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By Admin (from 22/04/2011 @ 14:00:01, in ro - Observator Global, read 3329 times)

 Stralucitoarea capitala a Malaysiei este unul dintre cele mai tinere orase de acest fel de pe continentul asiatic. Cu mai putin de 200 de ani in urma, in 1857, cativa chinezi au venit aici de pe coasta de vest a tarii, pentru a face prospectiuni si au descoperit la poalele muntilor Banjaran un impresionant zacamant de cositor. Expeditia si-a instalat tabara in locul unde au fost cazati si muncitorii sositi in acest scop, la confluenta raurilor Kheng si Gornbak. Conditiile erau deosebit de vitrege, zona era mlastinoasa si bantuita de malarie, motiv pentru care cei sositi aici au numit-o Kuala Lumpur, „Confluenta mizeriei”.

 Numele nu i-a descurajat pe locuitorii carora cositorul le-a adus venituri serioase, care le-au permis sa transforme asezarea intr-un oras prosper. Uriasele plantatii de cafea si de cauciuc din jur au contribuit la randul lor la dezvoltarea rapida a viitoarei capitale, pentru ca in 1896 orasul capata acest statut.

Capitala Federatiei Malaysia, oras tropical locuit de comercianti chinezi, fermieri locali si numerosi indieni, a primit la inceputul secolului al XX-lea noi valuri de imigranti din India si Sri Lanka, datorita dezvoltarii industriei automobilelor si de aici, cererii de cauciuc. In jurul anul 1940 populatia ajunsese la patru milioane dar in timpul Celui de al Doilea Razboi mondial a inregistrat un regres sever. A fost momentul cand puterea coloniala britanica s-a retras din fata japonezilor, care au cucerit Malaysia. Viata locuitorilor a fost grav afectata si dupa 1945 de luptele pentru putere dintre nationalisti si comunisti. In final tara s-a stabilizat ca monarhie parlamentara, regele de aici fiind ales de sultanii celorlalte tari din Federatie. In 1977, orasul a capatat faima mondiala prin construirea turnurilor Petronas, cele mai inalte din lume la data aceea, respectiv 452 de metri.

Datorita boomului economic de la sfarsitul secolului al XX-lea, in oras au aparut o multime de cladiri moderne, dar farmecul asezarii este oferit in mod deosebit de vechile constructii asiatice. Una dintre cele mai frumoase cladiri ale orasului este Gara Centrala, cu minarete de peste 30 de metri, cu arcade si cupole decorative. Posta Centrala este si ea un adevarat palat, iar Primaria, sediul administratiei sultanului si Curtea Suprema sunt realizate in stil maur.

Principala religie este islamismul, de unde numarul mare de moschei, printre care Moscheea Vineri sau Moscheea Nationala Masjid Negara, care poate adaposti 8000 de credinciosi, cele 18 minarete, inalte de 73 metri, reprezentand cele 13 state ale federatiei si cei cinci Stalpi ai Islamu-lui: credinta, rugaciunea, milostenia, purificarea rituala si pelerinajul la Mecca.

Exista de asemenea edificii de cult in orasul chinezesc si in cel indian. Templul chinezesc Sze Yeah este inchinat indurarii si omeniei. Templul indian Sri Maha Marianmeu, este ridicat sub forma unui munte de zeitati pe cinci niveluri iar in Grotele Batu, din afara orasului, peste 100.000 de credinciosi vin anual pentru a se inchina lui Shiva si fiului sau. Din vechea asezare a minerilor nu a mai ramas decat legenda care povesteste despre munca, tenacitate si curaj.

IRINA STOICA - Revista Magazin

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Buongiorno a tutti, vorrei cominciare leggendovi due righe da un documento che risale a 32 anni fa “oggi 29 gennaio 1979 alle ore 8,30 il gruppo di fuoco Romano Tognini Valerio dell’organizzazione comunista Prima Linea ha giustiziato il sostituto Procuratore della Repubblica Emilio Alessandrini, uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la Procura della Repubblica di Milano nel tentativo di ridare credibilità democratica e progressista allo Stato”.

Thyssenkrupp: una sentenza storica.

Questo è il volantino con cui i terroristi rossi di prima linea rivendicavano l’assassinio del Pubblico Ministero Alessandrini, sostituto Procuratore a Milano che stava indagando sulla strage nera di Piazza Fontana.
Perché dei terroristi rossi ammazzano un magistrato, tra l’altro esponente delle correnti progressiste della Magistratura che sta indagando su una strage neofascista? Perché lo spiegano bene, per i suoi meriti, perché è uno dei magistrati che maggiormente hanno contribuito in questi anni a rendere efficiente la Procura della Repubblica di Milano e a ridare credibilità democratica e progressista allo Stato, colpivano i magistrati bravi, onesti e li colpivano non per i loro errori o per i loro demeriti, ma per i loro meriti.
La stessa cosa sta avvenendo oggi, soltanto che a colpirli non è più un’organizzazione terroristica che si propone di sovvertire lo Stato, ma è un Presidente del Consiglio che sta sovvertendo lo Stato e che sta facendo alle istituzioni dello Stato molti più danni di quelli che hanno fatto i terroristi delle Brigate Rosse che involontariamente finirono per rafforzare le istituzioni e per conservare ai loro posti anche dei politici che invece avrebbero dovuto andarsene, proprio perché lo Stato fece fronte comune contro il terrorismo negli anni della solidarietà nazionale, oggi l’insidia è molto, molto maggiore e più pericolosa proprio perché le armi non sono più i mitra, ma sono le parole, le leggi, i proclami televisivi, i comizi, le istituzioni piegate agli interessi privati, non c’è nessuno di autorevole che lanci l’allarme, il Quirinale almeno mentre sto parlando tace e tutte le altre istituzioni che dovrebbero intervenire, tacciono a loro volta, protestano i magistrati, ma come al solito sembra una guerra personale, tra loro e Berlusconi, protestano poco per la verità le opposizioni che non hanno ancora preso l’iniziativa che avrebbero dovuto prendere, quella di abbandonare in blocco un Parlamento comprato e venduto per interessi privati, i grandi giornali, a parte rare eccezioni fanno i pesci in barile e fanno finta di non vedere e parlano di scontro mentre c’è un’aggressione direi senza precedenti perché è semplicemente l’ultimo episodio di tanti altri, ma un’aggressione forsennata, forse la battaglia finale, ultima spallata contro l’unico potere di controllo che con tutti i suoi limiti e i suoi difetti ci rimane e cioè il potere giudiziale, è interessante vedere che ancora una volta non vengono attaccati i magistrati fannulloni, i magistrati corrotti, i magistrati inefficienti, vengono attaccati esattamente come da parte dei terroristi 32 anni fa, i magistrati migliori, quelli delle Procure di Milano, di Palermo e adesso vedrete che partirà un attacco anche a Torino, perché a Torino, proprio nel giorno in cui a Milano venivano fuori questi orribili manifesti fuori le BR dalla Procura, a Torino un grande magistrato, Raffaele Guariniello otteneva da una grande Corte di Assise una sentenza memorabile in cui si condannano i vertici di un gruppo multinazionale tedesco la Thyssen Krupp, per avere scientemente messo a rischio la vita dei loro lavoratori nello stabilimento di Torino, dando origine a quel rogo stragista che ne eliminò, se non erro, 7.
Il N. 1 della Thyssen Krupp è stato condannato a 16 anni e attenzione non per il solito reato di omicidio colposo con cui ce la si cava sempre con qualche anno, da cui poi detraendo indulti, attenuanti condizionali etc. gli imprenditori assassini la fanno sempre franca e non vanno in galera, condannato a 16 anni di reclusione per omicidio volontario, avete letto sui giornali, avete sentito in televisione, volontario con dolo eventuale, cosa vuole dire? Vuole dire che sapere che gli impianti antincendio non sono a norma e non fare nulla per metterli a norma, per risparmiare qualche migliaio di Euro, perché questa è la ragione per cui sono morti gli operai della Thyssen Krupp, significa ammazzare gli operai, accettando il rischio, ecco il dolo eventuale, che gli operai possano lasciarci la vita e questo equivale a una volontà, a un dolo e quindi omicidio volontario con dolo eventuale e questa è una sentenza pilota e naturalmente adesso sta mettendo il terrore, la Confindustria non ha perso occasione per schierarsi dalla parte dei condannati e per strillare contro la presunta esagerazione della pena.
La pena è il minimo che potesse toccare ai responsabili di una strage dove sono morte molte persone, a causa della colpevole, dolosa incuria dei vertici della Thyssen Krupp, il fatto che l’organizzazione sindacale degli imprenditori italiani invece di scomunicare coloro che tradiscono la legge e mettono a repentaglio la vita dei loro lavoratori, solidarizzi con loro, la dice lunga sul culo sporco degli imprenditori italiani che si fanno rappresentare da gente così!
La dice lunga sul fatto che non si possono permettere che altre sentenze del genere vengano emesse e quindi strillano e quindi anche loro cercano di intimidire la magistratura, visto che ci sono altri processi aperti per altre stragi sul lavoro, che si spera sull’esempio di questa sentenza, potranno imboccare quando ne ricorreranno i presupposti giuridici, la stessa strada e cioè quella non dell’omicidio colposo, involontario, ma quello dell’omicidio volontario con il dolo eventuale e nel momento in cui i magistrati vengono definiti brigatisti, terroristi, cellule rosse, eversori, associazione per delinquere, dalla più alta carica di governo, purtroppo l’abbiamo sul groppone, è bene sapere da quale parte stare, dalla parte dei magistrati che hanno visto tanti loro colleghi cadere negli anni del terrorismo, mentre Berlusconi si faceva proteggere dalla mafia, non dimentichiamo mai e mentre altri magistrati si facevano corrompere da Berlusconi tramite l’Avvocato Previti, non dimentichiamolo mai!

Genchi mazziato e assolto.

Ciò premesso non ho nessuna intenzione, l’ho già detto la settimana scorsa, di inseguire questo squilibrato nei suoi deliri, essi sì, eversivi e terroristici, ma vorrei darvi una notizia che, salvo Il Fatto Quotidiano e qualche trafiletto e altri giorni nessuno ha dato, credo neanche i telegiornali che pure a suo tempo si occuparono a lungo del presunto scandalo da cui poi era scaturito quel processo.
Mi riferisco alla sentenza che è stata emessa mercoledì a carico di Gioacchino Genchi, sapete voi del blog di Beppe, voi del sito del Fatto, voi che leggete Il Fatto chi è Gioacchino Genchi, quest’ultimo è il poliziotto, il consulente informatico di decine e decine di tribunali, Procure, Corti di Assise e Corti di Appello che da 25 anni ormai mette la sua intelligenza e la sua competenza tecnica al servizio delle indagini, mai al servizio di parti private, sempre al servizio della magistratura, per fare luce su stragi, omicidi di mafia, vicende di mafia politica e che per questo dopo avere collaborato con Luigi De Magistris in una delle tante indagini alle quali ha collaborato a Catanzaro, è stato fucilato con i mezzi moderni, con le televisioni, con i giornali, con le penne assassine che si aggirano non informazione, nella disinformazione italiana e che l’altro giorno fortunatamente ha trovato un giudice che lo ha assolto.
Lo ha assolto dall’accusa di accessi abusivi Genchi ha due processi: uno è ancora in corso, l’altro è quello che si è chiuso mercoledì in primo grado con la sua piena assoluzione e attenzione, non perché il fatto non costituisce reato ma è stato commesso, oppure perché il fatto non costituisce più reato perché è stato depenalizzato, neanche per insufficienza di prove, è stato assolto perché l’accusa non stava in piedi e come nascono le accuse a Gioacchino Genchi? Forse è interessante andare a ripescare la genesi di questi processi perché è una genesi politica, la Procura di Roma aprì indagini su Gioacchino Genchi dopo una campagna martellante di attacchi a Genchi, in cui politici di quasi tutti i partiti, tranne uno, il solito, non lo nomino altrimenti dico poi che faccio pubblicità, ma è cronaca, tutti i partiti politici di destra e di sinistra, tranne uno attaccarono Genchi.
Era il gennaio 2009, per la precisione il 24 gennaio 2009, Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio terrorizzato in quel momento dalla possibile uscita di certe telefonate che minacciavano di svelare retroscena dei suoi rapporti con alcune signorine, poi diventate ministre, annunciava in televisione “sta per scoppiare uno scandalo enorme, il più grande della storia della Repubblica, c’è un signore che ha spiato 350 mila persone” il signore in questione era naturalmente Gioacchino Genchi, erano i giorni in cui si bombardava a reti e edicole unificate sul caso Genchi, l’archivio Genchi, Genchi ha sospettato di avere accumulato milioni di tabulati, di numeri di telefono, di intercettazioni telefoniche e era sospettato addirittura di usare quell’enorme archivio informatico per ricattare di qua e di là, tant’è che del caso si occupo il Copasir, il comitato per il controllo sui servizi di sicurezza, il comitato parlamentare bicamerale, all’epoca presieduto da Rutelli e oggi presieduto da Massimo D’Alema, Massimo D’Alema non c’era ancora.
A ruota tutti i garantisti a gettone o a intermittenza, quelli che intervengono solo quando c’è di mezzo il loro padrone o uno dei loro padroni, si misero a strillare all’unisono con il Cavaliere per dire che quello di Genchi era uno scandalo mai visto.
Maurizio Gasparri capogruppo del Pdl disse “roba da Corte Marziale” la Corte Marziale è il Tribunale speciale dinanzi al quale si trascinano i soldati che commettono dei crimini durante le guerre, finiscono davanti alla Corte Marziale e poi vengono fucilati, questo disse Gasparri. Rutelli per non essere da meno all’epoca stava nel PD, poi si è messo improprio, disse che quello di Genchi era un caso molto rilevante per la libertà e per la democrazia. Cicchito disse “siamo di fronte a un’inquietante Grande Fratello” e non si riferiva al Grande Fratello di Canale 5, si riferiva al Grande Fratello di Orwell al mostro spionistico che controlla tutto e tutti nelle dittature.
Lanfranco Tenaglia ex Magistrato del PD disse “vicenda grave”. Italo Bocchino ancora nel Pdl e non ancora diventato antiberlusconiano disse “è il più grande caso di spionaggio della storia repubblicana”. Clemente Mastella che da anni martellava Genchi, chiamandolo addirittura Licio Genchi lo definì quella volta “un pericolo per la democrazia” e Luciano Violante del PD disse che era un fatto intollerabile e Gaetano Quagliariello del Pdl disse “scenario inimmaginabile e preoccupante per la sicurezza dello Stato” Genchi era un nemico delle istituzioni, da respingere probabilmente a cannonate. Giuseppe Caldarola ex PD che scrive su Il Riformista disse “spioni deviati spiano migliaia di cittadini, il Parlamento e il governo” e Luigi Zanda del PD disse che Tavaroli e Genchi presentavano diverse analogie, chi è Tavaroli? E’ il capo della Security privata della Telecom, arrestato per avere accumulato dossier per conto dei vertici della Telecom, mentre Genchi lavora per conto di un’entità che si chiama Stato italiano, giustizia italiana, fa niente, Tavaroli e Genchi tante analogie!
I giornali si scatenano, non tutti naturalmente, i principali, La Stampa e Il Corriere titolano “un italiano su 10 nell’archivio di Genchi” gli italiani sono 60 milioni, quindi Genchi avrebbe nei suoi archivi dossier su 6 milioni di italiani, pensate quanto deve essere enorme la sede degli uffici di Genchi per contenere 6 milioni di schedature, forse è grossa come il Pentagono, come la sede della Cia. Il Giornale “il grande orecchio, miniera d’oro” Libero “l’intercettatore folle” Pierluigi Battista Corriere della Sera “lugubre monumento alla devastazione della privacy, nuvola potenzialmente ricattatoria” questo è una piccola antologia di quello che fu detto e fu scritto quando scoppiò il caso Genchi. La Procura di Roma, sempre molto sensibile agli umori della politica, pensò bene di fare cosa gradita aprendo indagini e processi a carico di Genchi.
Uno, quello ancora in corso, riguarda l’accusa a Genchi di avere, abuso d’ufficio, accumulato ai tempi dell’indagine Why not?, una serie di dati su cellulari intestati a parlamentari, sapete che i parlamentari non possono essere intercettati e non si può neanche acquisire informazioni sul traffico telefonico che compare nei tabulati telefonici, il tabulato è l’elenco delle telefonate che partono e arrivano a una certa scheda associata ovviamente a un telefonino e così si capisce chi telefona a chi, per quanto tempo, da dove parte la chiamata, non si sa naturalmente chi viene chiamato prima, chi viene chiamato dopo, ci sono le sequenze, gli incroci è questo che fa Genchi, non c’è il contenuto delle chiamate, ma naturalmente si può desumere dalla frequenza di certe chiamate anche il rapporto di intimità che c’è tra il chiamante e il chiamato e quindi questi dati sensibili a carico dei parlamentari non possono essere acquisiti perché il parlamentare ha l’immunità, salvo che il Parlamento autorizzi il magistrato a acquisire queste intercettazioni e questi tabulati.
Altra cosa, naturalmente, lo sappiamo benissimo, è se la voce del parlamentare viene intercettata mentre si controlla il telefono di un altro che parla con il parlamentare, in quel caso si parla di intercettazioni in diretta e è perfettamente legittima, ma per usarla contro il parlamentare, ci vuole comunque il permesso del Parlamento, lo stesso vale per i tabulati, naturalmente quando è che chiedi il permesso al Parlamento di poter usare i tabulati di un parlamentare? Quando inizia il processo perché è durante il processo che si fa un uso penale di certa documentazione.
Ma in ogni caso per mandare al Parlamento la richiesta di autorizzazione all’uso dei tabulati acquisiti, bisogna prima sapere che quei tabulati appartengono a un numero di telefono in uso a un parlamentare e come mai a sapere se un telefono lo usa un parlamentare o un normale cittadino? Mica lo individui dal prefisso, l’utente della scheda e del cellulare, quante volte uno si imbatte in un numero di telefono e come fa a riconoscere un telefono di un parlamentare dal telefono di un cittadino normale? Il prefisso è sempre lo stesso, non è che ci sono dei prefissi particolari per i parlamentari, soltanto quando sviluppi, vedi da dove partono le telefonate, vedi dove arrivano, puoi desumere che c’è un parlamentare, quindi li devi giustamente acquisire presso le compagnie telefoniche e soltanto dopo che hai cominciato a lavorarci, quindi a usarli, puoi capire che c’è un parlamentare dietro a quel numero, anche perché spessissimo sono intestati a società, altri sono intestati direttamente alla Camera, altri sono intestati direttamente addirittura a Ministeri, quindi come fai a sapere se un telefono intestato a un Ministero o a uno dei due rami del Parlamento è in uso a un segretario, a un usciere, a un agente della scorta, a un funzionario, a un dirigente, o se è in uso proprio al Ministro o al parlamentare? Devi fare delle indagini e questo è quello che hanno fatto De Magistris e Genchi e Genchi, come del resto De Magistris si trovano indagati per avere acquisito e usato tabulati di parlamentari, come se dotati di virtù divinatorie, potessero loro immaginare e già sapessero che i numeri di cui chiedevano alla Tim o alla Vodafone o a altri gestori il tabulano, erano intestati a parlamentari, è un processo totalmente incredibile, folle, paradossale, si pretende che il magistrato e il suo consulente siano lo spirito santo, riescano a individuare dal solo numero telefonico se appartiene o non appartiene a un parlamentare.

Tante inchieste, stesse ombre.

E’ un processo folle che credo finirà nel nulla anche per una semplice ragione: l’abuso in atti d’ufficio è stato riformato nel 1997 dal Parlamento italiano, una legge tra l’altro vergognosa, votata da quasi tutti i partiti, in questo modo: per essere ancora reato l’abuso d’ufficio, l’abuso commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, deve contenere una finalità patrimoniale, ci devi guadagnare dall’abuso che fai.
Se per esempio favorisci un tuo parente, la tua fidanzata, tua moglie, tuo figlio, un amico, un compagno di partito che poi ti dà in cambio un tornaconto, allora c’è l’abuso di ufficio patrimoniale, se invece fai semplicemente un atto abusivo, ma non c’è finalità patrimoniale, un atto illegale, illecito, indebito e non c’è una finalità patrimoniale, l’abuso d’ufficio non è più reato, allora anche se per assurdo e come dico è un assurdo, Genchi e De Magistris avessero disposto indebitamente l’acquisizione di quei tabulati perché già sapevano, preveggenti che i tabulati erano di telefoni intestati a parlamentari, il reato di abuso d’ufficio non può scattare perché? Perché non è che De Magistris o Genchi ci hanno guadagnato qualcosa patrimonialmente ad acquisire dei tabulati di parlamentari al massimo hanno avuto degli elementi in mano per indagare che non avrebbero potuto avere e che naturalmente se si fosse arrivati al processo, sarebbero stati immediatamente dichiarati nulli e inutilizzabili, in quanto acquisiti non secondo la legge, ma contro la legge, quindi anche se avessero fatto ciò di cui sono accusati, né Genchi, né De Magistris potrebbero mai rispondere di un reato che è iscritto completamente in maniera diversa da come invece sono andate le cose in quel caso, ma questo processo è ancora in corso e quindi si vedrà come andrà a finire davanti al Tribunale di Roma.
Invece l’altro processo nato da quella campagna forsennata contro Genchi, nemico dello Stato, nemico della Repubblica, nemico della democrazia, eversore, spione, ricattatore, raccoglitore di dossier e chi più ne ha, più ne metta, si è concluso mercoledì scorso, assoluzione piena, il più grave scandalo della storia della Repubblica come lo definì Berlusconi, per metà si è già sgonfiato ma nessuno naturalmente ha chiesto scusa a Genchi, nessuno di quelli che hanno detto o scritto quelle puttanate che vi ho letto prima, ha fatto retromarcia, ha ammesso di essersi sbagliato, ha detto di non farlo più, ha rimediato con articoli riparatori, chissà per esempio Pierluigi Battista se ci farà la grazia di riconoscere che non c’era nessun lugubre monumento alla devastazione della privacy, nuvola potenzialmente ricattatoria nel caso Genchi o quei giornali come Il Corriere e La Stampa che titolarono “un italiano su 10 nell’archivio Genchi” o altre scemate di quelle dimensioni, cosa ha stabilito il giudice?
Che Genchi è innocente, parola del Gup, del Tribunale di Roma Marina Finiti dall’accusa di accesso abusivo alla banca dati Siatel, quale era l’accusa? Che Genchi abbia interpellato abusivamente gli archivi informatici della Siatel per acquisire informazioni su Giorgio Riolo e Maddalena Carollo, chi sono? Giorgio Riolo è quel Maresciallo del Ros dei Carabinieri che fu accusato insieme a un altro, a Ciuro di essere una delle talpe nella Dda di Palermo e che fu poi arrestato e condannato in Cassazione, Maddalena Carollo era l’intestataria di una scheda telefonica che era stata fornita a Totò Cuffaro, questa era una prestanome, non si sa neanche se consapevole o meno, di quelle schede telefoniche che usava Cuffaro, sperando di non essere intercettato e chi gliele aveva date quelle schede “sicure” a Cuffaro, una delle quali intestata a questa Maddalena Carollo? Gliele aveva date Francesco Campanella, il mafioso legatissimo a Provenzano che faceva anche nei ritagli di tempo, il Presidente del Consiglio Comunale di Villa Abbate e era anche il leader dei giovani nazionali dell’Udeur, era il capo dei giovani mastelliani a livello nazionale, poi si è rivelato essere un mafioso, era quello che aveva procurato i documenti falsi a Bernardo Provenzano per la sua trasferta ospedaliera a Marsiglia per l’operazione alla prostata, poi è diventato collaboratore di Giustizia e è finito in galera.
Campanella fornisce a Cuffaro questa scheda “sicura” sicura fino a un certo punto perché poi viene smascherata nelle indagini proprio grazie alla capacità tecnica di Gioacchino Genchi e scopre che quella scheda era in uso a Cuffaro, vedete com’è difficile risalire al reale utente di un numero telefonico? Questo numero telefonico era intestato a questa Maddalena, era stato fornito da Campanella a chi? Al governatore della Regione Sicilia, immaginate quante indagini per riuscire a capire la trafila, per riuscire a capire alla fine chi era che faceva le telefonate con quella scheda. La scheda GSM serviva a coprire i contatti telefonici con Riolo e stiamo parlando, quindi, dell’inchiesta sulle talpe, un’inchiesta molto importante a cui Genchi, come a tante altre aveva collaborato, l’accusa si è rivelata infondata, assolto, interessante però capire perché ce l’avevano tanto con Genchi per avere lavorato così bene in quell’inchiesta?
Il perché lo potete capire anche voi, ci sono personaggi legati all’Udc , Cuffaro, al centro-destra sempre Cuffaro che poi è passato infatti con Berlusconi, giusto in tempo prima di finire in galera e anche a esponenti deviati delle forze dell’ ordine e l’inchiesta era nata da un rapporto del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Stefano Crociata e del Colonnello del Ros Pasquale Angelo Santo, lo scandalo Genchi monta mentre Genchi scrive, Antonio Massari su Il Fatto, sta collaborando con De Magistris nell’inchiesta Why not?, Genchi ha ricostruito un’anomala fuga di notizie nell’inchiesta Poseidone e in questi suoi report investigativi scrive “è dalle indagini sulla strage di Capaci che non provavo un simile imbarazzo” infatti Genchi che si era occupato anche dalle indagini sulla strage di Capaci lavorando per De Magistris, sospetta che la talpa, questa volta, sia il diretto superiore di De Magistris, il Procuratore capo che guarda un po’ la combinazione, dopo un po’ sottrae l’inchiesta Poseidone a De Magistris, sottrazione illegale scopriranno poi i magistrati di Salerno che dopo averlo scoperto verranno a loro volta trasferiti lontano da Salerno dal Csm e quindi anche l’inchiesta Why not?, poco dopo viene sottratta, sempre illegalmente secondo Salerno a De Magistris.
Nel marzo 2009 lo studio di De Magistris viene perquisito dal Ros e i giornali in quell’occasione, siamo con singolare tempismo, il 24 gennaio 2009 Berlusconi urla che sta per scoppiare il più grave scandalo della storia della Repubblica italiana, quindi quegli ultimi 60 anni, due mesi dopo uomini del Ros, bisogna sempre parlare di uomini del Ros perché il Ros è una cosa grossa, seria e importante, il reparto operativo speciale dei Carabinieri, all’interno del Ros ogni tanto ci sono alcuni tipetti mica male, due mesi dopo la sparata di Berlusconi parte il Ros e va a perquisire il maxiarchivio, come veniva definito dai giornali, quello con 6 milioni di dati, su 6 milioni di persone a Palermo e nei giornali si scrive che il maxiarchivio illegale di Genchi sono state intercettate milioni di persone e il Ministro Alfano lo definisce un grave pericolo per la sicurezza della Repubblica, naturalmente l’assoluzione dell’altro giorno, dimostra che Genchi tutto quello che ha fatto lo ha fatto nell’assoluta legalità, anzi ogni volta che Genchi fa un accertamento peritale, lo fa su mandato scritto del magistrato, non è che si inventa le cose da fare, tutti gli incarichi peritali del consulente tecnico del PM devono essere richiesti per iscritto, in modo che non resti nulla di misterioso, tutto documentato.
Nel frattempo Genchi, lo sapete, un mese fa, è stato cacciato dalla Polizia di Stato per ordine del Capo della Polizia Manganelli, anche lì su richiesta pressante di molti politici che se lo volevano levare di torno e è stato destituito dalla Polizia, è la sanzione più pesante ovviamente, gli hanno levato i gradi e l’hanno buttato fuori, è un trattamento che non hanno subito neanche i poliziotti aguzzini, condannati per le violenze al G8 di Genova o condannati per altri episodi di sevizie e di torture, Genchi che non ha mai torto un capello a nessuno, ma ha fatto solo quello che gli chiedevano i magistrati, e l’ha fatto bene, è stato destituito dalla Polizia , quindi non è più un poliziotto, nel suo blog su Ilfattoquotidiano.it scrive “si è conclusa alle 15,15 un’udienza preliminare del processo a mio carico tenuta dal Gup Marina Finiti, il processo è stato aperto per i presunti accessi abusivi alla Siatel oggetto delle contestazioni della Procura di Roma, formulate nel marzo 2009, sempre 2 mesi dopo la sparata di Berlusconi in contestualità con la perquisizione del Ros, con la perquisizione e il sequestro del mio archivio. Alla base delle indagini il rapporto del direttore dell’agenzia delle entrate e gli accertamenti del Ros. Mi erano state contestate le attività di accertamento nei processi più importanti degli ultimi anni, tra questi interrogazione, interpello di quella banca dati relativa al nominativo del Maresciallo del Ros, anche esso, Giorgio Riolo, poi arrestato e condannato dalla Cassazione come talpa nella Dda di Palermo e quello su Maddalena Carollo, la fantomatica intestataria della scheda GSM coperta fornita all’allora Presidente della Regione Cuffaro da Francesco Campanella, per i contatti riservati con Riolo e con un altro ex Maresciallo dei Carabinieri, poi entrato in politica credo nell’Udc Massimo Zucchelli. Grazie alla difesa dell’Avvocato Fabio Repici, ci scrive sempre Gioacchino Genchi, ho dimostrato la legittimità di tutti gli accessi alla Siatel, necessari per l’identificazione dei soggetti poi indagati e condannati per gravissimi reati, dall’omicidio alla strage, dal traffico di stupefacenti alla mafia, dai vari tribunali e Corte d’Assise che avevano utilizzato le risultanze del mio lavoro in quasi tutta Italia, dove una breve camera di consiglio di pochi minuti e dopo un calvario giudiziario di oltre due anni, il Gup Marina Finiti ha pronunciato la sentenza “il fatto non sussiste”. Ormai anche i bambini, commenta Genchi, hanno capito che la montatura del cosiddetto caso Genchi dopo le anticipazioni del Presidente del Consiglio Berlusconi che mi aveva definito il più grande scandalo della storia della Repubblica, serviva solo a bloccare la mia collaborazione con l’autorità giudiziaria nelle più importanti inchieste che si stavano facendo in Italia, nonostante tutto non ho mai perso la mia fiducia nella giustizia, mi sono presentato al Giudice e mi sono fatto processare come loro volevano, la cosa che mi rende più orgoglioso è che anche il Pubblico Ministero di udienza che non è lo stesso evidentemente che aveva fatto quella meravigliosa indagine, la Dott. Ssa Maria Cristina Palaia ha chiesto la mia assoluzione con formula piena.” Sapete qual è il risultato? Il risultato è che Genchi non è più poliziotto in seguito alla campagna di diffamazione e di calunnia e ha perso, anche da privato cittadino, consulente tecnico, titolare di una società specializzata in consulenze tecniche delle procure, gran parte delle sue consulenze, perché? Perché ci vuole un bel coraggio da parte dei magistrati a affidare ancora le consulenze tecniche di indagine a uno che è indagato e addirittura imputato a Roma per avere violato la legge, quindi Genchi ha perso molto del suo lavoro, da un lato ha perso il lavoro in Polizia e dall’altro ha perso il lavoro che svolgeva in aspettativa della Polizia di consulente tecnico di moltissime procure e tribunali.
Dico questo non perché pensi che ci sia stato un complotto a danno di Genchi, c’è stata una campagna violentissima della politica, quasi concentrica, c’è stata un’indagine sbagliata della Procura di Roma, forse per compiacere i politici, questo non lo so perché è un processo alle intenzioni, lo penso, penso che sia stata per compiacere tutti quei politici che lo volevano sotto indagine, ma nessuno di tutti quelli che parlano di errori giudiziari, di quelli che ogni volta che viene o prescritto o magari assolto con varie formule tutt’altro che limpide un potente, urlano subito: e adesso chi paga? Chiedetegli scusa, restituitegli quello che gli è stato tolto, gli avete rovinato la vita, caso Tortora! Questo non è un caso Tortora perché per fortuna Genchi non è mai stato arrestato e per fortuna gode anche ottima salute, ma certamente ha subito un danno nella sua reputazione, ha subito un danno nel suo lavoro e ha subito un danno anche nel suo orgoglio perché immaginate un poliziotto che vede continuare a far carriera in Polizia gente condannata per avere torturato ragazzi innocenti, tipo quelli del G8, che si vede invece lui cacciato dalla Polizia, dopo avere servito né più e né meno lo Stato italiano per tutti questi anni, forse meriterebbe qualche articoletto, forse meriterebbe le scuse di qualcuno e forse chi, con tanta leggerezza parla di errori giudiziari quando riguardano sé stesso, dovrebbe cominciare a rendersi conto che i processi si fanno per vedere se uno è colpevole o è innocente, quando poi si stabilisce che tizio era innocente, bisogna andare a vedere come era nata l’indagine, perché ci sono molte indagini che nascono quando sembra che veramente uno potrebbe essere il colpevole e poi durante il corso del procedimento si scopre che invece, magari non lo era, a questo serve la giustizia, questa però non è un’indagine nata quando sembrata che Genchi avesse commesso dei reati, perché lo si sapeva benissimo anche nel gennaio 2009 quando Berlusconi lo definì il più grave scandalo della storia repubblicana che Genchi non aveva commesso nessun reato, bastava andare a vedere le carte.
Andatevi a prendere i passaparola, gli articoli che abbiamo scritto nel 2008/2009 quando partì l’attacco a Genchi in simbiosi con l’attacco a De Magistris, in simbiosi con l’attacco ai PM di Salerno Nuzzi e Verasani e Apicella che stavano indagando sul complotto, quello sì, che aveva portato a espropriare De Magistris delle sue inchieste a Catanzaro e vi renderete conto che c’erano già allora gli strumenti per capire dove stava la verità, poi non discuto, uno può anche aprire un’indagine e dopo 3 anni non presentarsi in udienza, mandarci un altro che chiede l’assoluzione dell’indagato, fa parte della fisiologia, ma se non ci fosse stato quel fuoco di sbarramento concentrico contro Genchi, probabilmente quell’indagine non sarebbe mai iniziata, probabilmente Genchi sarebbe ancora in Polizia, probabilmente continuerebbe a essere il consulente di gran parte delle Procure dei tribunali per la semplice ragione che è bravo e ci azzecca e bisognerebbe anche interrogarsi su un’altra cosa: ma se per farlo fuori hanno impiegato quell’enorme dispendio di energie e di balle, cosa c’era che non doveva saltare fuori nelle inchieste Why not?, Poseidone e limitrofe?

Guardate che nelle indagini che sono state strozzate sul nascere dopo che le hanno tolte dalle mani di De Magistris e di Genchi e anche di altri che lavoravano lì, che lavoravano in quell’indagine nazionale a De Magistris, c’erano personaggi che guarda un po’, sono venuti fuori in altre indagini! Alcuni sono venuti fuori nelle indagini sulla cricca della protezione civile, altri sono venuti fuori nelle indagini sulla P3 che hanno portato a indagare e/o a arrestare Carboni, Lombardi, Verdini, Dell’Utri, quella nuova Loggia P2 aggiornata ai giorni d’oggi e un altro personaggio sul quale stavano lavorando nell’indagine "Why not?", Luigi Bisignani già piduista, già pregiudicato per la maxitangente Enimont, ora di nuovo attenzionato dalla Procura di Napoli nell’indagine di Woodcock. Erano tutti personaggi che evidentemente fino a 3 anni fa erano molto ben coperti, al punto che appena qualche Magistrato si avvicinata o qualche consulente si avvicinava a loro e ai loro telefoni saltava immediatamente in aria, forse l’indagine Why not? e l’indagine Poseidone attendono ancora di essere scritte e sappiamo esattamente per colpa di chi non hanno potuto arrivare fino in fondo e sappiamo anche che, per non farle arrivare fino in fondo si è fatta strage dei diritti della reputazione dell’immagine dell’orgoglio, onestà, della carriera lavorativa di persone come Gioacchino Genchi, passate parola.

Fonte: beppegrillo.it

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Hello everyone,

I hope everyone is getting the right feed of information on recent movement developments. I hope to be able to give further clarification on what will happen from now on.

TVP's desire to disassociate from TZM: 

Last night during a very long meeting on Teamspeak Roxanne has stated that TVP wants to move on, on its own as they felt we werent going in the right direction. Numerous questions on the actual meaning of that statement were ignored. In fact the answer was never provided and that is probably because it was untrue.

It became apparant that:

1. They were not happy that we did not openly endorsed and pursued donations for their movie project
2. They felt they werent given ground to " control " The Zeitgeist Movement and its operations
3. They thought that Peter wanted to be the director of The Venus Project ( or something to this extent it was really all vague talk )
4. According to TVP, Jacque should be the only credible/reliable source to explain a resource based economy
5. We can no longer use official TVP materials such as logo's, images and designs however due to the term RBE not being trademarked/copyrighted there is no limitation on that for us. This became apparant due to Roxanne's explicit statement about this.
6. TVP now wishes to coordinate the activism teams themselves and in the meeting openly called for people to perform activism under their umbrella. 
7. There was no ground for a reasonable discussion, TVP had made up their mind and it was not going to be changed

There were many other silly statements that were quite hurtfull to a lot of members.

The Zeitgeist Movement and consequential steps: 

As much as we regret this development in which we feel we had no part and feel we could not have prevented. This does not affect movement operations in the long run.

This has no direct effect on our basic operation as a movement. To myself and a lot of coordinators it has allways been about promoting this direction, targeting the value system and informing our fellow human beings about the need and possibilities for a transition out of a self destructing and wastefull sytem.

We will continue to advocate the train of thought behind a Resource Based Economy and will likely expand and incorporate more ideas and scientifically viable solutions into our " package ".

Not particularly instigated by this situation but now certainly under attention is the development of a more structured movement. This means a higher level of organisation. More direct and tangible activism. 2011 is the year we are going to lose our Diapers as a movement. 

This means that we will need a larger team for the global day to day management of the movement. Active news updates on the front page. Feeds/Streams of Chapter news. Frequent Press releases. More street activism and appearances in public. More lecturers and Spokespersons. Increased media stalking:P and appearances etc.

And we have set the stage and framework in order to achieve this. As Global Chapters Coordinator in service of the movement i have had the privilege of having the most complete overview of the growth of this movement and its perils and i can attest to the fact that we are now gaining momentum and increased potential to become the most influential / widespread and active social movement this planet has seen till date. And seen the state of this planet and society, this is very much needed. So lets go for it!

Chapter Instructions: 

Refrain from bombarding TVP with what,how and why questions: 

While it is understandable that many of you have questions about this event, we do not want to flood TVP with questions. If you do have questions, perhaps you can send them by email in consideration of their privacy. 

Venus Project Images and essays: 

Please remove all images and writings on official chapter sites that are produced by The Venus Project as Roxanne has requested this not to be used by TZM anymore.

Chapter coordination: 

As much as TZM will continue and expand its activities, so will its Chapters and with the move by TVP to take " control " of its own activism (as far as that exists).... ,a clear distinction will need to be made in our Chapter structure. While more complex parts of this event will have to be discussed at soon planned Coordinator and International meetings, i have no reason to suspect any international chapter coordinator to wish to transition to a venus project chapter coordinator, but if that is the case you may send your resignation as a Coordinator to gilbert[at]thezeitgeistmovement.com so that we may keep an accurate account of active TZM Chapter coordinators and seek replacement.

In conclusion: 

Until this subject has been properly discussed at a meeting, i feel we should refrain from other heavy comments or speculation.

In General i would like to express my thanks for the TREMENDOUS work everyone has done so far, and that i enjoy working with all of you and am immensely proud we have already come this far.

Let it be known that there is allways a willingness to conversate with The Venus Project from our side and that it would be great if they turned around and started acting sensible again. Putting the direction in front of the label, not behind. In any case, i thank Jacque and Roxanne for 2 years of great cooperation and wish them good luck with their efforts. 

Gilbert Ismail
Global Chapters Coordinator
The Zeitgeist Movement

ps:

" The true meaning of life is to plant trees, under whose shade you do not expect to sit." 
Nelson Henderson

 

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By Admin (from 23/04/2011 @ 08:00:50, in en - Science and Society, read 2624 times)

A new scientific discovery could have profound implications for nanoelectronic components. Researchers from the Nano-Science Center at the Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, in collaboration with Japanese researchers, have shown how electrons on thin tubes of graphite exhibit a unique interaction between their motion and their attached magnetic field – the so-called spin. The discovery paves the way for unprecedented control over the spin of electrons and may have a big impact on applications for spin-based nanoelectronics. The results have been published in the prestigious journal Nature Physics.

Carbon is a wonderfully versatile element. It is a basic building block in living organisms, one of the most beautiful and hardest materials in the form of diamonds and is found in pencils as graphite. Carbon also has great potential as the foundation for computers of the future as components can be produced from flat, atom thin graphite layers, observed for the first time in the laboratory in 2004 – a discovery which elicited last year's Nobel Prize in Physics.

In addition to a charge all electrons have an attached magnetic field – a so-called spin. One can imagine that all electrons carry around a little bar magnet. The electron's spin has great potential as the basis for future computer chips, but this development has been hindered by the fact that the spin has proved difficult to control and measure.

In flat graphite layers the movement of the electrons do not affect the spin and the small bar magnets point in random directions. As a result, graphite was not an obvious candidate for spin based electronics at first.

New spin in curved carbon

"However, our results show that if the graphite layer is curved into a tube with a diameter of just a few nanometers, the spin of the individual electrons are suddenly strongly influenced by the motion of the electrons. When the electrons on the nanotube are further forced to move in simple circles around the tube the result is that all the spins turn in along the direction of the tube", explain the researchers Thomas Sand Jespersen and Kasper Grove-Rasmussen at the Nano-Science Center at the Niels Bohr Institute.

It has previously been assumed that this phenomenon could only happen in special cases of a single electron on a perfect carbon nanotube, floating freely in a vacuum – a situation that is very difficult to realize in reality. Now the researchers' results show that the alignment takes place in general cases with arbitrary numbers of electrons on carbon tubes with defects and impurities, which will always be present in realistic components.

The interaction between motion and spin was measured by sending a current through a nanotube, where the number of electrons can be individually controlled. The two Danish researchers explain that they have further demonstrated how you can control the strength of the effect or even turn it off entirely by choosing the right number of electrons. This opens up a whole range of new possibilities for the control of and application of the spin.

Unique Properties

In other materials, like gold for example, the motion of the electrons also have a strong influence on the direction of the spin, but as the motion is irregular, one cannot achieve control over the spin of the electrons. Carbon distinguishes itself once again from other materials by possessing entirely unique properties – properties that may be important for future nanoelectronics.

Source: eurekalert.org

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By Admin (from 23/04/2011 @ 11:00:48, in it - Scienze e Societa, read 2669 times)

Parlare di "residenze Sabaude in Piemonte" è argomento vastissimo; basti considerare, che ne sono state classificate, pur nella loro diversa importanza ben 62! Molte sono le trattazioni e di notevole pregio che illustrano tali dimore. Noi, in questa sede, considerato anche la limitatezza dello spazio, tralasceremo quelle in Torino (Palazzo Reale, Palazzo Madama, Palazzo Carignano, Castello del Valentino, ecc.) e daremo un breve e modesto cenno alle più importanti che fanno corona al capoluogo torinese, sperando di suscitare interesse per una loro visita o rivisita e contribuire un poco a ridare ai nostri concittadini l'orgoglio della propria storia e la conoscenza delle grandi tradizioni della capitale subalpina.

Reggia di Venaria Reale

Il monumentale complesso alle porte di Torino, già definito la piccola Versailles dei duchi di Savoia, fu edificato a partire dal 1658 per volontà del duca Carlo Emanuele II. Fu un simbolo dello sfarzo dei Savoia; reca le importanti firme del barocco piemontese degli architetti Amedeo di Castellamonte, Michelangelo Garove e Filippo Juvarra. I capolavori più notevoli sono la galleria di Diana e la chiesa di Sant'Uberto nonché il padiglione Garovaniano e il torrione progettato da Benedetto Alfieri. Il tutto, anticamente, era compreso in un perimetro di circa 30 km con giardini, viali, boschetti, statue, confinante con la grande tenuta reale della Mandria (ora in parte visitabile).
Ebbe sovente vita travagliata. Nel 1693 le truppe francesi del Maresciallo Catinat la distrussero in buona parte. Fu ricostruita ed ebbe frequentazioni festose fino a quando i Savoia non preferirono la nuova "delizia" di Stupinigi.
Attualmente è visitabile la parte restaurata e sono in programma attività espositive e concertistiche.

Castello di Moncalieri

Questo imponente avamposto in posizione panoramica a Sud di Torino, costruito prima del 1200, fu roccaforte del comune di Moncalieri, poi degli Acaia e infine dei Savoia. Jolanda di Valois, consorte di Amedeo IX, fu l'ispiratrice di un primo ampliamento con le torri angolari.
Passò a splendida vita fra Seicento e Settecento per opera di Carlo e Amedeo di Castellamonte, dello Juvarra e di Benedetto Alfieri.
Alla fine del Settecento, sotto il regno di Vittorio Amedeo III con l'architetto Francesco Martinez assunse le caratteristiche attuali; alla sua regale sontuosità contribuirono i pittori Michele A. Rapous e Angelo A. Cignaroli (figlio di Vittorio) nonché mobilieri insigni come Giuseppe Bonzanigo e Pietro Piffetti. Ebbe anche travagliate vicende storiche.
Vittorio Emanuele II lo fece restaurare nella seconda metà dell'ottocento.
E' dimora fervida di memorie: qui nel 1475 fu firmato il "trattato di Moncalieri" fra Carlo di Borgogna e Galeazzo Sforza; il "Padre della Patria" firmò, dopo l'abdicazione di Carlo Alberto avvenuta nel 1849, il proclama ispirato da Massimo d'Azeglio.
Meritevoli di visita sono gli appartamenti reali, con i ricordi di Vittorio Emanuele II, di Maria Clotilde e di Maria Letizia di Savoia.
Attualmente è anche sede del I° Battaglione dell'Arma dei Carabinieri.

Castello di Rivoli

E' situato su un colle morenico e ha origini antichissime, risalenti al medioevo; nel '400 è fortezza con un Savoia, il Conte Verde.
Emanuele Filiberto vi soggiorna nel 1562, poi il figlio Carlo Emanuele la trasforma in "delizia" con un progetto di Carlo di Castellamonte; semidistrutto nel 1693 dalle armate Francesi, Vittorio Amedeo II affida la ricostruzione all'architetto Michelangelo Garove che muore prima di completarla.
Tocca a Filippo Juvarra continuare l'opera con l'incarico di creare un simbolo della magnificenza reale dei Savoia poi interrotta per difficoltà economiche. Parecchie sale conservano ancora gli affreschi di Isidoro Bianchi, l'appartamento del Re ha decorazioni di Filippo Juvarra e quello del Principe di Piemonte gli affreschi di Giovan Battista Van Loo e gli stucchi del Luganese Piero Somasso.
Attualmente è adibito a Museo d'Arte contemporanea ed esposizioni temporanee.

Castello di Racconigi

Nel '600 era una fortezza circondata da un fossato con quattro torrioni e un mastio. Fu abitato dai marchesi di Saluzzo, dai principi d'Acaia e poi dai conti di Racconigi. Nel 1675 Guarino Guarini lo trasformò in residenza su incarico di Emanuele Filiberto di Savoia Carignano. Carlo Alberto nel 1845 fa ampliare la facciata con due bassi padiglioni a torre dall'architetto Ernesto Melano.
Notevoli sono i suoi interni, particolarmente il salone di Diana disegnato da Giovanni Battista Bona e adornati con stucchi di Giuseppe Boliva.
E' visitabile previo appuntamento telefonico al n.0172/84005. Nella parte retrostante ha un grande parco.

Castello di Agliè

Fu roccaforte medievale; nel '600 Filippo di San Martino, all'apice della sua fortuna mondana e politica (era intimo di Madama Reale e suo consigliere), volle fare di Agliè un gioiello capace di competere con le residenze patrizie che costellavano la piana di Torino. L'artefice fu Amedeo di Castellamonte. Poi iniziò la decadenza; fu anche spogliato e devastato dai francesi nel 1706. Carlo Emanuele III lo acquistò nel 1764 per donarlo al figlio Benedetto Maurizio che lo fece ampliare su progetto di Ignazio Birago da Borgaro. Il magnifico parco che lo circonda è ricordato spesso dal poeta Guido Gozzano.
Successivamente il castello passò in eredità a Carlo Felice, ma fu la regina Maria Cristina a lasciare la sua impronta con la raccolta archeologica della Sala Tuscolana, gli arredi e i dipinti di ispirazione storica.
Nel 1939, con l'acquisto da parte dello stato, il castello di Agliè ha conosciuto un altro lungo periodo di abbandono e degrado dal quale si sta riprendendo in questi ultimi anni. Il castello è visitabile unitamente al magnifico parco. (telefono n. 0124/330102).

Castello o Palazzina di caccia di Stupinigi

Venne edificato su incarico di Vittorio Amedeo II nel 1729 da Filippo Juvarra. E' la dimora Sabauda più gradevole e meglio conservata. Lo Juvarra escogitò l'inconsueta pianta stellare con un salone ellittico al centro e quattro bracci a croce di Sant'Andrea; i successivi ampliamenti con prolungamento del parco e dei bracci in direzione di Torino furono opera degli architetti Prinotto Birago di Borgaro e Antonio Bo (1767-1777).
Molti noti artisti lavorarono a Stupinigi fra i quali i pittori veneti Giuseppe e Domenico Valeriani (1732) per il trionfo di Diana nel Salone centrale (che ha pure un magnifico lampadario di Murano del peso 1400 kg.); Carlo Andrea Van Loo affrescò la camera della Regina e Giovanni Battista Crosato affrescò l'anticappella, Cignaroli e altri dipinsero (1770-1777) le scene di caccia e di svago nella sala degli scudieri.
Il cervo di bronzo che adorna il culmine della palazzina è opera dello Scultore torinese Francesco Ladatte. La palazzina ospita il Museo dell'Arredamento e dell'Ammobiliamento artistico con opere di grandi maestri ebanisti piemontesi come Prinotto e Piffetti.

Villa della Regina

Fu realizzata a partire dal 1620 dall'architetto Carlo di Castellamonte su commissione del Cardinale Maurizio di Savoia. Questa dimora addossata alle prime propagini della collina torinese è disposta su cinque livelli con una serie di terrazze belvedere aperte sul panorama della città e delle Alpi; aveva uno stupendo giardino.
Il cardinale Maurizio, coltissimo e mecenate fondò a Torino fra le delizie della Villa, l'Accademia dei Solinghi, i cui esercizi da buoni torinesi, non consistevano "nel recitar sonetti e madrigali" bensì "in ricerche filosofiche, in dottissime disquisizioni e in ricerche matematiche".
Nel tempo, alla Villa vi lavorarono Amedeo di Castellamonte, Filippo Juvarra e Giovanni Baroni di Savigliano.
La Villa fu dimora prediletta del Cardinal Maurizio, poi delle sovrane Anna d'Orlèans, consorte di Vittorio Amedeo II, e di Maria Antonia Borbone sposa di Vittorio Amedeo III: di qui il nome della dimora è rimasto.
Gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale è stata acquistata dalla Provincia di Torino per ospitare, in futuro, mostre e attività culturali. E' stata di recente restaurata e aperta al pubblico..

Fonte: Sito Comune di Torino

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By Admin (from 23/04/2011 @ 14:00:34, in ro - Observator Global, read 1972 times)

 In urma cu un an, mai multe clanuri ale tribului indian tlingit, din sud-estul statului Alaska, s-au reunit in cadrul unei ceremonii inedite in care au sarbatorit recuperarea unei statui, dupa un secol de absenta. O statuie sculptata in lemn reprezentand un castor, esentiala pentru istoria si cultura tlingitilor. Aceasta orna altadata prora unei canoe de razboi care aproviziona cu alimente clanurile dupa bombardarea satelor indiene de catre marina americana, in 1881. Mai tarziu, un membru al tribului a vandut obiectul, din proprie initiativa, unui colectionar. Odata cu dispersarea obiectelor, s-a creat un vid in comunitate.

Indienii si-au pierdut treptat onoarea si valorile, s-au confruntat cu probleme sociale: suicid, alcoolism.Flash back In 1998, un batran al tribului viziteaza depozitele Muzeului american de istorie naturala din New-York. Deodata, aude o voce interioara care il dirijeaza spre o etajera pe care, spre marea sa uimire, descopera castorul din lemn. Folosindu-se de o lege „revolutionara” adoptata in 1990, populatia tlingit a cerut restituirea castorului si muzeul a avizat favorabil solicitarea. In ziua in care sculptura a revenit in trib, s-a adunat tot satul. Oamenii plangeau. Pentru ei, aceasta sculptura nu era un obiect de arta, ci unul cu o dimensiune spirituala deosebita si cu putere de vindecare.

O lege controversata

Legea pentru protectia mormintelor indiene si restituirea obiectelor a fost semnata de George Bush in 1990, dupa lungi ani de negocieri intre oameni de stiinta, politicieni si comunitati indiene. Legea impune tuturor muzeelor si organismelor federale care poseda obiecte indiene si schelete umane sa procedeze la inventarierea lor, sa identifice triburile de origine si sa semnaleze prezenta triburilor descendente. Muzeele americane detineau in 1990 500.000 de schelete umane si milioane de obiecte.

In urma acestei legi au fost restituite 20.000 de loturi de ramasite umane si 385.000 de obiecte. Cifre care nu reflectau realitatea. O perla neinsemnata sau un ciob de ceramica erau bifate. Drepturile comunitatii indiene de a-si pastra specificul cultural sunt pe deplin legitime, dar si cercetarea stiintifica isi are legitimitatea ei, in viziunea americanilor.

Obiectele funerare, de pilda, al caror loc e sub pamant, langa corpurile defunctilor, sunt expuse si in muzee, constituind marturii extraordinare ale disparitiei unei culturi, dar in acelasi timp sunt si modele menite sa resusciteze sau sa dezvolte stiluri artistice traditionale. O mare parte dintre indieni a ajuns la concluzia ca unele obiecte isi au locul in muzee pentru a putea fi vizionate de un public cat mai numeros. Cu conditia sa se respecte anumite obiceiuri: sa fie orientate intr-o anumita directie, sa fie „pudrate” periodic cu tutun sau cu polen de grau etc.

Field Museum din Chicago, care detine cea mai importanta colectie de obiecte indiene, a restituit 12 piese importante in ultimii ani (vase totemice cu reprezentari sculpturale animale, in special) culese dintr-un sat abandonat in 1899 al tribului Cape Fox din Alaska. „Scopul acestei legi nu e acela de a goli muzeele de obiecte indiene, ci de a permite restituirea unui anumit numar de obiecte fundamentale care n-ar fi trebuit sa dispara din locul lor de origine”, comenteaza directorul de la Field Museum.

Restituirea lor nu e intotdeauna usoara. Numeroase triburi nu au posibilitati financiare pentru derularea procedurilor de restituire. Pe de alta parte, unele au fost tratate chimic, uneori cu arsenic, ceea ce le face improprii pentru ceremonii. Sefii de trib afirma ca toate aceste obiectele apartin indienilor. Legea din 1990 se opune acestei opinii numite „pan-indiene”, stipuland ca, pentru a reclama obiecte sau ramasite pamantesti, un trib trebuie sa dovedeasca faptul ca e descendent direct al tribului proprietar. Pe de alta parte legea favorizeaza anumite triburi si le defavorizeaza pe altele, cum ar fi cele din est, de pilda, care au fost decimate de valurile succesive de colonisti europeni.

O alta problema o constituie incercarea de a recupera schelete vechi de mii de ani, aflate in atentia cercetatorilor care incearca sa descopere elemente esentiale pentru istoria migratiilor pe continentul american.

DORIN MARAN - magazin.ro

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Under the terms of an interior ministry decree, riot police will no longer be allowed to wash down their lunch with a glass or two of beer or wine.

Officials were angered in 2010 when photos emerged of riot police drinking beer while policing a demonstration.

Riot police are sent into warring football crowds, street demonstrations and troubled estates.

One police union has called for alcohol to be allowed if meals are taken out of the view of the public.

Articulating the sense of outrage among the rank and file, Didier Mangione, who heads one French police union, wrote to the interior ministry defending the rights of riot police to drink on duty.

Like most other workers in France, officers serving in the Compagnies Republicaines de Securite (CRS) should be entitled to "a small quarter litre of red to accompany meals on the ground", Mr Mangione wrote.

"CRS officers do not have any more or less alcohol problems than anybody else in society. They should be allowed to drink in moderation," he said.

National tradition


According to French law alcohol is banned while employees are at work - with the exception of "wine, beer, apple cider and pear cider".

That has traditionally been taken to mean that a moderate amount of beer or wine is an entirely acceptable way to punctuate a French working day.

Reports suggest the relaxed attitude to alcohol even meant that cans of beer were included in packed lunches issued to riot police while out on the streets.

But images of riot police swigging beer on the sidelines of a student demonstration in late 2010 provoked a strong reaction - and prompted an even stronger reaction from police unions.

In his complaint, Mr Mangione suggested officers should be allowed to continue as before, providing the meal is not eaten in public view.

Paul Le Guennec, of Unite Police SGP-FO, a riot police union, suggested police bosses should look at their own behaviour.

"Does the fact that having a glass of wine while eating prevent any kind of worker from carrying out their job? I don't think the chief of police drinks water when he's having a meal," he told the JDD newspaper.

Source: bbc.co.uk

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Once upon a time..... products were made to last. Then, at the beginning of the 1920s, a group of businessmen were struck by the following insight: 'A product that refuses to wear out is a tragedy of business' (1928). Thus Planned Obsolescence was born. Shortly after, the first worldwide cartel was set up expressly to reduce the life span of the incandescent light bulb, a symbol for innovation and bright new ideas, and the first official victim of Planned Obsolescence. During the 1950s, with the birth of the consumer society, the concept took on a whole new meaning, as explained by flamboyant designer Brooks Stevens: 'Planned Obsolescence, the desire to own something a little newer, a little better, a little sooner than is necessary...'. The growth society flourished, everybody had everything, the waste was piling up (preferably far away in illegal dumps in the Third World) - until consumers started rebelling... Can the modern growth society survive without Planned Obsolescence? Did the eternal light bulb ever exist? How can a tiny chip 'kill' a product? How did two artists from New York manage to extend the lives of millions of iPods? Is Planned Obsolescence itself becoming obsolete? Written by Cosima Dannoritzer



The Light Bulb Conspiracy (2010) This is the story of companies who engineered their products to fail. VIDEO DOCUMENTARY

Director: Cosima Dannoritzer
Writer: Cosima Dannoritzer
Stars: Mike Anane, Michael Braungart and Steve Bunn

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By Admin (from 24/04/2011 @ 08:00:22, in en - Science and Society, read 2468 times)

Having a computer that can read our emotions could lead to all sorts of new applications, including computer games where the player has to control their emotions while playing. Thomas Christy, a Computer Science PhD student at Bangor University is hoping to bring this reality a little nearer by developing a system that will enable computers to read and interpret our emotions and moods in real time.

Tom’s work focuses on ‘hands-on’ pattern recognition and machine learning. His supervisor Professor Lucy Kuncheva at the University’s School of Computer Science is a world expert in pattern recognition and classification, specifically in classifier ensembles. A classifier ensemble is a group of programmes that independently analyse data and decide to which label or group the data belongs. The final decision is reached by a ‘majority’ or consensus, and is often more accurate than individual classifier decisions.

The plan is to combine brain wave information collected from a single electrode that sits on the forehead as part of a ‘headset’, a skin conductance response (which will detect tiny changes in perspiration as first indicators of stress) and a pulse signal, reflecting the wearer’s heart rate. This information will form the data fed into a classifier ensemble set to determine which emotion a person is experiencing.

“I am particularly interested in developing a real-time ‘mood sensing’ device. It will combine already existing biometric detection devices into a lightweight portable system that will be able to perceive and indicate a person’s mood and level of stress and anxiety,” said Tom.

Tom is aiming to pioneer classification software techniques that will allow players’ emotions to be identified within the gaming environment. This will open up new and exciting markets for the gaming industry. New games can be created; where players must control their feelings in order to advance within their virtual environment.

“This area of emotional study is fast becoming an important part of research within Computer Science and is known as Affective Computing,” explained Prof. Lucy Kuncheva.

There are many other possible applications for this type of technology, for example marketing to determine customer preferences and brand effectiveness, monitoring anxiety levels of prospective soldiers during military training, providing instant neuro-feedback to combat addictive behaviours; the list is seemingly endless.

Tom is working in close collaboration with the Bangor University’s Schools of Electronic Engineering and Psychology and has had talks with Massachusetts Institute of Technology (MIT) in Boston, USA in pursuit of his research. He is looking for industrial collaborators and innovators who would be interested in this area.

Source: PhysOrg

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By Admin (from 24/04/2011 @ 11:00:32, in it - Scienze e Societa, read 3307 times)

Il Piemonte (unito storicamente e geograficamente alla Val d'Aosta) è la Regione d'Italia con il maggior numero di castelli; ne esistono tutt'ora oltre cinquecento!

Nel rinnovato interesse verso i castelli piemontesi, alcuni aleggianti di fantasmi e leggende, ne descriveremo sinteticamente i più importanti e conosciuti: per evidenti motivi di spazio molti non saranno citati e rimandiamo quindi l'appassionato alla consultazione delle pubblicazioni esistenti.
I castelli piemontesi, edificati in varie epoche per contrastare gli eserciti nemici e a difesa dei feudi, godettero quasi sempre di autonomia e quando lo stato Sabaudo si consolidò con Emanuele Filiberto (1528 - 1580) cinte e roccaforti vennero mantenute per un certo periodo perché utili alla tutela del nuovo Stato.
 
Abbiamo suddiviso il nostro piccolo ciclo sui Castelli Piemontesi in 4 sezioni riguardanti: il Torinese, il Canavese, il Pinerolese e la Valle di Susa ; il Cuneese e le Langhe ; il Monferrato, l'Alessandrino e l'Astigiano il Biellese, il Novarese e il Vercellese . Quelli dell'area Torinese qui di seguito trattati sono: Mazzé, Pavone, Bardassano (Gassino), Montalto Dora, Masino, Ivrea, Macello, Pralormo, Pinerolo, Osasco e Santena; da ricordare tra i tanti altri: Airasca, Arignano, Azeglio, Buriasco, Candia, Drosso (Torino), Castelvecchio (Testona), Casalborgone, Castellamonte, Cavoretto, Chieri, Cinzano, Favria, Frossasco, Giaveno, La Mandria (Venaria), Lanzo, Vernone (Marentino), Montaldo Torinese, Montestrutto, Ozegna, Pavarolo, Piossasco, Poirino, Reano, Rivalba, Rivalta Torinese, Rivara, Rivarolo, Salassa, San Giorgio Canavese, San Sebastiano Po, Susa, Valperga, Villardora e la fortezza di Verrua Savoia (storicamente molto importante, ma ormai ridotta a un rudere).

Castelli del Torinese
La zona di Torino si ritiene sia stata, già fin dall'antichità, un'area fortificata perché situata alla confluenza di due fiumi (la Dora Riparia con il Po) e importante via per le comunicazioni fra la pianura Padana e le Gallie, l'attuale Francia. Della sua millenaria storia, si ha notizia già dal 218 a.C., il cartaginese Annibale dopo avere attraversato le Alpi conquistò e distrusse l'insediamento dei Taurini.
La sua grande cittadella , cardine della storia fortificata piemontese, fu fatta costruire ad iniziare dal 1564 da Emanuele Filiberto di Savoia: era a pianta pentagonale difesa da 5 bastioni oltre ad altri 16 bastioni e mura che cingevano tutta Torino. Di questa possente struttura rimane solo il Mastio ora adibito a Museo Nazionale dell'Artiglieria.

Alcuni Castelli dell'area Torinese non verranno qui trattati perché descritti in precedenti conferenze con relativi fogli monografici. Essi sono: il Castello Medioevale - Palazzo Madama di Torino, il Castello e la Rocca del Valentino, il Castello - Reggia della Venaria, il Castello di Moncalieri e il Castello di Rivoli, il Castello - Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Castello di Aglié, le fortezze alpine piemontesi di Fenestrelle ed Exilles.

Castello di Mazzé
Si trova nel Canavese a 37 km a Nord di Torino; le prime tracce lo indicano sovrapposto ad un edificio fortificato romano. Fu dei signori locali, Conti di Valperga, che lo costruirono per la difesa dei loro possedimenti nell'ambito della contesa con i Marchesi del Monferrato e i Conti di Savoia per il dominio di tutta la zona. Al castello antico di origine medioevale se ne è successivamente aggiunto un altro come residenza signorile, senza destinazione militare-difensiva.
I castelli recentemente restaurati, sono stati restituiti all'antico splendore con tracce di varie epoche e stili: nuovamente leggibili affreschi e volte medioevali, suggestivi momenti artistici del 1600 / 1700, e i rimaneggiamenti in stile romanico voluti nel 1850 dal Conte Eugenio Brunetta d'Usseaux. La visita alle interessanti sale è ricca di suggestioni artistiche e storiche, in essa si sente l'aleggiare di antiche leggende e misteri.

Per informazioni
Tel. 011 9835250

Castello di Pavone
Imponente e pittoresco è situato su un colle dominante l'abitato a circa 55 km a Nord di Torino vicino ad Ivrea.
Fu un'antica roccaforte; muro di cinta, mastio e cappella risalgono al X secolo; torri, muraglie e alcune sale furono costruite fra XI e XV secolo. Nella sua storia subì invasioni saracene e ungare; dal secolo XI fu feudo del vescovado di Ivrea. Nel 1885 il castello fu acquistato dall'Arch. Alfredo d'Andrade, raffinato intellettuale portoghese Sovrintendente ai Monumenti del Piemonte che lo scelse come sua dimora, lo restaurò con vari anni di lavoro e lo riportò alle condizioni originarie ricostruendolo in gran parte. Attualmente è adibito a sale per congressi, ristorante e hotel.

Per informazioni
Tel. 0125 672111

Castello di Bardassano
Gioiello artistico medioevale della collina perfettamente conservato, è posto nei pressi di Gassino a 18 km a Nord-Est di Torino.
È di antichissima costruzione (XI sec.); la tradizione vuole vi abbia svernato l'imperatore Barbarossa dopo la distruzione di Chieri (1156).
Nel corso degli anni subì alcuni restauri; una scala marmorea conduce al cortiletto interno in stile rinascimentale con un antico pozzo; al pianterreno esistono alcuni fastosi saloni con soffitti in legno; l'arredamento, le decorazioni interne e gli eleganti dipinti sono del '600.

Per informazioni
Tel. 011 9605822

Castello di Montalto Dora
È posto a 54 km da Torino, poco a Nord di Ivrea. E' una imponente struttura fortificata situata su un colle che da secoli domina la strada per la Valle d'Aosta; risale al 1300; nel XVII secolo fu teatro di scontri con le truppe francesi e poi fra "principisti" (sostenitori dei principi Maurizio e Tommaso di Savoia) e "madamisti" (partigiani della Madama Reale torinese Cristina di Francia).
Dopo un lungo periodo di degrado verso al fine del 1800 fu restaurato ad opera di Alfredo D'Andrade, innamorato delle antiche glorie del Piemonte. Il castello ebbe poi un ulteriore restauro negli anni 1960-70.

Per informazioni
Municipio: tel. 0125 650014

Castello di Masino
Il castello si trova a 40 chilometri a Nord-Est di Torino e domina il bel panorama canavesano dall'alto di una collina morenica quasi di fronte alla Serra di Ivrea.
Notevole il suo valore storico. Il primo documento che cita il castello è del 1070. Fu della famiglia Valperga di Masino, orgogliosa discendente di Arduino di Ivrea; nella sua cappella (dopo memorabili vicende nel primo medioevo) riposano le spoglie mortali del mitico primo Re d'Italia.
Nel corso della sua storia il castello di Masino subì tre distruzioni, cui seguirono graduali ricostruzioni e trasformazioni da rocca medioevale a elegante dimora settecentesca.
Visitando le sale del castello si è partecipi di quasi mille anni di storia e si ha "una traccia per riconoscere nei suoi muri possenti, nei suoi affreschi, nei suoi mobili e nelle stoffe preziose, il gusto di chi lo ha abitato, arredato ed amato; una traccia, ancora, per leggere negli occhi di decine di ritratti di cavalieri e di dame le espressioni di fierezza e di dignità di numerosi membri del casato Valperga di Masino, che, contro i Savoia prima, e con i Savoia in seguito, costruirono una buona parte della storia del Piemonte. Il castello di Masino è stato negli anni recenti acquistato e restaurato dal F.A.I. (Fondo per l'Ambiente Italiano), costituito con la generosità di molti appassionati alla loro terra. E' ora museo dell'Arredamento Piemontese dal 1600 alla fine del 1800, vanta inoltre una ricca biblioteca posta nella grande torre centrale.

Per informazioni
Tel. 0125 778100

Castello di Ivrea
E' posto a 55 km a Nord di Torino nel centro storico di Ivrea. L'insediamento difensivo ha origini antichissime, forse addirittura dall'epoca dei Salassi (100 a.C.). - Nel corso del medioevo tutta la zona di Ivrea e del territorio circostante furono sottoposti a varie dominazioni, fra le quali quelle di Federico Barbarossa e quella dei Marchesi del Monferrato. L'iniziativa della costruzione o meglio di una sua ricostruzione nella posizione attuale risulta attribuibile al Conte Verde Amedeo VI di Savoia (XIV sec.). Questa possente costruzione a base trapezia, ha quattro torri rotonde e porta tuttora il nome di Castello delle Quattro Torri; la maggiore ospitava una polveriera che nel 1676 colpita da un fulmine esplose causando gravissimi danni (con 51 morti e 187 case gravemente danneggiate) rimanendo tronca anche ai giorni nostri.
Il castello fu adibito a carcere fino al 1970. E' stato immortalato nell'ode "Piemonte" da Giosuè Carducci ("... con le sue rosse torri si specchia nella cerulea Dora ..."). La storia di Ivrea e del suo castello sono da tempo immemorabile connesse a quella del suo famoso Carnevale.

Per informazioni
Associazione Castello di Ivrea): tel. 0125 44415

Castello di Macello
E' posto a circa 36 km da Torino in direzione Sud-Ovest sulla strada per Pinerolo. Il suo nome deriverebbe da quello italianizzato, un po' arbitrariamente, di una delle ultime famiglie feudatarie proprietarie, Masell di Caresano. Attualmente è di proprietà dei Conti Rogeri di Villanova.
Le origini della costruzione risalgono alla fine del XIV secolo: sulla storia di questo castello non esistono notizie di particolari fatti d'armi, se si esclude il saccheggio del 1798 durante gli sconvolgimenti dell'epoca napoleonica.

Per informazioni
Municipio: tel. 0121 340301

Palazzo Castello di Pinerolo
Quanto rimane di questo castello medioevale, ora palazzo, si trova in posizione dominante sull'abitato di Pinerolo; posto a 35 km a Sud-Ovest di Torino, il primo nucleo del castello fu eretto sulla collina già nel X secolo. Nel 1244 divenne residenza del Conte Tommaso II di Savoia da cui fu cinto con mura munite di sei torri e trasformato in una importante cittadella difensiva, fu poi dei Principi Savoia d'Acaia e nel 1536 fu ulteriormente ampliato dal Re di Francia Francesco I, riconquistato dai Savoia venne poi espugnato dalle armate francesi del Cardinale Richelieu; nel 1696 il complesso fortificato fu quasi completamente demolito per ordine dello stesso Cardinale.
Il castello fu destinato nel XVII secolo per molto tempo a prigione di Stato dei Re di Francia; ad esso è legato il ricordo della prigionia della leggendaria "Maschera di Ferro" nella quale si vollero identificare vari personaggi, fra i quali: Il Conte di Vermantois figlio di Luigi XIV Re di Francia e il Conte Ercole Mattioli segretario del Duca di Mantova. Una lapide posta su una casa nei pressi di un piccolo monumento alla "Maschera di Ferro", eretto nella zona della distrutta cittadella in viale Gabotto (vicino al piazzale della Chiesa di San Maurizio), ricorda la storia di quei lontani eventi. Nelle parti restanti del castello è notevole il porticato interno originario del XII secolo ed il grande salone.

Per informazioni
Municipio: tel. 0121 322802

Castello di Pralormo
Si trova 33 km a Sud di Torino sulla strada per Alba; la sua origine risale al XII secolo. Si presenta con torri rotonde, conserva una vaga struttura militare di epoca trecentesca; si tratta ovviamente di una semplice apparenza perché ora la costruzione ha chiaramente carattere residenziale. Appartiene dal 1830 ai Conti Beraudo di Pralormo.

Per informazioni
Municipio: tel. 011 9481103
Segreteria Castello di Pralormo: tel .011 884870 - 011 8140981 - 011 887040
Email: pralormo.design@libero.it

Castello di Osasco
Il castello è posto a 41 km a Sud-Ovest di Torino e si erge con le sue 4 torri angolari tonde risalenti al sec. XIII. Alla fine del 1600 fu sopraelevato di un piano e contemporaneamente furono abbassate le torri. E' di proprietà dei Conti Cacherano di Osasco, famiglia che annovera insigni personaggi della storia piemontese. Parecchi furono gli assedi che il castello ebbe a subire; curioso è sapere quanto avvenne in quello dei francesi del 1704: la guarnigione del castello (assente il Conte Cacherano) trovate le cantine ripiene di buoni vini, si ubriacò a tal punto da non essere più in grado di provvedere alla difesa, fu la governante dei figli del Conte a dover trattare coi francesi una resa "onorevole" dei soldati ubriachi.

Per informazioni
Tel. 0121.54.11.92

Villa - Castello di Santena
Il castello si trova nell'abitato a circa 20 km a Sud di Torino, costruito nel 1709 è detto anche "castellazzo"; sorge in un parco che divenne poi proprietà dei Benso di Cavour e Santena; fu la casa preferita del grande statista piemontese; all'interno di essa è sistemato un interessante museo gestito dalla fondazione Camillo Benso Conte di Cavour.

Per informazioni
Tel. 011.94.92.578

Fonte: Sito Comune di Torino

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