E’ in pericolo la stazione di ricercaPavlovsk, la più antica banca di semi del mondo, la più grande collezionedivecchie varietà europee di frutti. Il90%di essi esiste solo lì. Ancora per poco.
La stazione Pavlovski trova alla periferia diSan Pietroburgo, e – se le cose non cambiano – nel giro di un mese una colata dicementoprenderà il suo posto. Un quartiere residenziale.
E’ in corso una campagna sul web per convincere le autorità russe asalvarla. In fondo, custodisce una parte delleradicid’Europa.
La stazione Pavlovsk fa capo al Vavilov Institute of Plant Industry, conosciuto anche come All-Russian Research Institute of Plant Industry. Possiede centinaia di migliaia di semi, e neicampiche la circondano crescono oltre4000varietà difrutti: soprattutto fragole (milletipi diversi di fragole!), ma anche ciliegi, uvaspina, lamponi… Provengono da40 Paesi. Sono i progenitori delle varietà commerciali, praticamente più nessuno li coltiva.
Proprio per questo sonopreziosi. Non è attaccamento sentimentale al buon tempo antico, ma una questione dibiodiversità: queste piante possiedono caratteristiche che potrebbero tornare utili per ottenere nuove varietà in grado di resistere ai cambiamenti climatici, ai parassiti, alla siccità…
Durante la Seconda guerra mondiale, quando San Pietroburgo – allora Leningrado – era stretta dall’assedio delle truppe tedesche, 12 scienziati che custodivano la stazione Pavlovsk preferironomorire di famepiuttosto che mangiarsi le collezioni.
La settimana scorsa un tribunale ha stabilito che la stazione Pavlovsk devesloggiare entro un mese, così che al suo posto possa aprire un cantiere edile.
La stazione stessa e l’istituto cui fa capo interporranno appello. Oltretutto non si possono traslocare alberi ed arbusti che crescono incampoaperto e che difficilmente si riproducono per seme. O per lo meno, ammesso di trovare un altro sito, iltrapiantodi queste varietà preziose e uniche richiede anni di lavoro.
Di fronte alle pressioni di studiosi di tutto il mondo, il presidente russoMedvedevha fatto sapere che esaminerà la questione. Se volete dargli un aiutino in questo senso, su Internet c’è lapetizionedi Global Crop Diversity Trust, appoggiata anche da Slow Food International.
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