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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
By Admin (from 19/10/2011 @ 08:00:48, in it - Osservatorio Globale, read 2738 times)

Imparare come trasportare un singolo elettrone tra due punti distanti tra loro, senza che questo perda informazione lungo il tragitto, è il primo (difficile) passo per la realizzazione dei computer quantistici. Ci sono vicini alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge, che in uno studio pubblicato sulle pagine di Nature spiegano come siano riusciti a far “rimbalzare” fino a sessanta volte una particella carica da una parte all'altra di un filo elettrico. Una tecnologia che potrebbe essere usata per controllare il trasferimento di qubit (l'unità minima di dati in questi elaboratori) tra i componenti dei computer del futuro.

Detail-quantum computer

Se si pensa a un cavo percorso da corrente probabilmente si immagina all'interno di esso un flusso ordinato di elettroni che viaggiano in una direzione precisa, da un capo all'altro del filo. La realtà però è decisamente diversa: ognuno di essi nel suo tragitto segue un complicato percorso a zig zag, lungo il quale può incontrare o girare intorno ad altre particelle cariche. Nell'interagire con l'ambiente che lo circonda, l'elettrone può smarrire l'informazione che sta trasportando: in questo caso si dice che lo stato quantico che lo rappresenta ha perso coerenza, e la particella non può più essere usata come messaggero di dati. Per ovviare al problema, gli scienziati britannici hanno dunque pensato di costruire una sorta di tappeto volante per intrappolare il singolo elettrone. In pratica si tratta di sollevarlo a livelli di energia superiori a quelli delle altre particelle, e lo si fa così viaggiare indisturbato per tratti relativamente lunghi.

Secondo l'idea dei ricercatori, infatti, per poterlo trasportare, il corpo carico deve venire inizialmente intrappolato in una piccola buca chiamata punto quantico (in inglese quantum dot), dentro un pezzo di un semiconduttore di arseniuro di gallio (GaAs). All'interno di quest'ultimo, il potenziale elettrostatico (ovvero il valore dell'energia del campo elettrico percepito in un punto da una particella carica) viene poi plasmato grazie a una brevissima onda sonora, che passa proprio attraverso la buca. Il segnale, che dura appena qualche miliardesimo di secondo, crea un canale ad energia più alta di quella degli altri elettroni, che collega il punto quantico su cui si trova l'elettrone a un altro quantum dot lontano qualche milionesimo di metro. L'onda che accompagna il potenziale elettrostatico preleva dunque l'elettrone e lo fa scivolare nel canale di energia, permettendogli di raggiungere l'altra buca, dalla quale viene nuovamente risucchiato.

“Il movimento è simile a quello che si ha nell'esofago quando ingoiamo un boccone e la contrazione successiva dei nostri muscoli accompagna il cibo dalla bocca allo stomaco”, ha spiegato Rob McNeil, uno degli autori. Una volta che l'elettrone è stato spostato, un'altra onda sonora uguale alla precedente può farlo avanzare ulteriormente, mentre una inviata in direzione contraria può riportarlo alla posizione di partenza: con questo metodo i ricercatori sono riusciti a mandare un singolo elettrone avanti e indietro per più di sessanta volte lungo una distanza totale di quasi 0,25 millimetri (una distanza pressoché macroscopica, rispetto alle dimensioni delle particelle).

“Questo tipo di tecnologia permetterà ai computer quantistici di funzionare”, ha commentato Chris Ford, coordinatore della ricerca. “Molti team nel mondo stanno lavorando per costruire parti di questi nuovi elaboratori, che promettono prestazioni molto maggiori di quelli classici. Ma per ora pochi sforzi erano stati fatti per lo sviluppo di metodi che connettessero le diverse componenti, come la memoria e il processore. Se riusciremo a dimostrare che tramite questa tecnologia l'elettrone effettivamente non perde l'informazione che trasporta, il metodo potrà essere poi utilizzato proprio per spostare i qubit all'interno dei circuiti di un computer quantistico".

Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature10444

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Succede anche per i dispositivi elettronici, che un giorno potrebbero funzionare grazie ai protoni invece che ai tradizionali flussi di elettroni. Il cambio di paradigma non è affatto casuale, perché permetterebbe ai nuovi circuiti di comunicare direttamente con gli organismi viventi, in cui le cellule si scambiano informazioni attraverso il passaggio di ioni e protoni, appunto. Lo spiega uno studio pubblicato su Nature Communications dai ricercatori dell’Università di Washington, coordinati dal nanotecnologo italiano Marco Rolandi.

Detail-protoncommunication_image

Uno dei componenti fondamentali dei circuiti biologici è lo ione idrogeno (H+), ovvero un nucleo atomico composto da un solo protone che spostandosi produce una vera e propria corrente. Questa serve ad alimentare alcune funzioni dell'organismo, tra le quali la produzione di Atp, la molecola che e' usata per trasferire energia nel nostro corpo. Perché, allora, non costruire un circuito artificiale in grado di interagire con i sistemi viventi? Il gruppo di Rolandi ci ha pensato su, e ha realizzato il primo prototipo di dispositivo a corrente protonica sfruttando un materiale adatto a condurre gli ioni H+. La scelta è caduta sul chitosano, un polimero ricavato dal gladio dei calamari, un organo primitivo rimasto dopo la scomparsa del guscio.

Il transistor a protoni realizzato nei laboratori della Uw misura cinque micrometri - appena un ventesimo dello spessore di un capello - e poggia su un supporto di silicio. Il circuito è in grado di veicolare una corrente di protoni il cui flusso può essere acceso e spento attraverso un interruttore. Il piccolo dispositivo non è ancora compatibile con gli organismi viventi e dovrà essere adattato prima di poter essere testato per questo scopo.

Di fatto, però, si è aperta la strada verso un nuovo campo della ricerca, quello della bionanoprotonica. In futuro, gli scienziati potranno costruire modelli di transistor biocompatibili da applicare a qualsiasi tessuto organico. Lo scopo? Magari quello di costruire un'interfaccia artificiale attraverso cui monitorare, o addirittura coadiuvare, le funzioni vitali degli esseri viventi.

Riferimento: doi:10.1038/ncomms1489
Foto credits: Marco Rolandi, University of Washington

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Ati ratat vreodată trenul din cauza aglomeratiei din gară? Pentru a evita astfel de momente neplăcute, o echipă de arhitecti din Olanda a găsit o solutie inedită: instalarea unui tobogan într-o statie de tren, pentru a ajuta călătorii să ajungă mai repede pe peron.

Într-o gară din Olanda, un tobogan ajută pasagerii să ajungă mai repede la tren (VIDEO)

Compania olandeză de întretinere a infrastructurii feroviare, ProRail, îl numeste "accelerator de transfer", dar oricine altcineva ar spune că este un tobogan.

Instalat lângă o scară de la recent renovata gară Overvecht din Utrecht, toboganul le permite călătorilor să ajungă rapid la peron atunci când se grăbesc. Dar, înainte de toate, constructia face din Utrecht un oras mai plăcut si mai distractiv.

"Acceleratorul de transfer" a fost proiectat de firma HIK Ontwerpers si instalat la finalul lucrărilor de renovare a gării Overvecht. Constructorii au explicat că scopul a fost acela de a aduce un zâmbet pe chipurile călătorilor. Ei au sperat că o astfel de interventie ludică urbană poate ajuta la înlăturarea imaginii negative pe care o are cartierul Overvecht si se pare că si-au atins telul.

Sursa: PopUp City

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His experiments using the fluorinated polymer as a surface coating for pots and pans helped usher in a revolution in non-stick cookware. Today, NYU-Poly Assistant Professor of Chemical and Biological Sciences Jin Montclare is taking the research theme in a new direction, investigating fluorinated proteins -- a unique class of proteins that may have a wide range of applications from industrial detergents to medical therapeutics.

In a paper published in the current issue of ChemBioChem, Montclare and Peter Baker, who just received his doctoral degree from NYU-Poly, detail their success in creating proteins that are considerably more stable and less prone to denaturation than their natural counterparts. These qualities enable them to retain both their structure and function under high temperatures in which other proteins would simply break down.

Inspired by teflon, researchers create super durable proteins

Fluorinated amino acids (p-fluorophenylalnine highlighted in the interface) help stabilize Teflon-like proteins against heat inactivation, allowing them to function more robustly, even at elevated temperatures.

Inspired by the ability of fluorinated polymers like Teflon to stabilize surfaces, Montclare and Baker set their sights on developing a process that would allow them to reinforce the interface of proteins, rendering them more resistant to degradation.

“One of the main challenges of proteins—whether they’re in the body or in the lab—is that they are naturally created to function under specific conditions, and to break down under others,” Montclare explained. “A stable protein that was still active and functional under a variety of conditions would open up an extraordinary range of potential for scientists and product developers.”

Through a trick of genetic engineering, the scientists were able to coax a strain of bacteria into taking up amino acids—the building blocks of protein—that were chemically altered by the addition of fluorine. “Nature doesn’t make fluorinated amino acids, but these experiments show that we can create them,” said Montclare. The result was a "fluorinated" protein that can withstand temperatures up to 140 degrees Fahrenheit with no compromise in activity or function.

Next up for Montclare and Baker are experiments to test the limits of their success in creating fluorinated or Teflon-like proteins. They’re hoping that this type of effect can be achieved with a wide range of proteins, especially those used in medicine including some therapeutic cancer drugs. The stable proteins may also some day act as prophylactics to combat exposure to neurotoxic agents (including warfare agents)–something that is of interest to the Department of Defense. The scientists hope to improve the proteins’durability and decrease the need for precise storage conditions, which often include refrigeration to prevent breakdown.

Source: PhysOrg

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By Admin (from 17/10/2011 @ 14:00:37, in it - Scienze e Societa, read 3022 times)

Verificare gli effetti tossici di un farmaco sui reni, monitorare l’attività cerebrale per comprendere il comportamento umano, studiare gli effetti del disturbo bipolare, misurare le variazioni di temperatura indotte dalla somministrazione di medicinali. Riuscireste a farlo riducendo al minimo il ricorso alla sperimentazione animale? La sfida è stata lanciata ai ricercatori in biomedicina dal NC3Rs (National Centre for the Replacement, Refinement and Reduction of animals in Research), l’istituto inglese che da sette anni persegue tenacemente l’obiettivo delle tre R (ridurre il numero degli animali utilizzati nei laboratori, sostituirli quando è possibile con metodi alternativi ed evitare sofferenze inutili). La competizione, dal significativo titolo “Crack it”, invita gli scienziati a “incrinare” l’attuale cristallizzato sistema di ricerca che preferisce vecchie ma rassicuranti procedure piuttosto che nuove strade ugualmente efficaci.

Detail-uistiti

Sul sito dell'iniziativa sono elencate sei precise questioni - che vanno dalla chimica, alla farmaceutica, alle neuroscienze - in cerca di una soluzione: di un metodo di indagine alternativo che riduca al minimo il ricorso alla sperimentazione animale. Accanto a ogni voce è indicato esplicitamente il finanziamento che l’istituto mette a disposizione dei ricercatori (in totale 4,25 milioni di sterline, pari a quasi cinque milioni di euro).

L’iniziativa dell’istituto inglese, presentata il 20 settembre a Londra, non è isolata. Casualmente coincide con la pubblicazione su Scientific American di un editoriale che critica senza mezzi termini una consuetudine oramai inspiegabile: l’utilizzo degli scimpanzé nella ricerca biomedica. Se la loro presenza nei laboratori poteva essere considerata indispensabile in passato (a loro dobbiamo i vaccini anti polio e contro l’epatite B), oggi, oltre a essere superflua, è diventata immorale. E la loro sofferenza è troppo simile alla nostra per essere trascurata. Per questo l’autorevole rivista americana chiede che vengano introdotte norme più restrittive per chi utilizza animali e maggiori incentivi per chi si avvale di metodi alternativi. In perfetta sintonia con quanto sostengono i cugini inglesi.

Ma non illudiamoci: il problema non riguarda solo i paesi di cultura anglosassone. Un recente rapporto della LAV dimostra che nei laboratori italiani il ricorso alla sperimentazione animale è in netta crescita, anche quando si tratta di animali particolarmente tutelati: “Le autorizzazioni per gli esperimenti ‘in deroga’ - ovvero l’impiego di cani, gatti e primati non umani, l’utilizzo a fini didattici o il non ricorso ad anestesia - sono aumentate da una media di 141 per il biennio del 2007-2009 a 204 per il 2008-2009: numeri quasi raddoppiati per procedure che invece, per legge (Decreto Legislativo 116/92), dovrebbero rappresentare l’eccezione, in quanto regolamentate in modo restrittivo”.  È chiaro, quindi, che il problema è anche nostro.

Fonte: galileonet.it

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By Admin (from 17/10/2011 @ 11:00:41, in ro - TV Network, read 1902 times)

Oamenii de stiintă au dezvoltat un nou microrobot acvatic care imită capacitătile uimitoare ale unui păianjen de apă – insecta cu picioare lungi care se deplasează pe suprafata iazurilor sau a lacurilor.

Microrobotul bionic a suferit îmbunătătiri fată de modelele anterioare, iar acum este vizat ca prima optiune în misiunile de spionaj militar, de monitorizarea a poluării apelor, precum si alte operatiuni. Studiul a fost publicat recent în ACS Applied Materials & Interfaces.

"Pentru oameni, mersul pe apă este doar un vis, însă pentru unele insecte acest lucru reprezintă un mod de viată", au scris cercetătorii în lucrarea lor. Această capacitatea se datorează, în mare parte, picioarelor lor impermeabile (superhidrofobe).

Până în prezent, nenumărati cercetători au încercat să dezvolte astfel de roboti pentru a-i folosi în monitorizarea alimentării cu apă sau pentru a conduce misiuni militare de spionaj. Cu toate acestea, până acum, nimeni nu a reusit să găsească o modalitate prin care să creeze astfel de roboti care să se dovedească practici si agili.

A fost inventat microrobotul care merge pe apă! (VIDEO)

Noul prototip este de mărimea unei monede de 25 de centi americani (25 mm) si are picioare subtiri propulsate de două motoare miniaturale. În ciuda faptului că greutatea robotului este egală cu a 390 de păianjeni de apă, insecta pe care robotul o copiază, acesta se deplasează cu o foarte mare usurintă pe apă.

Sursa: Eurekalert - via descopera.ro

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Există însă un aspect destul de important pentru criza datoriilor de acum, asupra cărora investitorul nu este de acord cu economistul: recapitalizarea băncilor.

Astfel, dacă una dintre cele 10 măsuri pe care Roubini le-a enumerat pentru ca Europa să iasă din criza datoriilor era recapitalizarea urgentă a băncilor, Soros spune că băncile nu ar trebui recapitalizate, ci mai degrabă statele să garanteze pentru ele.

Este interesant că Soros vine cu o opinie împotriva recapitalizării, la putin timp după ce presedintele Comisiei Europene a transmis un mesaj de alarmă în care spunea clar că băncile europene trebuie recapitalizate urgent pentru a opri extinderea crizei datoriilor care a luat o amploare sistemică si amenintă să destabilizeze economia mondială.

Nici nemtii nu vor recapitalizare

Deutsche Bank, cea mai mare bancă din Germania si una dintre cele mai mari din lume, va face tot ceea ce poate pentru a evita o recapitalizare fortată, a declarat joi directorul său general Josef Ackermann, adăugând că Deutsche Bank are suficiente fonduri proprii pentru a se pregăti pentru criză.

Nu capitalul băncilor este problema ci mai degrabă faptul că obligatiunile guvernamentale si-au pierdut statutul de active fără riscuri', a declarat Josef Ackermann la o conferintă organizată la Berlin.

FMI: "Băncile au nevoie de 200 de miliarde de euro"

Europa are nevoie de o sumă cuprinsă între 100 si 200 miliarde de euro pentru a-si recapitaliza băncile si a recâstiga încrederea investitorilor, iar planul ar trebui derulat la nivelul întregului continent, a declarat miercuri directorul departamentului pentru Europa al Fondului Monetar International, Antonio Borges.

'Vorbim de o cifră cuprinsă între 100 si 200 de miliarde de euro, care în opinia noastră este foarte mică în comparatie cu pietele de capital europene si comparativ cu resursele noului EFSF', a declarat Borges referindu-se la Fondul European de Stabilitate Financiară (EFSF).

De asemenea, Antonio Borges a subliniat că FMI va participa cu sigurantă la cel de-al doilea pachet de slavare a Greciei, dacă Fondul va fi multumit de dorinta Greciei de a-si solutiona problemele cu datoriile. 'Dacă va exista un al doilea program pentru Grecia, asa cum se preconizează, cred că FMI va participa cu sigurantă, cu conditia să rămână convins că Grecia este pe calea cea bună, că pot fi introduse politici adecvate si că datoria poate deveni sustenabilă', a declarat Antonio Borges.

Separat, Fondul Monetar International a cerut zonei euro să găsească o solutie la criza datoriilor fără a afecta relansarea. 'Dorinta de a atinge tintele în materie de deficit nu trebuie să se facă cu riscul unei contractii la scară largă a activitătii economice', se arată într-un raport al FMI publicat miercuri la Bruxelles. În acest context, FMI consideră că cel de al doilea plan de salvare a Greciei ar trebui revizuit pe fondul unei evolutii sub asteptări a economiei si a ritmului lent de implementare a reformelor.

Sursa: capital.ro

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The research adds an important link to discoveries that have enabled scientists to gain a deeper understanding of how cells translate genetic information into the proteins and processes of life. The findings, published in the July 3 advance online issue of the journal Nature, were reported by a research team led by Yuichiro Takagi, Ph.D., assistant professor of biochemistry and molecular biology at Indiana University School of Medicine.

The fundamental operations of all cells are controlled by the genetic information – the genes –stored in each cell's DNA, a long double-stranded chain. Information copied from sections of the DNA – through a process called transcription – leads to synthesis of messenger RNA, eventually enabling the production of proteins necessary for cellular function. Transcription is undertaken by the enzyme called RNA polymerase II.

As cellular operations proceed, signals are sent to the DNA asking that some genes be activated and others be shut down. The Mediator transcription regulator accepts and interprets those instructions, telling RNA polymerase II where and when to begin the transcription process.

 Researchers decipher protein structure of key molecule in DNA transcription system

Mediator is a gigantic molecular machine composed of 25 proteins organized into three modules known as the head, the middle, and the tail. Using X-ray crystallography, the Takagi team was able to describe in detail the structure of the Mediator Head module, the most important for interactions with RNA polymerase II.

"It's turned out to be extremely novel, revealing how a molecular machine is built from multiple proteins," said Takagi.

"As a molecular machine, the Mediator head module needs to have elements of both stability and flexibility in order to accommodate numerous interactions. A portion of the head we named the neck domain provides the stability by arranging the five proteins in a polymer-like structure," he said.

"We call it the alpha helical bundle," said Dr. Takagi. "People have seen structures of alpha helical bundles before but not coming from five different proteins."

"This is a completely noble structure," he said.

One immediate benefit of the research will be to provide detailed mapping of previously known mutations that affect the regulation of the transcription process, he said.

The ability to solve such complex structures will be important because multi-protein complexes such as Mediator will most likely become a new generation of drug targets for treatment of disease, he said.

Previously, the structure of RNA polymerase II was determined by Roger Kornberg of Stanford University, with whom Dr. Takagi worked prior to coming to IU School of Medicine. Kornberg received the Nobel Prize in 2006 for his discoveries. The researchers who described the structure of the ribosome, the protein production machine, were awarded the Nobel Prize in 2009. The structure of the entire Mediator has yet to be described, and thus remains the one of grand challenges in structure biology. Dr. Takagi's work on the Mediator head module structure represents a major step towards a structure determination of the entire Mediator.

Source: PhysOrg

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Simile a Saturno, impiega 229 giorni per girare intorno alle sue due stelle e con esso per la prima volta i ricercatori riescono a osservare direttamente il transito di un pianeta circumbinario, dimostrando che si tratta di veri corpi celesti e non di mere speculazioni astronomiche. La scoperta, pubblicata su Science, è dei ricercatori coordinati da Laurance Doyle del SETI Institute (Usa).

Detail-keplero

Le osservazione dei ricercatori hanno inizialmente riguardato il corpo celeste 12644769: una stella binaria, ovvero un sistema formato da due stelle che orbitano intorno a un comune centro di massa. Dal momento che il piano orbitale del sistema è parallelo alla linea visiva, ai nostri occhi le due stelle si eclissano a vicenda. Fin qui nulla di eccezionale: lo spazio è pieno di stelle che vivono in coppia. Ma qualcosa di insolito ha attirato l’attenzione degli scienziati. Oltre ai cambiamenti in luminosità del sistema dovuti alle reciproche eclissi delle due stelle, infatti, Keplero ha rilevato altri cali di luce a intervalli di 230,3 e 221,5 giorni. 

La manifestazione di queste eclissi terziarie si spiega solo con la presenza di un terzo corpo nel sistema. Inoltre, dal momento che le eclissi si manifestano a due intervalli temporali differenti, è certo che questo intruso sia un corpo circumbinario. La riprova che si tratta proprio di un pianeta, e non di una terza stella, è arrivata da una simulazione computerizzata che ha combinato i dati sulle eclissi stellari e sulle interazioni gravitazionali tra i tre corpi. Da questa analisi, infatti, i ricercatori hanno dedotto che il terzo corpo è un pianeta simile a Saturno ma più denso per la maggiore presenza di metalli pesanti. Le stelle, invece, hanno massa rispettivamente del 20 e del 69% di quella del Sole e impiegano 41 giorni a girarsi intorno.
Infine, dal momento che l’orbita del pianeta è quasi complanare a quella delle due stelle, i ricercatori ipotizzano che il primo si sia formato dalla stessa nube di polvere e gas da cui si sono originati i suoi soli, e non che sia stato rapito da un altro sistema. 

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1210923
Credits immagine: NASA

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By Napasechnik
Nice read, I just passed this onto a friend who was doing some research on that. And he just bought me lunch since I found it for him smile So let me rephrase that Thank you for lunch! Whenever you ha...
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By Anonimo
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