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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

L' orgasmo femminile continua a essere un mistero. A dirlo non sono solo partner non esperti o che poco sanno del corpo delle donne, ma i biologi dell' Università del Queensland e della Abo Akedemi University, in Finlandia.

Uno studio, pubblicato sulla rivista Animal Behaviour, sembra infatti smontare l'ipotesi secondo cui il fenomeno sarebbe solo un sottoprodotto accidentale dell’ evoluzione maschile. In sostanza, insomma, non sarebbe un effetto collaterale dell'utilità che esso ha nei maschi, come immaginato dalla filosofa della scienza Elisabeth Lloyd della Indiana University nel suo saggio The Case of Female Orgasm: Bias in the Science of Evolution.

È facile comprendere perché la natura abbia scelto di regalare agli esseri di sesso maschile (umani, primati o di altre specie animali che siano) il dono dell' orgasmo, in nome della sopravvivenza della specie. In termini biologici infatti, serve a spingerli ad avere rapporti con più frequenza, e dunque favorisce il mantenimento della stirpe.

Se lo stesso valesse per l’orgasmo femminile, si tratterebbe di un flop: in molti animali non è affatto presente (per esempio nelle femmine di gibbone), e nella specie umana non tutte le donne lo provano. Probabilmente – come ricorda Wired.com – una su dieci tra le lettrici di questo articolo ne sa qualcosa. Questo il motivo per cui i ricercatori tendono a scartare l’ipotesi del vantaggio evolutivo, restando però senza plausibili alternative.

Per mettere alla prova l’ipotesi di Lloyd, infatti, i biologi finlandesi hanno sottoposto un questionario a 1.803 coppie di gemelli dello stesso sesso e a 2.287 coppie di gemelli di sesso diverso: si chiedeva a fratelli e sorelle di riportare quanto spesso e quanto facilmente arrivassero all'orgasmo. L'idea di partenza era questa: se è vero il fenomeno dipende dal dna, persone di sesso opposto che condividono lo stesso patrimonio genetico (come, appunto, i gemelli) dovrebbero dare le stesse risposte. Così, però, non è stato. I ricercatori hanno notato che la funzione orgasmica era simile tra i gemelli dello stesso sesso (sia che si trattasse di due donne che di due uomini), ma non lo era affatto nelle coppie di sesso opposto.

“ I risultati ottenuti non vanno certo a supporto dell'ipotesi che l'orgasmo femminile si sia mantenuto come effetto secondario dell'evoluzione, cioè come prodotto del processo che ha portato allo sviluppo del fenomeno nei maschi”, hanno scritto Brendan Zietsch e Pekka Santtila, i due scienziati che hanno condotto lo studio, seppur precisando che i risultati non sono definitivi e che le interviste hanno spesso margini di errore molto ampi.

In poche parole, l’orgasmo femminile resta un enigma, anche perché un altro studio di Zietsch sosteneva proprio la teoria dell'effetto collaterale, suggerendo, tra l'altro, che potesse essere stato un tratto evolutivo importante nel passato, seppure sembri irrilevante oggi.

Fonte: wired.it

 

Le pesanti tende alle finestre erano state scostate e le candele accese, ma nella stanza continuava ad aleggiare una inquietante sensazione. Di penombra. Una mezza dozzina di uomini e una donna erano appostati intorno al tavolo per le dissezioni. Si avvertiva una silenziosa eccitazione. Un corpo senza vita giaceva supino, con parte dei nervi scoperti. Uno degli uomini più prossimi al tavolo stava avvicinando una pinza metallica a quei cavi organici. Nello stesso istante, scoccava una scintilla da una macchina elettrostatica. Tra la macchina e il tavolo non vi era alcun collegamento fisico, eppure i muscoli di quel corpo si mossero. Da soli.

La rana si muove da sola Il laboratorio di Galvani La signora Galvani, Lucia Galeazzi Luigi Galvani

Applausi. Luigi Galvani, aveva distolto gli occhi da quell’organismo inerme, quella che un tempo era stata una grassa rana, e ora guardava la sola donna presente, Lucia Galeazzi: sua moglie, la sua compagna, la sua amica, la persona a cui da venti anni confidava tutti i suoi pensieri e le sue teorie sull’affascinante fenomeno dell’ elettricità animale.

Galvani era nato il 9 settembre 1737: una data significativa per tutti i fan della scienza, in particolare per quelli con uno spirito gotico. L’esperimento di Galvani, infatti, viene ripetuto da più di 200 anni da molti imberbi studenti e studentesse che nel corso della loro carriera universitaria capitano in un laboratorio di anatomia comparata. La rana, d’altra parte, è sempre stato un piatto forte della biologia. Nei primi dell’800, poi, praticamente tutti conoscevano il termine galvanismo, (inventato da Alessandro Volta), comprese le tormentate giovani ladies londinesi come Mary Shelley che, in un certo senso, a Galvani deve in parte la sua ispirazione.

“ Dopo aver raggiunto le scoperte, da noi finora esposte, intorno alla forza dell'elettricità artificiale nelle contrazioni muscolari, fu nostro vivo desiderio indagare se la cosiddetta elettricità atmosferica producesse, oppure no, i medesimi fenomeni: cioè se, seguendo i medesimi artifici, lo scoccare dei fulmini eccitasse contrazioni muscolari, così come quelle della scintilla”, scriveva infatti lo scienziato nel suo De viribus electricitatis artificialis in motu musculari del 1791.

Il medico, ostetrico e fisiologo visse e insegnò per tutta la sua vita a Bologna, ma i suoi studi arrivarono presto al di là delle Alpi. A portarle oltre la Manica ci pensò Giovanni Aldini, nipote dello scienziato, che nel 1803 pubblicava proprio a Londra il suo saggio An account of the late improvements in Galvanism. Vi si descrivono gli esperimenti di elettrofisiologia sui cadaveri, che davano “ l’impressione della rianimazione” e lasciavano pensare che in certe condizioni si potesse ripristinare persino la vita. Frankenstein, scritto nel 1818, è evidentemente figlio dei suoi tempi.

Tornando ai suoi primi esperimenti, Galvani si era convinto che esistesse un’ elettricità interna all’ animale, che gli strumenti metallici mettevano semplicemente in circolo.

La sua pinza, infatti, non era collegata ad alcun generatore ed era quindi un conduttore scarico. Galvani non poteva sapere che il metallo conduceva un segnale elettrico e che muscoli della rana altro non erano che dei rivelatori, non dei serbatoi di energia.

A mettere in dubbio l’origine animale dell’elettricità fu proprio Alessandro Volta, che già nel 1778 ripeteva gli esperimenti del collega (e avversario intellettuale) nel suo laboratorio di Pavia. Grazie a quegli esperimenti, Volta arrivò a scoprire il potenziale di contatto e a inventare la sua pila.

Fonte: Università di Bologna; Infn di Bologna

 

James Irwin Apollo 11 con vista Rover Lunare Soste lunari duranti la missione Apollo 17 Sotto il Sole

“Non lasceremo la Luna agli americani”, aveva dichiarato agli inizi degli anni Sessanta Nikita Khrushchev, l’allora premier dell’ Unione Sovietica, in piena Guerra Fredda. Non era passato molto tempo da quando il presidente Kennedy aveva promesso la Luna agli Stati Uniti entro gli inizi degli anni Settanta, e l’Unione Sovietica non aveva intenzione di rimanere a guardare. Quel che accadde dopo è cosa nota: la bandiera a stelle e strisce sventolò sulle lande extraterrestri nel 1969, mentre l’Urss fallì nell’impresa.

Se le impronte di Armstrong e Aldrin hanno oscurato la storia delle missioni lunari sovietiche, fu comunque la Russia la prima a conquistare il satellite. Un primato che porta la data del 14 settembre 1959, quando un oggetto spedito da Terra, senza equipaggio a bordo, si schiantava per la prima volta sul suolo lunare.

La Second Soviet Cosmic Rocket, anche nota come sonda Luna-2 (come venne ribattezzata quattro anni dopo) e come Lunik 2 (certamente più assonante con il famoso Sputnik), era partita il 12 settembre dal cosmodromo di Baikonour, in Kazakistan. Appariva come una piccola sfera (circa 390 kg di peso) con tante antenne, e non ospitava alcun astronauta: solo un magnetometro (uno strumento per rivelare eventuali campi magnetici), un contatore Geiger e uno a scintillazione (entrambi per misurare la presenza di radiazioni) e dei rivelatori di micro-meteoriti. Da Terra, il suo volo nello spazio sarebbe stato seguito attraverso la scia di gas arancione.

33 ore dopo il lancio, le comunicazioni con la sonda si persero. Poteva sembrare il fallimento della missione, e invece era la prova che lo scopo era stato raggiunto con successo: Lunik 2 si era schiantata sulla Luna, nei pressi del Mare della Serenità. Intanto i russi avevano anche avuto la conferma che la Luna non aveva una cintura radioattiva, né un forte campo magnetico.

Non era andata così bene nei tentativi che avevano preceduto questa missione. Lunik 2, infatti, a dispetto del nome, non era il secondo volo delle missioni senza equipaggio sovietiche, ma il sesto. Prima di lei c’erano stati una Luna 1 - la prima volta che una sonda riusciva a sfuggire al campo gravitazionale della Terra, che mancò sì la Luna ma raggiunse in compenso l’orbita del Sole - e altri 4 tentativi meno gloriosi.

La lista dei lanci da base russa prosegue fino ad arrivare al 1976: include una cinquantina di missioni, anche se solo 24 di queste sarebbero passate alla storia come lunari, perché arrivate effettivamente nell’orbita del satellite. Qualcuna segnò dei traguardi importanti, come la sonda Luna-3, nel 1959, che fotografò per la prima volta nella storia il lato oscuro del satellite. La Luna-9, invece, fu la prima sonda a non schiantarsi, ma compì un vero e proprio allunaggio, nel 1966.

Fonte: wired.it

 

La sconvolgente intervista censurata, condotta dallo studioso di storia medica Edward Shorter per la televisione pubblica di Boston WGBH e la Blackwell Science, è stata tagliata dal libro "The Health Century" a causa dei sui contenuti - l'ammissione che la Merck ha tradizionalmente iniettato il virus (SV40 ed altri) nella popolazione di tutto il mondo. Questo filmato contenuto nel documentario "In Lies We Trust: The CIA, Hollywood & Bioterrorism", prodotto e creato liberamente dalle associazioni di tutela dei consumatori e dall'esperto di salute pubblica, Dr. Leonard Horowitz, caratterizza l'intervista al maggior esperto di vaccini del mondo, il Dott. Maurice Hilleman, che spiega perché la Merck ha diffuso l'AIDS, la leucemia e altre orribili piaghe nel mondo :

Produzione dei Vaccini facoltativi e non:

Si deve acquistare il germe della malattia (NdR: ma non e'il germe a produrre la malattia, trattasi di falsita' in biologia), un batterio tossico o un virus "vivo" (NdR: NON e' possibile avere virus "vivi", in quanto essi NON sono esseri viventi ma proteine di lipidi contenete porzione di DNA) che deve essere attenuato, o indebolito per uso umano; con una serie di passaggi passando i virus attraverso colture di tessuti animali parecchie volte per ridurre la relativa potenzialita' patogena; es.il vaccino associato al morbillo, parotite e rosolia (MMR) viene preparato nell'embrione di pulcino; il virus della poliomielite attraverso i reni della scimmia verde africana; il virus della rosolia attraverso le cellule diploidi umane, ovvero organi sezionati di feti abortiti.

Come si producono, lo spiega il dott. Alain Scohl in un articolo di cui presentiamo le parti più significative, apparso su Kairos n. 4/97 dove afferma: "L'inoculazione dei vaccini viene praticata a dispetto di tutte le abituali regole di sicurezza raccomandate per i trattamenti medici." Le tecniche di preparazione dei vaccini sono tenute segrete.

Normalmente neanche i grandi professori le conoscono (forse neanche al Ministero ?).

Oggi i vaccini virali moderni sono preparati prevalentemente su colture di cellule umane fetali o animali, cancerizzate artificialmente, per renderle letteralmente immortali (si riproducono sempre all'interno dei corpi viventi), ed avere una certa "stabilità del prodotto", quando non si tratti di cellule già cancerose (linfomi).

Per accrescere il rendimento della produzione, le cellule "immortali" vengono "nutrite" con siero del sangue di vacca, che possiede un fattore dì crescita particolarmente attivo. E' proprio il liquido di coltura di queste cellule cancerizzate che viene inoculato, dopo filtraggio e trattamenti per attenuare o uccidere i virus. E' assolutamente impossibile ottenere un prodotto puro. L'OMS "auspica" pudicamente una purezza del 90%.

Quali pericoli ?

Con questi vaccini si inoculano nel nostro organismo:

- Sostanze cancerogene sicuramente in enormi quantità

- Alcuni strumenti (su scala cellulare) serviti alla manipolazione genetica (nel caso dei vaccini geneticamente manipolati), come enzimi e parti di DNA.

Questo materiale può innescare in qualsiasi momento variazioni del messaggio genetico nel vaccinato, oltre a virus sconosciuto.

Per certi vaccini (polio ed altri) vengono utilizzate colture di cellule di reni della scimmia verde africana, (NdR: con cui viene preparato il vaccino della polio - il rene della scimmia contiene un progenitore del virus HIV, quello che dicono produca l'Aids) il siero del vitello e l'embrione di pulcino sono proteine estranee, materia biologica composta di cellule animali.

I virus detti impropriamente "uccisi"

un virus NON puo' essere ucciso in quanto NON e' un essere vivente ma solo una proteina tossica contenete DNA - vengono resi "inattivi" - in relata' solo "indebolito" - con calore, radiazioni o prodotti chimici, ma in certi casi uno stato febbrile puo' riattivare il virus.

Il virus "indebolito" deve poi essere rinforzato con dei coadiuvanti (buster degli anticorpi) e degli stabilizzatori, aggiungendo farmaci, antibiotici e disinfettanti tossici alla base del preparato:

neomicina, streptomicina, cloruro di sodio, idrossido di sodio, idrossido di alluminio, cloridrato di alluminio, sorbitolo, gelatina idrolizzata, formaldeide (prodotto canceroso) e thiomersal (parte del mercurio).

Commento: NdR: il virus NON e' un micro organismo, ma solo una proteina di lipidi contenente DNA, quindi e' una proteina TOSSICA !

Dato che questa "materia tossica organica" viene iniettata direttamente nella circolazione sanguigna, saltando TUTTI i meccanismi di difesa immunitaria naturale; essa può alterare anche la nostra struttura genetica, oltre ad immunodeprimere il soggetto vaccinato.

Diversi ricercatori hanno notato che i vaccini "ingannano" il corpo stimolando a focalizzarsi solo su un aspetto (cioè la produzione di anticorpi) delle molte strategie complesse normalmente disponibili al sistema immunitario.

Virus (Proteine tossiche) degli animali utilizzati nelle colture di preparazione dei vaccini ed inoculati con essi, possono saltare la barriera della specie in maniera occulta e inosservabile. E' esattamente quello che è successo durante gli anni 50 e gli anni 70 in cui milioni di persone sono state infettate con i vaccini della poliomielite (sabin) e contaminati con il virus SV-40 (scimmia virus) e passato dagli organi della scimmia utilizzati per preparare i vaccini.

SV-40 - contaminante - (il quarantesimo virus di Scimmia rilevato da quando i ricercatori hanno cominciato a osservarli), è considerato un potente soppressore del sistema immunitario, un innesco potente dell'HIV, il nome dato al virus dell' AIDS.

Si dice che causa uno stato clinico simile all' AIDS ed è stato trovato anche nei tumori al cervello, nella leucemia ed in altri cancri umani. I ricercatori lo considerano un virus che genera il cancro della Pleura: mesotelioma.

Secondo il Dott. David Kessler, ex funzionario della Food and Drug Administration, "soltanto circa l'un per cento degli eventi seri (reazioni avverse ai vaccini) viene segnalato alla FDA. Quindi, è assolutamente possibile che ogni anno milioni di persone abbiano reazioni avverse ai vaccini obbligatori".

Il Dott. Robert Mendelsohn che ha criticato spesso la medicina ufficiale per la sua dottrina bigotta.

Ha sostenuto che "i medici sono i preti che erogano l'acqua santa sotto forma di inoculazioni" per dare l'iniziazione rituale della grande industria medica alla nostra consacrazione.

Il Dott. Richard Moskowitz afferma: "I vaccini sono diventati i sacramenti della nostra fede nella biotecnologia. La loro efficacia e sicurezza sono viste estensivamente come auto evidenti e che non necessitano di ulteriori prove". Ogni anno la FDA riceve migliaia di rapporti di reazioni avverse ai vaccini.

Questi dati includono lesioni cerebrali e morti.

Queste informazioni vengono immagazzinate in un database segreto del Governo (USA) a cui i cittadini americani possono accedere (con alcune restrizioni) ricorrendo al Freedom of Information Act (Legge sulla Libertà di Informazione). E' diviso in categorie che includono i vaccini somministrati, i tipi di reazione, informazioni sui ricoveri e le morti e altro ancora.

I dati contenuti vanno dal 1990 all'Agosto 2004.

Tratto da: http://thinktwice.com/secret.htm

ATTENZIONE: lo stesso programma criminale vale per le diffusioni periodiche delle epidemie influenzali !!!

Info:  http://www.mondobiologicoitaliano.it/art_cancro.html
Fonte: http://www.sos2012.it/

 

È un ritratto di famiglia davvero molto speciale quello che un gruppo di scienziati della Stanford University ha fatto a ai membri di casa West. Papà, mamma e due figli, residenti a Cupertino (Usa), hanno messo a disposizione il loro dna, facendosi sequenziare l’intero genoma. Lo studio, pubblicato sulla rivista  PLoS Genetics, ha permesso di capire a quali malattie ereditarie ciascun membro della famiglia è predisposto.

Due membri della famiglia hanno partecipato attivamente alla ricerca. Il papà, John West, è a capo della compagnia di sequenziamento del dna  Solexa e sua figlia Anne ha lavorato nel laboratorio di Stanford insieme a Euan Ashley, primo autore dello studio, per sequenziare e interpretare il dna di famiglia.

Grazie a questa dettagliata mappa del dna di casa West, gli scienziati sono stati in grado di controllare meglio gli errori di sequenziamento e quindi prevedere con precisione come le singole varianti genetiche influenzano il rischio di ogni componente della famiglia di sviluppare una determinata malattia.

I genomi umani sono portatori di due copie di ogni gene, ciascuna di esse ereditata da entrambi i genitori. Analizzando il genoma di un’intera famiglia, i ricercatori hanno potuto determinare esattamente quale genitore aveva trasmesso una copia di un dato gene alla loro discendenza, permettendo quindi un calcolo migliore della gravità dei rischi per la salute di fronte a insiemi di diverse varianti genetiche.

Il progetto è servito anche a migliorare gli strumenti di calcolo che forniscono l’interpretazione medica dei genomi: dalla comprensione della suscettibilità a una malattia alla risposta a determinati farmaci. Non è la prima volta che gli scienziati analizzano il genoma di una famiglia, ma è la prima volta che si tenta di interpretare quali sono le componenti genetiche ereditare che comportano rischi per la salute.

Dall’analisi infatti è emerso che sia il papà John, sia sua figlia, hanno lo stesso rischio genetico alla trombosi. Il padre ha già avuto due embolie polmonari e da quello che gli scienziati hanno letto nel genoma sembra che anche figlia abbia scritto nel dna lo stesso destino.

“Avere in anticipo queste informazioni promette una nuova era della medicina personalizzata in cui le persone saranno in grado di prendere decisioni informate sul trattamento medico sulla base dei rischi genetici individuali”, ha detto Rochelle Long, direttore del  National Institutes of Health Pharmacogenomics Research Network. Se poi le informazioni genetiche si collegano a quelle di tutta la famiglia, la previsione del rischio diventa più accurata e precisa.

“Il sequenziamento del genoma delle famiglie porta a migliori dati genetici e sarà una parte importante nell’analisi dei genomi in medicina”, ha confermato Frederick Dewey, cardiologo e ricercatore dello studio.In futuro non è escluso infatti che la lettura del dna familiare diventi una routine medica.“ Con la diminuzione continua del costo del sequenziamento del genoma, è molto probabile”, ha concluso Ashley. Ma torna un vecchio problema: quanti preferiscono conoscere le proprie predisposizioni genetiche?

Fonte: daily.wired.it - Licenza Creative Commons

 

A volte gli orrori della storia sono destinati a ripetersi. Era il 1946: il mondo occidentale condannava in modo unanime i feroci crimini compiuti dai medici nazisti sui prigionieri nei campi di concentramento. Tuttavia, nello stesso anno, il Public Health Service (Phs) americano dava inizio a un esperimento illegale nel cuore del Guatemala. Nell'arco di due anni, 1.308 persone furono infettate con i patogeni che causano sifilide, gonorrea e ulcera venerea. Lo scopo era testare la penicillina. Lo svela un inquietante rapporto pubblicato lo scorso 13 settembre dalla Commissione Usa per la Bioetica, che fa luce su una delle pagine più buie della storia statunitense.

Secondo quanto testimoniato nei fascicoli originali del Phs, i medici americani tennero all'oscuro le cavie umane circa la pericolosità delle malattie che dovevano essere studiate. Tra le vittime di questo folle esperimento vi erano soldati, prigionieri e malati psichiatrici. Si calcola che, in totale, almeno 83 persone abbiano perso la vita a causa delle complicazioni dovute alle infezioni.

Già durante la Seconda Guerra mondiale, gli Stati Uniti avevano svolto un test del genere sul territorio nazionale (prima venivano usati i conigli). Nella prigione di Terre Haute, una cittadina nello stato dell'Indiana, i medici avevano inoculato nei prigionieri il patogeno della gonorrea per studiarne lo sviluppo. In quel caso, però, ai detenuti era stato chiesto di firmare un consenso informato. In Guatemala, invece, nessuno sapeva a cosa stesse andando incontro. La disparità del trattamento riservato ai guatemaltechi lascia del tutto increduli. Il silenzio dell'équipe medica, capeggiata da John Cutler, docente all’Università di Pittsburgh, pesa come un macigno. E ancora più difficili da accettare sono le pratiche utilizzate dagli scienziati. Oltre alle iniezioni, infatti, i medici statunitensi pagavano alcune prostitute affette da gonorrea per avere rapporti sessuali non protetti con i soldati guatemaltechi.

Amy Gutmann, coordinatrice della commissione, ha intitolato il rapporto “Eticamente impossibile”. Con queste esatte parole, infatti, il giornalista scientifico Waldemar Kaempffert descriveva la sola idea di voler infettare in modo deliberato degli esseri umani a fini di studiare la sifilide. Il suo breve articolo, tragicamente profetico, apparve nel 1947 sulle pagine del New York Times. A quel tempo, nessuno, Kaempffert incluso, era a conoscenza di cosa stesse accadendo in Guatemala.

La verità è venuta a galla solo nel 2003, quando Susan Reverby, docente a Pittsburgh, entrò in possesso dei documenti lasciati in eredità da Cutler dopo la sua morte. I fascicoli includevano appunti e cartelle mediche, gran parte dei quali erano rimasti segreti per più di 50 anni. Reverby ispezionò il materiale con molta cura, e nel 2010 decise che fosse arrivato il momento di avvertire le autorità.

La notizia arrivò fino alla Casa Bianca e, il 24 novembre dello stesso anno, il presidente Obama incaricò il team guidato da Gutmann di indagare sull'accaduto. Così, dopo aver raccolto nuove prove (più di 125mila pagine di documenti sparsi in decine di archivi), la commissione ha portato alla luce la verità.

Secondo Gutmann, il caso del folle esperimento condotto in Guatemala - per cui Obama si è scusato ufficialmente a nome degli Stati Uniti - può ancora insegnarci una lezione molto importante: “ Gli scienziati di Cutler guardavano alle comuni prassi mediche come se fossero stati fastidiosi ostacoli da aggirare. Dobbiamo assicurarci che i giovani ricercatori di oggi non commettano il medesimo errore. I principi etici con cui trattiamo i pazienti non sono delle inutili scocciature. Essi rappresentano, piuttosto, i pilastri che sostengono la nostra società”.

Fonte: wired.it

 
By Admin (from 30/11/2011 @ 14:05:36, in it - Scienze e Societa, read 1929 times)

La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno visto che la testata aveva appena celebrato il suo 25° anniversario con un numero speciale.

I ricercatori biomedici hanno così perso una fonte di informazioni autorevole e i giornalisti scientifici  l'ennesima pubblicazione su cui si poteva scrivere.

The Scientist è stato lanciato come un bi-settimanale nel 1986 da Eugene Garfield, fondatore dell'Institute for Scientific Information (ISI, ora Thomson Reuters). Dalla prima sede a Washington, DC, ben presto si trasferisce a Philadelphia, dove si trovava ISI, e più tardi fu trasformato in una rivista mensile stampa accompagnato dal quotidiano di notizie online.

Ma Vitek Tracz, l'imprenditore pubblicazioni scientifiche che hanno acquistato la pubblicazione e che rimane il suo amministratore delegato, ha confermato che con "grande tristezza, ... abbiamo dovuto chiudere The Scientist".

In una e-mail, Tracz scrive che l'unica ragione della chiusura è economica,  non c'è altra ragione. I nostro personale è meraviglioso e di talento, ha un pubblico che la  ama, ed è riuscita a mantenere alta editoriale e standard di produzione per molti anni.

Ma il mondo, spiega l'imprenditore promotore del movimento open-access, si sta allontanando dalle riviste tradizionali, e la nostra dipendenza dalla pubblicità ci ha portato a questo punto.

Negli ultimi anni, Tracz ha concentrato gran parte della sua attenzione sulla Faculty of 1000 post pubblication Peer Review, un tentativo alternativo di applicare la peer review in letteratura scientifica con ricercatori selezionati in una miriade di discipline.
Proprio questa settimana, infatti, il sito ha lanciato la F1000 Factor Journal, un nuovo tentativo di classificare riviste scientifiche, che offre una una alternativa alla  metrica tradizionale e controversa  conosciuta  come impact factor.

Fonte: gravita-zero.org

 

53.457.258 minuti. Questo è il tempo dedicato gli utenti su Facebook nel solo mese di Maggio. Uno dei tanti primati dell'universo dei social network fotografati da Nielsen attraverso il rapporto State of the Media: The Social Media Report.

Proprio in concomitanza con la Social Media Week, in corso anche a Milano,  gli analisti della multinazionale olandese hanno registrato l’ennesimo primato di Facebook. Il sito di Mark Zuckerberg, ha raggiunto, negli Stati Uniti, picchi di oltre 140 milioni di visitatori unici. Al secondo posto si trova la blogosfera, con più di 50 milioni, mentre la medaglia di bronzo se la aggiudica Twitter, grazie ai suoi 23 milioni di cinguettatori unici giornalieri. Ai piedi del podio (e intorno ai 20 milioni di contatti) si piazzano invece WordPress, MySpace e LinkedIn, mentre tra gli emergenti troviamo Tumblr, che è stato in grado di triplicare il proprio pubblico in un solo anno. Dati insomma che rivelano, ancora una volta, come per la maggior parte degli internauti le parole social network e Internet stiano diventando sempre più veri e propri sinonimi. Su un campione di 10 mercati globali, gli spazi social sono infatti la destinazione preferita, e rappresentano la maggior parte del tempo speso online arrivando a raggiungere il 60% di tutti gli utenti attivi. Indicatori così importanti da diventare anche casse di risonanza per fenomeni ancora più ampi, dalla Primavera Araba, all’ elezione del Partito dei Pirati in Germania.

E in Italia? Sempre secondo Nielsen, gli italiani trascorrono circa un terzo del loro tempo online (il 31% per la precisione) attaccati ai social network. Una crescita amplificata anche dall’uso sempre più frequente di connessioni internet mobile. Il trend piace anche agli economisti, visto che il 70% degli adulti attivi sui social ama fare acquisti online (il 12% in più dell’utente adulto Internet medio). Il lato consumatore tuttavia non è l’unico indicatore col segno più. Anche sul fronte dell’impiego Facebook è in rialzo, avendo contribuito a creare circa 182 mila posti di lavoro e un indotto di oltre 12 miliardi di dollari nell’economia degli Stati Uniti nel giro degli ultimi 12 mesi. Come? Soprattutto attraverso il download di oltre 20 milioni di applicazioni al giorno effettuato dai 750 milioni di persone che Zuckerberg conta sparse per il mondo. Una nazione, anche dal punto di vista del Pil, di tutto rispetto.

Fonte: wired.it

 

3 ottobre 2011: qualcuno passa per il 1519 Connecticut Avenue, a Washington D.C., scatta una foto con lo smartphone e la invia online direttamente alla stampante wireless di un amico che si trova ad Anacostia, a una dozzina di chilometri di distanza. La macchina si attiva ed ecco l’immagine in Hd. Tempo totale: una manciata di secondi.

Ora torniamo indietro, esattamente a 89 anni fa. 3 ottobre 1922: qualcuno è seduto davanti al proprio telefono, al 1519 Connecticut Avenue di Washington D.C; sceglie una delle bellissime fotografie (in bianco e nero, ovviamente) che ha davanti a sé, e la manda via fax alla Navy Radio Station, (Nof) di Anacostia. Lì, gli ufficiali della Marina statunitense ricevono e ritrasmettono via radio i segnali. Questi vengono captati al 5502 Sixteenth Street N.W. (sempre a Washington), e vengono registrati su una lastra fotografica. Tempo totale: un po’ di più di una manciata di secondi. Ma che importa, da quel momento le immagini potevano viaggiare nell’etere: stavano per arrivare i radiofax (cliccare qui per sentirne il tipico suono).

Charles Francis Jenkins La master copy nello scanner Il radio facsimile riceve

Il qualcuno del 2011 potrebbe essere ognuno di noi, quello del 1922, invece, non poteva che essere Charles Francis Jenkins, tra i pionieri della trasmissione radio di immagini nonché della televisione (fondò la prima stazione americana, la W3XK). Quella di cui abbiamo parlato è in effetti una delle prime (sebbene non la prima) trasmissioni wireless di un’immagine. E, in ogni caso, la prima dimostrazione ufficiale negli Stati Uniti.

Non si trovano molti documenti che testimonino questo evento in giro per la Rete, ma uno basta e avanza: il libro Vision By Radio, radio Photographs, Radio Photograms, scritto dalla mano dello stesso Jenkins, nel 1925. Il testo si apre in un modo che ricorda i comunicati stampa di una qualche azienda hi-tech di oggi: “ Il rapido sviluppo di macchine per la trasmissione delle fotografie via filo e via radio è adesso molto atteso, perché il pubblico è pronto”. 

“L’autore - prosegue il libro, in cui si parla in terza persona - si aspetta di vedere molto presto i radioamatori utilizzare flash di luce e penne elettroniche al posto delle cuffie”. Jenkins era infatti convinto che l’applicazione di numerose idee per il controllo della luce a distanza fosse imminente nell’elettronica, motivo per cui scriveva quel testo: per aiutare gli ingegneri a sviluppare in fretta i migliori congegni.

Così è stato, e anche il radiofax (o Hf Fax, o radio facsimile, o weatherfax) conobbe il suo momento di gloria. A sfruttarlo, però, è stata soprattutto la Marina militare e gli istituti meteorologici: le frequenze radio sono infatti state usate soprattutto per inviare e ricevere le carte del tempo e delle previsioni. La prima trasmissione di una carta meteorologica è del 1926, inviata da Jenkins agli ufficiali Navy.

Fonte: daily.wired.it

 

È quanto emerge dallo studio condotto dai ricercatori guidati da James C. Engert della McGill University, in Canada, su oltre 27 mila persone di diversa nazionalità. I risultati della ricerca, pubblicati su Plos Medicine, confermano ciò che i biologi sanno da tempo: che siamo il prodotto dell’interazione tra i geni e l’ambiente in cui viviamo. 

Detail-dieta cuore

Il rischio di sviluppare malattie dell’apparato cardiocircolatorio può aumentare a causa di variazioni genetiche a carico di specifiche regioni del Dna. Tra queste, le più rilevanti sono rappresentate da un gruppo di cosiddetti polimorfismi a singolo nucleotide (Snps, cioè differenze negli elementi che costituiscono il Dna) localizzati in una regione cromosomica chiamata 9p21. Ma non è ancora chiaro se e in che misura fattori ambientali come la dieta possano influire sul profilo genetico. Inoltre la maggior parte degli studi condotti finora ha riguardato campioni di popolazione omogenei, appartenenti per lo più al ceppo europeo.

L’equipe di Engert ha analizzato invece il Dna di oltre otto mila soggetti (Europei, Asiatici, Cinesi, Latinoamericani, Arabi) coinvolti nel progetto Interheart, uno studio che investiga sui rischi di infarto del miocardio. Ha così individuato quattro Snps particolarmente critici. Nelle persone che  possiedono queste varianti, infatti, la probabilità di un attacco di cuore aumenta di un quinto. Ma l’effetto negativo di questi polimorfismi può essere mitigato da una buona alimentazione (soprattutto per il Snp chiamato rs2383206). A parità di dieta poco equilibrata, infatti, i pazienti portatori della variante rs2383206 hanno il doppio delle possibilità di essere colpiti da infarto rispetto alle persone senza predisposizione genetica. Tuttavia, se la dieta è ricca di frutta e verdura, il rischio di un attacco di cuore diventa uguale in tutti i soggetti, a prescindere dal profilo genetico.

Gli stessi risultati sono emersi dall’analisi genetico-ambientale di oltre 19 mila finlandesi coinvolti in un progetto analogo all’Interheart. Anche se bisognerà replicare i risultati su un campione più ampio, lo studio dimostra comunque che, anche nelle malattie, l’azione dei geni non è mai isolata, ma risente dell’influenza dell’ambiente circostante.

Riferimenti: PLoS Med doi:10.1371/journal.pmed.1001106

 
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