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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

WASHINGTON – Two Iowa farms that together recalled more than half a billion potentially tainted eggs this month share close ties, including suppliers of chickens and feed.
Both farms are linked to businessman Austin "Jack" DeCoster, who has been cited for numerous health, safety and employment violations over the years. DeCoster owns Wright County Egg, the original farm that recalled 380 million eggs Aug. 13 after they were linked to more than 1,000 reported cases of salmonella poisoning.


Another of his companies, Quality Egg, supplies young chickens and feed to both Wright County Egg and Hillandale Farms, the second farm that recalled another 170 million eggs a week later.
Jewanna Porter, a spokeswoman for the egg industry, said the two companies share other suppliers as well, but she did not name them.
The cause of the outbreaks is so far unknown, as Food and Drug Administration investigators are still on the ground at the farms trying to figure it out. The federal Centers for Disease Control has said the number of illnesses, estimated as high as 1,300, would likely grow.

DeCoster is no stranger to controversy in his food and farm operations:

• In 1997, DeCoster Egg Farms agreed to pay $2 million in fines to settle citations brought in 1996 for health and safety violations at DeCoster's farm in Turner, Maine. Then-Labor Secretary Robert Reich said conditions were "as dangerous and oppressive as any sweatshop." He cited unguarded machinery, electrical hazards, exposure to harmful bacteria and other unsanitary conditions.

• In 2000, Iowa designated DeCoster a "habitual violator" of environmental regulations for problems that included hog manure runoff into waterways. The label made him subject to increased penalties and prohibited him from building new farms.

• In 2002, the federal Equal Employment Opportunity Commission announced a more than $1.5 million settlement of an employment discrimination lawsuit against DeCoster Farms on behalf of Mexican women who reported they were subjected to sexual harassment, including rape, abuse and retaliation by some supervisory workers at DeCoster's Wright County plants.

• In 2007, 51 workers were arrested during an immigration raid at six DeCoster egg farms. The farm had been the subject of at least three previous raids.

• In June 2010, Maine Contract Farming — the successor company to DeCoster Egg Farms — agreed in state court to pay $25,000 in penalties and to make a one-time payment of $100,000 to the Maine Department of Agriculture over animal cruelty allegations that were spurred by a hidden-camera investigation by an animal welfare organization.

It is unclear what role DeCoster's company played in the current salmonella outbreak. The FDA investigation could take months, and sources of contamination are often difficult to find. The current recall goes back to April, and many of the eggs have already been consumed.

Still, DeCoster's Wright County Egg is already facing at least two lawsuits related to the egg recall. One is from food distributor Dutch Farms, which says the company used unauthorized cartons to package and sell eggs under its brand without its knowledge.
The other is from a person who said they became ill after eating tainted eggs in a salad at a restaurant in Kenosha, Wis.
The CDC said investigations by 10 states since April have identified 26 cases where more than one person became ill. Preliminary information showed that Wright was the supplier in at least 15 of those.
Almost 2,000 illnesses from the strain of salmonella linked to both recalls were reported between May and July, nearly 1,300 more than usual, the CDC said. No deaths have been reported.
The most common symptoms of salmonella are diarrhea, abdominal cramps and fever within eight hours to 72 hours of eating a contaminated product. The disease can be life-threatening, especially to those with weakened immune systems.
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Associated Press Writer Jeff Baenen in Minneapolis contributed to this report.

Source: news.yahoo.com & Associated Press

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Buongiorno a tutti, questa è l’ultima puntata registrata del Passaparola, da lunedì prossimo saremo di nuovo in diretta e ci butteremo sull’attualità, immagino anche se non lo posso dire perché è fine luglio, che non mancheranno gli spunti per raccontare qualcosa di fresco.

La strategia del terrore di Cosa Nostra.

Facciamo oggi un’altra lista della spesa, la settimana scorsa abbiamo fatto quella della nostra classe dirigente, questa volta con l’aiuto di un Magistrato geniale, secondo me, Roberto Scarpinato che ho intervistato su questi temi qualche tempo fa, vorrei fare la lista della spesa di tutte le persone che sanno la verità sulla strategia politico – terroristico – mafiosa che concepì e poi realizzò le stragi.

Delitto Lima marzo 1992, strage di Capaci, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e uomini della scorta 23 maggio 1992, strage di Via d’Amelio 19 luglio 1992 Borsellino e uomini nella scorta e poi nel 1993 la strage mancata in Via Fauro contro Maurizio Costanzo nel maggio 1993 alla fine del maggio 1993 la strage purtroppo riuscita di Via dei Georgofili a Firenze, 5 morti e molti feriti e poi le stragi contemporanee di fine luglio a Milano al Pac (padiglione di arte contemporanea) di Via Palestro e a Roma alle Basiliche di San Giorgio un Velabro e San Giovanni in Laterano anche lì 5 morti e diversi feriti e infine la mancata strage dello Stadio Olimpico di Roma che fallì nel novembre – dicembre 1993 e fu poi annullata nel gennaio del 1994 in perfetta coincidenza con la discesa in campo di Silvio Berlusconi.

Questa strategia fu materialmente pianificata in una riunione che si tenne alla fine del 1991, almeno per i suoi sommi capi, poi naturalmente fu modificata e ritoccata in corso d’opera, dai componenti della Commissione regionale di Cosa Nostra, la cupola regionale, tutti i capi della mafia siciliana si trovarono in un casolare delle campagne di Enna e misero a punto il da farsi, qualche tempo dopo in un santuario della Calabria lo stesso fecero i capi della ‘ndrangheta, Roberto Scarpinati ha fatto un conto e ha detto che devono essere almeno 100, a tenersi bassi, le persone che sanno tutto da allora, da 18 anni e un pezzo, di quella strategia stragista, terroristico – politico – mafiosa e che però non parlano e allora è interessante capire questo segreto delle stragi chi lo custodisce e perché nessuno di quelli che lo custodiscono è uscito finora a collaborare e a raccontare quello che sa, se sa tutto o la sua parte di verità, se ne sa soltanto un pezzo, dunque intanto ci sono tutti i membri della Commissione regionale che parteciparono a quel vertice alla fine del 1991 e quindi Riina, Provenzano e Graviano, Matteo Messina Denaro, Bagarella, Mariano Agati, i Madonia di Palermo, i Madonia di Caltanissetta, Vito, Santa Paola, il padre e il figlio della famiglia Ganci e poi tutti gli altri capi della mafia siciliana che facevano parte della Commissione regionale, questi a loro volta raccontarono parte di quel progetto che avevano concepito a loro uomini di fiducia, raccontarono tutto a alcuni e questi non hanno parlato, raccontarono dei pezzettini di quella strategia a altri, perché? Perché dovevano spiegare gli esecutori materiali di questo o quel delitto, qualcosa del perché si faceva quel delitto e quindi noi sappiamo da Spatuzza per quello che gli ha detto Giuseppe Graviano, sappiamo da Maurizio, Avola, da Leonardo Messina, da Filippo Malvagni e da pochi altri cosa succedeva, c’erano altri che sapevano e che non essendo affidabili sono stati soppressi come Luigi Ilardo che era confidente del Ros dei Carabinieri che poi fu ucciso, proprio quando aveva deciso di trasformare il suo rapporto da confidente a collaboratore di giustizia e poi c’è Antonino Gioè che appena arrestato nel 1993 e sospettato della strage di Capaci, fu trovato impiccato con le stringhe delle scarpe nel carcere, se non erro, di Trento, dopo avere ricevuto strane visite di uomini dei servizi segreti e di un compagno di carcere, un certo Bellini che aveva avuto rapporto con l’eversione nera e che era considerato un confidente dei Carabinieri.

Queste persone sono già una bella cinquantina, ma non c’è soltanto la mafia, ci sono anche ambienti politici romani che nello stesso periodo sapevano quasi tutto o tutto di quella strategia, le prove? Per esempio a Roma c’era un’agenzia di stampa che si chiamava Repubblica, nulla a che vedere con il quotidiano Repubblica, era un’agenzia che faceva capo a Vittorio Sbardella, un ex fascista che Andreotti aveva preso con sé e era diventato il capo degli andreottiani a Roma, Sbardella 24 ore prima della strage di Capaci, quindi il 22 maggio del 1993 scrisse che di lì a poco ci sarebbe stato un bel botto nell’ambito di una strategia della tensione che era finalizzato a far eleggere un outsider alla presidenza della Repubblica al posto del favoritissimo Andreotti e proprio l’indomani ci fu quel botto terribile di Capaci, proprio in coincidenza con la vigilia delle elezioni di Andreotti che infatti si mise da parte e passò l’outsider Scalfaro, Giovanni Brusca anni dopo al processo Andreotti ha raccontato: noi nell’attuare la strage di Capaci speravamo, per come poi è successo, che si attivassero prima che in Parlamento venissero, venisse eletto il Presidente della Repubblica e in quel periodo, siccome c’erano state delle votazioni all’interno del Parlamento che erano andate a vuoto, quindi noi speravamo che avvenisse la strage, in maniera che per l’effetto l’On. Andreotti e si vociferava che doveva andare il Presidente della Repubblica, non venisse più fatto e in effetti dopo che ci fu la strage, subito dopo venne eletto il Presidente della Repubblica On. Scalfaro, ma solo per fatti suoi, non perché c’è stata la strage, ma il nostro obiettivo era quello di non far diventare in quel momento Presidente della Repubblica l’On. Andreotti e noi ci siamo arrivati all’obiettivo con effetto della strage di Capaci, dopodiché il progetto si fermò momentaneamente in attesa di sviluppi, poi Salvatore Riina fu arrestato.

Quindi o Sbardella o chi aveva fatto quell’articolo anonimo sull’agenzia Repubblica aveva la sfera di cristallo, oppure era a conoscenza di alcuni aspetti, almeno di quella strategia stragista e aveva deciso di lanciare un messaggio in codice a altri che ne erano a conoscenza con quell’articolo sul bel botto, del resto questa Agenzia Repubblica aveva commentato il delitto Lima in modo molto particolare, Lima viene ucciso il 13 marzo 1992 l’uomo di Andreotti in Sicilia e l’uomo di Andreotti a Roma, il Sbardella fa uscire sull’agenzia Repubblica 6 giorni dopo un articolo in cui dice che quell’omicidio era l’inizio di una strategia della tensione, all’interno di una logica separatista e autonomista volta a consegnare il sud dell’Italia alla mafia, per divenire essa stessa Stato, al fine di costituirsi come nuovo paradiso del Mediterraneo, mediante un attacco diretto ai centri nevralgici di mediazione del sistema dei partiti popolari, paradossalmente aggiungeva questa agenzia Repubblica, 6 giorni dopo il delitto Lima, sapevano anche a cosa serviva “il Federalismo del nord - la Lega di Bossi – avrebbe tutto l’interesse a lasciar sviluppare un’analoga forma organizzativa al sud, lasciando che si configuri come paradiso fiscale e crocevia di ogni forma di trasferimenti e di impieghi produttivi, privi delle usuali forme di controllo, responsabili della compressione e del reddito derivabile dalla diversificazione degli impieghi di capitale disponibile” è interessante questa lettura del delitto Lima perché qualche anno dopo un pentito di quelli che sapevano qualcosa, Leonardo Messina ha rilevato ai magistrati e anche alla Commissione antimafia, il progetto politico secessionista di cui si era discusso in quel vertice mafioso nelle campagne di Enna alla fine del 1991, cosa dice? dice che i vertici di Cosa Nostra avevano discusso di quel progetto secessionista della Sicilia sulla base di input di altri soggetti esterni che dovevano dare vita a una formazione politica sostenuta, dice lui, da vari segmenti dell’imprenditoria, delle istituzioni della politica e come faceva l’autore di quell’agenzia a sapere quale era il disegno da cui era partito il delitto Lima in permetta coincidenza con quello che anni dopo ha rivelato uno dei mafiosi a conoscenza delle decisioni prese dalla cupola di Cosa Nostra? Interessante e non è mica finito, perché alla fine degli anni 90, nel 1999 Gianfranco il miglio, l’ex ideologo della Lega Nord diede un’intervista dove disse: io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta, il sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando, cos’è la mafia, potere personale spinto fino al delitto? Non voglio ridurre il meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità, c’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del sud, hanno bisogno di essere costituzionalizzate e lo disse con riferimento al progetto che aveva la Lega nei primi anni 90, è strano che ci si ponesse al nord il problema di tralasciare il sud alla mafia, esattamente come la mafia aveva deciso di propiziare con la sua strategia stragista in quel vertice nelle campagne di Enna.

Andiamo avanti perché i segni di premonizione di quella strategia non sono mica finiti qua! C’era qualcuno che sapeva addirittura prima del delitto Lima e delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, si chiama Elio Ciolini, quest’ultimo è stato coinvolto nelle indagini sulla strage di Bologna e 9 giorni dopo il delitto Lima, il 4 marzo 1992 scrive dal carcere dove è detenuto una lettera a un giudice, Leonardo Grassi e mi anticipa che nel periodo marzo – luglio del 1992 si verificheranno fatti volti a destabilizzare l’ordine pubblico con esplosioni dinamitardi e omicidi politici e puntualmente il 12 marzo, fu ucciso Lima e a maggio ci fu Capaci e a luglio ci fu Via d’Amelio e lui dice nel periodo marzo – luglio, era a conoscenza di un pezzo di quella strategia, quello che sarebbe successo tra marzo Lima e Luglio Borsellino.

Non solo, ma il 18 marzo, subito dopo, 6 giorni dopo il delitto Lima e un giorno prima che esca quell’articolo sull’agenzia Repubblica il 19, Ciolini aggiunge che quel piano eversivo è di matrice massonico – politica mafiosa, esattamente come poi hanno rivelato alcuni collaboratori di giustizia e ha annunciato che bisognava attendersi un’operazione terroristica per colpire un personaggio di rilievo del il Partito il Socialista e guarda un po’ qualche anno dopo si è accertato che la mafia aveva progettato di eliminare Claudio Martelli, attentato che poi è fallito per motivi imprevisti.

Quanti sanno e non parlano?

E non è ancora finita, perché? Perché c’è la falange armata, una sigla strana che compare nel 1992 e mette degli strani comunicati, mandati all’Ansa o a alcuni giornali, in cui questa falange armata dà delle chiavi di lettura per capire cosa sta succedendo, è l’Italia di Tangentopoli e delle bombe, falange armata.

Quando Martelli nel febbraio 1993 viene coinvolto nello scandalo del conto protezione, il conto svizzero su cui Gelli e Calvi avevano versati 8/9 miliardi di lire nei primi anni 80 per dare a Craxi i soldi per comprarsi il Partito Socialista, Martelli Ministro della Giustizia nel 1993, coinvolto in quello scandalo si dimette dal Governo Amato, in seguito a dichiarazione di confessione che hanno reso Silvano Larini che aveva messo a disposizione il conto protezione, era il tesoriere occulto di Craxi e Licio Gelli, anche lui confessa finalmente dopo anni il suo ruolo nel conto protezione e il ruolo di Martelli e Martelli impallinato si dimette da Ministro della Giustizia, Martelli è quello che aveva fatto il Decreto antimafia.
E’ interessante vedere le date di queste dichiarazioni contro Martelli, Larini accusa Martelli il 9 febbraio 1993, Gelli accusa Martelli il 17 febbraio 1993, Martelli si dimette subito dopo e il 21 aprile del 1993, caduto ormai o stava per cadere il Governo Amato perché aveva 5 Ministri indagati che si erano dimessi, la falange armata emette un comunicato dove invita Martelli a non fare la vittima e a essere grato alla sorte che anche per lui si sia potuta perseguire la via politica invece di quella militare, deve ringraziare di essere scampato a un attentato e chi sono questi della falange armata, perché parlano? Cosa vogliono dire? A chi stanno parlando? Sono tutti messaggi trasversali di persone molto legate alle istituzioni e alla mafia che sanno tutto di quel piano e si parlano tra loro, in codice perché non possono dire tutto all’esterno, ma si mandano messaggi in un cifrario che conoscono soltanto loro.

Nello stesso comunicato della falange armata, ai avvertono anche Spadolini, Presidente del Senato, Mancino Ministro dell’Interno e Parisi, Capo della Polizia come possibili vittime di nuovi attentati o di nuove azioni comunque contro di loro e pochi mesi dopo, guarda un po’ salta fuori lo scandalo dei fondi neri del Sisde che ha una parte di verità, ci sono dei dirigenti del Sisde che si sono rubati i fondi neri del Sisde, ma questi vanno a attaccare davanti ai magistrati i Ministri dell'interno, degli ultimi decenni, accusandoli di avere fatto anche loro la cresta sui fondi neri del Sisde, tra i quali Scalfaro e Mancino, infatti Parisi per lo scandalo dei fondi neri del Sisde si dimette e traballano Mancino Ministro dell’Interno e Scalfaro che va in televisione a dire quel famoso “non ci sto” non voleva dire che non voleva le indagini su di sé, voleva dire: ho capito che c’è un piano di destabilizzazione, lo disse che quel muoia Sansone con tutti i filistei avviato dai capi del Sisde presi con le mani nel sacco delle ruberie, faceva parte di una strategia per destabilizzare le istituzioni e la falange armata lo aveva preannunciato il 21 aprile 1993, poi dice Scarpinato l’elenco è lunghissimo, lui oltretutto non può fare tutti i nomi di quelli che sanno, ma noi per forza dobbiamo porci il problema di quelli che sanno oltre a costoro che abbiamo nominato, prendete per esempio i poliziotti del gruppo del Questore di Palermo La Barbera che nel 1993 organizzano il depistaggio, costruiscono a tavolino il falso pentito Scarantino, il falso pentito Candura, il falso Andriotta, i quali sostengono di avere fatto tutto loro, compreso il furto della 126 che poi è esplosa in Via d’Amelio e solo oggi sappiamo che non era vero, perché? Perché Spatuzza si è autoaccusato e ha dimostrato di averla rubata lui quell’automobile e ha raccontato che nel momento in cui nel famoso garage veniva imbottita di esplosivo l’auto che sarebbe esplosa in Via d’Amelio era presente una persona che non c’entrava niente con la mafia, non solo non c’erano Scarantino e gli altri che si erano inventati tutto e si sono beccati l’ergastolo, loro e altri 4 che non c’entrano niente e che adesso verranno probabilmente scagionati nel processo di revisione che nasce proprio dalle dichiarazioni di Spatuzza, non solo non c’erano questi che si sono autocalunniati, mandati da chi non si sa, ma c’era un esponente dei servizi segreti che a Spatuzza è sembrato riconoscere in un funzionario del Sisde che lavorata a stretto contatto con Bruno Contrada e che adesso è indagato, si chiama Narracci, è quello che era in barca nel momento in cui esplose Via d’Amelio insieme a Contrada e ci sono 3 poliziotti della squadra di La Barbera, La Barbera è morto purtroppo nel 2002, indagati per questo depistaggio, chi ha costruito questo depistaggio? Perché hanno voluto attribuire Via d’Amelio a questi quaquaraquà di Scarantino etc. che non c’entravano niente? Come hanno fatto a convincerli a prendersi la colpa e a finire all’ergastolo per un reato che non avevano commesso, mentre erano dei piccoli traffichini di provincia? Chi volevano coprire? Hanno voluto dare una versione minimalista, al ribasso della strage di Via d’Amelio per evitare che le indagini arrivassero nella direzione giusta e salissero, l’hanno fatta scendere subito in partenza e l’hanno fatto di loro iniziativa o ce li ha mandati qualcuno e chi li ha mandati il Gen. Mori e il Capitano De Donno a trattare con Vito Ciancimino? Quanti erano i Signor Franco o i Signor Carlo dei servizi di sicurezza che affiancavano Vito Ciancimino da 30 anni e l’hanno affiancato nella trattativa e gli hanno sempre detto di stare zitto? E chi sono quelli che avrebbero dovuto sorvegliare Ciancimino agli arresti domiciliari a Roma e che invece di sorvegliarlo facevano finta di non vedere quando andava a trovarlo 6 volte Bernardo Provenzano, fino a poco prima che Ciancimino morisse nel 2002, se non erro? Vedete quante persone e quanto importanti la trattativa non poteva essere all’oscuro dei comandi generali dei Carabinieri e del Ros e non poteva essere all’insaputa di Ministri, sottosegretari, abbiamo sentito che recentemente Massimo Ciancimino ha detto che suo padre aveva la convinzione che la trattativa era condivisa da un ex Ministro della Difesa come Rognoni che ha smentito, dal Ministro dell’Interno nuovo Mancino che ha smentito, lui dice anche da Violante, quest’ultimo smentisce, però poi si ricorda che Mori voleva fargli incontrare Vito Ciancimino a tutti i costi, perché non l’ha detto 17 anni prima e l’ha detto soltanto quando Massimo Ciancimino ha raccontato queste cose?

Quindi immaginate quanta gente c’è che sa queste cose, è stupefacente che in un paese deboli di prostata come l’Italia, dove nessuno si tiene mai niente, questo segreto che è a conoscenza di almeno un centinaio di persone: mafiosi, massoni, eversori, politici, forze dell’ ordine, militari sia rimasto così impenetrabile, nessuno di questi ne ha mai fatto cenno.
Forse è proprio perché attiene a quello che Scarpinato chiama il grande War Game che si è giocato in quel periodo sulla pelle di tanti innocenti, il gioco grande per dirla con Giovanni Falcone, è una costante della storia italiana che delle stragi e dei loro retroscena ci siano centinaia di persone a conoscenza, pensate a Portella della Ginestra, hanno ammazzato decine di persone che sapevano i segreti di Portella della Ginestra da Pisciotta in avanti, pensate alle stragi della destra eversiva negli anni 70, pensate alle morti strane, pensate per esempio a quell’Ermanno Buzzi che appena condannato in primo grado per la strage di Brescia fu subito strangolato in carcere, pensate al “suicidio” in carcere di Nino Gioè, pensate a quello che racconta Nino Giuffrè il braccio destro di Provenzano che collabora dal 2005, ha raccontato che quando era in carcere, appena iniziato a collaborare, non lo sapeva ancora nessuno, o non doveva saperlo ancora nessuno, riceveva visite di strani personaggi che lo invitavano a suicidarsi e gli dicevano: ti aiutiamo noi a toglierti la vita.

E’ anche così che si conservano i segreti, ma noi abbiamo molte persone vive che conoscono i segreti e che ogni tanto quando sono proprio costrette ne tirano fuori un pezzo: Violante, Martelli che si ricorda 18 anni dopo che il suo Ministero aveva informato Borsellino della trattativa del Ros con Ciancimino, la Dirigente del Ministero Liliana Ferraro che aveva appena preso il posto di Falcone che andò lei a avvertire Borsellino di quella trattativa e quanti altri in quel Ministero sapevano di quella trattativa? E quanti altri in quei governi del 1992/1993 sapevano di quella trattativa? Poi naturalmente ci sono quelli che hanno fatto la seconda trattativa di cui parla Massimo Ciancimino, dopo l’arresto di suo padre dice Massimo Ciancimino, fu Dell’Utri a prendere il posto di suo padre come cerniera tra Cosa Nostra e Forza Italia, i giudici di Palermo hanno ritenuto provata la mafiosità di Dell’Utri fino al 1992, comprese dunque le stragi di Capaci ma non dopo ma nel frattempo le indagini su Ciancimino sono appena iniziate, i riscontri alle parole di Spatuzza e Ciancimino li stanno cercando e trovando in queste ore, in queste settimane, in questi mesi i magistrati, quindi sulla trattativa post 1992/1993 la storia deve essere ancora scritta, basterebbe che uno di questo centinaio di persone dicesse una cosa, anche soltanto la parte che è a sua conoscenza per consentire alle indagini di fare un salto di qualità formidabile, speriamo che avvenga, in fondo è una costante dei periodi di crisi, quando il sistema entra in crisi, la gente parla più volentieri, nel 1992 parlarono addirittura Buscetta e Mannoia di Andreotti, crollata la prima Repubblica, speriamo che ora che sta crollando la seconda, qualche memoria lampo abbia improvvisamente un’illuminazione e decida di spiegarci chi ha fatto cosa.

Il che cosa però lo conosciamo già e è quel piano eversivo che poi nel 1994 ha ottenuto i risultati sperati, è riuscita a sostituire la Prima Repubblica con qualcosa di analogo, il trionfo del principe direbbe Scarpinato, il trionfo del gattopardo direbbe Tommasi di Lampedusa, passate parola!

Fonte: beppegrillo.it

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Piazzale Corvetto si trova a Milano, in una zona di prima periferia a sud est. E' attraversato dai cavalcavia e dalla circonvallazione. Un quartiere di palazzi popolari, che non ha mai avuto lo splendore criminale del Giambellino o conosciuto le rivolte degli emigranti di via Padova e dintorni. Non è così lontano da piazza del Duomo ed è servito da svariati mezzi pubblici.

Corvetto è Milano, quello che rimane di Milano. Il quartiere si è gemellato da anni con Scampia, i suoi abitanti non hanno ancora messo un cartello all'ingresso, come fanno nei paesi, ma l'amministrazione comunale dovrebbe valutarlo con in aggiunta la scritta: "Corvetto secessionista". Se a Scampia alle volanti della Polizia lanciavano di tutto dalle finestre, al Corvetto sono scesi direttamente in strada per picchiare un vigile e impedire un arresto. Era in corso un pestaggio a sangue di un maghrebino da parte di alcuni abitanti del quartiere. I vigili sono intervenuti. Uno di loro ha bloccato un aggressore. Venti ragazzi hanno fermato e picchiato il vigile tra l'indifferenza degli abitanti. L'arrestato è fuggito, o meglio, è andato a dormire a nel SUO quartiere. Il Corvetto è infatti COSA LORO. I ragazzi gridavano esultanti al vigile finito in ospedale: "Te la facciamo pagare, così capisci chi comanda".

Si deve prendere atto che il Corvetto è il primo esempio di federalismo criminale a Milano. Nella zona, da anni, chi si ribella, anche per piccole cose, come un parcheggio o per gli schiamazzi, viene minacciato o picchiato con ferocia. L'emigrazione non c'entra, al massimo è mano d'opera usata dalla criminalità italiana. Milano ha La Russa ministro della Difesa, Berlusconi presidente del Consiglio e il varesotto Maroni ministro degli Interni ed è in mano al Pdl e prima a Craxi da tempo immemorabile. Se a Scampia lo Stato è assente, a Milano è forse troppo presente.

A Londra, a Vienna o a Madrid, il Corvetto, così come Scampia, sarebbero impossibili persino da concepire. Non esistono zone franche, extraterritoriali dove c'è lo Stato e, se esistono, sono la prova che lo Stato non c'è. La secesiùn comincia a dare i primi effetti. Se Boss(ol)i può invocare 300.000 fucili dalla bergamasca e il suo alleato Dell'Utri chiamare eroe Mangano, allora perché dei ragazzi, se provocati dai ghisa della Moratti, non possono difendere il loro territorio? E' il diritto del suolo e il rovescio della Repubblica Italiana, unita nella divisione.

Fonte: beppegrillo.it

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Bãrbatul despre care Administratia Prezidentialã afirmã cã i-a adresat injurii sefului statului în noaptea de vineri spre sâmbãtã la Neptun afirmã cã a fost lovit de presedinte, care i-ar fi dat "un dos de palmã", si nu exclude varianta de a depune o plângere împotriva lui Bãsescu.

Avocatul Dan Chitic a povestit pentru MEDIAFAX cum, în noaptea de vineri spre sâmbãtã, putin dupã ora 12.00, a iesit împreunã cu sotia din Vila Scriitorilor din Neptun pentru o scurtã plimbare, fãrã a avea, el sau sotia, telefonul mobil sau vreun aparat de fotografiat cu ei.

Ajunsi în fata restaurantului Ciresica, avocatul ar fi fost atentionat de sotia sa cã de pe scãrile localului coboarã presedintele Bãsescu.

"Sotia a rãmas pe loc, iar eu am fãcut câtiva pasi în directia presedintelui. Acesta s-a îndreptat, alãturi de sotia sa, spre o Dacia Logan de culoare albã, i-a deschis usa sotiei, a ocolit masina prin spate si a dat sã se urce la volan. În acel moment i-am strigat: «Sã-ti fie rusine!», exact asa, fãrã a folosi pluralul de politete", a povestit avocatul Chitic.

Acesta sustine cã presedintele a reactionat si l-a întrebat: "De ce sã-mi fie rusine, dobitocule?". Avocatul i-ar fi rãspuns: "Pentru ce ai fãcut din tara asta!".

"Iritat de invectivul adresat, i-am replicat: «Sunt un dobitoc cã te-am votat prima oarã!», iar presedintele, care aproape urcase în masinã, a coborât si a venit spre mine spunând: «Esti un dobitoc cã nu m-ai mai votat si a doua oarã!». Când a ajuns în fata mea am crezut cã vrea sã-mi spunã ceva, însã m-a lovit, mi-a dat un dos de palmã si s-a întors cãtre masinã", a declarat avocatul Chitic agentiei MEDIAFAX.

Acesta a povestit cã imediat dupã ce a fost lovit a fost prins de mâini de doi dintre angajatii SPP care-l însoteau pe seful statului. "Am apucat totusi sã-l întreb de ce m-a lovit si i-am spus, textual: «De ce dai, bã nenorocitule, cã esti plãtit din banii nostri?»".

"Am fost imobilizat, cu mâna-n gât, de cei doi SPP-isti", a mai spus avocatul, precizând cã, dupã plecarea sefului statului, a avut o discutie cu acestia, întrebându-i de ce-l mai apãrã din moment ce le-au fost reduse cu un sfert salariile, acestia replicându-i cã "e pãcat" sã existe asemenea incidente si cã "e vacantã".

Avocatul mai sustine cã presedintele "vorbea împleticit, gâjâit si mirosea a bãuturã".

Chitic afirmã cã mai multe persoane au vãzut incidentul, însã toate se tem sã recunoascã întâmplarea. "Unul dintre cei care au vãzut foarte bine cele întâmplate a fost patronul restaurantului «Ciresica». A rãmas apoi lângã mine, împreunã cu SPP-istii, si chiar m-a întrebat de unde sunt, din Constanta sau de unde sunt", a mai spus acesta.

Avocatul a mai spus cã o altã persoanã care a fost martorã la incident i-a transmis sã nu se bazeze pe eventuala depozitie a sa.

"Un alt martor, cu care am vorbit la câteva minute de la incident, mi-a spus: «Sã nu te bazezi pe mine, eu sunt mic si vreau liniste»", a mai spus avocatul Chitic.

Acesta sustine cã singurul martor dispus sã confirme întreaga scenã este sotia sa. O altã dovadã a faptului cã incidentul a existat o constituie faptul cã, dupã plecarea sefului statului, cei de la SPP "au rãmas în Vila Scriitorilor, au intrat prin restaurant, au aprins luminile" si "s-au interesat" de identitatea celor cazati acolo.

Avocatul nu a luat vreo decizie nici în privinta depunerii unei eventuale plângeri pe numele sefului statului. "Sunt încã în termen, nu vã pot spune dacã voi depune sau nu vreo plângere", a mai spus Chitic.

El a tinut sã sublinieze cã nu are nimic de câstigat din acest incident, "ba din contrã, de pierdut". El sustine cã relatarea despre incident a ajuns în presã dupã ce, la întoarcere, a povestit cele întâmplate celor cu care se afla la masa din Vila Scriitorilor, unii dintre ei jurnalisti.

"Mã tem, domnule, pentru cã nu este o întâmplare oarecare. Nu stiu dacã voi depune plângere. Gânditi-vã care este pedeapsa pentru loviri si alte violente: închisoare de la o lunã la trei luni sau amendã. De ce sã depun plângere, sã fie ignoratã timp de patru ani si patru luni de cei care ar trebui s-o rezolve? Sã consumãm hârtie degeaba?", s-a întrebat avocatul, precizând totusi cã nu a luat o decizie fermã în acest sens.

Incidentul a fost relatat, luni, de site-ul Cotidianul.ro. La câteva ore, Administratia Prezidentialã a dat publicitãtii un comunicat de presã în care sustine cã vineri searã, la Neptun, "o persoanã cu manifestãri agresive a adresat injurii presedintelui României, fãrã a exista însã un contact fizic între aceasta si seful statului", punct de vedere sustinut si de SPP.

Administratia Prezidentialã precizeazã, în comunicat, cã "regretã lejeritatea cu care site-ul cotidianul.ro lanseazã minciuni si dezinformãri despre presedintele României, Traian Bãsescu".

Sursa: Mediafax.ro

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By Admin (from 24/08/2010 @ 11:42:55, in ro - Observator Global, read 1623 times)

Un om de afaceri rus a murit la spital, unde a ajuns la volanul masinii sale, după ce a fost împuscat în cap si în umăr, luni, în casa scărilor din clădirea în care locuia, la Moscova, relatează marti RIA Novosti, citând fortele de ordine.

Bărbatul este directorul general al unei întreprinderi numite Gold Bear, potrivit sursei citate, însă AFP a constatat că nicio firmă cu acest nume nu apare pe Internetul în rusă.

"O persoană necunoscută l-a atacat în casa scărilor clădirii de pe strada academician Anohin din Moscova, după care victima a mers cu masina la spital", a declarat un reprezentant al fortelor de ordine.

Omul de afaceri, care potrivit RIA Novosti avea răni multiple la cap si la umăr, provocate de gloante, a decedat la spital.

Asasinatele la comandă sunt o practică obisnuită în capitala rusă, la zece ani după promisiunea lui Vladimir Putin, atunci când a preluat puterea în 2000, de a instaura "dictatura legii". Foarte putine astfel de cazuri sunt rezolvate.

Sursa: Mediafax.ro

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antico alberoE’ al sicuro solo per poche settimane ancora la parte polacca della foresta di Bialowieza, l’ultimo lembo della foresta di pianura che un tempo rivestiva l’Europa centrale. Mai tagliata, mai sfruttata, mai rimodellata dall’uomo. Un luogo incantato che sembra uscito da una fiaba dei fratelli Grimm.

La foresta si estende su 140.000 ettari circa. La maggior parte si trova in Bielorussia. Sul lato polacco meno del 20% della foresta di Bialowieza è parco nazionale. Il resto è soggetto a disboscamento selettivo.

E proprio questo è il punto sul quale nei giorni scorsi Greenpeace ha battagliato col Governo polacco. Il risultato è che non cadranno alberi fino alla fine della stagione riproduttiva degli uccelli. E poi?

Se volete avere un’idea del fascino della foresta di Bialowieza, leggete la descrizione che ne ha fatto la biologa Lisa Signorile sul suo blog L’Orologiaio Miope. L’ha visitata, beata lei!, all’inizio dell’estate.

Niente sottobosco sotto la volta alta e compatta degli alberi. Penombra e tronchi a perdita d’occhio. Un’aria antica di bosco maturo, come è impossibile respirarne altrove.

La selva Ericina (nell’attuale Germania) descritta da Giulio Cesare nel De Bello Gallico doveva essere più o meno così. E anche gli animali: alce e bisonte europeo, innanzitutto. Poi lupi, castori, linci, cervi, gatti selvatici…

Alcune settimane fa, Greenpeace ha dato battaglia al Governo polacco per il disboscamento selettivo della foresta di Bialowieza. Versione ufficiale: si tagliano solo alberi vecchi e malati. Parere di Greenpeace: anche essi sono indispensabili per l’equilibrio della fpresta e per tutte le forme di vita che la popolano.

Dopo proteste anche spettacolari (attivisti si sono arrampicati sul tetto del ministero dell’Ambiente a Varsavia), è stato raggiunto un accordo che prevede la sospensionedel disboscamento selettivo fino al termine dell’attuale stagione riproduttiva degli uccelli.

Non manca molto tempo, appunto. E poi? Il Governo polacco dice di voler salvaguardare Bialowieza e di voler ampliare i confini del parco nazionale. L’Independent scrive che gli abitanti della zona (oltretutto poverissima) non sono d’accordo: vogliono sviluppo, infrastrutture, posti di lavoro legati allo sfruttamento del legname.

Però Bialowieza è l’ultimo lembo dell’Europa centrale rimasto come era ai tempi di Giulio Cesare. Credo che la sua salvaguardia sia una faccenda europea, e che la Polonia non debba essere lasciata sola a farsi carico della situazione. Bialowieza è come se fosse anche un po’ mia.

Sull’Independent la battaglia per salvare Bialowieza, l’ultima antica foresta europea

Su Associated Press Greenpeace Polonia si batte per la foresta di Bialowieza

Sul blog del Wall Street Journal Greenpeace protesta per il disboscamento di Bialowieza

Su The News la Polonia limiterà il disboscamento a Bialowieza

Su Salvaleforeste proteggere la foresta di Bialowieza

Su L’Orologiaio Miope Bialowieza, l’ultima foresta

Fonte: blogeko.it

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By Admin (from 24/08/2010 @ 08:08:35, in en - Global Observatory, read 2243 times)

STOCKHOLM – WikiLeaks founder Julian Assange has dismissed sexual abuse allegations, telling a Swedish newspaper he's never had sex that wasn't consensual.

Swedish authorities issued an arrest warrant for Assange on rape suspicions this weekend but quickly withdrew it. The Australian remains under suspicion of a lesser crime of molestation.

Aftonbladet quoted Assange as saying he hasn't had sex with anyone in a way that wasn't consensual.

He said the allegations had damaged the whistleblower site because WikiLeaks' enemies will keep trumpeting things even after they have been denied."

Assange said he doesn't know what's behind the accusations "but we have been warned that for example the Pentagon plans to use dirty tricks to spoil things for us."

Source: news.yahoo.com & Associated Press

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Bucati dintr-o poveste îndepartata a Iasului sunt scoase la lumina cu migala de catre specialistii de pe santierul arheologic de la Palas.

Peste aceste schelete, care continuă să fie scoase din necropola ce datează din jurul anilor 1600, arheologii au mai adus la lumină galerii uriase, funcţionale, care vor fi însă puse din nou spre păstrare în pământ, „pentru vremuri mai bune”.

Istoria subterana de la Palas ar da frisoane de mândrie, dar si de spaima multor popoare care nu se bucura de o istorie atât de veche precum cea dintre cele sapte coline. Paradoxul Iasului este acela de a sta cocotat pe un trecut fabulos, pe care iesenii îl calca în picioare la propriu fara sa stie ca sub pasii lor se ascund bijuterii de identitate.

Orice lopata are sansa de a descoperi un vestigiu...

Pe Stela Cheptea, arheologul ansamblului Palas, o gasim în aripa sudica a santierului. Tocmai a descoperit fundatia unei vechi locuinte. A 28-a locuinta de la primele sapaturi. „Pâna la acest moment am reusit sa scoatem la lumina trei locuinte din secolul al XV-lea, patru din secolul al XVI-lea si vreo douazeci din secolul al XVIII-lea”, ne spune arheologul, dupa care se arunca precum un adevarat diriginte de santier în mijlocul muncitorilor care trudesc sub cele 38 de grade Celsius. „Mai, aveti grija sa nu-mi strapungeti pardoseala. Ai grija acolo cu lopata, mai!”, le da indicatii femeia. Muncitorii aproba sarcastic si continua sa arunce cu sete în roabe, bucati din fundatia casei de-abia scoase la lumina. Data fiind vecinatatea cu Curtea Domneasca, latura de sud a zonei cuprinse astazi între strada Palat si strada Sf. Lazar a fost populata de diferite bresle, dar si de constructii cu rol de habitat. Fiind o zona instabila, mlastinoasa, populatia de la acea vreme, din secolul al XVIII-lea, s-a ferit de constructii trainice, drept pentru care materialele folosite erau dintre cele perisabile. „Vecinatatea imediata a Gradinii Domnesti din sesul Bahluiului a început sa se populeze mai ales în secolul al XVIII-lea, pe la mijlocul acestui secol ea oferind vizitatorului imaginea unui mic cartier, denumit Brostenii, cu doua ulite podite - Podul Lung si Podul Spânzuratorilor, o biserica, ce purta hramul Sfintilor Constantin si Elena, ca si cea de astazi, si o artera comerciala, numita Ulita Sf. Constantin, cu pravalii cu un singur cat”, sustine istoricul Ioan Caprosu.

În materie de locuinte, pe latura sudica a santierului descoperirile sunt oarecum sarace, data fiind datarea acestora. Cu mici exceptii, fundatiile locuintelor care au fost scoase la lumina apartin unor asezari din secolul al XVIII-lea sau chiar de la începutul secolului al XX-lea. „Una dintre locuinte, în care s-a pastrat postamentul unei sobe cu plita, a fost reconstruita la începutul secolului al XX-lea, fapt demonstrat prin gasirea unui postament a unei caramizi ce purta anul 1909. Alte locuinte aveau temeliile adâncite în mâl. Stratul de molozuri continea multa caramida, pietre si materiale ceramice datând din secolele al XVIII-lea – al XIX-lea. Deoarece în sectorul C a fost întotdeauna un pamânt cu multa apa, chiar o zona inundabila atunci când râul Bahlui trecea prin imediata apropiere, constructiile cu temelii din caramida au constituit exceptii”, a declarat Stela Cheptea.

Cele mai vechi constructii care au fost identificate pe cuprinsul ansamblului Palas sunt dispuse pe frontul de nord al fostei ulite Sf. Constantin, acestea functionând din veacul al XVIII-lea si pâna în secolul al XX-lea.

„Nordicii” ciudati din necropola

Descoperirea care da valoare arheologica si antropologica santierului de la poalele Palatului Culturii este redata însa de o necropola din secolul al XV-lea, iesita la lumina în cursul sapaturilor sub un drum amenajat în cadrul santierului, mai precis sub o rampa de acces într-unul dintre blocuri. Peste 100 de schelete de oameni maturi, care potrivit specialistilor de la Institutul de Antropologie ar fi avut vârste cuprinse între 17 si 58 de ani la momentul înhumarii, au fost identificate într-un cimitir comun dispus în latura nord-vestica a sectorului C, între strada Sf. Lazar si strada Sf. Constantin, la sud de debarcader. „Pâna acum, din necropola descoperita în ansamblul Palas au fost extrase peste o suta de schelete care apartineau unei populatii care a locuit în aceste locuri si duse la Institutul de Antropologie pentru a se determina vechimea acestora. Sunt sigura ca schelete înca se vor mai descoperi, pentru ca este un cimitir cu un numar foarte mare de morminte”, a declarat Stela Cheptea.

Potrivit unei cercetari primare, cei 102 indivizi maturi, descoperiti într-o prima parte a sapaturilor, au fost îngropati în acelasi timp, iar scheletele au fost descoperite conservate foarte bine, pastrându-se chiar si degetele de la mâini si picioare. Scheletele au fost descoperite în gropi mari, pe grupuri de câte doi sau chiar cinci subiecti în fiecare groapa, ca si cum ar fi fost gropi comune de familie. „Erauasezate cu privirea unul catre celalalt ori capul dat mult pe spate. Bratele erau pe corp, pe abdomen ori unul pe lânga corp, iar celalalt pe piept sau abdomen, mai rar pe umeri. Erau aranjati câte doi sau un al treilea pus pe mijloc. Unde au fost gasite cinci schelete într-o groapa, atunci erau grupate câte doua si al cincilea pe mijlocul unui grup de doi. Numai în patru cazuri înmormântarile au fost individuale. Din total, numai doi subiecti au avut sicrie de lemn”, sunt constatarile primului raport de evaluare.

Peste aceste grupari neobisnuite, scheletele nu aveau asupra lor obiecte de cult sau de alt gen care sa li se fi atribuit în mod sigur. „Exceptie au facut doar opt cruciulite pectorale de metal gasite în zona gâtului la indivizii dezveliti numai în partea vestica a necropolei. Pe lânga orientarea mormintelor spre est-vest, acest fapt dovedeste ca cei înmormântati erau crestini. Erau persoane de sex masculin, înalte, cu schelet robust, probabil de tip nordic”, se arata în raportul primar, potrivit caruia aceste schelete nu prezentau urme de violenta cauzatoare de moarte.

Potrivit specialistilor, numarul însemnat de înmormântari, gruparea în morminte mari, în acelasi timp sau în momente foarte apropiate, lipsa inventarului, a reînhumarilor, lipsa copiilor si a batrânilor din necropola sunt ingredientele unei descoperiri unice în tara si peste hotare. Din primele cercetari, necropola descoperita la Palas dateaza din preajma anului 1630, cu putin timp înainte de amenajarea iazului domnesc, fapt sustinut de starea în care au fost gasite scheletele - acoperite de mâl, cu pamânt printre oase - iar gropile erau sapate în pamânt galben sau negru.

Imense galerii traverseaza subsolul Palasului

Într-o reinterpretare moderna, anumite frânturi din ceea ce a reprezentat pe vremuri locul în jurul caruia se învârteau atât activitatile zilnice, cât si cele nocturne ale Iasului se vor regasi în peisajul ansamblului Palas. Printre acestea – bineînteles, lipsite de stralucirea de altadata - iesenii vor putea admira o replica a vechilor Curti si Gradini domnesti. „Curtea Domneasca a fost timp de secole centrul vietii sociale, comerciale si culturale a Iasului. Aceasta includea casa domneasca în centru, casa Doamnei cu biserica Doamnei, vistieria, spataria, jitniceria, cuhnea, grajdurile, temnita sau biserica de pe Poarta unde se judecau pricinile marunte de catre cei sase voinici de poarta”, descrie istoricul Ioan Caprosu cum era asezata vechea Curte Domneasca, distrusa de un incendiu devastator la începutul celei de-a doua domnii a lui Radu Mihanea Voievod, pe la anul 1626. Se spune ca a fost reconstruita de catre Vasile Lupu câtiva ani mai târziu, ocazie cu care a fost reamenajata si Gradina Domneasca, prin ajutorul unor specialisti adusi de la Taringrad.

Tot în circuitul expozitional va fi inclusa si latura de est a Curtii Domnesti, care mai pastreaza fundatiile unor constructii ridicate de-a lungul secolelor XV-XVII. Aceasta parte a Palatului Domnesc a fost descoperita în prima jumatate a deceniului sapte al secolului XX, fiind adapostita în conditii insalubre la intrarea în fostul Teatru de vara. Deoarece ruinele acestor constructii au fost bine conservate, specialistii promit ca acestea vor fi puse în valoare într-un edificiu special amenajat. „Muzeul va fi un loc unde vom pastra ruinele Curtii Domnesti. La rândul ei, Gradina Palatului va fi cum era pe vremea domniei lui Vasile Lupu. Acolo se vor regasi anumite descoperiri, obiecte scoase în cursul sapaturilor, case de lemn, portiuni din ulitele podite, jgheaburi, obiecte de ceramica dar si un chiosc cu havuz. În acest moment înca suntem în perioada de cercetari. Eu trebuie sa descopar ce este de descoperit si sa le pun cap la cap pentru a reda cât mai fidel frânturi din aceste vremuri apuse”, a declarat Stela Cheptea.

Potrivit specialistului de la Palas, în urma sapaturilor au fost descoperite si o serie de tunele de legatura, cu destinatie de habitat. „Este vorba mai degraba despre câteva demisoluri care au fost locuite, nu folosite pentru alimente. Aceste demisoluri sunt si în acest moment functionale. Nu stim câte sunt de toate, dar s-au conservat foarte bine si sunt foarte mari. Ele nu vor fi puse în valoare pentru public, ci vor fi astupate cu pamânt si vor astepta vremuri mai bune. De punerea acestora în valoare ar trebui sa se ocupe Ministerul Turismului si Ministerul Culturii”, a mai precizat Stela Cheptea.

Pâna ce Elena Udrea sau Kelemen Hunor vor fi preocupati sa aduca imagistic subsolurile Palasului într-un singur concept turistic sau sa ridice stacheta culturala a Iasului, deasupra tuturor acestor descoperiri unice vor trona complexe de shopping. Caci suntem prea saraci sa ne uitam spre trecut, dar prea bogati sa ridicam peste el colosi de beton…

Autor: Nelu Paunescu; Sursa: Evenimentul.ro

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Profund neinspirat si, mai ales, ocupat cu lucruri prozaice de genul încercãrii de a asigura umilul trai al familiei, n-am comentat deloc, pânã acum, iesirea de asearã a lui Bãsescu la TVR în fata unei Culcer îngenunchiate si aproape orgasmice (dacã se mai poate biologic). M-a inspirat, ca de obicei la necaz, Mana, care, pe baza spuselor mustind de întelepciune ale unui tip delicat nãscut între Carpati ce se scarpinã în urechi când vorbeste la telefon, a scris despre mândria de a fi român.

Pe scurt, esenta mintii mele în gândul ei ar fi urmãtoarea. A fi roman nu este (sau n-ar trebui sã fie) o mândrie, ci o fatalitate. Na, o stare de fapt, ca sã nu par patetic. Te-ai nãscut român, în România, fiindcã pãrintii tãi sunt/au fost amândoi români (sau mãcar unul dintre ei) si, în general, pentru cã pe maicã-ta au apucat-o durerile facerii în tarã. Atât, nimic mai mult. Da, stiu, nu îmi mai amintiti, sunt un evreu lipsit de patriotism ai cãrui pãrinti au venit cãtãrati pe tancurile sovietice, sluga lui Voiculescu pe care a plãtit-o Vântu ca sã ponegreascã Grãdina Carpatilor.

Altfel, revenind la ideea desprinsã dintr-o emisiune jenantã, iresponsabilul ãsta e unicul presedinte din lume a cãrui activitate am urmãrit-o (si sã spunem cã m-au interesat câtiva) care-si îndeamnã plãtitorii de taxe si impozite nemultumiti de recesiunea economicã si de activitatea puterii sã plece din tarã. Presupunând prin absurd cã-i ascultãm sfatul si-o roim în masã, iar el si cu ministresa lui favoritã rãmân stãpânii Grãdinii Carpatilor, sunt curios ai cui bani o sã-i mai toace ei doi.

UPDATE: Fac un efort pentru colegii de breaslã. Fiindcã-mi sper ca aceia dintre ei care scapã de preavize cu ocazia intrãrii în vigoare a noului cod fiscal sã fie scosi de pe lista vulnerabilitãtilor pentru siguranta nationalã, îl avertizez pe cetãteanul care introduce invers betisorul în ureche cã tigara nu se bagã cu aprinsu-n gurã.

Sursa: Ciutacu.ro

WIE VAN DE DRIE

  
Raylene | Evi | Jenna
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 incendioCentrali nucleari in Italia, ma dove? Le notizie sugli incendi russi che hanno minacciato siti nucleari (bruciati anche boschi contaminati dalla catastrofe di Chernobyl, tornate nell’aria le sostanze radioattive assorbite dalla vegetazione) suggeriscono un esercizio interessante.

Si tratta di prendere la mappa delle zone a rischio d’incendio boschivo in Italia e di sovrapporla alla mappa del rischio di terremoto: perchè l’Italia, a differenza della Russia, è una terra notevolmente ballerina.

L’ha fatto il blog Italiani Imbecilli (quel nome non l’ho mica scelto io!): e guardate il risultato.

Questa è la mappa dell rischio degli incendi boschivi in Italia. Italiani Imbecilli non cita la fonte, ma la cartina è sul sito dell’Osservatorio sugli incendi boschivi. Le zone rosse sono ad alto rischio, quelle gialle a medio rischio.

mappa incendi

Fra parentesi, sul fronte del caldo e degli incendi russi ora va meglio: maltempo e fresco in arrivo. Ed ora la carta del rischio sismico in Italia. Non sono riuscita a rintracciarne la fonte, ma la mappa dell’Istituto Nazionale di geofisica e Vulcanologia dice le stesse cose, anche se con una grafica diversa.

terremoti mappa

Ed ora la somma, diciamo così, delle due carte (il rischio sismico da rosso è diventato blu per chiarezza grafica); i cerchi indicano i luoghi che paiono candidati ad ospitare le centrali nucleari. Non c’è molto da stare allegri, vero?

mappa nucleare, rischio sismico, rischio incendio

Su italianimbecilli.blogspot.com Nucleare in Italia? Russia docet

Mappa del rischio di incendi boschivi

Mappa del rischio sismico secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Su Adnkronos 
in Russia incendi in calo e maltempo in arrivo

Su Terra gli incendi in Russia e l’eredità nucleare

Fonte: blogeko.it

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