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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Lo ha annunciato il governo olandese attraverso il ministro della Giustizia Ivo Opstelten che ha comunicato la decisione al Parlamento lunedì.

Le amministrazioni locali potranno così scegliere come agire: se mantenere libero l’accesso alle droghe leggere vendute nei coffee shop anche ai turisti o se invece dare quest’opportunità soltanto ai locali.

La scelta è arrivata dopo un’attenta valutazione economica: grazie a questo nuovo cambiamento, infatti, Amsterdam non perderà i milioni di turisti che ogni anno scelgono l’Olanda come meta delle loro vacanze proprio per approfittare del fatto che il consumo di droghe leggere in questo Paese è legale. E soprattutto, le centinaia di coffee shop presenti nel Paese non saranno necessariamente costrette a chiudere per mancanza di clienti.

Nello stesso tempo, però, le città confinanti con Belgio, Francia e Germania, dove l’utilizzo di cannabis è vietato, potranno comunque imporre un veto sulle droghe ai turisti, per evitare l’aumento della criminalità e il pendolarismo esclusivamente legato al consumo di droghe. Ecco anche perché alcune città come Maastricht per esempio, hanno ridotto la possibilità di comprare cannabis soltanto ai residenti.

Fonte: iljournal.it

 

Savita Halappanavar, una trentunenne indiana residente in Irlanda, è morta di setticemia alla diciassettesima settimana di gravidanza. A seguito di complicazioni si era rivolta il 21 ottobre all'ospedale universitario di Galway dove le avevano diagnosticato un aborto spontaneo. La donna aveva quindi chiesto di avere accesso all'interruzione di gravidanza ma i medici avevano rifiutato perché era ancora presente il battito cardiaco nel feto e per la legislazione irlandese ciò basta per vietare l'aborto dopo la nona settimana (aborto consentito, per altro, solo se la madre è in pericolo di vita). La donna, in preda a forti dolori, aveva continuato a chiedere di interrompere la gravidanza ma il personale dell'ospedale alla fine le aveva risposto: «Questo è un Paese cattolico». I dottori hanno estratto il feto giorni dopo, quando il battito cardiaco era scomparso, ma questo ritardo ha provocato la morte della donna il 28 ottobre e sul suo decesso ora è stata aperta un'indagine.

Dal 18 ottobre nella cattolicissima Irlanda è possibile ricorrere all'aborto. Si può farlo nella clinica Maria Stopes nel centro di Belfast - quindi nella parte di paese appartenente al Regno Unito - dove pur non essendo valido il divieto di effettuare interruzioni di gravidanza, vigente dal 1967 nella Repubblica d'Irlanda, si è sempre evitato di praticarle per non alimentare le tensioni con la componente cattolica della popolazione. Il giorno in cui è stata aperta la clinica Maria Stopes gli antiabortisti sono scesi in piazza a protestare e la polizia ha dovuto presidiare la struttura per tutelare l'incolumità dei pazienti e del personale.

Come riporta il Time l'apertura della clinica ha inevitabilmente acceso il dibattito in tutta l'Irlanda, dove la Chiesa cattolica può contare nell'adesione dell'84 per cento della popolazione e ha sempre svolto un ruolo importante nelle decisioni politiche, anche se i recenti scandali di preti coinvolti in casi di pedofilia ne hanno scalfito il prestigio. Un paese, però, che sta cambiando e che vede il 54 per cento degli elettori a favore della legalizzazione dell'aborto contro il 37 di qualche anno fa.

Nel 2010 la Corte dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso di una donna lituana, incinta e malata di cancro, che ha denunciato l'Irlanda perché il divieto di aborto comprometteva la sua vita. La sentenza ancora non è stata emessa ma sia i gruppi no-choice che la Chiesa cattolica sono scesi in campo opponendosi ad ogni forma di legalizzazione dell'interruzione di gravidanza. Attualmente in Irlanda abortire è legale solo se la vita della madre è in pericolo ma non esiste alcuna normativa che preveda cosa si intende per "rischio di vita per la madre" e i medici, temendo sanzioni penali e professionali, evitano di praticare qualsiasi aborto, producendo effetti drammatici. Nonostante il decesso di Savita Halappanavar, per i "pro-life" resta prioritaria la tutela della "libertà religiosa". Come riferisce Marco Tosatti sulla Stampa, l'Osservatorio sull'intolleranza contro i cristiani in Europa ha recapitato all'Osce (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa) un dossier sulle "persecuzioni" contro i cristiani: fra le "discriminazioni" subite quella di non poter manifestare davanti alle cliniche in cui vengono praticati gli aborti.
Forse la polizia non ha tutti i torti nell'impedire ai no-choice di protestare davanti gli ospedali. Oltre ad ovvi motivi di privacy a tutela delle pazienti, in Polonia gli attivisti anti-aborto hanno aggredito una ragazzina di quattordici anni che voleva ricorrere all'aborto a seguito di uno stupro impedendole di salire su un taxi.

Fonte: cronachelaiche.globalist.it - Autore: Cagliostro

 

E' il record europeo. Però la legalizzazione da noi è ancora un tabù e lasciamo questo enorme business miliardario in mano alle mafie. E' ora di cambiare, no?

Sedici anni. Napoli. E' finito in manette con 10 euro in tasca: aveva venduto uno spinello a un amichetto. Diciannove anni. Roma. Due tizi si sono fatti un giro in galera: coltivavano, nel diroccato bagno di casa, tre piantine di marijuana a testa. Sono gli ultimi casi di piccolo spaccio da pochi euro. Con tanto di sirene, polizia, giudice, prigione e soldi spesi.

Tre anonimi pizzicati proprio nelle ore in cui Roberto Saviano violava su "l'Espresso" uno dei più cristallizzati tabù made in Italy. E proponeva di legalizzare le droghe leggere per sottrarre miliardi, armi e potere alle mafie. Un grido salito dritto da Gomorra che ha incassato subito l'appoggio di luminari della medicina come Umberto Veronesi, ma che ha anche risvegliato - come tutte le volte - i fantasmi dentro milioni di italiani.

Già. Perché in Italia lo spinello è segreto. Si fa ma non si dice. Guai. Sempre più gente lo fuma. Mamme e papà. Figli e nipoti. Poi mamma sgrida il figlio. E il figlio ruba il fumo a mamma. Ma nessuno lo dice. E così per l'italiano medio vale ancora la regola: canna uguale droga. Pochi sanno che non è più così. E che nel nostro Paese lo spinello è un rito che coinvolge ormai 4 milioni di italiani. Avvocati, medici, notai. Idraulici, camerieri, disoccupati. Studenti e sfaccendati di ogni età e foggia. Sono il popolo radiografato dall'ultimo rapporto Onu, che ha spiegato come l'Italia dello spread alle stelle, in Europa un record ce l'ha: siamo noi quelli che hanno consumato più cannabis nel 2011, ben il 14,5 per cento degli italiani. Di tutte le età. Dai 15 ai 65 anni.

E' gente che non guadagna certo con la droga, come fa invece la camorra, ma è anche un esercito invisibile che non vuole dare troppo nell'occhio. Che non si dichiara. Che fa di nascosto, compra di nascosto e fuma di nascosto. «Capita un po' quello che succedeva con i gay negli anni Ottanta, in Italia chi usa cannabis o marijuana ha ancora paura di dirlo. E così nel dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere prevale il fronte del no», spiega l'ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone, il primo a depositare alla Camera, già nel 1995, una proposta di legge per la canna libera, con 150 firme di deputati. Una norma che giace ancora lì. «Pochissimi lo ammettono, per cui sensibilizzare l'opinione pubblica diventa difficile». In realtà c'è di tutto nel carnet del fumatore medio.

C'è il ragazzino che fuma con i grandi in famiglia, quello che fa la doppia vita, quello che non lo dice nemmeno agli amici. Li accomuna un fatto. Rischiano per comprare la marijuana e finiscono così per alimentare la criminalità. Tutto per un pregiudizio. Eppure a fare due conti, fra consumo diretto (e quindi tasse che andrebbero allo Stato anziché alle cosche), e risparmio di tempo e denaro fra forze di polizia e carceri stracolme, la legalizzazione dello spinello sarebbe una boccata d'ossigeno anche per i nostri conti in rosso. A spanne, spiega Achille Saletti, presidente di Saman, la rete di comunità fondate da Mauro Rostagno, «porterebbe un introito di almeno un miliardo e mezzo l'anno». Una cifra da capogiro in tempi di spending review e tagli draconiani.

Stando a uno studio della Sapienza firmato da Marco Rossi, poi, si potrebbe far pure meglio: «In Italia il costo del proibizionismo è in media di circa 10 miliardi di euro l'anno», quantifica il docente. Di questi oltre il 50 per cento per la sola cannabis. Ecco che con norme fiscali simili ai tabacchi l'erario guadagnerebbe quasi 4 miliardi l'anno. Non senza regole. Perché, questo i pro-canne lo ammettono, ci sono pure i casi limite. Come Federico, 38 anni, milanese, di mestiere fa l'informatore farmaceutico. Con la valigetta di pelle in fila dal medico della mutua non s'è accorto che quello spinello tutto solo in auto o in veranda, che lo rimetteva al mondo, dice lui, era diventato un cappio: «Ogni santo giorno, rollavo in media otto o nove spinelli», racconta. Troppi. Così s'è presentato al consultorio di Milano e ha chiesto aiuto: «Noi trattiamo soprattutto cocaina, ma il 2 per cento dei casi riguarda la cannabis. Una cifra irrisoria, ma che mette a nudo un aspetto della questione che va tenuto in considerazione. In Italia pochissimi consumatori di droghe leggere ritengono pericoloso il loro comportamento, ma succede che a qualcuno sfugga di mano. Non per ragioni di dipendenza alla sostanza, come nel caso delle droghe pesanti, ma per problemi legati a depressione o disturbi della personalità che il soggetto aveva sottovalutato». Il bello è che, sul piano pratico, la colpa è proprio dell'ipocrisia italiana: «Di quei famosi 4 milioni di italiani che hanno fatto uso di canapa o marijuana, le statistiche dicono che meno dell'1 per cento lo ammette», spiega Saletti. Ecco perché anche chi, come lui, si schiera per lo spinello libero invoca «regole e controlli capillari del mercato».

Anche perché nel sistema-marijuana c'è un baco silenzioso che finora è stato sottovalutato: gli Ogm. «Da qualche anno molta della marijuana e cannabis che circola non ha più nulla a che vedere con le piantine che conoscevamo. Oggi gli esperti hanno individuato 115 specie Ogm. Senza un controllo serrato della coltivazione, non sappiamo cosa stiamo assumendo», aggiunge. Con qualche rischio, visto che in alcuni casi le versioni "mostruose" hanno effetti diversi dai progenitori naturali.

«La liberalizzazione porta dunque un vantaggio economico e contrasta la criminalità, ma deve avere dei paletti proprio come è stato per l'alcol, quando s'è vietata la produzione di liquori con gradazioni troppo alte». Ma l'Italia è ben lontana da questo traguardo. Addirittura il monito della Commissione globale per le politiche sulla droga, di cui fanno parte Kofi Annan e numerosi ex capi di Stato, che ha esortato - come Saviano - i governi a perseguire la via della legalizzazione delle droghe leggere perché «si indebolisca almeno la criminalità organizzata», in Italia rimane inascoltato.

Mentre la mafia si arricchisce, «ogni anno le segnalazioni ai prefetti sono circa 50 mila, il 68 per cento per gli spinelli. Vuol dire, dal 1990 a oggi, oltre un milione di italiani pizzicati», denuncia il Forumdroghe nel Libro bianco 2012. Per non parlare delle carceri che esplodono: «Il 38 per cento dei detenuti è dietro le sbarre per possesso di stupefacenti e, di questi, il 70 per cento per l'uso di cannabis e marijuana. Se si aggiungono i tossicodipendenti dentro per altri reati superiamo il 50 per cento della popolazione carceraria».

E così finisce come a Osoppo, una cittadina abbarbicata sulle montagne della Carnia, in Friuli, dove sta andando in scena un processo che ha dell'incredibile. L'imputato è il Rototom, il festival di musica reggae più famoso d'Europa. Il capo della locale Procura ha mandato alla sbarra Filippo Giunta, patron della manifestazione, che portava su quelle montagne 150 mila persone da tutta Europa. L'accusa? Il parco del Rivellino dove cantò Bob Marley e ballarono i miti del culto rasta va considerato, secondo i pm, un "locale pubblico". E quel popolo reggae salito lassù per ascoltare i ritmi del tamburi, un branco di spacciatori "protetto", appunto, dagli organizzatori del Rototom. Per ora l'unico effetto è stato che il festival s'è trasferito in Spagna, dove ha trovato sponsor e appoggio da governi locali e polizia. Decine di migliaia di giovani partono dall'Italia. Molti sono gli stessi che hanno partecipato alla "Milion Marijuana March" di Roma, che lo scorso anno ha coinvolto oltre 50 mila persone. In Italia la mente della marcia di protesta contro il "neoproibizionismo" è Alessandro Buccolieri. Gli amici lo chiamano Mefisto e lui sta già lavorando all'edizione 2013. Con una novità: basta parate, ci sarà un grande evento-concerto sullo stile del primo maggio e una passerella di vip e artisti di fama mondiale, che stanno già aderendo.

L'obiettivo: «Aprire davvero il dibattito sulla legalizzazione della cannabis in Italia: stop alla persecuzione dei consumatori, sì al diritto alla coltivazione di una specie, che è un patrimonio dell'umanità e uso terapeutico in tutto il Paese».Proprio come in Toscana, che non sembra nemmeno Italia. E' stata la prima regione, un paio di mesi fa, ad autorizzare la cannabis contro il dolore. E la polemica è esplosa. E se è vero che fu l'ex ministro Livia Turco, già nel 2007, ad aprire quella strada, è anche vero che i pazienti che hanno chiesto di farne uso in altre regioni sono finiti stritolati dalla burocrazia. Liste di attesa interminabili, ordinazioni di farmaci all'estero con tempi biblici, iter stremanti. Tanto che mentre il professor Felicino Debernardi, primario dell'istituto anti-tumori di Candiolo, all'avanguardia nelle terapie antidolore, ha auspicato come Veronesi che l'Italia apra alla cannabis, le statistiche raccontano un Paese lontano anni luce da quel modello. Dove l'associazione Pic Pazienti Impazienti Canapa denuncia le sofferenze dei malati che, in altri Paesi della Ue, sono già trattati con la cannabis e qui non trovano ascolto.

E pensare che perfino un super-proibizionista bacchettone come Carlo Giovanardi, quello che da sottosegretario voleva rendere obbligatori i test antidroga per i conduttori Rai, è finito in contraddizione. Mentre inveiva contro canne e spinelli, il "suo" dipartimento per le Politiche antidroga pubblicava una Bibbia proibizionista che, dopo una ventina di capitoli a senso unico, doveva prendere atto che la marijuana era utile per la sclerosi multipla e le terapie chemio. Tutte cure che, se affrontate con farmaci chimichi, costerebbero circa 3.600 euro al mese per ogni paziente, mentre nei Paesi dove la coltivazione è consentita non superano i 250 euro ciascuno. E l'elenco potrebbe continuare. Con le contraddizioni tipiche del nostro sistema. Come la storia di Fabrizio, un malato di Chieti che aveva ottenuto il permesso di importare cannabis per fini terapeutici, ma non aveva i soldi per potersi pagare il Bedrocam, un farmaco a base di cannaboidi. E così ha deciso di coltivarseli. Ma è finito in carcere e ora rischia vent'anni.

Fonte: espresso.repubblica.it - Autore: Tommaso Cerno

 

Il nuovo governo ribalta la stretta del precedente esecutivo contro lo spinello libero: “Decideranno le città”. Il sindaco della capitale conferma:: “Da noi nulla cambierà”.
 
Cannabis libera anche per i turisti ad Amsterdam. I 220 coffee shop della città - i famosi caffè dove si può ordinare oltre alle bibite anche marijuana e hashish - resteranno aperti anche ai non residenti in Olanda. Lo ha assicurato il sindaco della città, Eberhard van der Laan in un’intervista al giornale Volkskrant, dopo che le autorità locali hanno deciso di lasciare ai singoli enti locali la decisione di applicare o meno il bando ai non residenti. In altre parole si è “ribaltato” di fatto il giro di vite sullo spinello libero, varato dal precedente governo e che sarebbe entrato in vigore in tutto il Paese a partire dal 2013.

 
Secondo il quotidiano, una delle motivazioni che ha spinto il primo cittadino è stato il fattore economico legato al turismo considerato il fatto che circa sette milioni di turisti si recano ogni anno ad Amsterdam, e quasi un milione e mezzo di visitatori fa capolino in uno di questi caffè per acquistare della cannabis.
 
Il cambiamento di rotta è stato deciso dal nuovo esecutivo formato da liberali e laburisti, eletto a settembre, che lunedì scorso ha presentato il suo programma di governo. Stando a quanto scrivono i media sarà di volta in volta ogni singola autorità locale a decidere in merito. Il quotidiano Volkskrant spiega infatti che il «criterio della residenza» resta tecnicamente in vigore, ma «la sua applicazione sarà decisa dalle singole municipalità caso per caso». Ed è in base a questa formulazione che il sindaco di Amsterdam ha annunciato che i turisti potranno continuare a visitare i noti paradisi dei coffee shop.

 
Addio dunque, almeno per ora ad Amsterdam, all’impopolare «carta cannabis», entrata in vigore il primo maggio nelle zone del sud del Paese e che sarebbe dovuta diventare effettiva in tutto il Paese dal 1 gennaio. La legge aveva suscitato non poche proteste tra i gestori di coffee-shop e alcuni gruppi di pressione avevano subito bollato come `discriminatorio´ il provvedimento, facendo ricorso al tribunale.
 
La Corte però aveva sentenziato che «la norma non violava i principi fondamentali della legge contro la discriminazione» e pertanto doveva applicata immediatamente. In barba alla legge il primo maggio un coffee shop di Maastricht aveva provocatoriamente venduto cannabis ai turisti, mentre gli altri della stessa città avevano effettuato una serrata in segno di protesta. In Olanda ci sono 670 coffee-shop, un terzo dei quali solo ad Amsterdam.
 
Fonte: lastampa.it via finanzainchiaro.it

 

Il Pacific Trash Vortex, il vortice di rifiuti del Pacifico, è un enorme mulinello scoperto nel 1997 da Charles Moore che vi si è trovato in mezzo mentre navigava a bordo del suo catamarano.

E’ la più grande discarica a cielo aperto esistente, ed è formata da milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti provenienti da tutto il pianeta, per una superficie che, a seconda delle fonti, varia da 700.000 a oltre 10 milioni di Km quadrati: poco superiore alla Spagna e due volte gli Stati Uniti.

L’isola di rifiuti, composta per l’80% da plastica, secondo una ricerca svolta da Algalita Marine Research Foundation, ha un peso di circa 3 milioni e mezzo di tonnellate.

Questa enorme chiazza di immondizia ha iniziato a formarsi a partire dagli anni ’50 a causa dell’azione della north Pacific subtropical gyre (vortice subtropicale del nord Pacifico): una corrente situata tra l’equatore e 50° di latitudine nord, il cui movimento a spirale in senso orario porta i rifiuti galleggianti ad aggregarsi tra loro.

Questo cumulo di plastica è dovuto, oltre a situazioni eccezionali come il lancio volontario di oggetti fuori bordo in situazioni di emergenza (jetsam) o la perdita di materiale in caso di incidente (floatsam), soprattutto all’abbandono volontario di rifiuti in mare da parte di aziende e città costiere.

I danni a lungo termine che tutto questo provocherebbe sono enormi: con il trascorrere del tempo la plastica si scinde in pezzi sempre più piccoli, che conservano le caratteristiche polimeriche anche quando diventano delle dimensioni di una molecola, rendendo difficile la loro assimilazione. A farne le spese è soprattutto la fauna marina: l’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ha calcolato che ogni anno muoiono oltre un milione di uccelli e più di centomila tra delfini, foche e balene. Il pericolo maggiore è rappresentato dal rilascio del PCB (policrolobifenili): i molluschi li ingeriscono scambiandolo per zooplancton, che a loro volta vengono mangiati da quelli più grandi fino ad arrivare alla cima di questa catena alimentare dove ci siamo noi. Infatti queste sostanze, non essendo biodegradabili, restano all’interno degli animali che poi dal mare ritroviamo nelle nostre tavole.

Fonte: sifconference.com - Autore: Nicoletta Chiorri

 

Anche se nel corso della campagna elettorale per la Casa Bianca il presidente Obama continua a ripetere che la strada della diplomazia e delle sanzioni contro l’Iran rimane quella preferita per cercare una soluzione alla crisi del nucleare di Teheran, i preparativi più o meno segreti per un possibile nuovo rovinoso e illegale conflitto in Medio Oriente nei prossimi mesi appaiono ben avviati. A confermarlo ulteriormente è stato un recente articolo del quotidiano britannico Guardian, il quale ha rivelato che gli Stati Uniti hanno chiesto al governo di David Cameron l’uso di basi militari di Londra situate in alcune isole strategiche in vista di un’aggressione contro l’Iran.

Nonostante gli USA e i loro alleati non manchino di sottolineare quasi ogni giorno la presunta minaccia che rappresenterebbe l’Iran per l’Occidente e per Israele, Washington sta portando a termine un vero e proprio accerchiamento del territorio della Repubblica Islamica con, tra l’altro, lo stazionamento di due portaerei nel Golfo Persico e l’invio di aerei da guerra, navi per la bonifica di mine in mare ed altri mezzi navali da impiegare nel momento in cui dovesse essere deciso il lancio di un’aggressione militare.

Oltre a tutto questo, reso possibile grazie alla disponibilità di regimi alleati nella regione come Emirati Arabi, Kuwait, Bahrain o Arabia Saudita, l’amministrazione Obama ha dunque chiesto alla Gran Bretagna l’accesso per le proprie forze armate alle basi che quest’ultimo paese conserva a Cipro e nelle isole di Ascensione, nell’Oceano Atlantico, e Diego Garcia, in quello Indiano. L’uso di queste strutture permetterebbe a Washington di avere un vantaggio logistico ancora maggiore in caso di guerra contro l’Iran.

Per il Guardian, in ogni caso, il governo di Londra avrebbe per il momento negato la concessione delle proprie basi all’alleato americano, sostenendo che un attacco non provocato contro Teheran sarebbe da considerarsi illegale secondo il diritto internazionale, dal momento che la Repubblica Islamica non rappresenta una chiara minaccia né per gli Stati Uniti né per altri paesi.

I funzionari del governo britannico citati dal Guardian hanno fatto riferimento al parere del Procuratore Generale, il quale sostiene che Londra sarebbe in violazione del diritto internazionale anche solo se dovesse facilitare un attacco contro l’Iran mettendo a disposizione le proprie basi. Il parere legale del Procuratore Generale è stato fornito all’ufficio del primo ministro, al Foreign Office e al Ministero della Difesa.

Sulla momentanea posizione di Londra ha pesato senza dubbio la vicenda dell’invasione dell’Iraq nel 2003, sostenuta dal governo laburista di Tony Blair a fronte della massiccia opposizione interna e della palese illegalità di un’operazione condotta per rovesciare il regime di Saddam Hussein sulla base di un’inesistente minaccia di armi di distruzione di massa. Ciononostante, la propaganda americana, israeliana e occidentale in genere contro l’Iran non conosce soste e il programma nucleare di Teheran, per il quale non c’è alcuna prova che sia indirizzato a scopi militari, continua ad essere utilizzato per giungere ad un cambio di regime a Teheran.

Londra, da parte sua, non esclude peraltro una nuova collaborazione militare per assecondare gli obiettivi dell’imperialismo statunitense. La posizione britannica è stata chiarita nei giorni scorsi da una portavoce del primo ministro Cameron, la quale, dopo avere ricordato come la Gran Bretagna nel recente passato ha già cooperato con gli USA per l’utilizzo delle proprie basi all’estero, ha affermato che “il governo crede che in questo momento un’azione militare contro l’Iran non sia la migliore opzione”, anche se “ogni ipotesi rimane sul tavolo”, compresa quella militare.

Infatti, a conferma di come Londra sia sostanzialmente allineata alle posizioni di Washington, anche la Gran Bretagna dispone di un forte contingente militare nel Golfo Persico, formato tra l’altro da dieci navi da guerra, compreso un sottomarino nucleare, ed ha partecipato ad una recente massiccia esercitazione organizzata dagli Stati Uniti.

Gli unici scrupoli del governo Cameron non dipendono tanto dall’illegalità di una simile operazione contro Teheran o, tanto  meno, dall’elevatissimo numero di vittime che una nuova guerra comporterebbe, bensì dalle ripercussioni negative che essa potrebbe avere sul fronte interno e dalla pericolosa destabilizzazione dell’intero Medio Oriente.

Con la regione già in subbuglio per la Primavera Araba e la crisi siriana, una nuova guerra potrebbe cioè finire per coinvolgere addirittura Russia o Cina e, in ultima analisi, produrre anche l’effetto contrario a quello desiderato, che rimane l’allargamento dell’influenza e del controllo americano su un’area del globo strategicamente fondamentale per gli interessi di Washington.

Fonte: altrenotizie.org - Autore: Michele Paris

 

Pur non avendo mai fatto uso di droghe ed essendomi allontanato dai superalcolici da almeno una decina di anni, sempre più spesso mi accade di leggere i giornali o accendere la TV (ritornata mio malgrado ad occhieggiare nella sala) e trovarmi disorientato nel carpire le coordinate di quanto sta accadendo intorno a me. Le notizie inverosimili, i cortocircuiti logici, il non sense diventato regola, la mancanza di qualche briciola di buon senso e le sterili caricature di mestieranti impegnati ad urlarsi addosso disquisendo del nulla, si affastellamo gli uni sugli altri in una sorta di allucinazione, in tutto simile a quella dell’incubo in cui urli ed urli perchè vuoi svegliarti, ma non ti svegli mai.

Il premio Nobel per la pace é stato conferito all’Unione Europea, probabilmente la macchina da guerra che più di ogni altra (in collaborazione con il padrone americano) durante gli ultimi decenni ha dispensato morte e distruzioni in ogni parte del mondo e oggi sta rubando ogni prospettiva di futuro ai suoi stessi figli illegittimi che ha iniziato a nutrire con il cibo scaduto.

In un paese come l’Italia, da 70 anni colonia USA, deprivato di qualsiasi briciola di sovranità, re Giorgio Napolitano ha affermato di ritenere necessario che l’Italia ceda quote di sovranità alla UE, per tornare a crescere e vincere la crisi.

Il governo golpista di Mario Monti, dopo avere a lungo negato qualsiasi ipotesi di manovra finanziaria, ha aumentato l’IVA durante la notte, agendo con il favore delle tenebre, come fanno i ladri.

Un Berlusconi sempre più macchietta di sè stesso, ormai privo perfino del senso dell’umorismo é riuscito nel corso della stessa settimana a scendere in campo contro Monti, contro l’euro, contro la UE e contro tutte le leggi da lui stesso votate nel corso dell’ultimo anno, per poi tornare in un battito di ciglia là da dove era venuto, annunciando il sostegno ad un proseguimento del governo Monti anche nella prossima legislatura.

Le primarie farsa di un partito farsa come il PD, tengono banco sulle prime pagine dei giornali, quasi si trattasse di un evento serio dal quale potesse dipendere il futuro della nazione. I battibecchi da asilo con protagonisti camerieri prezzolati pessimi anche nella recitazione vengono caricati di un’importanza quale  mai potrebbero aspirare ad avere, mentre l’immagine di Renzi, Bersani, Vendola che si litigano paletta e secchiello é di quelle che dimostrano inequivocabilmente in quali miserie umane si sia ormai calata la politica italiana.

Nel frattempo i “premi nobel per la pace” continuano a far soffiare venti di guerra verso la Siria e l'Iran, il territorio italiano cade a pezzi ogni volta che piove, ma il denaro del contribuente viene destinato alla costruzione del TAV (790 milioni stanziati solamente qualche giorno fa per quello in Val di Susa) anzichè alla riduzione del dissesto idrogeologico, la polizia dopo avere picchiato a sangue i ragazzini del liceo inizia a fare esperimenti anche con i bimbi di 10 anni, “l’americano” Marchionne propone che Monti diventi premier a vita.

Qualcuno per favore mi dia un pizzicotto che a furia di gridare sta iniziando a bruciarmi la gola e se non mi sveglio al più presto potrei iniziare a convincermi che si tratti della realtà.

Autore: Marco Cedolin - Fonte: marcocedolin.blogspot.it - via: informarexresistere.fr - Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

 

Ecco perché è bene prepararli qualche giorno prima anticipando un po' le attività della giornata: dal risveglio alla cena. A suggerirlo è il dottor Oliviero Bruni, direttore dell'unità di neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Sant'Andrea di Roma.

L'esperto spiega che i problemi legati al cambio dell'ora interessano principalmente i bambini in età scolare, le cui giornate hanno ritmi ben definiti, mentre non riguardano l'equilibrio dei neonati, “che hanno delle loro abitudini molto diverse”.

'”Ogni bambino – spiega Bruni - ha delle caratteristiche individuali che lo rendono diverso dagli altri anche nel sonno, ma una regola da insegnarli è quella dell'autonomia al momento di addormentarsi”.

“Č importante che il riposo del bambino non sia legato alla presenza della mamma e del papà o che il piccolo non dorma solo se ha il ciuccio: è importante insomma che sia in grado di autogestirsi, perché questo giova anche al sonno dei genitori”.

“Un'altra cosa fondamentale – aggiunge Bruni - è provare ad assecondare il più possibile i suoi ritmi di veglia e sonno, provando magari a modificarli a poco a poco”. “Una tecnica che può funzionare è quella della presenza del genitore nella stanza che però non interagisce col bambino, in ogni caso meglio non lasciare il piccolo piangere a lungo”.

Anche l'alimentazione può aiutare ad affrontare meglio il passaggio dall'ora legale a quella solare, e viceversa. Lo spiega la Coldiretti che ha stilato un vademecum degli alimenti utili per conciliare un buon sonno e di quelli da evitare per battere il jet lag da cuscino come cioccolato, cacao, the e caffè per la presenza della caffeina, oltre ai superalcolici che inducono un sonno di qualità cattiva con risveglio al mattino.

Innanzitutto - avverte la Coldiretti - a cena è fondamentale evitare cibi con sodio in eccesso per cui vanno banditi alimenti con curry, pepe, paprika e sale in abbondanza, ma anche salatini e piatti nei quali sia stato utilizzato dado da cucina. Anche gli alimenti in scatola per l'eccesso di sodio e di conservanti sono da tenere lontani.

Esistono invece cibi che aiutano a rilassarsi: innanzitutto pasta, riso, orzo, pane e tutti quelli che contengono un aminoacido, il triptofano, che favorisce la sintesi della serotonina, il neuromediatore del benessere e il neurotrasmettitore cerebrale che stimola il rilassamento. Ok nella dieta serale anche a legumi, uova bollite, carne, pesce, formaggi freschi. La serotonina aumenta con il consumo di alimenti con zuccheri semplici come la frutta dolce di stagione. Tra le verdure - ricorda ancora la Coldiretti - al primo posto la lattuga, seguita da radicchio rosso e aglio, perché le loro spiccate proprietà sedative conciliano il sonno, ma anche zucca, rape e cavoli.

Un bicchiere di latte caldo, giusto prima di andare a letto, che oltre a diminuire l'acidità gastrica che può interrompere il sonno, fa entrare in circolo durante la digestione elementi che favoriscono una buona dormita per via di sostanze, presenti anche in formaggi freschi e yogurt, che sono in grado di attenuare insonnia e nervosismo. Infine - conclude la Coldiretti - un buon dolcetto ricco di carboidrati semplici ha un'azione antistress, così come infusi e tisane dolcificati con miele che creano un'atmosfera di relax e di piacere che distende la mente.

Fonte: informasalus.it

 

Con le manifestazioni anti-austerity che si stanno diffondendo in tutta l'Europa meridionale, da Atene a Madrid passando per Lisbona, l'enclave nota per la sua neutralita' ha preso precauzioni estreme.

La Svizzera ha lanciato una serie di esercitazioni militari per rispondere all'instabilita' sociale e civile in Europa, provocata dalla crisi del debito della moneta unica.
 
L'operazione "Stabilo Due" e' stata annunciata in settembre e ha l'obiettivo di testare la rapidita' con cui l'esercito e' in grado di rispondere in caso di diramazione delle proteste e dei flussi migratori.

Lo stato non e' membro dell'Unione Europea e nemmeno del blocco a 17 dell'area euro.

Il quotidiano svizzero tedesco Der Sonntag ha scritto che le esercitazioni si sono svolte in settembre intorno alle zone di rischio individuate in una cartina dallo staff dell'esercito dove si teme che si possano tenere scontri tra 'fazioni rivali' e dove la Svizzera teme si rechino i rifugiati provenienti da Grecia, Italia, Spagna, Francia e Portogallo.
 
Il ministero della Difesa non esclude il dispiegamento di truppe militari nei prossimi anni per sedare eventuali proteste che potrebbero svolgersi nel piccolo ricco paese, circondato da stati indebitati in recessione.

"Non e' da escludere che le conseguenze della crisi finanziaria in Svizzera possano portare a protestare e scontri violenti anche qui", ha riferito all’emittente CNBC un portavoce del ministero della Difesa elvetico.

In una anticipazione in anteprima pubblicata in giugno Wall Street Italia sotto il titolo di "La Svizzera si prepara allo scenario peggiore", si avvertiva già dei preparativi presi dal paradiso fiscale in caso di disgregazione dell'Eurozona.

Sul piano economico Berna, che fa affari con gran parte dell'Europa, e' pronta a tutto pur di evitare che l'euro sprofondi sotto quota 1,20 franchi svizzeri.
 
Fonte: wallstreetitalia.com via finanzainchiaro.it

 

Gli impianti che vengono dismessi in Europa, poiché troppo inquinanti, vengono trasferiti altrove, dove le leggi in materia ambientale permettono qualsiasi livello di inquinamento, ma non vengono dismessi.

Il pianeta viene stuprato in tutti i modi possibili. Disboscando sempre di più in nome del profitto, trivellando il terreno ed inserendo nel sottosuolo acidi ed altre sostanze ignote (fracking) vengono avvelenate le acque dei fiumi, dei laghi, del mare. Vengono immesse nell’atmosfera tonnellate e tonnellate di inquinanti, polveri sottili, veleni. La geoingegneria, con l’uomo che pretende di mettere pericolosamente mano anche al clima: una macchina naturale praticamente perfetta.

LA CRESCITA, L’EVOLUZIONE della società si è fermata da tempo: nonostante le tecnologie che potrebbero assicurare benessere a tutta l’umanità, laddove c’è stata “crescita” (anche a livello culturale) si sta tornando indietro: le condizioni di vita dei cittadini peggiorano, e anziché aumentare la ‘sensibilità’, la ‘coscienza’ delle persone, è in corso un processo di imbarbarimento, il “forcaiolismo” è dilagante.

IL DENARO. Tutto si muove intorno ad esso: in nome del PROFITTO è consentito qualsiasi cosa, persino dichiarare guerre. Se per guadagnare è necessario inquinare, causare morte e sofferenza, non sembra essere un problema. Ovviamente in una società dove il denaro è la cosa più importante, non c’è da sorprendersi del fatto coloro che governano, controllano e giudicano la società siano in “vendita”. E la cosa peggiore, è che la maggioranza di coloro che si oppongono a questo sistema, se ci guadagnassero non si opporrebbero; se fossero loro nelle condizioni di “potersi vendere”, la maggioranza dei cittadini lo farebbe. I pochi che “non sono i vendita” invece, in una società dove quasi tutti lo sono, non raggiungono posizioni di potere: anche perché per farlo si sarebbero dovuti vendere.

Per cambiare una società come questa, non può bastare il votare un partito anziché un altro… il cambiamento deve avvenire a livello culturale, quello politico sarebbe una logica conseguenza del primo…

Fonte: nocensura.com via Informare per Resistere

 
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