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Fusione fredda: mito o realtà? A distanza di 23 anni dal primo annuncio, le ricerche proseguono. Ma il sogno dell’energia pulita, economica e abbondante è forse tramontato.
By Admin (from 06/06/2012 @ 14:03:42, in it - Osservatorio Globale, read 2658 times)

Se siamo ancora qui a parlare di fusione fredda 23 anni dopo la conferenza stampa in cui Stanley Pons e Martin Fleischmann (era il 23 marzo del 1989) annunciarono al mondo di aver realizzato la fusione di atomi di deuterio in un reticolo di palladio producendo un eccesso di energia, è perché non sembra facile liquidare il tutto come junk science, cattiva scienza. Ma è altrettanto assurdo illudersi che la fusione fredda – o come oggi si preferisce dire, le reazioni nucleari a debole energia o Lenr (acronimo di Low Energy Nuclear Reactions) – risolvano i problemi energetici e ambientali del pianeta. Se la rivoluzione attesa non c’è stata, non è colpa di un fantomatico complotto ordito dalle lobby dei potenti. Mettiamola così: è la fisica, bellezza.

Riprodurre in una stanza, magari dentro piccoli dispositivi, ciò che tiene acceso il Sole grazie a temperature di decine di milioni di gradi Kelvin, è quanto meno complicato. Soprattutto, è contrario alle leggi fisiche e chimiche conosciute. “ Si tratta di fondere elementi più leggeri in atomi più pesanti, la cui massa finale è inferiore alla somma delle masse iniziali, con rilascio di energia”, spiega Antonio Zoccoli, professore ordinario di fisica all’Università di Bologna, nella giunta dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). “ Il problema è che per unire protoni carichi positivamente, che si respingono, è necessario vincere la forza elettrostatica e per questo sono necessarie temperature e pressioni elevate, come avviene nelle stelle”. Ammettiamo pure che esista qualche effetto quantico ignoto che permetta quello che oggi sembra inconcepibile, la fusione nucleare a temperatura ambiente. Sta di fatto che tutte le ricerche serie finora condotte – e non sono poche – hanno racimolato scarsi risultati, controversi e - ahinoi - difficilmente riproducibili (il che, in fisica, non è un buon segno). Così, dopo la partenza a razzo dei due scienziati statunitensi (che non erano neppure fisici nucleari, ma elettrochimici), è finita a tarallucci e vino. Molti laboratori provarono, in maniera indipendente, a ripetere gli esperimenti, senza tuttavia riuscirci (gli stessi Fleischmann e Pons avrebbero poi ammesso errori). Qualcosa di simile a una  frode, insomma. Con il passare del tempo la fusione fredda è stata ripudiata dalla gran parte della comunità scientifica. Ma un centinaio di scienziati nel mondo perseverano nell’impresa: sono mosche bianche, eppure continuano a operare all’interno di importanti centri di ricerca, in Italia e all’estero, con soldi pubblici e privati.

Due settimane fa, a fare un punto sui progressi nelle Lenr, è stato Francesco Celani, ricercatore dell’Infn, invitato a tenere una conferenza al Cern di Ginevra con Yogendra Srivastava, dell’Università di Perugia. La più eretica delle materie che entra nel tempio della scienza ufficiale. Forse un segnale che qualcosa sta cambiando? In realtà, c’è ben poco per cui entusiasmarsi.

“ Qualcosa di anomalo ogni tanto si verifica, e questo è documentato da più di vent'anni di ricerche, il problema è che non si conoscono bene i parametri in gioco per rendere il fenomeno riproducibile”, dice Celani.  Se i dati sperimentali sono confusi, si brancola nel buio dal punto di vista teorico: “ Sono stati proposti circa 150 modelli per spiegare le stranezze della materia condensata”, dice Celani, “ la più verosimile è la teoria di Widom-Larsen", ma un impianto solido, in realtà, non esiste. Celani sostiene anche che ricerche di rilievo siano state insabbiate e venute a galla negli ultimi anni. Ma - ammesso che sia vero - ci vuol tanto a dimostrare, una volta per tutte, che la fusione fredda può funzionare? Per di più, anche gli esperimenti favorevoli all’ipotesi pubblicati su riviste scientifiche con peer-review, riferiscono un eccesso di energia di poche decine di watt.

Il Cern, in tutto ciò, come la vede? “ Ci sono fenomeni intriganti nelle reazioni nucleari a bassa energia ancora in fase di studio”, spiega a Wired.it il portavoce James Gillies: “ Il Cern non conduce ricerche in questo campo, ma abbiamo un programma di conferenze molto vasto per consentire ai nostri scienziati di esser aggiornati sugli sviluppi in molte branche della fisica”.

Anche l' Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, non demorde. Non è vero che dopo il famoso Rapporto 41 la partita si è chiusa. L’anno scorso, sulla rivista bimestrale dell’Enea, Vittorio Violante e colleghi del Centro di ricerche di Frascati facevano il punto della situazione scrivendo che “ i risultati raggiunti eliminano dubbi sull’esistenza del fenomeno e aprono interessanti prospettive per la sua definizione”. Già, perché non è affatto chiaro se queste anomalie riportate in vari esperimenti coinvolgano reazioni nucleari, o piuttosto, chimiche. In conclusione del focus, i toni si stemperano: “ non c’è davvero la possibilità di esprimersi né su ipotetiche applicazioni né sulla possibilità di studi di natura tecnologica senza aver prima definito la fisica del sistema. Non sappiamo ancora se potranno esserci applicazioni di qualche genere”. D’altronde, una fonte d’energia dev’essere affidabile: se faccio il pieno dell’automobile so quanti chilometri posso percorrere, se premo l’interruttore della luce so che la lampadina si accende. Sarebbe assai poco pratico un apparecchio Lenr che funziona una volta sì e 100 no, come e quando pare a lui.

I sostenitori delle Lenr non mancano alla Nasa, al Mit, all' Agenzia di ricerca della Marina statunitense, anche se si tratta più che altro di esperienze isolate. Stringi stringi, la fusione fredda o qualunque cosa essa sia, sembra dannatamente elusiva: tanti indizi, nessuna prova.

Poi l’anno scorso, spunta un imprenditore: Andrea Rossi, già salito alla ribalta delle cronache giudiziarie in passato per una pesante ecotruffa (20 anni fa prometteva di trasformare i rifiuti in petrolio).

Rossi si affianca a un anziano professore di fisica in pensione, Sergio Focardi, dell’Università di Bologna, e insieme i due annunciano di aver realizzato la macchina perfetta della fusione fredda: E-Cat, che sta per catalizzatore di energia, un dispositivo grande come due scatole di scarpe che fonderebbe nuclei di idrogeno e atomi di nichel (con l’aggiunta di un misterioso ingrediente segreto), generando come unica scoria dell’innocuo rame. Niente radiazioni, niente gas inquinanti, materia prima a basso costo e abbondante. La produzione d’energia sarebbe enorme: 10 kW, a fronte di meno di un 1 kW in entrata. E, dulcis in fundo, il processo è controllato, riproducibile, funziona sempre. Insomma, tutti i problemi con cui si è scontrata per vent’anni la ricerca sulle Lenr, risolti in un colpo solo. Wow. Sarebbe fantastico, se fosse vero. Questa sì, la soluzione ai mali del mondo.

Peccato ci siano mille ragioni per essere davvero molto perplessi sulla vicenda. Nessun ricercatore ha potuto guardare nel dispositivo e fare verifiche indipendenti di cosa avvenga dentro E-Cat. Nel corso delle dimostrazioni a porte chiuse avvenute a Bologna - con l’apparecchio completamente avvolto dalla carta stagnola -, l’unica misura esterna effettuata ha dato esito negativo. “ Se nel dispositivo avvenisse davvero la fusione nucleare (con la produzione d’energia dichiarata, non potrebbe essere una reazione chimica), be', dovrebbero prodursi raggi gamma”, dice Antonio Zoccoli: “ Ma quando abbiamo posizionato rivelatori accanto all’apparecchio, praticando dei fori nella schermatura di protezione, non abbiamo osservato alcuna emissione”. Se d’altronde quell’emissione ci fosse stata, avrebbe incenerito gli astanti. Come spiega dettagliatamente in questo post Ethan Siegel, astrofisico statunitense, anche i pochi dati a disposizione su E-Cat sono sufficienti per affermare che le reazioni proclamate sono semplicemente impossibili. Su E-Cat non sono stati pubblicati lavori scientifici (non inganni il Journal of Nuclear Physics, che a dispetto del nome altisonante, è un blog aperto dagli stessi Rossi e Focardi).

Credere a E-Cat è come credere a un miracolo: un atto di fede. Intanto, il tempo passa, e i nodi vengono al pettine: il brevetto non approvato, il contratto non onorato con l’Università di Bologna e rescisso, altisonanti  affermazioni ritrattate. Eppure, basterebbe poco per zittire le malelingue: accettare il processo di revisione scientifica. L’appello è bipartisan, sia da parte di chi studia la fusione fredda come Celani, sia di chi appartiene alla corrente mainstream, come Zoccoli. “ Non abbiano timori di sottoporre il dispositivo alle verifiche sperimentali”, rinnova l’invito Zoccoli: “ Vincerebbero il Nobel, altro che brevetto”. È più che legittimo sospettare che, in buona fede, sia stato fatto un errore di misura. A pensar male, invece, che dentro E-Cat si nasconda l’inganno. E per la fusione fredda sarebbe il colpo di grazia.

Fonte: Wired.it