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" WOLFMAN " LA RECENSIONE in Cinema ed Eventi della TA.
By Admin (from 27/07/2010 @ 13:45:49, in it - Video Alerta, read 2172 times)

Nel corso dei secoli numerosi sono stati i nomi attribuiti dalle varie culture a quell’affascinante creatura mitologica che porta l'appellativo di Licantropo: quell’essere umano con la capacità di trasformarsi in lupo mannaro nelle notti di luna piena, protagonista di spaventose storie che, per secoli, hanno dominato le culture di tutto il mondo e che solo negli ultimi 70 anni ha cominciato anche a comparire sul grande schermo.

In principio fu il classico del 1941 “L’uomo lupo” a dare il via a questo mito, personaggio icona destinato a durare a lungo; successivamente abbiamo avuto i vari Van Helsing, lupi mannari americani in giro per il mondo, Twilight, Underwolrd, ed ora, con la firma di Joe Johnston (“Jurassic Park III”, “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi”) arriva questo “Wolfman”, interpretato nientemeno che da due Premi Oscar di tutto rispetto: Benicio Del Toro ed Anthony Hopkins.

Storia spaventosa ma anche storia d’amore e non solo di violenza (avvisiamo subito il pubblico più sensibile dell’interminabile fiumana di sangue che scorrerà dall’inizio alla fine e delle interiora asportate, manco fossimo in una sala operatoria), la riattualizzazione di questo classico (che rimane abbastanza fedele all’originale) si sposta dalle location del Galles degli anni ’40 all’Inghilterra vittoriana del 1890 e ci presenta Lawrence Talbot (Del Toro) che ritorna a distanza di anni nella cittadina di Blackmoor.
Testimone di un indicibile orrore di cui è stato partecipe da bambino, viene allontanato per un anno in manicomio e, una volta uscito, intraprende la carriera teatrale in quel di Londra.

Richiamato dalla fidanzata del fratello (preoccupata per la scomparsa del suo amato), Lawrence dovrà vedersela con una mostruosa creatura che sta seminando panico e terrore nell’intero villaggio, oltre ad impegnarsi a ricostruire un rapporto col padre, abbandonato da decenni.

A rendere omaggio al film, in una versione più attuale per il pubblico di oggi, l'ossessionante e viscerale ululato di un Benicio del Toro (“Traffic”, “21 grammi – Il peso dell’anima” e la recente biografia in due film di Ernesto Che Guevara) dagli occhi incredibilmente espressivi e in grado di trasmettere grandi emozioni, sorretto dalla sempre magistrale interpretazione di Anthony Hopkins (basta solo rammentare il capolavoro “Il silenzio degli innocenti”), freddo come il ghiaccio, esemplare nel non far trasparire alcuna dolcezza verso la tragedia e il dolore, in un look da unghie sporche, pellicce indossate con vestaglia e cappotto, capelli arruffati e che si aggira per un’enorme residenza desolata in totale stato di abbandono (per la cronaca, abitata dal Duca e dalla Duchessa del Devonshire, che ne sono anche i proprietari).
Non tralasciamo anche il cameo di una brava Geraldine Chaplin (nel la parte della zingara Maleva) che presagisce la notizia della maledizione di Lawrence.

Accanto a loro la lodevole interpretazione dell'Ispettore Aberline (interpretato dal celebre attore Hugo Weaving di “Priscilla – Regina del deserto”, la trilogia di “Matrix” e l'altra famosissima trilogia “Il signore degli anelli”), saggio e furbo estraneo tra gli abitanti del minuscolo paesino di montagna.
La presenza femminile (d'obbligo) ha, invece, le fattezze di Emily Blunt (assistente di Meryl Streep in “Il diavolo veste Prada”), vedova e innamorata felice, che ovviamente farà di tutto per salvare il nuovo innamorato di turno.

Pur non spiccando per originalità di trama, la pellicola, che sicuramente incontrerà il gusto di quegli spettatori attratti dal lato oscuro della vita (trasformazione, resurrezione, salvezza), riesce a cavarsela nel rappresentare l'uomo che lotta con i due lati della natura (la parte civilizzata e quella animale) e il buon esito è sicuramente dovuto anche alla cupa fotografia di Shelly Johnson, in grado di risaltare una Londra sporca, inquinata, illuminata da lampade a gas e un paesino (Blackmoor), nebbioso e assonnato, che fa venire i brividi con le sue case buie, creando quel risultato visivo freddo e desolato, tipico delle atmosfere da film horror classico.

Sovrasta il tutto il bel processo di trasformazione dell’uomo in lupo mannaro: quella metamorfosi da calmo nobiluomo a segugio infernale, merito del sei volte vincitore del Premio Oscar Rick Baker, la splendida colonna sonora di Danny Elfman (che può vantare la collaborazione con un notevole numero di registi di fama mondiale) e l'apprezzabile rappresentazione di costumi gotici, ottimamente calati in un'atmosfera come quella richiesta da questo film.

Pur nella semplicità del solito monster movie, cosa può mai dirci l'ennesimo licantropo di turno?
Forse anche solo trasmetterci la sensazione, comune a molti, di aver fatto qualcosa che non avremmo dovuto o che in tutti noi c'è un no so che di primitivo, di animale, che dobbiamo imparare a controllare per non rimanerne condannati.

O, forse, anche solo pensare che, spesso, non sono solo gli animali ad attaccare e ad uccidere, poiché la malignità di noi umani ci può portare a fare cose che mai avremmo immaginato di compiere. Cosa, questa, che dovrebbe farci ancora più paura. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della recensione: Piergiorgio Ravasio

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

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