Se il cervello fosse un’azienda, al tavolo del consiglio d’amministrazione siederebbero solo in 12. Questi decisori sono aree cerebrali che si distinguono da tutte le altre, estremamente interconnesse, che ricevono le informazioni solo quando sono già state elaborate e filtrate dalle regioni sottoposte, e che si occupano di valutarle nel loro insieme, per poi prendere le decisioni sul da farsi. Ai piani alti di questo organigramma troviamo la corteccia frontale superiore, la corteccia parietale superiore, l’ ippocampo, il talamo, il putamen (nella parte inferiore del cervello) e il precuneo (nella parte posteriore), ciascuno presente, in realtà, in doppia copia: una nell’emisfero di destra, l’altra in quello di sinistra, per un totale di 12 aree identiche e speculari a due a due.
A individuarle sono stati Martijn van den Heuvel dello University Medical Center di Utrecht, nei Paesi Bassi, e Olaf Sporns dell’ Indiana University, dopo aver eseguito particolari scansioni cerebrali di 21 volontari in stato di riposo, per 30 minuti. Lo studio, pubblicato su Journal of Neuroscience, fa parte di un progetto più ampio, che intende mappare tutte le connessioni del cervello umano. La tecnica utilizzata per la risonanza magnetica si chiama diffusion tensor imaging. I ricercatori se ne sono serviti per capire cosa succede in 82 aree del cervello, ed ecco quello che hanno trovato: quelle sei paia di aree hanno il doppio delle connessioni di qualsiasi altra e i collegamenti sono sia interni sia esterni. Sembrano mancare, piuttosto, i link con i neuroni sensoriali: significa che tutte le informazioni in entrata sono già passate per altri centri di elaborazione, selezionate e pre-confezionate.
Vediamo nel dettaglio di cosa si occupano questi amministratori del cervello. Il primo polo è il precuneo: la sua funzione non è stata ancora ben compresa, per ora l’ipotesi è che agisca come un centro per l’integrazione delle informazioni di alto grado, ovvero quelle ritenute degne di nota da tutte le altre regioni del cervello. Il secondo centro è la corteccia frontale superiore, nota per pianificare le azioni in risposta agli stimoli ambientali e decidere dove focalizzare l’attenzione. Il terzo è la corteccia parietale superiore, connessa con la corteccia visiva; il suo compito è di registrare la posizione degli oggetti. L’ ippocampo è il quarto polo, sede della memoria (dove i ricordi vengono processati, conservati e consolidati). Come quinto nucleo troviamo il talamo con le sue svariate funzioni, tra cui quella di occuparsi dei processi visivi. Infine, abbiamo il putamen, che coordina i movimenti. “ Se vogliamo cercare la coscienza nel cervello, io scommetterei su questo sistema”, ha detto Van den Heuvel su New Scientist. Questo network, infatti, sembra controllare ogni funzione.
C’è, però, il rovescio della medaglia: la stretta interconnessione rende il sistema più vulnerabile; basta che una sola di queste aree-chiave venga danneggiata per rischiare di mandare in tilt tutta l’architettura.
Per comprendere cosa potrebbe accadere se si aprisse una falla nel sistema, Van den Heuvel e Sporns hanno modificato i dati per simulare un danno a una delle sei coppie di centri. Il risultato è che se una regione va in black out, trascina con sé tutte le altre. “ Proprio come quando una grande banca fallisce in una crisi finanziaria globale”, esemplificano i ricercatori. Malattie che coinvolgono le connessioni cerebrali, come la schizofrenia, potrebbero essere il risultato di questa debolezza interna al sistema. Alla luce di queste considerazioni, un prossimo obiettivo dello studio delle connessioni cerebrali potrebbe essere quello di comprendere come i danni a diverse parti del network possano essere correlate alle patologie neurologiche.
Fonte: daily.wired.it
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