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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Il quotidiano britannico The Indipendent ha pubblicato una sconvolgente indagine dopo che 64 famiglie dei lavoratori nucleari deceduti, i cui organi sono stati segretamente prelevati per la ricerca sulle radiazioni, hanno chiesto un'inchiesta che faccia luce su questo macabro aspetto del nucleare.

Secondo L'Indipendent «Parti del corpo sono state prelevate, senza consenso, tra il 1960 ed il 1991, da 64 ex dipendenti dell'impianto nucleare di Sellafield. Organi sono stati prelevati anche da altri 12 lavoratori degli impianti di Springfields, Capenhurst, Dounreay e Aldermaston ed esaminati nei laboratori di Sellafield».

 

L'inchiesta è condotta dal procuratore Michael Redfern: che ha evidenziato diversi casi in cui i morti venivano sepolti o cremati senza molti organi interni.

 

Gli organi interessati da questi "studi" illegali e non autorizzati dai parenti erano di solito diversi: fegato e polmoni e, nella maggior parte dei casi, vertebre, sterni, costole, linfonodi, milze, reni e femori.

Secondo il quotidiano «Su ordine del responsabile medico di Sellafield venivano prelevati anche cervello, lingua, cuore e testicoli. Tutti gli organi, una volta utilizzati, venivano in seguito distrutti.
 

La maggior parte dei prelievi post-mortem venivano effettuati dai patologi dell'ospedale West Cumberland attraverso un "accordo informale" con l'ufficiale medico di Sellafield».

Dopo il prelievo gli organi venivano portati in auto a Sellafield in un box frigorifero.

 

Secondo Redfren il rapporto tra patologi, medici legali e ufficiali sanitari a Sellafield era «molto stretto» e senza rispetto delle norme professionali: «Nella maggior parte dei casi le analisi post-mortem venivano eseguite pur non essendoci nessuna rilevanza sulla causa di morte. La colpa risiede principalmente nei patologi che hanno effettuato gli esami sui cadaveri senza rispettare la legge, prelevando organi senza ricevere il consenso dei parenti dei defunti. Di conseguenza i corpi venivano sepolti o cremati privi di parti interne e le loro famiglie scoprivano la verità dopo diversi anni dall'accaduto. In alcuni casi la presenza di vigilanti e supervisori nelle attività post-mortem ha impedito abusi e permesso che i corpi venissero trattati con dignità e rispetto».

I corpi dei lavoratiori britannici del nucleare sono stati trattati come oggetti: «Le ossa, in alcuni casi, sono state sostituite con manici di scopa in modo tale che nessuno potesse sospettare - ha detto il Procuratore - Un membro di una famiglia ha descritto la propria reazione nello scoprire che il padre era stato coinvolto nell' inchiesta, 20 anni dopo il suo funerale. Lui e la sua famiglia sono completamente scossi da quello che è avvenuto. Io credo che si sia avuta mancanza di rispetto per i corpi di questi defunti ed ho trovato queste "mutilazioni" gravi e preoccupanti».

 

Sulla macabra vicenda interviene Greenpeace International: «Come dobbiamo descrivere lo scandalo che è venuto fuori dall'impianto nucleare di Sellafield questa settimana? Grottesco? Malato?

Qui, ancora una volta, vediamo la forti differenze tra l'energia nucleare e le alternative pulite più sicure. Solare ed eolico non richiedono la sperimentazione sui corpi umani, proprio come solare ed eolica non richiedono enormi spedizioni di scorie radiottive o di provocare la contaminazione radioattiva dei villaggi africani. Pensate solo ai bambini di Chernobyl. Questo è il costo che l'industria nucleare e i suoi sostenitori vogliono che vi dimentichiate di una cosa: il suo costo umano. L'era nucleare è stata costruita sullo sfruttamento degli esseri umani. I soldati marciavano verso i funghi atomici per vedere gli effetti dei test delle bombe atomiche. La gente del Niger sopporta la povertà, mentre l'uranio del Paese mantiene le luci accese nel ricco Occidente. Abbiamo la leucemia infantile intorno reattori nucleari. Le compagnie energetiche operano in Paesi produttori di uranio come il Kazakistan, dove gli attivisti dell'opposizione possono aspettarsi solo violenze e arresti e i prigionieri possono aspettarsi solo di essere vittime di abusi, e l'Uzbekistan, dove i detenuti possono aspettarsi di essere interrogati dalla polizia che come nulla utilizza acqua bollente e bottiglie rotte come strumenti di interrogatorio. E questo non è tutto, si è arrivati per prima alla mutilazione dei corpi dei lavoratori nucleari in nome della ricerca, ma Sellafield non è l'unico colpevole di tali pratiche macabre, ci sono molte storie dell'orrore simili. Queste violenze devono essere consegnate alla storia insieme all'energia nucleare».

Fonte: greenreport.it

 

La Commissione europea lo scorso 28 ottobre 2009 si è espressa negativamente sulla deroga richiesta dall'Italia ai sensi della direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, in particolare per quanto riguarda il parametro arsenico. Ma facciamo un passo indietro.

 

Il 2 febbraio 2010 l'Italia ha chiesto una terza deroga per alcune forniture di acqua nelle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Trentino-Alto Adige e Umbria riguardante i parametri arsenico (per valori di 20, 30, 40 e 50 μg/l), borio (per valori di 2 e 3 mg/l e il fluoruro (per valori di 2,5 mg/l).

Nella richiesta l'Italia fa riferimento al fatto che i valori superiori ai limiti di legge, riscontrati nelle fonti di fornitura di acqua per questi parametri, sono dovuti a cause di origine naturale e che la fornitura di acqua non può essere garantita con mezzi alternativi. Si ricorda che i valori limite di 10 μg/l per l'arsenico, di 1 mg/l per il boro e di 1,5 mg/l per il fluoruro fissati dalla direttiva 98/83/CE, mirano ad assicurare che le acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell'intero arco della vita.

Anche se poi l'Oms ha precisato che valori più elevati sono accettabili per un periodo di tempo limitato senza rischi per la salute umana (esclusi i bambini fino a 3 anni di età) e di qui la possibilità di derogare. Alcune di queste rinnovate richieste di deroga sono state concesse (in sostanza fino al 2012) anche se per il parametro arsenico è stato deciso che saranno autorizzate solo per valori fino a 20 μg/l, dato che concentrazioni superiori (fino a 50 μg/l), determinerebbero rischi sanitari elevati, in particolare per talune forme di cancro come ha precisato l'Oms e il comitato scientifico sui rischi sanitari e ambientali.

Ma in molti altri casi le richieste sono state bocciate in particolare proprio per l'arsenico. Le fonti "bocciate" sono ubicate in molti comuni della provincia di Roma, Latina, Viterbo, di Mantova, Sondrio, Varese, Trento, Bolzano, Grosseto, Livorno, Pisa, e Terni.

 

Cosa devono fare ora le regioni e le società di gestione del servizio idrico integrato? Prendere atto della decisione della Commissione e spiegare con quali correttivi intendono rientrare (a breve) nei limiti previsti per questi parametri. La situazione è nota da tempo e ora è giunto il momento di adeguarsi alle richieste dell'Europa qualunque sia l'origine dei valori elevati di arsenico vista la sua pericolosità ribadita dall'Oms. Ma è necessario anche non fare allarmismi, tenere informati i cittadini e operare in modo che l'acqua del rubinetto sia sempre di maggiore qualità per la tutela della salute e per renderla sempre più competitiva in rapporto alle acque minerali. E per questo è necessario investire anche risorse economiche.

Fonte: greenreport.it

 

Secondo l'indagine Eurobarometro 2010 sono due i dati a confronto: da un lato sale l’ottimismo per l’applicazione delle biotecnologie, soprattutto in ambito medico, e dall’altro aumenta lo scetticismo nei confronti degli Ogm.

Il 53% degli intervistati ritiene che le biotecnologie avranno effetti positivi nel futuro.

 

La maggior parte degli intervistati, nel sondaggio di Eurobarometro, si dice favorevole a un’innovazione responsabile e, anzi, desidera essere coinvolta molto di più nelle scelte relative all’adozione di nuove tecnologie. La maggior parte degli intervistati, infatti, lamenta una mancanza di informazione sui temi legati proprio alle biotecnologie.

 

Forte è invece la fetta dei cittadini europei contrari agli organismi geneticamente modificati. Dal 2005 ad oggi è cresciuta del 4% la fetta dei contrari agli Ogm. Si passa dal 57% del 2005 al al 61% di quest’anno. Gli intervistati hanno mostrato i maggiori timori nel legare il consumo di cibo Ogm alla tutela della sicurezza alimentare. Nel caso della clonazione animale a fini alimentari l'opposizione è stata netta: solo il 18% degli intervistati si è dichiarato favorevole.

 

Diverso il caso per i biocarburanti che hanno ricevuto molto consenso: oltre il 70% del campione intervistato si è dichiarato favorevole ai biocarburanti derivati da colture agricole e l’83% da materie prime non commestibili.

 

Una cosa è evidente di fronte a questi dati: che sia indispensabile rispondere al bisogno di maggiore informazione sulle biotecnologie, quindi la sfida in termini di comunicazione e divulgazione scientifica è fondamentale.

Fonte: ilcambiamento.it

 
By Admin (from 15/02/2011 @ 10:00:51, in it - Osservatorio Globale, read 1658 times)

La Commissione europea ha presentato uno studio sul funzionamento del mercato elettrico al dettaglio per i consumatori dell'Ue che dimostra che potrebbero risparmiare 13 miliardi di euro scegliendo le tariffe più basse. In 5-6 casi su 10, ogni consumatore potrebbe risparmiare 100 euro se optasse per l'offerta più vantaggiosa. Lo studio dimostra che i consumatori europei non stanno approfittando pienamente delle possibilità di risparmio generate dalla liberalizzazione del mercato che permette di scegliere tra più fornitori di elettricità. Secondo la Commissione, «I consumatori dell'Ue sono poco informati, solo un terzo di loro (32 %) hanno comparato le offerte e circa la metà (47%) non conosce il consumo della loro abitazione».

 

Per facilitare la scelta dei consumatori e rafforzare la posizione sul mercato energetico la Commissione ha preso una serie di iniziative soprattutto per facilitare il confronto dei prezzi, gestire i reclami in maniera più efficace e migliorare la fatturazione.

 

I dati principali dello studio confermano che raramente i consumatori cambiano fornitore di elettricità: solo in 7 Paesi dell'Ue superano il 10%. Solo il 28% dei clienti europei è contento di come le aziende gestiscono pratiche e reclami. Nella maggior parte dei Paesi Ue le famiglie che consumano meno energia pagano un prezzo medio di acquisto più alto di quelle che ne consumano di più.

Le politiche già messe in campo dall'Ue partano dalla liberalizzazione dei mercati del gas e dell'elettricità che avrebbero dovuto produrre una concorrenza tariffaria vantaggiosa per i consumatori. L'Ue sta lavorando anche alla sicurezza energetica  ed a misure per favorire gli investimenti nelle infrastrutture per assicurare un approvvigionamento energetico continuo; ad iniziative di etichettatura energetica degli elettrodomestici e per il ritiro graduale dal mercato di quelli più energivori.

La Commissione però oggi evidenzia che «I risultati attuali provano ancora una volta che sono necessarie nuove azioni per migliorare maggiormente i vantaggi concreti della politica energetica dell'Ue per i consumatori» per questo propone che: Le autorità regolamentari nazionali progettino delle linee guida per informare i consumatori in maniera più efficace, così come per facilitare la comparazione dei prezzi e il cambiamento di fornitore; Insieme alle principali parti interessate, la Commissione determinerà le pratiche esemplari in materia di risoluzione extragiudiziaria delle liti nel settore energetico; Miglioramento della fatturazione dell'energia e della gestione dei reclami, applicazione delle raccomandazioni esistenti, comprese quelle formulate dai forum dei cittadini per l'energia». L'insieme delle proposte verranno discusse il 3 dicembre dal Consiglio energia dell'Ue.

 

Secondo il commissario Ue alla salute ed alle politiche dei consumi, John Dalli, «La liberalizzazione del mercato nasconde un potenziale considerevole per i consumatori in materia di prezzi, scelta, innovazione e qualità dei servizi. Ma questo potenziale non potrà essere pienamente sfruttato se i consumatori non sanno che possono beneficiare di offerte più vantaggiose e che se queste non sembrano loro di facile accesso».

 

Per il commissario all'energia Günther Oettinger (Nella foto): «Delle misure già provate nel pacchetto "energia" dovrebbero ormai essere messe in opera e dovrebbero concentrarsi sulla facilitazione del cambiamento di  fornitore, una gestione più efficace dei reclami e dei ricorsi, così come su una migliore informazione dei consumatori».

Fonte: greenreport.it

 
By Admin (from 09/02/2011 @ 08:00:50, in it - Osservatorio Globale, read 1912 times)

I sostenitori della deregulation e della liberalizzazione a oltranza considerano i tagli allo Stato sociale l’unica strada possibile per arrivare a un’economia più efficiente e che produca posti di lavoro, scrive Gurutz Jáuregui, professore di diritto costituzionale all’Università dei Paesi Baschi. Il pensiero unico neoliberale vuole imporre, con una buona dose di determinismo, questa soluzione a tutti, come se fosse scientificamente inevitabile. Ma non è così: queste scelte economiche sono dettate da organizzazioni internazionali, come la Banca mondiale o l’Ocse, che obbediscono agli interessi del capitale finanziario e che non hanno un’investitura democratica.

 

Esistono, in teoria, due grandi risposte o soluzioni alla crisi dello Stato sociale. La prima è il rafforzamento e il miglioramento dei servizi. La seconda, la diminuzione forzata delle domande e delle necessità sociali dei cittadini. Stando ai dati degli ultimi anni, e come conseguenza del trionfo generalizzato del neoconservatorismo, è chiaro che la grande maggioranza dei governi dei paesi sviluppati ha optato, con maggiore o minore intensità, per la seconda soluzione. Si tratta di un’alternativa che ha come obiettivo l’indebolimento, se non lo smantellamento puro e semplice, delle conquiste sociali ottenute negli anni scorsi.

 

Se si tralasciano alcune sfumature fra due versioni – una conservatrice tradizionale e l’altra più ultraliberale –, i difensori dello smantellamento dello Stato sociale difendono le loro posizioni basandosi su due ragioni fondamentali.

 

La prima, di ordine economico, insiste sul sovraccarico prodotto nella domanda economica. La seconda, di ordine politico, sottolinea i fattori di ingovernabilità che derivano da questo sovraccarico imposto allo Stato. La soluzione consiste, quindi, nello “scaricare” lo Stato di questo pesante onere che gli impedisce di funzionare. Di qui la necessità di deregolamentare e liberalizzare alcune funzioni che sino a oggi erano state svolte dallo Stato stesso. Una liberalizzazione che riguarda non solo alcune attività economiche ma anche, e soprattutto, la politica sociale (sanità, occupazione, pensioni, eccetera).

 

Secondo queste tesi, lo snellimento e il conseguente passaggio dell’attività economica dello Stato verso settori privati provocherebbe quella che potremmo definire “la sindrome del conto della lattaia”. Avrebbe inizio una ripresa economica, questa darebbe luogo a una maggiore crescita, questa maggiore crescita faciliterebbe la riduzione della disoccupazione, la riduzione della disoccupazione migliorerebbe il livello di benessere dei cittadini, questo livello di benessere farebbe aumentare il consumo, eccetera. Come ha sostenuto il 22 febbraio scorso Rodrigo Rato, ministro dell’Economia e secondo vicepresidente del governo spagnolo, nel presentare il Piano di liberalizzazione e di impulso dell’attività economica approvato dal suo gabinetto, questo è non solo “l’unica risposta possibile alla convergenza europea”, ma anche l’unica via per “arrivare a un’economia più efficiente e con maggiore capacità di creare lavoro”. Sottolineo la parola unica perché è questo il termine magico che, in forma più assillante, continuano a ripeterci negli ultimi tempi.

 

Se già di per sé appare discutibile che vogliano imporci l’idea dell’esistenza di un pensiero unico, molto più grave mi sembra la spaventosa dose di determinismo che accompagna quest’idea, fino al punto di considerarla come qualcosa di assolutamente inevitabile. L’attuale epoca del pensiero unico risulterebbe del tutto estranea alla volontà umana, così come lo furono a suo tempo l’era della glaciazione o lo stesso Big Bang dell’universo.

 

Istituzioni non neutrali e non democratiche

Nulla di più lontano dalla realtà. Gli attuali processi di liberalizzazione vengono incoraggiati sostanzialmente da determinate istituzioni economiche e finanziarie internazionali, come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, il Gatt e l’Ocse, a livello globale, da istituzioni comunitarie a livello europeo e da governi con ideologie e interessi molto concreti nell’ambito dei diversi paesi. Che io sappia, nessuna di queste istituzioni è neutrale. Inoltre, ed eccettuato il caso dei governi dei diversi paesi, praticamente nessuna di queste istituzioni sovranazionali sarebbe in grado di superare l’esame della soglia minima di democrazia che si richiede a qualsiasi istituzione pubblica che, teoricamente, veglia sugli interessi dei cittadini.

 

In effetti, i loro membri non sono stati eletti dai cittadini e la loro attività non è sottomessa al benché minimo controllo da parte delle istituzioni democratiche. Bisogna anche aggiungere che l’adozione di certe decisioni di carattere economico o tecnico esige alcune conoscenze, che si possono acquisire soltanto con la formazione e la preparazione tecnica di quadri di cui dispongono solo queste istituzioni.

 

Ebbene, la specializzazione tecnica di questi organismi, da un lato, e la mancanza di controllo di molte delle loro attività, dall’altro, hanno avuto come conseguenza il radicamento di un’idea chiarissima: o loro, o il caos.

 

Secondo questi organismi, l’economia ha le sue regole, le cose sono come sono e, quindi, non esiste alcuna alternativa possibile alle misure e alle politiche da essi adottate. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: risanamento duro, precarizzazione del lavoro eccetera.

Più avanzati che mai, più poveri che mai

Vaccinati come siamo contro ogni sorta di determinismo – economico o tecnico, marxista o capitalista – ci sembra evidente che questa presunta alternativa unica non cela criteri scientifici bensì interessi politici ed economici. Dietro questa apparente razionalità scientifica si nascondono obiettivi inconfessabili.

 

Basti vedere gli effetti che sta provocando la politica degli attuali capitani del neoliberalismo: concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, espansione crescente della precarizzazione del lavoro, aumento o, quanto meno, non riduzione della disoccupazione, emarginazione o esclusione sociale, espulsione degli immigrati, una disuguaglianza sempre maggiore nella distribuzione della rendita eccetera.

 

È certamente difficile riconoscere la validità di una politica che sta generando un mondo sempre più ingovernabile, nel quale non solo i cittadini dei paesi del Terzo mondo ma persino quelli dei paesi sviluppati diventano sempre più poveri. Mi si potrebbe obiettare che la situazione che ho appena illustrato è puramente congiunturale. Che bisogna stringere la cinghia per poter superare la crisi. Che bisogna sacrificarsi per il bene degli altri. Si tratta di un argomento ingannevole che mi ricorda, inevitabilmente, la famosa massima “Si vis pacem, para bellum” [Se vuoi la pace, prepara la guerra].

 

Così come la pace non si ottiene con la guerra, neppure la giustizia si ottiene con maggiori ingiustizie e maggiore disuguaglianza.

 

Vorrei che qualcuno fosse capace di spiegarmi come è possibile che un maggiore sviluppo tecnico e una maggiore crescita economica generino in termini assoluti una maggiore povertà. Se tutti risultiamo perdenti, sarebbe stato più logico rimanere come stavamo. Il problema che si cerca accuratamente di nascondere è che non tutti sono perdenti. All’interno di questa enorme maggioranza, sempre più estesa, di perdenti, ci sono alcuni vincitori. Alcuni vincitori che non sono mai stati così pochi e non hanno mai vinto tanto come oggi. Sono le grandi imprese multinazionali, il capitale finanziario e speculativo; insomma, i nuovi padroni del mondo.

 

Sono loro che, d’accordo con le istituzioni economiche internazionali, hanno diffuso la tesi che non esista alternativa alla situazione attuale. Tornando all’argomento iniziale, è sbagliata l’idea che la riduzione dello Stato alla sua espressione minima costituisca una necessità dettata da esigenze economiche. La difesa dello Stato minimo non sottende, almeno nella sostanza, ragioni di razionalità economica, bensì fattori di potere e dominio. Uno Stato forte – utilizzo il termine Stato nel senso di un potere politico democratico forte, quale che sia la forma istituzionale adottata – rappresenta un intralcio, un ostacolo fondamentale allo sviluppo delle grandi corporazioni finanziarie ed economiche. Per queste corporazioni, l’ideale sarebbe la scomparsa pura e semplice dello Stato, del potere politico, che tuttavia non risponde fino in fondo ai loro interessi. Tali organizzazioni, infatti, hanno bisogno di una legittimazione che dia alla loro attività una vernice formalmente pubblica, un’apparenza di legittimità pubblica, e a questo provvede lo Stato. La presenza dello Stato è consustanziale al neoliberalismo, perché esercita una funzione cruciale come induttore e sostenitore dei suoi interessi da una posizione di relativa autonomia.

 

La soluzione consiste, perciò, nel disporre sì di uno Stato, ma di uno Stato minimo che, per usare un’espressione di Robert Nozick, uno dei grandi guru del neoliberalismo, resti “limitato alle strette funzioni di difesa contro la violenza, il furto, la frode, il mancato adempimento dei contratti eccetera (...). Qualsiasi altro Stato più ampio violerebbe i diritti delle persone e appare ingiustificato”.

Autore: Gurutz Jauregue - Traduzione: A.M.

 
By Admin (from 07/02/2011 @ 10:00:53, in it - Osservatorio Globale, read 2327 times)

Da quando vidi il film Il maschio e la femmina (1966) la prima volta avevo l’età dei suoi protagonisti e me ne colpì l’intelligenza nella descrizione dei disagi e speranze di una generazione. Ma quel che più ne ricordo è la scritta che, a bruciapelo e senza necessità evidente, interrompeva una scena per affermare che «la pubblicità è il fascismo del nostro tempo». Si è governato e si governa, in gran parte del mondo occidentale, con gli strumenti del consenso e del consumo, riuscendo quasi sempre a evitare il manganello e la censura diretta. Col companatico al posto del pane, la televisione al posto dei giochi del circo (ultima variante i festival di letteratura e altra cultura) e con la pubblicità.

 

Pubblicità in senso lato – di uno stile di vita, di un modello di società propagandato come il migliore o l’unico possibile – ma che anche nel senso specifico e ristretto di un tipo di comunicazione che mira a far acquistare delle cose. Il potere della pubblicità è cresciuto enormemente, la stampa, per esempio, ne vive e ne è ricattata, le leggi che la limitavano sono state progressivamente abbattute e ci sono riviste dove le pagine di testo sono un terzo di quelle riservate alla pubblicità, senza considerare la pubblicità indiretta.

Fu Vance Packard per primo a denunciare questo attentato alla democrazia e alla libertà dell’informazione in un libro celebre, I persuasori occulti, a metà degli anni cinquanta. A noi poteva sembrare fantascienza, ma poi, come in molti altri campi, la fantascienza è diventata realtà, e come “genere” letterario è quasi scomparso (riprende oggi, mascherato, nella più accorta letteratura per ragazzi). Anche la battuta di Godard, che al suo tempo indicava una preoccupazione o una messa in guardia, è oggi una constatazione.

Un’idea moderna di pubblicità è esplosa in Italia negli anni sessanta, prima la pubblicità era secondaria, rozza, poco o niente mediata. Su un giornale degli anni trenta o quaranta la pubblicità di un lassativo si serviva dell’immagine celebre dell’incontro tra Dante e Beatrice lungo l’Arno accompagnata dal verso della Commedia «Io son Beatrice che ti faccio andare». Poi, col boom, vennero le grandi agenzie e la leva dei professorini che avevano sulla scrivania dei loro uffici milanesi e torinesi (l’ho visto coi miei occhi, ho avuto molti amici che si sono dati a quel mestiere) le opere di Jung e altri studiosi di simboli e miti, di immagini archetipiche, di studi sull’inconscio. La pubblicità si faceva furba e intellettuale, un settore in enorme espansione. Non sembrava disdicevole farne una professione.

La fase successiva è il ’68: quando si trattò di trovare lavoro molti passarono dal movimento alla pubblicità, soprattutto a Milano ( più assai di quelli che finirono nel giornalismo o nella politica istituzionale, ma ovviamente meno di quelli finiti nella scuola). Ne vennero una perdita di sottigliezza, messaggi sempre meno velati, una aggressività via via più volgare e diretta.

I giornali sono brutti anche per i ricatti della pubblicità. E se sfogliamo un quotidiano di quelli importanti (che sono due, forse tre, in stretto legame con lotte e intrighi del potere, dominatori dell’informazione bacata e nemici giurati della riflessione e delle connessioni) vediamo che vi si fronteggiano pagine di cronaca raccapricciante e di pubblicità da mondo dei sogni. E colpisce il leit-motiv, il tormentone sessuale: chi compra un’automobile X o Y scopa meglio e di più, e questo vale per una scatola di piselli o una birra, un computer o un best-seller, e volti e corpi di giovani robot da film americano imbecille vi si offrono spudoratamente, come in un Eden ritrovato dove ogni albero, animale o nuvola serve solo a veicolare un unico messaggio: comprate, solo così sarete felici.

 

La sua logica è berlusconiana, ma chi protesta per altre forme di manipolazione trova questa normale, o meglio, la trovano normale i giornali e i giornalisti che se ne nutrono. L’elargizione della pubblicità Fiat, per esempio, è stato un modo di influire sui giornali della sinistra, anche quelli apparentemente più liberi.

La manipolazione pubblicitaria incide in profondità sulla salute mentale e sulla morale dei destinatari dei loro messaggi, e su quelli della Repubblica. È espressione del fascismo del nostro tempo. Dopo la guerra, molti figli chiesero ai padri come si erano comportati sotto fascismo o nazismo. Accadrà anche in Italia, dopo il trentennio che muore? Sarebbe sano, ma non succederà.

Autore: Goffredo Fofi - Tratto da: eddyburg.it/article/view/16149/.

 
By Admin (from 06/02/2011 @ 10:00:35, in it - Osservatorio Globale, read 2796 times)

In un articolo su Le Monde dello scorso 18 ottobre, Gaëlle Dupont porta le prove definitive del fallimento delle colture geneticamente modificate. La promessa dei prodotti Monsanto RoundUp Ready agli agricoltori di tutto il mondo era infatti quella di utilizzare un solo erbicida totale, il gliphosate, per distruggere tutte le erbe infestanti, in modo che la coltura obiettivo (cotone, soia, mais, ecc.) potesse dominare incontrastata sul terreno: in questo modo, sosteneva Monsanto, si sarebbero migliorati i raccolti e ridotto l'uso dei pesticidi.

 

Ma, dopo quindici anni, i risultati smentiscono queste promesse. Nel Sud Est degli Usa, su 6 milioni di ettari, in 22 stati americani, pari a poco meno del 10 per cento dell'intera superficie coltivata con Ogm negli Stati Uniti, si sta assistendo ad un'impressionante proliferazione di alcune erbe infestanti, come l'Amaranthus Palmeri conosciuto come pigweed, che, secondo Claude Kennedy del centro agricolo sperimentale della città di Marianna, "non è un'erbaccia, è un mostro, è sempre più aggressiva e prende forme così strane che a volte fa quasi paura", diventando capace di crescere cinque centimetri al giorno e di arrivare a due metri di altezza.

 

Ma l'amaranto ormai non è il solo ad avere acquistato capacità di resistenza all'erbicida totale: una decina di altre piante infestanti ha subito il medesimo potenziamento, riportando la situazione a quella originaria degli anni Settanta-Ottanta, da cui appunto ha preso le mosse l'industria biotech in agricoltura - il fallimento del sistema di difesa delle colture basato sulla combinazione di pesticidi e fertilizzanti chimici, cui appunto da ultimo si è unita la genetica nella speranza di "correggere" un meccanismo strutturalmente sbagliato, nel senso che non ha mai tenuto conto dei delicati meccanismi con cui la natura opera nel suolo, affrontandoli come se si trattasse di un campo di battaglia e non di un millenario sistema di sensibilissimi equilibri.

 

Ora gli agricoltori americani sono costretti a ricorrere a micidiali misture di vecchi erbicidi, cosa che sta preoccupando persino l'agenzia per l'ambiente americana (Epa), in genere assai attenta ai desideri dell'industria chimica e biotech: il dicamba per esempio, è un pesticida molto aggressivo e inquinante, derivato dal 2,4-D, il cosiddetto "agente Arancio", un defoliante inventato per distruggere la giungla vietnamita e scoprire le linee di rifornimento vietminh ai bombardieri Usa.

La maggiore novità, tuttavia, è il fatto che la stessa Monsanto ammetta il disastro, ma con toni che lasciano perplessi: "All'inizio pensavamo che la diffusione di questo tipo di resistenze sarebbe stata difficile. Ma dobbiamo riconoscere che, per controllare le erbe infestanti, il RoundUp non basta: bisogna usare anche altri prodotti", dice Rick Cole di Monsanto. Quindi, mentre è costretta a rimborsare 12 dollari ogni acro (circa mezzo ettaro) agli agricoltori, la multinazionale biotech sta pensando, invece di modificare radicalmente la sua strategia, semplicemente di ingegnerizzare soia e cotone per resistere anche ad altri erbicidi, replicando all'infinito il meccanismo. In questo modo non si farà altro che ampliare su scala ancora più grande il problema. La realtà è infatti che quello che interessa a questo tipo di industria è semplicemente di tenere il produttore agricolo legato ad un "pacchetto tecnologico" che integra semente ed erbicida, in maniera da fidelizzare l'agricoltore, impedendogli di tentare altre strade agronomiche, e garantire profitti costanti all'industria.

 
La situazione americana, dove il 58% del cotone, il 66% del mais e il 93% della soia sono oramai Ogm, dovrebbe essere un serio ammonimento per l'Europa che fino ad ora, pur con molte contraddizioni ed incertezze, ha impedito la diffusione di massa degli Ogm nei nostri campi: la possibilità che nei prossimi mesi avranno gli Stati europei di liberalizzare la coltivazione biotech oppure di creare aree ogm-free mediante accordi fra agricoltori, diventa a questo punto una questione strategica per il futuro della nostra agricoltura. Quello che è certo è che da oggi non si può più sostenere seriamente che le colture Ogm siano la soluzione migliore per questo futuro.
 
Fonte: clarissa.it - Autore: G. Sinatti
 
By Admin (from 05/02/2011 @ 10:00:54, in it - Osservatorio Globale, read 1801 times)
Greenpeace rivela: una scatoletta su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme.

Greenpeace rende noti i risultati delle analisi genetiche condotte dal laboratorio indipendente spagnolo AZTI Tecnalia su 165 scatolette di tonno, provenienti da 12 Paesi, europei e non, tra cui l’Italia. Una scatoletta su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme o diverse da quanto indicato in etichetta o che possono variare a seconda del lotto di provenienza. Le scatolette analizzate appartengono tutte a marche molto popolari sul mercato mondiale, tra le altre Nostromo, Mare Aperto STAR, Riomare e Carrefour. 

Mescolare due specie diverse di tonno nella stessa scatoletta è una pratica illegale in Europa. Dalle nostre analisi risulta anche che, passando da una scatoletta all’altra dello stesso prodotto, il consumatore può trovare specie differenti di tonno. Questo avviene, per esempio, per i prodotti Nostromo e Mare Aperto STAR, testati in Italia. In questi casi viene usata un’etichetta del tutto generica “Ingredienti: tonno”, tanto legale quanto inaccettabile, che impedisce al consumatore di sapere con certezza cosa mangerà.

 

Le analisi, inoltre, rivelano che alcune delle scatolette campionate contengono specie diverse da quanto indicato in etichetta e che tra le specie inscatolate finiscono anche quelle sovrasfruttate, come il tonno obeso.

 

«Quando un consumatore mette nel carrello della spesa una scatoletta di tonno non sa realmente cosa compra. Purtroppo, la maggior parte dei prodotti presenti sul mercato - denuncia Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace - non offrono sufficienti garanzie né sul tipo di tonno che portiamo in tavola né sulla sostenibilità dei metodi con cui è stato pescato».

"L’utilizzo dei FAD sta distruggendo l’ecosistema marino e conducendo gli stock di tonno verso il collasso".

Tra i principali fattori che contribuiscono a far finire nelle scatolette diverse specie di tonno, comprese alcune sovrasfruttate, Greenpeace ha identificato l’utilizzo di metodi di pesca poco sostenibili, come le reti a circuizione con “sistemi di aggregazione per pesci“ o FAD.

 

I FAD sono oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale. Una volta pescati, tonni diversi vengono conservati e congelati tutti insieme a bordo, e la loro identificazione risulta difficile.

 

A quasi un anno dal lancio della classifica “Rompiscatole”, Greenpeace chiede che l’industria del tonno in scatola e le grandi catene di distribuzione garantiscano finalmente piena trasparenza ai consumatori  e si impegnino a vendere solo tonno pescato in maniera sostenibile.

 

«L’utilizzo dei FAD sta distruggendo l’ecosistema marino e conducendo gli stock di tonno verso il collasso. Se vogliamo salvare il tonno tropicale prima che venga totalmente compromesso, come è successo per il tonno rosso del Mediterraneo, è necessario eliminare i metodi di pesca più distruttivi, ridurre lo sforzo di pesca e tutelare con riserve marine le aree più importanti per la biologia di queste specie» conclude Giorgia Monti. 

 

Fonte: greenpeace

 
By Admin (from 04/02/2011 @ 12:00:09, in it - Osservatorio Globale, read 2673 times)

Pioggia acida sulla foresta boreale

Negli anni Settanta c’erano le piogge acide. Migliaia di scienziati di tutto il mondo (emisfero settentrionale) si sono occupati della “questione ambientale più urgente del pianeta”. La foresta boreale è il più grande ecosistema della Terra e si diceva che i suoi milioni di laghi correvano il rischio di essere distrutti dall’acido proveniente dal cielo.

 

A causare le piogge acide erano le ciminiere degli impianti a carbone che vomitavano solfuri nell’atmosfera causando le precipitazioni nocive. In teoria, la pioggia acida interessava le terre e i laghi della foresta boreale, ma l’acidificazione era praticamente impossibile da individuare. I laghi incontaminati nel cuore dei parchi nazionali dovevano essere studiati per decenni nel tentativo di individuare una acidificazione statisticamente rilevante.

Nel frattempo, i laghi ed i loro bacini idrografici sono stati distrutti dall’artigianato, dall’agricoltura, dalle foreste, dalle miniere, dalla pesca intensiva e dal turismo. Nessuno di questi disastri locali è stato studiato e diffuso. Gli scienziati, invece, hanno preferito rivolgere la loro attenzione agli impianti di combustione del carbone ubicati in siti a grande distanza, all’inquinamento atmosferico e alle reazioni chimiche che si verificano nelle goccioline di pioggia. Uno studio ha trovato che le uova di una particolare specie di pesce depositate in un acquario sono estremamente sensibili all’acidità (pH). Sono stati scritti lunghi trattati a proposito dell’equilibrio e del trasporto dei cationi nell’atmosfera spostando l’attenzione dalla distruzione del suolo causata da sfruttatori privati facilmente identificabili verso complicati processi chimici dell’atmosfera frutto del progresso e della industrializzazione.

 

Come fisico e scienziato della Terra divenuto in seguito esperto ambientale, ho personalmente letto praticamente tutte le pubblicazioni scientifiche che si occupavano di piogge acide e non, e non ho mai trovato un esempio dimostrato di impatto negativo su laghi o foreste dovuto alle piogge acide. A mio avviso, contrariamente a quanto più volte sostenuto dagli scienziati autori di queste pubblicazioni, la ricerca sulle piogge acide dimostra che con ogni probabilità la pioggia acida non era un problema.

Questo schema messo in atto da gruppi organizzati di finti ricercatori dell’ambiente sarà applicato in scala molto maggiore solo decenni più tardi con la teoria del riscaldamento globale.


Il Riscaldamento Globale come una minaccia al genere umano

Nel 2005 e 2006, molti anni prima che lo scandalo Climategate nel novembre 2009 incendiasse i media che sospinsero l’opinione pubblica verso l’accettazione del sistema cap™ dei crediti di carbonio e il relativo trilione di dollari di generosi finanziamenti che aspettano ancora l’approvazione, parlai della truffa del riscaldamento globale in un saggio che Alexander Cockburn definì su The Nation “uno dei migliori saggi sul mito dell’effetto serra visto da una prospettiva di sinistra”. [4] [5] [6]

Il mio saggio indusse David F. Noble a studiare il problema e scrivere The Corporate Climate Coup, un libro che descrive come i media avevano accolto favorevolmente l’idea che la finanza potesse ottenere ricavi senza precedenti dalla causa ambientalista.[7]

 

I paragrafi introduttivi di Global Warming: Truth or Dare? sono i seguenti [4]:

“Parlai in anticipo delle forti motivazioni sociali, istituzionali e psicologiche che hanno contribuito a costruire e conservare il mito della minaccia dominante del riscaldamento globale (il mito del riscaldamento globale, in breve). Descrivo queste motivazioni partendo dai meccanismi di funzionamento della professione scientifica e della rete globale del mondo imprenditoriale e finanziario insieme ai suoi governi ombra”.

 

“La mia opinione è che la forza di gran lunga più distruttiva del pianeta è rappresentata dai finanzieri assetati di potere e dalle corporazioni orientate esclusivamente al profitto e dai loro cartelli sostenuti dalle forze militari; e che il mito del riscaldamento globale è un elemento di distrazione che contribuisce a nascondere questa verità. A mio parere, attivisti che, usando altri argomenti, alimentano il mito del riscaldamento globale sono stati in realtà cooptati dal sistema, o al massimo neutralizzati “.

Altri passaggi che approfondiscono questa tesi [4]:

“Scienziati ambientali e agenzie governative sono pagati per studiare e monitorare problemi che non mettono a rischio alcun interesse corporativo e finanziario. Non sorprende quindi che essi abbiano preferito criticare la devastazione del pianeta dovuta all’estrazione delle risorse parlando delle emissioni di CO2. Il problema principale di questa teoria è che non si può controllare un mostro affamato chiedendogli di cagare meno”.

 

“Il riscaldamento globale è sostanzialmente un falso problema creato dalla classe media del cosiddetto Primo Mondo. Nessun altro si preoccupa del riscaldamento globale. Gli operai sfruttati nel Terzo Mondo non si preoccupano del riscaldamento globale. I bambini iracheni nati con malformazioni genetiche a causa delle bombe a uranio impoverito non si preoccupano del riscaldamento globale. E neanche l’annientamento delle popolazioni aborigene in tutto il mondo può essere ricondotto al fenomeno del riscaldamento globale, fatta eccezione forse per il fatto che gli aborigeni potrebbero essere gli unici a comprenderci”.

 

“Non si tratta di risorse limitate. ["La quantità di denaro speso ogni anno in cibi per animali domestici negli Stati Uniti ed Europa sarebbe sufficiente a fornire cibo e assistenza sanitaria di base a tutta la popolazione dei paesi poveri, e ne avanzerebbe anche una discreta somma" (Human Development Report delle Nazioni Unite , 1999)] Parliamo di sfruttamento, oppressione, razzismo, potere e avidità. Giustizia economica, umana e animale portano a sostenibilità economica, che a sua volta è sempre basata su pratiche rinnovabili. Riconoscere i diritti fondamentali dei popoli nativi porta inevitabilmente ad estrarre risorse in maniera più oculata e nel rispetto degli habitat naturali. Impedendo le guerre e gli interventi imperialisti si abbatte automaticamente lo sfruttamento delle nazioni. Un vero controllo democratico sulla politica monetaria conduce nel lungo termine alla rimozione del sistema basato sul debito “.

 

Esiste anche una critica approfondita che definisce la scienza come un carrozzone starnazzante interessato solo ad ingannare se stesso [4]. Il Climategate conferma ciò che dovrebbe essere scontato per ogni scienziato: la scienza, quando non aiuta a dormire, è una mafia.

 

Conclusioni

E’ tutto questo continua anche oggi. Ai giorni nostri, cosa non è una bugia?

Guardate la recente truffa del virus H1N1, un altro esempio da manuale. E’ pazzesco quanto a lungo durino queste messe in scena: gel antisettici pronti in ogni angolo in un batter d’occhio; studenti delle scuole superiori che si sballano bevendo l’alcol contenuto nei gel; cessazione della diffusione del ceppo virale prima che i vaccini già pagati siano prodotti in massa; nessun obbligo per le case farmaceutiche di provarne l’efficacia; garanzie pubbliche ai produttori di vaccini in caso di contenziosi legali intentati dagli acquirenti; addetti della sicurezza sanitaria nelle università che insegnano agli studenti a tossire correttamente, ecc…

Pura follia. Da cosa scaturisce questa stupidità così radicata nel Primo Mondo? Fa parte del nostro cammino verso il fascismo [8]?

Qui c’è un’altra cosa da dire: gli educatori diffondono le menzogne che noi impariamo perché ci vengono insegnate. Questa falsa educazione viene spesso direttamente denunciata dagli stessi educatori più radicali [9] [10].

I professori universitari preparano i piani di studio come se gli studenti realmente imparassero tutto ciò che viene loro consegnato, mentre la verità è che gli studenti non imparano tutto ma solo ciò che devono imparare. Invertire l’ordine dei corsi non farebbe alcuna differenza sul numero degli studenti che imparano. Gli studenti possono anche consegnare delle sciocchezze e i professori non se ne preoccuperebbero. L’obbedienza e l’indottrinamento è tutto ciò che importa, e l’unico requisito richiesto è saper imbrogliare. Gli studenti lo sanno e coloro che non sanno ciò che devono sapere non conoscono neanche loro stessi. [8] [9] [10]

Ogni opinione di esperto o paradigma dominante fa parte di questo inganno.

Ci rifiutiamo di conoscere la verità perchè ci fa orrore. ( 3- Fine)

Versione originale:

Denis G. Rancourt è stato professore di ruolo presso l’Università di Ottawa in Canada. Si è formato come fisico e praticò la fisica, le scienze della Terra e ambientali, settori nei quali ricevette finanziamenti da un’agenzia nazionale esercitando in un laboratorio riconosciuto a livello internazionale. Ha pubblicato oltre 100 articoli sulle principali riviste scientifiche. Ha tenuto lezionii di attivismo popolare e fu un aperto critico dell’amministrazione universitaria e un difensore dei diritti dei palestinesi. E’ stato licenziato per la sua dissidenza nel 2009.

Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=19653
8.06.2010
Versione italiana:
Fonte: http://marcomessina.wordpress.com/
Link: http://marcomessina.wordpress.com/2010/07/22/alcune-grandi-menzogne-della-scienza-3/
Traduzione a cura di MARCO MESSINA


NOTE:
[1] “No Ivory Tower – book” by Ellen W. Schrecker.
[2] Radio interview with Dr. Barbara Starfield: CHUO 89.1 FM, Ottawa; January 21, 2010.
[3] Nature 449, 382-383 (2007).
[4] “Global Warming: Truth or Dare? – essay” by Denis G. Rancourt.
[5] “Questioning Climate Politics – Denis Rancourt says the ‘global warming myth’ is part of the problem”; April 11, 2007, interview in The Dominion.
[6] Climate Guy blog.
[7] “The Corporate Climate Coup – essay” by David F. Noble.
[8] “Canadian Education as an Impetus towards Fascism – essay” by Denis G. Rancourt.
[9] “Pedagogy of the Oppressed – book” by Paulo Freire.
[10] “The Ignorant Schoolmaster – book” by Jacques Rancière.

 
By Admin (from 03/02/2011 @ 12:00:04, in it - Osservatorio Globale, read 3263 times)

La medicina è la salute della menzogna

A tutti è capitato di ascoltare un medico, magari alla radio, dichiarare che l’aspettativa di vita è aumentata grazie alla medicina moderna. Nulla di più lontano dalla verità.

 

L’aspettativa di vita è aumentata nei paesi del Primo Mondo, grazie ad una mancanza storica di guerre civili e territoriali, cibi migliori e più accessibili, meno lavoro e infortuni sul lavoro, migliori condizioni di lavoro e di vita generale. L’indicatore più importante dello stato di salute di un paese è quello economico, a prescindere dall’accesso alla tecnologia medica e farmaceutica.

 

La medicina non ha allungato l’aspettativa di vita. Al contrario: essa ha in realtà avuto un impatto negativo sulla salute dell’uomo. Gli errori medici (senza contare i decessi attribuiti erroneamente a ‘trattamenti’ gestiti in maniera corretta) sono la terza causa di morte negli Stati Uniti, dopo le malattie cardiache e il cancro, e vi è un ampio divario tra questa stima conservativa del numero di morti causati da errori medici e la quarta principale causa di morte [2]. Dato che la medicina può fare ben poco per le patologie cardiache e il cancro, e dal momento che ha solo un effetto statistico positivo limitato nel settore degli interventi post-traumatici, possiamo concludere che la salute pubblica potrebbe migliorare se tutti i medici semplicemente sparissero. Basti pensare a tutte le perdite di tempo e lo stress che le persone malate risparmierebbero…

 

Uno dei luoghi più pericolosi per la società è l’ospedale. Negli errori medici rientrano le diagnosi e le prescrizioni sbagliate, le prescrizioni di farmaci che non dovrebbero essere combinati, interventi chirurgici inutili, superflui o trattamenti mal gestiti a base di chemioterapia, radioterapia e chirurgia correttiva.

 

In questa menzogna rientra anche l’idea che i medici riescano sempre a capire il funzionamento del corpo umano. E’ proprio questa falsa convinzione che ci porta a riporre la nostra fiducia nei medici, favorendo così i profitti delle grandi case farmaceutiche.

 

La prima cosa che i volontari di Medici Senza Frontiere (MSF) dovrebbero fare nelle zone colpite dai disastri è dimenticare la loro ‘formazione medica’ e darsi da fare per soddisfare i bisogni primari della popolazione, come acqua, cibo, riparo, e le misure necessarie alla prevenzione delle epidemie, e non somministrando vaccini, intervenendo chiururgicamente o somministrando farmaci…La salute pubblica deriva principalmente dalla sicurezza, stabilità e giustizia sociale, dal benessere economico, piuttosto che da risonanze magnetiche (MRI) e medicine.

 

Questi cialtroni applicano sistematicamente “trattamenti consigliati” mai testati e prescrivono pericolosi medicinali per ogni tipo di disturbo: pressione alta, stile di vita sedentario, cattiva alimentazione, apatia a scuola, ansia nei luoghi pubblici, disfunzioni erettili post-adolescenziali, disturbi del sonno, e tutti gli effetti collaterali causati proprio da questi farmaci.

 

Seguendo una incredibilmente perversa – seppur professionale – logica, i medici preferiscono somministrare farmaci per rimuovere i sintomi che sono indicatori di rischio, piuttosto che affrontare le vere cause delle patologie, ottenendo come unico risultato quello di aggredire ulteriormente l’organismo.

 

E’ assurdo ciò che oggi la medicina rappresenta per noi: essa è solo uno strumento per instupidirci (ovvero mantenerci ignoranti del funzionamento del nostro corpo) e renderci artificialmente dipendenti dalle gerarchie di potere. Le persone economicamente svantaggiate non muoiono per scarsità di cibo, ma per le precarie condizioni di vita e le sofferenze derivanti dalla loro povertà. I medici confesserebbero mai alla radio questa evidente verità?

 

Menzogne della scienza sull’ambiente

Lo sfruttamento estrattivo delle risorse, l’espropriazione delle terre e la creazione e la diffusione di schiavitù salariale sono devastanti per le popolazioni indigene e per l’ambiente su scala globale. E’ quindi fondamentale nascondere questi crimini sotto un velo di analisi di esperti e di vaghe politiche di sviluppo. Una prestigiosa classe di intellettuali, composta da studiosi dell’ambiente e consulenti, è utilie proprio questo scopo.

 

Gli esperti ambientali, più o meno consapevolmente, lavorano fianco a fianco con i truffatori della finanza, media mainstream, politici e burocrati nazionali e internazionali per mascherare i problemi reali e creare nuove opportunità di profitto per esclusive élite potere. Ecco alcuni casi particolari.

Freon e Ozono

Conoscete qualcuno che è stato ucciso dal buco dell’ozono?

Il Protocollo di Montreal del 1987 che vieta i clorofluorocarburi (CFC) è considerato un caso emblematico in cui la scienza e la governance globale raggiunsero un accordo per il bene della Terra e i suoi abitanti.

 

Ma quante volte questo accade per davvero?

Proprio in concomitanza con la scadenza del brevetto Du Pont per la produzione di freon (TM), il refrigerante più utilizzato del mondo, i media principali iniziarono a raccogliere osservazioni scientifiche altrimenti arcane e ipotesi circa la concentrazione di ozono negli strati alti dell’atmosfera al di sopra dei poli.

 

Questo ha portato ad una mobilitazione internazionale per criminalizzare i CFC, mentre DuPont sviluppava e brevettava un refrigerante sostitutivo che fu prontamente certificato per l’uso.

Nel 1995 fu assegnato un premio Nobel per la chimica a seguito di un esperimento di laboratorio che provava l’influenza dei CFC sulla riduzione del buco dell’ozono nell’atmosfera. Nel 2007 è stato dimostrato che questo esperimento era gravemente viziato da una sovrastima del tasso di riduzione pari ad un ordine di grandezza invalidando quindi il modello.[3] Senza considerare che qualsiasi esperimento di laboratorio non tiene in considerazione le particolari condizioni che si creano realmente nelle zone più alte dell’atmosfera. Possiamo dunque affermare che i meccanismi di assegnazione del Nobel sono influenzati dai mezzi di comunicazione e dai particolari interessi delle lobby?

 

Ma c’è di più. Si scopre che il nuovo refrigerante non è, come si temeva, inerte, caratteristica che invece il freon possedeva. Esso quindi corrode i componenti del ciclo frigorifero ad un ritmo molto più veloce di quanto non facesse il gas vietato. Frigoriferi e congelatori che un tempo duravano per sempre, ora diventano inutilizzabili dopo circa otto anni, riempiendo ad un ritmo vertiginoso le discariche di tutta l’America del nord; questo è avvenuto anche grazie al sostegno della propaganda verde per il risparmio energetico con il frigo chiuso (in condizioni di non utilizzo).

 

Inoltre, non abbiamo perso tempo a rinunciare al sole per paura che i raggi UV possano provocare il cancro, restando così dipendenti da soluzioni mediche come le creme solari, un mercato creato di recente. I ricercatori chimici più brillanti sono infatti già al lavoro per scoprire la molecola che sarà in grado di bloccare il sole e che sarà presto brevettata da Big Pharma. Non appena questo accadrà, già prevedo un forte aumento di interviste ad esperti che metteranno in guardia sul rischio di cancro alla pelle… ( 2- Segue)

 

Fonte: globalresearch.ca
Versione italiana:
Fonte: marcomessina.wordpress.com
Traduzione a cura di MARCO MESSINA

 
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