitatii de substante chimice din creier ce au rolul de mesager celular. Aceste substante au un rol important în stimularea cresterii neuronilor din creier, proces ce contracareaza efectul afectiunilor precum Alzheimer sau Parkinson.

"Celulele creierului sunt supuse unui stres ce produce un efect similar celuia pe care exercitiul fizic îl are asupra celulelor din muschi. Asadar, efectul este unul pozitiv", a explicat Mattson.

Descoperirea a fost prezentata în cadrul unei conferintei anuale a American Association for the Advancement of Science, ce a avut loc în Vancouver.

Sursa: The Guardian via descopera.ro

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Ever wonder what trees, water skimmers and laundry detergent have in common? It turns out that the physical concept of surface tension is essential to their function.

The idea behind surface tension is that in a mixture of two molecular components -- let’s call them component "A" and component "B" -- the "A"s would really like to stick with their fellow "A"s and don’t want to be next to any "B"s, similar to boys and girls at a sixth-grade dance.

If you pour oil on a cup of water, the oil will quickly separate out to the top of the mixture to minimize the contact area between the two components. The higher the magnitude of the surface tension, the more the "A"s cannot stand the "B"s. Surface tension is important in many natural processes, including allowing trees to carry nutrients from the roots out to the branches and water skimmers to walk on the surface of water.

Conflict between different surface tensions

The interface between hydrophobic (oily) and hydrophilic (watery) components has very high interfacial tension, or surface tension. The magnitude of surface tension can be adjusted by adding amphiphilic molecules, ones that contain both hydrophilic and hydrophobic components, like soaps. These amphiphilic molecules prefer to be at the interface between the two components, and effectively lower the interfacial tension, allowing the components to mix more easily. At sufficiently low interfacial tension, small droplets of oil begin to dissolve in capsules called “micelles” composed of the amphiphilic molecules. This is how detergent causes oily stains to dissolve in water.

In a recently published article in Nature, an interdisciplinary team of researchers at Brandeis headed by Zvonimir Dogic, and consisting of experimental, theoretical and computational physicists as well as biologists, has demonstrated a new way of controlling interfacial tension using a molecular property called “chirality,” or lack of mirror symmetry. Examples of chiral structures include human hands and a DNA double helix.

The study was performed on a model system of two-dimensional colloidal membranes, a flexible sheet composed of micrometer-sized rod-like particles. Because the rods are chiral, they tend to twist in a small angle with respect to neighboring rods. However, the geometry of the membrane prevents twisting in the structure’s interior; only along the perimeter can the rods twist. Increasing the strength of chirality, or twistiness of the rods, lowers the energy of the rods along the membrane’s edge, also lowering the interfacial tension.

By manipulating the microscopic shape, the team of researchers was able to create reversible transitions of a flat two-dimensional membrane to a one-dimensional twisted ribbon. Engineering this system that creates reversible transitions is part of an overall research mission to manipulate microscale structures of materials.

In the first movie, the twisted ribbons have much more interfacial area than the membranes, but are much “twistier” structures, and are therefore favored when the strength of chirality is relatively high.

Additionally, in the movie below, researchers illustrate how they can drive the same membrane-to-ribbon transition using optical tweezers, an instrument that uses laser light to grab objects and move them around.

This work presents a powerful new method to control the assembly of materials, the researchers found.

Source: Brandeis University - via ZeitNews.org

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Coca Cola e Pepsi modificano le ricette. Appena appena, solo per quello che riguarda un colorante. Č l'unico modo per evitare di dover scrivere sull'etichetta “ nuoce gravemente alla salute”, o qualcosa del genere.

Il motivo porta il nome della molecola 4- metilimidazolo, quella che si forma durante la preparazione di un tipo di caramello usato nelle bibite e in altri alimenti (per la precisione il caramello solfito-ammoniacale, indicato nelle etichette con la sigla E150D). Lo Stato della California lo appena ha inserito nella lista nera delle sostanze cancerogene. Qui la produzione delle bevande si è già adeguata e presto la nuova ricetta sarà diffusa su tutto il mercato statunitense, per una questione di efficienza di produzione. Attualmente le lattine vendute negli Stati Uniti contengono circa 140 microgrammi della sostanza sotto accusa, mentre il limite, in California, è fissato a 29, come riporta Reuters.com.

"Siamo certi che non vi sia alcun rischio per la salute pubblica che possa giustificare dei cambiamenti [nella ricetta], ma abbiamo ugualmente chiesto ai nostri fornitori di caramello di tenerne conto, affinché i nostri prodotti non siano bersagliati da messaggi allarmanti scientificamente infondati”, ha detto Diana Garza-Ciarlante, una rappresentante della Coca-Cola Co., ad Associated Press, in una dichiarazione ripresa anche dalla Bbc. In ogni caso, i consumatori –  assicurano entrambe le aziende – non si accorgeranno di nulla.

Il 4-metilimidazolo è stato correlato da alcuni studi allo sviluppo di tumori in topi e ratti e un'analisi pubblicata circa un anno fa su Lancet Oncology dallo Iarc, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità, lo indicava tra le sostanze “ possibilmente cancerogene” ( gruppo 2B).

Secondo l' American Beverage Association, invece, non ci sarebbe alcun rischio per i consumatori: la California avrebbe bandito la sostanza senza alcuno studio che ne comprovi l' effetto cancerogeno negli esseri umani.

Per i produttori PepsiCo Inc. e Coca-Cola Co. il tormento è cominciato lo scorso febbraio, quando il Centre for Science in the Public Interest (Cspi), un'associazione di consumatori, ha sottoposto una petizione (la seconda in realtà) alla Food and Drug Administration affinché quel colorante fosse vietato. Al momento, la petizione è al vaglio dell'agenzia regolatoria. La quale, però, ha già sottolineato che una persona dovrebbe bere oltre mille lattine al giorno per raggiungere la dose risultata cancerogena per gli animali considerati negli studi in questione. Attualmente esiste un limite per questo colorante stabilito dalla stessa agenzia ed è di 250 parti per milione. I livelli riscontrati anche nella analisi della Cspi sono di 0,4 ppm.

Fonte: wired.it

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Oamenii de stiinta spun ca ADN-origami ar putea fi utilizat pentru a gasi si a distruge celule din organism.

Cercetatorii le numesc nanoroboti pentru ca aceste noi capsule îndeplinesc sarcini robotice. Ele folosesc un sistem similar cu cel al celulelor din sistemul imunitar pentru a comunica cu receptorii din exteriorul celulelor.

Nanoroboţii luptă împotriva cancerului (VIDEO)

Oamenii de stiinta au creat structura nanorobotilor folosind un software cu sursa deschisa numit Cadnano. Apoi, au construit nanorobotii folosind metoda ADN origami. Fiecare dispozitiv are un diametru de aproximativ 35 de nanometri si contine 12 situri interioare care permit atasarea moleculelor si doua pozitii exterioare pentru atasarea aptamerilor, lanturi scurte de nucleotide cu secvente speciale pentru recunoasterea moleculelor din celulele tinta. Aptamerii actioneaza ca niste clame: atunci când se ajunge la tinta, ele permit deschiderea dispozitivului si împrastierea substantei din interior.

Specialistii au explicat ca mecanismul functioneaza ca un lacat cu cifru: mecanismul se declanseaza doar atunci când ambii markeri sunt la locul potrivit. Pâna în prezent, au fost testate 6 combinatii de aptameri, fiecare fiind programata sa vizeze un alt tip de cancer.

Deoarece nanorobotii pot fi programati pentru a-si elibera substanta doar atunci când constata ca celulele tinta sunt într-un anumit stadiu de boala, ei reusesc sa atinga un grad ridicat de precizie si specializare, pe care alte medicamente nu reusesc sa îl îndeplineasca.

Momentan, oamenii de stiinta planuiesc sa testeze nanorobotii pe animale, iar daca cercetarea va avea succes, atunci ea are mari sanse sa devina un tratament de uz uman împotriva cancerului.

Sursa: Nature via descopera.ro

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Announced on January in Yangon, Myanmar, a joint team from Fauna & Flora International (FFI), Biodiversity And Nature Conservation Association (BANCA) and People Resources and Conservation Foundation (PRCF), caught pictures of the monkey on camera traps placed in the high, forested mountains of Kachin state, bordering China.

World's first images of Mynamar snub-nosed monkey caught on film. Credit: FFI/BANCA/PRCF

“The Myanmar snub-nosed monkey was described scientifically in 2010 from a dead specimen collected from a local hunter,” said Frank Momberg of FFI, who organised the initial expeditions that led to the monkey’s discovery. “As yet, no scientist has seen a live individual,” he added.

“These images are the first record of the animal in its natural habitat,” said Ngwe Lwin, the Burmese national who first recognized the monkey as a possible new species. “It is great to finally have photographs because they show us something about how and where it actually lives,” he added.


Myanmar snub-nosed monkey with infants. Credit: FFI/BANCA/PRCF

Heavy snows in January and constant rain in April made expeditions to set the camera traps difficult. “We were dealing with very tough conditions in a remote and rugged area that contained perhaps fewer than 200 monkeys,” said Jeremy Holden, who led the camera trapping team. “We didn’t know exactly where they lived, and I didn’t hold out much hope of short term success with this work.” But in May a small group of snub-nosed monkeys walked past one of the cameras and into history. “We were very surprised to get these pictures,” said Saw Soe Aung, a field biologist who set the cameras. “It was exciting to see that some of the females were carrying babies – a new generation of our rarest primate.”

As with most of Asia’s rare mammals, the snub-nosed monkey is threatened by habitat loss and hunting. The team is now working together with the Ministry of Environmental Conservation and Forest (MOECAF), local authorities and communities to help safeguard the future of the species. In February this year, FFI and MOECAF will hold an international workshop in Yangon aiming to create a conservation action plan for the Myanmar snub-nosed monkey.

In addition to the world’s first images of the snub-nosed monkey, the camera trapping also caught photos of other globally threatened species including red panda, takin, marbled cat, Malayan sun bear and rare pheasants such as Temminick’s tragopan, documenting the importance of this area for biodiversity conservation.

Source: Fauna & Flora International - via ZeitNews.org

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Kamilah è la femmina di gorilla di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla) che si è guadagnata le pagine di Nature. Il motivo? Il suo dna, interamente sequenziato da un gruppo di ricerca coordinato da Aylwyn Scally del Wellcome Trust Sanger Institute, in Gran Bretagna, sta rivelando nuovi aspetti dell’ evoluzione della famiglia degli ominidi, di cui fanno parte le scimmie antropomorfe e l'essere umano. Come per esempio il fatto che quasi un terzo del genoma umano è più simile a quello dei gorilla che non a quello dei parenti più stretti, gli scimpanzé.

Gli studi molecolari compiuti in passato dagli scienziati hanno dimostrato che, geneticamente parlando, esseri umani e scimpanzé sono più simili tra loro che non ai gorilla. Ma i risultati ottenuti dall’equipe di Scally provano che, almeno in parte, le cose stanno diversamente. Dall’analisi del genoma di Kamilah, infatti, è emerso che il 30 per cento del dna dei gorilla è più simile a quello umano o degli scimpanzé di quanto questi ultimi due non lo siano tra loro. La notizia sorprende: dato che esseri umani e scimpanzé hanno in comune un antenato più recente di quello condiviso con i gorilla, è lecito aspettarsi che il loro genoma sia più simile. In effetti, lo è per il 70 per cento, mentre per il resto bisogna chiamare in causa i processi evolutivi.

Quando due eventi di speciazione sono molto vicini (come quelli che portarono prima alla comparsa dei gorilla e poi a quella degli uomini e degli scimpanzé), può accadere che alcuni dei geni dell’ultimo antenato comune vadano a finire in tutte le linee evolutive discendenti per poi essere mantenuti solo in alcune. Così, è possibile che alcune sequenze di dna si siano conservate nei gorilla e negli uomini ma non negli scimpanzé. Ciò dimostra che l’evoluzione non è un processo che conduce alla comparsa di specie via via irrimediabilmente sempre più diverse.

L’analisi del dna di Kamilah, inoltre, ha permesso ai ricercatori di comparare in modo più approfondito i genomi delle due specie di gorilla, quello occidentale e quello orientale (per le parti già sequenziate, visto che in questo caso non tutto il genoma è stato ancora svelato). In generale, i dati hanno confermato ciò che già si sapeva: la diversità genetica all’interno del genere è molto alta e necessita di ulteriori studi. Sempre che i gorilla riescano a resistere all'essere umano, principale minaccia alla loro sopravvivenza.

Fonte: wired.it - Licenza Creative Commons

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Scopul acestei cercetari este acela de a obtine carne printr-o metoda mai eficienta decât cresterea animalelor, care are o eficienta scazuta (cca. 15%) si afecteaza puternic mediul înconjurator. Prin aceasta metoda, eficienta ar putea ajunge la 50%.

Conform declaratiilor prof. Mark Post, conducatorul proiectului, utilizarea carnii sintetice ar putea reduce impactul ambiental al productiei de carne cu pâna la 60%.

Cercetatorii au reusit sa obtina în laborator fâsii subtiri de tesut muscular, cu lungimea de cca. 2 cm, latimea de 1 cm si grosimea de 1 mm. Bucatile au culoarea alba si arata oarecum ca fâsiile de calamar.

Amestecându-le cu sânge si grasime obtinuta, de asemenea, în laborator, vor rezulta hamburgeri sintetici, pe care cercetatorii intentioneaza sa îi obtina pâna la sfârsitul acestui an.

Gustul este, deocamdata, fad, iar cercetatorii afirma ca mai au de lucru pentru a obtine o carne cu aroma corespunzatoare. Apoi, e necesara rafinarea metodei pentru a spori randamentul.

Unii oameni de stiinta considera ca fabricarea carnii sintetice este o alternativa sustenabila la cresterea animalelor, mai ales în conditiile în care cererea de alimente creste mereu. Se estimeaza ca, în urmatorii 50 de ani, productia de alimente va trebui sa se dubleze, pentru a face fata cererii generate de cresterea populatiei planetei, în conditiile în care schimbarile climatice, lipsa apei si urbanizarea crescânda vor face tot mai dificila obtinerea hranei.

Alti specialisti sunt, însa, îngrijorati de continutul de substante antibiotice si antifungice care vor trebui utilizate pentru a asigura conservarea acestei carni sintetice si cred ca problema ar putea fi solutionata mai degraba prin reducerea consumului de carne în rândul populatiei tarilor dezvoltate.

Sursa: BBC News via descopera.ro

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Now Colorado is one love, I'm already packing suitcases;)
14/01/2018 @ 16:07:36
By Napasechnik
Nice read, I just passed this onto a friend who was doing some research on that. And he just bought me lunch since I found it for him smile So let me rephrase that Thank you for lunch! Whenever you ha...
21/11/2016 @ 09:41:39
By Anonimo
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By Anonimo


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