Non hanno l’acqua? Bevano la nebbia. È più o meno questa la sintesi di un recente studio del MIT, dove un team di ricercatori sta mettendo punto sistemi sempre più evoluti per condensare nebbie costiere e brume mattutine e ottenere così acqua potabile.
L’idea di Shreerang Chhatre e dei suoi colleghi, dal punto di vista concettuale, è molto semplice: attrarre l’umidità, intrappolarla e far sì che le goccioline di acqua sospese nell’aria si uniscano una all’altra.
Cacciatori di nebbia
L'idea non è del tutto nuova: impianti simili sono già utilizzati da più di 30 anni in Chile, Perù, Ecuador e Guatemala. Si tratta di grandi reti di nylon o polipropilene che intrappolano e fanno condensare l’umdità sospesa nell’aria.
La novità introdotta da Chhatre è nei materiali: il suo staff sta studiando dei tessuti "spugno-impermeabili", capaci cioè di attrarre le particelle di acqua ma allo stesso stesso tempo idrorepellenti, così da farle scivolare all’interno di speciali contenitori. In alcuni recenti test i condensatori di Chaatre sono stati in grado di estrarre oltre un litro di acqua al giorno per metro quadrato.
Ma la vera sfida che i ricercatori del MIT stanno tentando di vincere è nelle zone aride, dove spesso le alte differenze di temperatura tra il giorno e la notte danno vita a consistenti nebbie mattutine.
Non solo Africa
Secondo gli scienziati le trappole per la nebbia sono il più efficace sistema per la lotta alla sete dei paesi in via di sviluppo: in condizioni ambientali idonee costa molto meno e ha rese molto più elevate rispetto allo scavo di pozzi o alla posa di acquedotti.
Non solo: le reti potrebbero essere utilizzate con successo anche nel mondo industrializzato, che in questo modo potrebbe ridurre le emissioni di CO2 e i costi legati al trasporto dell’acqua su lunghe distanze.