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Anche la specie umana genera i feromoni: sostanze che influenzano comunicazione e comportamenti. Ma (brutta notizia) non si conoscono ancora le molecole in grado di produrli
By Admin (from 14/04/2012 @ 14:09:28, in it - Scienze e Societa, read 2735 times)

A volta basta davvero poco a far capitolare il partner. Niente complessi corteggiamenti o danze sensuali: per alcuni bachi da seta è sufficiente lasciare nell’aria qualche goccia del loro profumo (molecole di feromone) per attrarre i maschi, anche a chilometri di distanza. Una questione di chimica insomma, cui probabilmente neanche la specie umana sarebbe immune.

In realtà, stabilire il ruolo che i segnali chimici hanno nell’essere umano non è affatto facile, anche se esistono indizi a sostegno di una comunicazione “sotto il livello della consapevolezza”, come spiega Bettina Pause della Heinrich Heine University di Düsseldorf, che ha dimostrato la capacità della specie umana di sentire un segnale d’allarme nell’odore delle persone impaurite o ansiose. Una sorta di feromoni umani in altre parole, non tutti volti al corteggiamento del partner, spiegano gli scienziati; così come avviene in natura, con feromoni emessi durante i combattimenti (dai lemuri) o solo per indirizzare i propri simili verso le fonti di cibo, come fanno le formiche.

D’altronde, come riporta Scientific American, basta pensare agli effetti di una convivenza stretta, quale può essere la condivisione di una stanza. In questi casi infatti a volte si osserva che la forte vicinanza porta a sincronizzare il ciclo mestruale delle ragazze. Mentre è sufficiente far annusare gli odori prodotti dalle ascelle (maschi e femmine) ad alcune donne per variare il loro ciclo; ma la molecola (o le molecole) responsabili di questo cambiamento non sono state ancora identificate.

Ma senza ricorrere a esperimenti, c’è un comportamento innato guidato dalla chimica, come spiega Charles Wysocki, della Monell Chemical Senses Center di Philadelphia. Quello che porta un neonato a trovare il seno della madre in cerca di cibo, seguendo dei segnali chimici provenienti dal suo capezzolo. D’altra parte, come spiegano gli scienziati, alcuni odori emessi dal seno di donne che allattano avrebbero effetti anche sugli adulti, aumentando per esempio il desiderio sessuale nelle donne senza figli. Per ora però la ricerca dei feromoni umani resta senza veri e propri protagonisti, eccezion fatta per l’ androstadienone (derivante dal testosterone), la molecola in grado di rendere le donne più rilassate.

Ma oltre a cercare chi comunica cosa, l’altra parte del problema sull’esistenza o meno di feromoni umani riguarda l’identificazione della struttura responsabile a percepire l’odore e il segnale che esso veicola. Negli animali a farlo è l’ organo vomeronasale, una struttura collocata nel naso, non sempre presente nell’essere umano o comunque presente con funzioni ridotte (ovvero i geni che codificano per i recettori non sono attivi). Ragion per cui spiegare come la specie umana percepisca i feromoni sembrerebbe un’impresa alquanto ardua. Se non fosse che uno studio lo scorso anno ha mostrato come l’ androstadienone sia in grado di indurre una risposta a livello cerebrale in alcune persone, anche in assenza dell’organo vomeronasale (o comunque presente, ma bloccato). A dimostrazione quindi che l’essere umano riesce a captare tali segnali chimici, feromoni, attraverso il sistema olfattorio (o forse anche attraverso il misterioso nervo terminale o nervo cranico 0).

Feromoni a parte, ci sono altre molecole che contribuiscono all’odore di una persona e che ci aiutano a stabilire incoscientemente se ci piace o meno. Sono le proteine del complesso maggiore di istocompatibilità (MCH), che svolgono ruoli importanti a livello immunitario. E che, secondo alcuni studi, sarebbero alla base delle nostre scelte sessuali. In particolare ci piacerebbero di più quelli con MHC particolarmente diversi dai nostri: un espediente trovato dall’evoluzione. Il motivo? Perché scegliendo MHC diversi dai nostri, quelli dei nostri figli lo saranno ancora di più. A beneficio del loro sistema immunitario.

Fonte: Wired.it

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