Se ne sta appollaiato a 1209 metri di quota, immerso nella Selva Romanesca, a vegliare sul confine tra la Toscana e l’Emilia: è Piandelagotti, mite borgo appenninico in provincia di Modena, conosciuto sin dal Medioevo per la leggendaria “Fonte del Silvano” e oggi meta estiva e invernale di innumerevoli visitatori. Il paese è frazione di Frassinoro, in modenese “Frasnor”, comune di circa 2mila abitanti appartenente all’Unione di Comuni Montani Valli Dolo, Dragone e Secchia, con capoluogo a Montefiorino. Benché i panorami montani, qui, non siano imponenti e giganteschi come quelli delle Alpi, gli scenari dell’Appennino modenese reggono bene il confronto: ogni stagione ha in serbo un’orchestra commovente di colori, luci e profumi, dalle tinte delicate della primavera alle pennellate accese dell’autunno, fino allo splendore dell’estate e il fascino glaciale dell’inverno.
In effetti il clima e le stagioni abbelliscono Piandelagotti ogni volta con un abito diverso, che consente ai visitatori di apprezzare ora le passeggiate rilassanti, ora gli sport invernali sulle distese innevate delle vette più alte, ma anche qualche piccola meraviglia storico-culturale. Qui le condizioni climatiche sono sempre abbastanza piacevoli: le temperature medie di gennaio, il mese più freddo, vanno da una minima di -3°C a una massima di 1°C, mentre in luglio, il mese più caldo, si passa dai 13°C ai 22°C. Questi valori miti, uniti alla scarsità delle precipitazioni, invitano in ogni momento dell’anno ad apprezzare la vita all’aria aperta.
In effetti le attività che si possono praticare durante una vacanza a Piandelagotti sono molteplici: il trekking, le pedalate in mountain bike, le gite a cavallo o semplicemente le camminate lungo i sentieri spettacolari del vicino Parco del Frignano, sono i passatempi preferiti per chi conosce questi luoghi magici. E’ emozionante e salutare allo stesso tempo ripercorrere le orme degli antichi etruschi, dei romani o dei pellegrini medievali che transitavano in questi boschi dirigendosi verso Roma. Di recente ideazione è anche una splendida area destinata all’orienteering, una disciplina nordica di grande fascino sempre più diffusa nelle zone montuose e boschive d’Italia.
Chi ama gli sport invernali troverà il Centro Fondo Boscoreale, che in estate ospita un bel maneggio a pochi chilometri dal cuore del paese, ma con il freddo si trasforma in uno scenario innevato tutto da esplorare. In un totale di 50 km di piste si può praticare lo sci di fondo, ma c’è anche la possibilità di scivolare con le slitte trainate dai cani, o di sperimentare la bellissima pista illuminata di notte, per ammirare la neve illuminata dalle stelle. Lo sci di fondo è un’attività che si intona all’indole del luogo: si tratta di una disciplina dura ma affascinante, a basso impatto ambientale e rispettosa della fauna e della flora appenniniche, che permette di conoscere paesaggi splendidi. Un reticolo di sentieri, che si allungano dalla Toscana all’Appennino Reggiano, vi condurrà in un percorso emozionante. Il comprensorio sciistico Frassinoro-Piandelagotti, soprannominato “Il Paradiso del Fondo”, ha ospitato a partire dal 2004 i Campionati Italiani Assoluti e Cittadini di Sci di Fondo, con un programma ricchissimo di eventi e manifestazioni collaterali.
Ma non si deve fare l’errore di sottovalutare il piccolo borgo di Piandelagotti, considerando soltanto la parte legata allo sci e alle escursioni: la cittadina ha un’anima vitale e appassionata, che si esprime attraverso tanti eventi culturali e popolari, feste e tradizioni che sfidano i secoli. Nei mesi di giugno e settembre il paese mostra la sua vena artistica trasformandosi in laboratorio musicale d’eccezione: in questi periodi, infatti, un autorevole Corso Internazionale di Violino fornisce a numerosi giovani violinisti di tutto il mondo di raffinare la loro tecnica, e di esibirsi sotto la guida di maestri professionisti.
Non mancano poi gli appuntamenti avventurosi, come la Ciaspolata notturna di San Valentino, con partenza la sera del 13 febbraio, oppure le occasioni tradizionali come la celebre Via Crucis Vivente, che si tiene da molti anni nel periodo pasquale. Ogni festività è addolcita e insaporita dalle specialità culinarie della zona, che accostano ricette emiliane e toscane dando vita a un connubio irresistibile.
Per raggiungere Piandelgotti ci sono diverse possibilità. Chi viaggia in auto e viene da Bologna può prendere l’Autostrada del Sole A1/A22 e uscire a Modena Nord, inserendosi sulla tangenziale verso Sassuolo e seguendo le indicazioni per Passo delle Radici sulla SS 486. Chi viene da Milano deve percorrere l’Autostrada del Sole A1 e uscire a Reggio Emilia, procedere in direzione Scandiano/Sassuolo e seguire le indicazioni per Passo delle Radici. Chi preferisce il treno può scendere alla stazione di Sassuolo, mentre gli aeroporti più vicini sono quelli di Bologna, Firenze e Pisa, rispettivamente a 106 km, 118 km e 119 km.
Tra lago e collina, di borgo in isola, tradizione, folklore e gastronomia danno il meglio di sé. In riva all'acqua, all'ombra degli ulivi o tra i filari tra Franciacorta e Sebino ovunque è un invito ad assaporare il passato. Ecco il calendario degli eventi.
Franciacorta uguale vigneti e vino. Questa è la stagione in cui accompagnare il vino ai tradizionali piatti robusti e semplici di quella parte di Lombardia che si distende tra le colline di Franciacorta e le sponde del lago d'Iseo, passando per la riserva naturale delle torbiere.
Sale Marasino è il paese delle zucche. Qui, dove da anni giungono coltivatori da tutta Italia per la sfida all’esemplare più grosso (nel 2009 ha vinto una di ben 440 chili), l’11 e 12 settembre si apre la settima edizione di Sale in zucca, festival della tradizione locale e omaggio al cucurbitaceo. Una scenografia a tema vestirà a festa il lungolago e le vie del borgo, cornice per bancarelle di artigianato e prodotti tipici, allestimenti artistici esibizioni in costumi antichi, spettacoli, mostre di attrezzi agricoli d’epoca.
La settimana successiva, dal 14 al 19 settembre si terrà la Festa di Santa Croce che ogni cinque anni veste di un tripudio di fiori di carta, magistralmente e pazientemente realizzati a mano dalle donne del posto, le frazioni Carzano e Novale di Montisola (la più grande isola lacustre abitata d’Europa). La festa si perpetua dal 1836 come ex-voto alla Santissima Croce per scampare al colera. Il clou è il 14 settembre, con la processione. Fino alla domenica, sono in programma concerti, spettacoli, dimostrazioni di confezionamento dei fiori, gare con imbarcazioni tipiche e fuochi d’artificio.
Funghi, castagne e formaggi
Pisogne, il 27 e 28 settembre ospita la tradizionale Festa del fungo e della castagna, giunta alla sessantesima edizione. Bancarelle per l’acquisto e stand gastronomici fanno da cornice al concorso per il fungo più grande e per il cestino di castagne più bello, oltre che a un grande braciere per caldarroste sempre acceso. I ristoranti convenzionati propongono menu a base di funghi.
Sempre il 27 si inaugura a Sulzano la Sagra del cinghiale: una settimana (fino al 4 ottobre) di degustazioni con menu a tema e a prezzo fisso in tutti i ristoranti del paese. Nel weekend fanno da contorno intrattenimenti, spettacoli, concerti, mercatini ed escursioni guidate tra i tesori del borgo e del suo territorio.
Fiamme anche sotto le caldere in occasione di Franciacorta in bianco, rassegna dedicata alla migliore produzione lattiero casearia locale e nazionale, in calendario dall’8 al 10 ottobre a Castegnato. Protagonisti sono soprattutto i prodotti della montagna bresciana con stand di assaggio e vendita, dimostrazioni di caseificazione e degustazioni guidate.
Le montagne sullo sfondo, zuccherate di neve, e i boschi di abete e castagno, fanno pensare a un paesaggio incantato, degno di un libro di fiabe. Se si aggiunge che gli abitanti sono appena 270, il gioco è fatto: potremmo credere di essere in un paese di fate. Invece siamo a Bognanco, piccolo borgo di montagna in provincia di Verbano-Cusio-Domodossola, nel cuore del Piemonte.
Attraversato dal torrente Bagna, da cui prende il nome, il paese è noto soprattutto per le sue fonti termali, a cui è legata un’affascinante leggenda. Secondo la tradizione, infatti, sarebbe stata una fanciulla del posto ad assaggiare per prima l’acqua miracolosa, abbeverandosi alla sorgente e notando una freschezza insolita, che gliela fece scambiare per acquavite. Neppure il proprietario del fondo, sentendo il racconto delle ragazza, diede peso alla cosa, ma quando il cappellano locale seppe l’accaduto capì subito che doveva trattarsi di un’acqua speciale, ricca di sali ferruginosi.
Oggi le terme di Bognanco ospitano i visitatori in un centro moderno e ben attrezzato, con un’equipe di medici professionisti, impegnati a creare programmi personalizzati a seconda delle esigenze di ciascun cliente. Le fonti di cui Bognanco beneficia sono tre: la prima, la fonte Ausonia, dà un’acqua minerale leggermente frizzante, digestiva, ricca di bicarbonato e anidride carbonica, con proprietà farmacologiche e terapeutiche. La Fonte San Lorenzo regala un’acqua minerale bicarbonato-alcalino-terrosa, con proprietà purgative e diuretiche, gradevole al gusto, fresca e frizzante. Infine la Fonte Gaudenziana, ideale per la cura delle affezioni renali e delle vie urinarie. Una somministrazione prolungata può avere effetti preventivi sulla calcolosi renale.
Ma Bognanco non è solo terme: la cittadina e il paesaggio montano tutt’intorno rappresentano un vero e proprio museo all’aperto, dove si percorrono le tracce della storia e della tradizione. La natura è costellata di caseifici, antichi pozzi e cappelle votive nascoste tra la vegetazione.
Tutt’intorno al borgo si possono fare lunghe passeggiate tra i faggi, i castagni, gli abeti e le querce, ed è possibile raggiungere a piedi l’area sovrastante il complesso termale: qui ci si imbatte nel paesino di San Lorenzo, in posizione panoramica mozzafiato, e subito dopo si arriva a Graniga, a La Gomba, fino all’Alpe di San Bernardo a 1628 metri di quota, ottima base per partire alla volta di favolosi percorsi alpini.
In più Bognanco Terme è attraversata dalla Stockalperweg, la mulattiera creata nel 1630 per volere del barone Stockalper, con l’intento di collegare la Svizzera all’Italia e incrementare i commerci tra i due paesi. Ancora oggi il percorso escursionistico fende paesaggi spettacolari, e può essere percorso a piedi da chi ama la natura incontaminata e gli scorci emozionanti. Passeggiando si possono ammirare innumerevoli specie animali e floreali, e nell’aprile del 2008 è stato avvistato, in questa vallata, un rarissimo esemplare di capriolo bianco.
A conciliare le escursioni e la vita all’aria aperta c’è il clima mite di cui gode Bognanco, caratterizzato da temperature dolci e tante ore di sole. Le temperature medie, infatti, vanno da una minima di 5°C a una massima di 11°C in gennaio, il mese più freddo, e dai 21°C ai 27°C in luglio, il mese più caldo. Le precipitazioni, scarse in estate, si concentrano in primavera e autunno, quando piove in media per 8 giorni al mese.
Dopo tanto passeggiare può venire voglia di concedersi qualche peccato di gola. L’occasione migliore sono le manifestazioni che si svolgono a Bognanco per tutto l’arco dell’anno, sempre caratterizzate da ottime specialità culinarie. Tra gli eventi più attesi c’è la Sagra del Nostrano, che si svolge in luglio e ha l’intento di far conoscere ai visitatori tutti i prodotti tipici del luogo, in particolare i deliziosi formaggi; ad essa si aggiunge la Sagra del Mirtillo, che si tiene nel parco delle terme ed è interamente dedicata al mirtillo: frappé, crepes, polenta, torte e marmellate sono a base del piccolo frutto, e possono essere gustate sulle note della banda musicale del paese. Infine, la prima settimana di luglio, c’è la tradizionale “tortiera”, una gara tra gli operatori turistici della zona che competono per preparare la torta più originale e gustosa.
Chi si è lasciato tentare dalle delizie di Bognanco Terme, e non vede l’ora di rilassarsi in questo piccolo paradiso del benessere, non deve fare altro che pianificare il viaggio. Se ci si muove in macchina e si viene da Milano bisogna prendere l’Autostrada dei Laghi A8 in direzione Varese-Como, seguendo poi la A26 in direzione Gravellona Toce. A questo punto si imbocca la superstrada e si esce a Domodossola, seguendo le indicazioni per Bognanco.
Chi viene da Torino deve invece prendere la A4 in direzione Milano, imboccare il raccordo con l’A 26 in direzione Gravellona Toce e, ancora una volta, prendere la superstrada e uscire a Domodossola. Chi preferisce il treno può scendere alla stazione di Domodossola, sulle linee Milano-Domodossola e Novara-Domodossola, a 8 km da Bognanco. L’aeroporto più vicino è invece quello di Milano Malpensa, a circa 100 km.
Su un soleggiato crinale allo sbocco della Val Udai, circondato da verdi boschi e ampi prati inondati di fiori, lungo la strada che segue il corso del Torrente Avisio, sorge il grazioso paesino di Mazzin, coronato dalle frazioni di Fontanazzo e Campestrin.
Mazzin è annoverato nei libri di archeologia per gli scavi avviati alla fine degli anni ’60, che portarono alla luce importanti testimonianze della vita dei Reti, l’antico popolo vissuto in Val di Fassa nel V secolo a.C. e precursore della lingua ladina. Sul Doss dei Pigui, sulla riva sinistra del Torrente Avisio, di fronte all’abitato di Mazzin, furono ritrovati resti di un’antica fortezza (castelliere), suppellettili in bronzo, strumenti di difesa e monili, oggi custoditi con cura al Museo Ladin de Fascia a Vigo di Fassa.
Mazzin ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo turistico, ma conserva ancora oggi numerose tracce della passata cultura contadina e artigiana, come testimonia "Cèsa Battel", l’unico esempio di maniero rustico-signorile dell’intera valle, con una torre cuspidata, affreschi e decorazioni di notevole valore artistico. Questo piccolo Comune della Val di Fassa è noto anche come il paese dei "pitores", gli artigiani decoratori che emigravano stagionalmente in cerca di fortuna. Le cartoline postali, a volte dipinte a mano, inviate da paesi d’oltralpe, testimoniavano le mete da loro raggiunte, i contatti e le loro esperienze.
Mazzin con la sua posizione centrale rispetto alla valle e la capillare rete di skibus è una meta ambita dagli amanti della neve, che in pochi minuti, possono raggiungere le vicine aree sciistiche, e provare ogni giorno l’ebbrezza di sciare su piste diverse. Mazzin è anche la località ideale per gli appassionati dello sci di fondo che possono cimentarsi sul percorso della Marcialonga, arrivare fino a Canazei e ridiscendere verso Moena, oppure divertirsi sui facili tracciati che si snodano tra Fontanazzo e Campestrin, illuminati anche alla sera.
In estate Mazzin è scelto come punto di partenza per emozionanti escursioni sui tanti sentieri che dal paese, attraverso le piccole valli, conducono in quota, verso le svettanti cime dolomitiche. Sono molti gli escursionisti che rimangono stregati dall’incantevole Lago d’Antermoia, il laghetto alpino deliziosamente appartato nella zona settentrionale del Catinaccio, un luogo mitico, dalle acque cristalline, fra pietraie isolate e abitato da una bellissima ninfa.
Sulla strada di Prabi (località a nord dell'abitato di Arco), che era l'antico collegamento per chi da Arco dirigeva verso nord, e quindi verso Trento, si trova l'Eremo di San Paolo, magnifico esempio di arte sacra con incantevoli affreschi sia all'interno che all'esterno. E' uno dei monumenti più antichi: la consacrazione dell'altare è documentata il 9 aprile 1186, la fondazione dell'eremo è voluta direttamente dai conti d'Arco, che si riservano il diritto di nominare gli eremiti.
La costruzione è molto semplice, realizzata in una nicchia sotto una roccia strapiombante che funge anche da parte e in parte da volta della chiesa, costituita di un'unica aula, e della stanza attigua, un tempo riservata agli eremiti; l'edificio è completato da un piccolo terrazzino a nord e da una scala in pietra, in parte scavata direttamente nella roccia, che dalla stanza degli eremiti porta ad un vano sottostante.
All'interno solo l'aula della chiesa è affrescata. L'eremo ha una storia travagliata, un po' come tutte le chiese minori e fuori dell'abitato; si hanno vicende di devozione ed abbandono, specie in relazione agli eremiti che vi dimorano. A metà strada fra storia e leggenda, si narra che nel 1333 dimorasse all'eremo una certa soror Gisla, che fu interrogata nel processo contro l'eretico Dolcino. Nel 1627, quale contromisura per arginare l'epidemia di peste scoppiata in Baviera e dilagante in Europa, l'eremo viene destinato a luogo di quarantena.
Nel '700 si hanno periodi di abbandono seguiti da recuperi delle festività (in particolare l'obbligo di celebrare le messe in coincidenza con la ricorrenza di San Paolo), fino al 1844, quando la chiesa ed il bosco circostante vengono acquistati da Gregorio de Althamer, ricco esponente della borghesia arcense e proprietario di una splendida villa a Prabi (ora sede di un istituto scolastico): egli ne finanzia le messe e riporta lo stabile a migliori condizioni.
L'uso si prolunga fino al 1950, dopo di che l'eremo cade in uno stato di abbandono pressoché totale fino all'acquisto da parte del Comune di Arco, attuale proprietario, e all'intervento di radicale restauro a cura della Provincia Autonoma di Trento, che ha portato alla luce i bellissimi affreschi dedicati all'Ultima cena e alle Storie della vita di San Paolo (all'interno) e alle Figure con gli scudi (che ricordano il castello di Sabbionara), che si trovavano sotto un affresco realizzato in tempo successivo con una Madonna con Bambino, S. Cristoforo e S.Paolo, ora traslato più a nord sulla parete rispetto alla posizione originale, per consentire la visione di entrambi.
Anche nell'eremo di San Paolo, come ovunque nelle chiese minori, sono presenti numerose iscrizioni di vario interesse: le più antiche nell'eremo risalgono al Quattrocento, fra cui l'annotazione del 1460 del passaggio di Baldessare conte di Thun, marito di Filippa d'Arco (sorella di Francesco, il nonno di Nicolò d'Arco). Testimoninaze dell'Eremo si trovano poi negli scritti di Rainer Maria Rilke, che in una lettera a Mathilde N. Goudstikker descrive l'eremo e la vista sulla valle in fiore.
Informazioni: L'esterno dell'Eremo è sempre accessibile; l'interno è di norma chiuso. L'eremo viene aperto in occasione di visite guidate (solitamente in primavera ed autunno); può essere aperto su richiesta per scolaresche e comitive, ma le visite sono consentite solo accompagnate da sorveglianza. per informazioni: Ufficio Attività Culturali del Comune di Arco: 0464/583608
Il gruppo Tessa è situato tra i confini dell’Italia e dell’Austria, tra il Burgraviato e Val Passiria e Val Senales.L’Alta Via (numero 24) è uno dei sentieri escursionistici più suggestivi dell'intero arco alpino: una lunghezza di 100 km, l’altezza di circa 1400 m e differenze d’altezza di ca. 100 m.
L’Alta Via di Merano è divisa da una parte sud e nord. Nella parte nord Lei può raggiungere il punto più alto che si chiama Passo Gelato (superbi 2.839 m). Ma anche nella parte sud Lei può raggiungere un’altezza di 1.839 m al Rifugio del Valico.
I punti più esposti sono attrezzati con catene, funi o parapetti di sicurezza. Gradini naturali, artificiali o scalette facilitano inoltre ascesa e discesa.
Per tutto il giro s’impiega tra 3 e 8 giorni. Ma senza paura! Regolarmente ci sono dei rifugi alpini e per rifocillarsi e per pernottare oppure per ripararsi dalle intemperie (Si prega di osservare gli orari d’apertura!).
Lagundo è situato nella parte sud: la parte del sole
La parte sud ha delle viste splendide: la Val Venosta di sotto, il burgraviato e il val di Passiria. Generalmente si può dire, che la parte sud si possono fare escursioni tutto l’anno; soprattutto tra il maggio e il novembre.
Spettacoli di natura all’Alta Via di Merano e il parco naturale Tessa
Noi abbiamo tante bellezze naturali, che si possono godere. Le cime impressionanti come il „Tschigat“ (a 2.998 m), la „Mutspitze“ (a 2.294 m) e la “Matatzspitze” (a 2.179 m). Altre bellezze sono la cascata di Parcines, che è probabilmente con l’altezza di caduta di 97 m la cascata più alta d’Alto Adige, e i laghi di Sopranes, 10 laghi alpini situati all’altezza tra 2.117 m e 2.589m.
Durante la camminata Lei vedrà masi costruiti secoli fa, che hanno coniato il paesaggio alpino; offrono uno sguardo sulla realtà contadina dell'Alto Adige e sul duro lavoro delle sue genti che in secoli di impegno hanno creato (e conservano ancora) questo paesaggio montano e agricolo.
A Lagundo Lei può vedere la Parrocchia di S. Giuseppe, oppure la vecchia Chiesa Parrocchiale dei SS. Ippolito ed Erardo. Per più informazioni Si prega di ciccare qui.
L’Alta Via nord: la parte alta
Questa parte La porta dalla Val di Fosse alla Val di Plan. Il Passo Gelato a 2.895 m divida queste due valli, ma deve essere attraversato. A causa dall’altitudine si possono fare escursioni solo tra giugno e settembre.
Accesso all’Alta Via da Lagundo
L’Alta Via di Merano offre tanti accessi. Lagundo Vi offre uno molto speciale: prendendo la seggiovia a Velloi (a 906 m) e dopo la cabinovia, una seggiovia nostalgica fino al rifugio Leiter (a 1.450 m; telefono 0473 44 86 60) dove inizia l’Alta
Via di Merano.
In caso Lei volesse fare una escursione sportiva: Lei può andare a piedi sul sentiero n° 25 ossia n° 25A che parte da Lagundo passa per Velloi fino alla malga Leiter.
Per i camminatori esperti c’è la possibilità del sentiero “Felsenweg” n°22. Questo sentiero è sotto dell’Alta via di Merano, parte da Velloi e va fino al rifugio Hochmuter(a 1.361 m). Ma attenzione: questo sentiero è solo per persone che non hanno le vertigini!
Situato in bassa Valsesia, la sua sagoma inconfondibile è riconoscibile a distanza. Un'enorme tartaruga che domina la valle dall'alto dei suoi 899 metri.
Dipende dalla giornata. Se è bella e luminosa, sin dalla pianura delle risaie che fiancheggiano la Statale 299 - quella che da Novara conduce all'alta Valsesia - è possibile scorgere la sagoma inconfondibile del monte Fenera, una specie di enorme tartaruga che domina la valle dall'alto dei suoi 899 metri. E' una montagna per certi versi unica, quella che dà il nome al Parco Naturale. La superficie dell'area protetta (3.378 ettari, poco più di 33 chilometri quadrati) include boschi cedui e perenni, una flora dalle spiccate peculiarità, grotte di grande interesse speleologico e archeologico, una ricca fauna e segni del passaggio e della storia dell'uomo risalenti ai periodi più remoti. Gran parte del Fenera è di struttura carsica. Ciò ha dato origine alla formazione di numerose cavità, specie nella zona mediana della parete ovest del monte, nelle quali sono stati rinvenuti, oltre a spettacolari formazioni stalattitiche e stalagmitiche, resti di animali del Pleistocene associati a culture di diversi gruppi umani che si sono succeduti nel tempo almeno da 70 mila anni addietro, se non prima ancora.
Le grotte del Fenera sono dette "a orso" per la gran quantità di rinvenimenti ossei dell'Ursus spelaeus (orso delle caverne); un plantigrado alto fino a quattro metri, dotato di potenti mandibole, estintosi circa 20.000 anni or sono. Numerosi sono anche i reperti, in genere sempre ossa, di altri antichi animali. Il ritrovamento (nel 1989) di due denti dell'uomo di Neanderthal - con tutta probabilità gli unici nell'arco alpino italiano - conferma l'importanza dell'area del Fenera nella più remota antichità, quando era abitata da questo nostro progenitore, vissuto in Europa da 85.000 a 35.000 anni fa.
Gli antichi uomini del Fenera pare attribuissero significati di carattere magico agli imponenti massi sporgenti dalle pendici della montagna, come si rileva dalle analisi delle incisioni rupestri locali, fra le quali vanno ricordate le numerose "coppelle" (semplici buchi nella roccia) o di incisioni più elaborate, quali forme antropo-zoomorfe, poi esorcizzate in epoca paleocristiana con varie croci incise. Montagna ricca di acque, il Fenera; con la zona del Parco si presenta al 93 per cento coperto di boschi, con prevalenza di castagni e una numerosa varietà di piante. Le colline meridionali sono il regno della robinia, mentre negli avvallamenti più umidi e in prossimità dei torrenti troviamo l'ontano e il pioppo nero.
Completano il panorama vegetale arbusti e piante erbacee comuni. Vi sono poi specie più rare, accanto ad altre rarissime e di grande valore ornamentale, quali la lingua cervina, la felce florida e il capelvenere. All'interno del Parco sono oltre 800 le varie specie botaniche catalogate. La regina incontrastata della fauna del Fenera è senza dubbio la cicogna nera, che da qualche anno nidifica in zona. Oltre a molte altre specie di uccelli, bisogna ricordare i rapaci. I mammiferi sono rappresentati da martore, ghiri, caprioli, lepri, cinghiali. Fra i rettili si trovano la vipera e il ramarro. Per quanto riguarda le testimonianze architettoniche, dai resti di una fucina per la lavorazione del ferro di tarda epoca romana, si passa alle murature a spina del secolo XII, alle rovine del castello di Robiallo, al sistema a castra sviluppato lungo le vie commerciali che percorrevano la valle attorno al 1300. Le testimonianze più significative dell'epoca romanico-gotica e del Barocco nell'area del Fenera si hanno con la chiesa parrocchiale di Grignasco e con la cappella di Sant'Antonio in località Ca' Negri. C'è poi un fiorire di chiese e oratori nelle varie frazioni in quota, come per esempio a Colma, Maretti e sulla cima del monte stesso. All'architettura antonelliana e a quella del tardo Neoclassico vanno ascritte le chiese di Soliva e Castagnola e il santuario di Boca, oltre alle numerose e particolari case degli alpeggi (Alpe Fenera, i Camini) e ad altre con tetti in paglia, i noti e tradizionali taragn. Il monte Fenera e il suo parco hanno più di un motivo di interesse per chi arriva dalle grandi città vicine: l'ampio panorama, per esempio, sulla catena dei rilievi alpini verso settentrione (col superbo profilo del Monte Rosa) e, verso meridione, la pianura disseminata di risaie e di campi coltivati. Ma l'interesse maggiore dell'area protetta è dato da ciò che si può vedere e quasi toccare con mano: la grande "tartaruga" in pietra, che da secoli caratterizza la geografia di questa parte del Piemonte orientale.
AdEntracquec’è un legame speciale tra il borgo e il paesaggio: le casette, strette strette tra loro come per scaldarsi a vicenda, sono dei rifugi sicuri contro la forza indomabile della montagna, tane rassicuranti che proteggono dal freddo e dalla neve. Allo stesso tempo, però, sono sculture in armonia col panorama, e sopravvivono da sempre grazie alla natura selvaggia circostante, che attira sul posto innumerevoli visitatori.Entracqueè un borgo piemontese di appena 800 abitanti in provincia diCuneo, incastonato tra i monti come un monile delicato. Dai suoi 904 metri di quota, a 25 km dal capoluogo provinciale, il paese vive ogni anno un incremento notevole della popolazione, che in estate e in inverno raggiunge le 5000-6000 anime, distribuite negli alberghi pittoreschi o nelle seconde case riservate alle vacanze.
Le cose non sono andate sempre così: un tempo la vocazione diEntracqueera agricola, grazie al clima alpino che favoriva la coltivazione delle patate e altri prodotti montani. Tra il Settecento e l’Ottocento prese piede l’industria tessile, che venne però abbandonata con l’avvento dell’industria moderna, cedendo il passo a una nuova risorsa economica fondamentale: appunto il turismo.
Una componente fondamentale è il turismo invernale, sviluppatosi sin dall’inizio del Novecento grazie alla vicinanza della Riserva Reale di caccia. Negli anni Sessanta vennero create le piste da discesa del monte Viver e la sciovia cosiddetta “Piccola”, subito affiancata dalla sciovia “Grande”. Il decennio successivo vide l’istallazione di nuovi skilift, e negli anni Novanta tutte le strutture godettero di un ammodernamento esclusivo. Ospitando gare di rilevanza nazionale e internazionale la stazione sciistica ha riscosso un successo sempre maggiore, sino ai risultati attuali: circa 20 km di piste, alcune utilizzate per le competizioni, in parte innevate artificialmente benché l’ottima esposizione garantisca un buon innevamento da dicembre a marzo. Nel 2006 si sono svolti su queste piste i Giochi OlimpiciTorino, regalando ulteriore lustro agli impianti diEntracque.
Se visitateEntracquein primavera o in estate non troverete le vette luccicanti di neve, ma una tavolozza di verdi lucenti, nello scenario magico del Parco delle Alpi Marittime: qui potrete intraprendere lunghe passeggiate, pedalate e vere e proprie arrampicate, in un reticolo inesauribile di sentieri di diverse difficoltà. Elemento dominante del paesaggio, riconoscibile anche nel nome del paese, è da sempre l’acqua: l’economia diEntracquesi è sempre basata sull’utilizzo intelligente del ricco patrimonio idrico a disposizione, e già nel Seicento lo sfruttamento del torrente Gesso e del Rio Busset serviva ad azionare i mulini e a far funzionare le fabbriche tessili.
A testimoniare il legame indissolubile tra il borgo e le acque ci sono, in paese, numerose fontane, che con le loro forme caratteristiche accompagnano il visitatore in un percorso affascinante attraverso i secoli. In piazza Giustizia e Libertà si legge un’iscrizione, sulla cornice della fontana, datata 1565, ma ci sono tante altre fontane realizzate in vari periodi, che costituivano veri e propri punti di incontro nel centro cittadino. I mascheroni, le decorazioni e le figure fantastiche di questi piccoli monumenti ricordano un mondo magico, artistico e tradizionale che affonda le radici in tempi lontani.
Fu Vittorio Emanuele II, nel 1836, a notare la ricchezza d’acqua nel territorio, e a stabilire nei paraggi del paese la riserva di caccia Savoia e le riserve di pesca. Oggi l’importanza di questo prezioso elemento emerge chiaramente aValdieri, la vicina località termale, dove strutture moderne e accoglienti sono pronte a regalarvi un soggiorno indimenticabile dominato dal relax e la pace.
Ma la natura circostante regala agli abitanti diEntracquetante altre cose, aldilà delle acque purissime, delle piste da scii e dai panorami mozzafiato del Parco: le montagne sono infatti generose di prodotti genuini, che finiscono sulle tavole locali sotto forma di piatti prelibati, dopo un passaggio nelle mani sapienti delle signore del posto. Particolarmente gustosi sono i formaggi, soprattutto la ricotta e i tomini freschi, ma anche il saporitissimo Castel Ariund, da accompagnare col miele di rododendro o di millefiori. Da assaggiare anche il Brus, una pasta cremosa ricavata dalla ricotta, ottima da spalmare sul pane rustico diEntracquea base di farina di malto. Immancabili le “cuiette”, ovvero gli gnocchi della tradizione, realizzate con i “bodi”, le rinomate patate diEntracque.
A proposito di prodotti tipici: all’inizio di settembre si svolge in paese la fiera della patata, in concomitanza con la festa patronale di Sant’Antonio. Un’altra occasione di festa particolarmente sentita è quella dell’Immacolata, che comprende la degustazione delle prelibatezze locali, i mercatini natalizi e tanta buona musica ad animare le vie cittadine.
Ad incorniciare il tutto c’è un clima piuttosto piacevole, mite tutto l’anno, senza sbalzi eccessivi di temperatura o valori estremi. Le temperature medie del mese più freddo, gennaio, vanno infatti da una minima di 2°C a una massima di 5°C, mentre in luglio e agosto si passa dai 17°C ai 27°C. Le precipitazioni sono scarse in estate, infatti a luglio cadono appena 43 mm di pioggia, ma si presentano con più frequenza in primavera, quando cadono in media 110-120 mm di pioggia mensili.
Per raggiungereEntracquesi possono valutare diverse possibilità. Chi viaggia in auto dovrà percorrere l’autostrada Savona-Torino, uscire aCuneoe proseguire perEntracquepassando da Borgo San Dalmazzo. Chi sceglie il treno dovrà scendere alla stazione ferroviaria di Cineo, sulle linee Torino-Cuneo o Genova-Cuneo, e raggiungere la meta con gli autobus della Nuova benese. Gli aeroporti più vicini sono invece quelli diCuneoLevaldigi e diTorinoCaselle, rispettivamente a 44 km e 148 km circa.
A 25 km daTorino, nel cuore delPiemonte, dove le colline si aprono per far passare il Po, si incontra il piccolo centro di Castagneto Po, popolato da meno di 2 mila abitanti e distribuito tra i 180 e i 583 metri di quota. Chiamato Casgné dagli abitanti del posto, il paese in provincia di Torinoè formato da un nucleo centrale, sul versante meridionale di una collina, e da una costellazione di borgate minori, che si raccolgono intorno ad essa come frammenti di una piccola galassia. Sul versante orientale spicca Genesio, a occidente si vede Cimenasco in lontananza, mentre Ossoli se ne sta alla sommità del rilievo, tutti ad altitudini differenti.
Proprio nella frazione di San Genesio risiede uno dei tesori più preziosi diCastagneto Po, che gli amanti di arte, storia e cultura non possono trascurare. Si tratta della Chiesa di San Genesio, realizzata nei primi anni del Novecento ma affiancata da un campanile romanico dell’anno Mille. Spostandosi nel vero e proprio centro diCastagneto Posi scoprono altri edifici interessanti, come la chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, realizzata nel XIX secolo in stile neoclassico, probabilmente sostituendo una precedente costruzione del XIII secolo. All’interno non si può fare a meno di alzare gli occhi verso la cupola, ornata da splendidi affreschi, e non sono da meno la maestosa pala d’altare e l’organo a canne dell’Ottocento.
Da vedere anche una schiera di dimore signorili disseminate per il paese, perlopiù abbracciate da parchi incantevoli, popolati da piante secolari. Tra le residenze più eleganti si distinguono la barocca villa Ceriana, eretta nel XVIII secolo, e l’ottocentesca villa Revel, in stile neo-palladiano.
Ad attirare il maggior numero di turisti, tuttavia, sono sempre state le note proprietà benefiche del “Regio Fonte”, una sorgente termale generosa di acque salutari. Temporaneamente chiusa per lavori di restauro, in attesa di riprendere l’attività a pieno ritmo, la struttura termale diCastagneto Poha da sempre garantito soggiorni rilassanti e confortevoli, immersi in uno scenario accogliente dove la bellezza del paesaggio incontra le strutture più moderne. Le acque, salso-bromo-solforose, si rivelano particolarmente utili per chi soffre di disturbi gastro-epatici.
L’elisir miracoloso non è il solo regalo che la natura ci fa: nei pressi diCastagneto Po, infatti, il paesaggio è una culla irresistibile, pronta ad abbracciarvi e guidarvi lungo i sentieri, i prati e i boschi, alla scoperta di paesaggi incontaminati. Nel 1978 è stata istituita la Riserva Naturale del Bosco del Vaj, con lo scopo di valorizzare il patrimonio faunistico e in particolare per la tutela del faggio, una pianta amante del freddo che qui sopravvive a quote eccezionalmente basse.
A nutrire la natura lussureggiante pressoTorino, e a rendere la visita aCastagneto Po ancora più piacevole, contribuisce il clima della zona. L’inverno è una stagione suggestiva, con temperature medie che in gennaio vanno da una minima di -3°C a una massima di 6°C, condita da frequenti nevicate e da un’aria frizzante. In estate le temperature medie aumentano: in luglio, il mese più caldo, si va da una minima di 16°C a una massima di 28°C. Le precipitazioni si distribuiscono nell’arco dell’anno in maniera abbastanza regolare, ma il picco massimo arriva in maggio, quando cadono in media 120 mm di pioggia.
Chi sceglie di visitareCastagneto Ponon deve trascurare le manifestazioni locali, ottime occasioni per sperimentare di persona l’ospitalità del luogo e conoscere le tradizioni più genuine. Tra le feste da non perdere c’è la Notte delle Lumere: un tempo veniva chiamata così, in tutto ilPiemonte, la notte di Halloween, e ancora oggi, ogni 31 ottobre, si può fare un’escursione notturna nel Parco Naturale della Collina Torinese e festeggiare insieme banchettando.
A proposito di banchetti: un’altra importante manifestazione diCastagneto Poè “Stramangiando”, una rassegna gastronomica organizzata in collaborazione con SlowFood, che si tiene alla fine di settembre e ha lo scopo di far conoscere a tutta l’Italia le specialità della gastronomia locale.
Per arrivare aCastagneto Posi può scegliere tra diverse possibilità. Chi viaggia in auto, daTorino, deve prendere la tangenziale A4/E64, uscire a Aosta/Trafori Padania Superiore e procedere in direzione Torino/Chivasso. A questo punto si imbocca la SS11 verso Torino/Abbadia di Stura, dopo 10 km si prende la A21/E70 verso Piacenza/Brescia e si segue la direzione Tangenziale Milano/Bologna. Dopo 8 chilometri si prende la SP 467R, si attraversa Pratissolo e si svolta a sinistra versoCastagneto Po.
L’aeroporto più vicino, per chi viaggia in aereo, è quello diTorinoCaselle, a 35 km circa, da cui si possono prendere gli autobus della Provibus per arrivare a destinazione.
Il Lago d’Arpy, il Lago di Liconi e il Lago di Pierre Rouge sono come tanti occhi blu puntati verso l’alto, pronti a catturare frammenti di cielo e portarli sulla terra, nel territorio valdostano della Valdigne. Qui, in un anfiteatro di montagne colossali, trova riparo il borgo alpino diMorgex, un paese di meno di duemila abitanti della Valle d’Aosta, appartenente alla Comunità Montana Valdigne Mont Blanc. Appollaiato alla roccia a 920 metri di quota,Morgexè circondato da una piana pittoresca a forma di ventaglio, incorniciata dalla mole imponente del Monte Bianco e da altre vette affascinanti, quali la Grivola e il monte Crammont. Il corso della Dora fende questa terra verdeggiante e la disseta anche nei periodi più soleggiati, rendendo rigogliosa e fresca la vegetazione: boschi, pascoli e praterie si alternano ai preziosi vigneti, generosi di una deliziosa.
Una delle componenti principali dell’economia locale è proprio la viticoltura: il vitigno autoctono Prié Blanc dà degli acini dolci e succosi, da cui si ricava il Blanc deMorgexeLa Salle, che nel 1985 ha ottenuto la D.O.C. e vanta le vigne più elevate d’Europa.
Al luccichio dei chicchi d’uva si aggiungono altre coltivazioni caratteristiche, ma anche la fauna selvatica: gli alberi da frutto trovano il loro habitat ideale nei pressi diMorgex, grazie al clima mite, ed abbondano peri, meli, ciliegi, peschi e noci, mentre le foreste profumate d’alta quota sono composte da abeti, pini e larici. Persino il nodoso castagno, che secondo la leggenda popolare non sopporta la vista dei ghiacciai, trova una collocazione nelle montagne della zona, grazie alle condizioni atmosferiche eccezionalmente dolci. Qui, in effetti, le temperature sono miti e gradevoli, e fanno diMorgexuna meta valida in tutte le stagioni. I valori medi del mese più freddo, gennaio, vanno da un minimo di -2°C a un massimo di 4°C, mentre in luglio, il mese più caldo, si passa dai 19°C ai 29°C. Le precipitazioni, scarse in inverno ad eccezione di qualche nevicata pittoresca, toccano il picco massimo in giugno, quando piove in media per 10 giorni sul totale.
A beneficiare di questa atmosfera, oltre agli abitanti ospitali del borgo, ci sono i camosci, gli stambecchi, le lepri, i tassi, gli scoiattoli, le marmotte e i cervi, che si possono scorgere passeggiando lungo i sentieri della zona. Le camminate, dalle più ardue alle più rilassanti, sono tante e suggestive e si snodano tra le borgate della zona, sparse sul fondovalle o abbarbicate lungo i pendii rocciosi delle montagne. I nomi delle frazioni più antiche sono caratteristici e rimandano alla tradizione popolare: da vedere, ad esempio, la località Biolley, che nel dialetto del luogo vuol dire “bosco di betulle”.
Nei dintorni diMorgexnon si esauriscono le meraviglie. A 28 km dal centro c’èAosta, ma basta allontanarsi di 8 km per incontrareCourmayeure le sue piste da sci esclusive: entrambe le mete sono facilmente raggiungibili grazie alla nuovissima rete autostradale, che tocca le principali città del NordItalia, dellaFranciae dellaSvizzera. A due passi da Morgexe La Thuille, senza bisogno di fare lunghi percorsi in auto, ci si imbatte invece in Arpy, la località sciistica più vicina. Da ottobre a marzo, quando le cime delle Alpi si zuccherano di una neve perfetta, questo è il comprensorio invernale più adatto per chi ama la natura incontaminata e gli ambienti selvaggi, ma non rinuncia allo stesso tempo al comfort di impianti moderni ed efficienti.
Per concedervi un assaggio di storia e cultura, invece, non dovete fare altro che passeggiare per il centro della cittadina con occhi curiosi e attenti. Scoprirete così la bellezza di alcuni edifici, tra cui la chiesa parrocchiale di Santa Maria e il suo campanile, antico superstite della prima versione romanica, citata in un documento del 1176. Nei primi decenni del Quattrocento il complesso fu sottoposto a un grande lavoro di restauro, ma altre modifiche vennero apportate alla fine del Seicento e il risultato tuttora visibile è un edificio semplice ma elegante, con una facciata in pietra a vista e opere d’arte pregiate all’interno.
Da vedere anche la cosiddetta “Tour de l’Archet”, una massiccia torre di pietra posizionata all’estremità occidentale del centro, in una pittoresca piazzetta. Sono attualmente in corso i lavori di restauro che daranno vita, in questa costruzione, alla sede della fondazione culturale intitolata al Natalino Sapegno.
Ma la storia non si respira solo attraverso le opere architettoniche: altrettanto interessanti, e ancora più spassose, sono le tradizioni popolari e le manifestazioni organizzate aMorgex, ottime occasioni per avvicinarsi ai costumi del luogo. Tra le usanze più antiche e famose c’è la Badoche, che si festeggia in paese il 15 agosto, giorno dell’Assunzione, ma si ripete anche nelle frazioni di Villair, a Fraz e a La Ruine in altri giorni dell’anno. In occasione di questa celebrazione patronale, la brigata della Badoche è accompagnata da una fisarmonica e da un clarino e fa il suo ingresso vivace nella piazza, alla fine della Santa Messa. Le danze, interpretate dalle giovani coppie del villaggio, continuano fino a sera, e i genitori dei bimbi nati nell’anno corrente si presentano per donare un fiocco di seta da appendere alla “alabarda”. I festeggiamenti sono accompagnati da banchetti generosi e ottimo vino valdostano.
RaggiungereMorgexnon è difficile, grazie all’efficiente rete autostradale che congiunge il borgo alle maggiori città dell’Italia settentrionale. Chi usa l’auto deve imboccare l’autostrada Torino-Aosta, e daAostacontinuare per altri 20 minuti fino all’uscita di Morgex. Chi preferisce il treno deve procedere daMilanoin direzioneTorino, fermarsi a Chivasso e prendere la coincidenza perAosta: da qui si prende il treno diretto aPre-Saint-Didier, che ferma anche aMorgex. L’aeroporto più vicino, a circa 146 km, è quello diTorino Caselle.