Per quanto riguarda la legge elettorale è davvero utopico, per non dire ingenuo, pensare che un governo tecnico possa riuscire laddove nessun governo “atecnico” ha messo mano dal 2006 ad oggi. L’idea che un esecutivo di larghe intese possa cambiare l’attuale legge elettorale (il cosiddetto “Porcellum”, la legge n. 270 del 2005, approvata sotto il terzo Governo Berlusconi sul finire della XIV legislatura) si basa su due evidenti equivoci.
Il primo deriva dall’erronea convinzione che la scelta della formula elettorale sia una questione puramente “tecnica”, nella quale non intervengono calcoli di natura politica o sulla quale sia comunque possibile giungere ad accordi e compromessi che non tengano conto di interessi particolari e contingenti.
Come, da ultimo, ha dimostrato l’approvazione dello stesso “Porcellum”, le preferenze che i partiti accordano ad un sistema di trasformazione dei voti in seggi rispetto ad un altro dipendono dalle specifiche situazioni in cui versano le varie formazioni politiche, ricostruite con dati statistici e sondaggi alla mano.
Il secondo equivoco poggia sull’idea che i partiti siano disposti a cambiare una legge elettorale che, come ricorda lo stesso Bersani, consente loro, di fatto, di “nominare i parlamentari”. Queste semplici, direi elementari, considerazioni dovrebbero già scoraggiare la ricerca di una soluzione così tortuosa e improbabile.
Quanto agli altri compiti che dovrebbero essere assolti dal governo “tecnico”, si tratta di obiettivi squisitamente politici (soprattutto i problemi dell’economia e del lavoro), che, oltretutto, non sarebbe giusto affidare ad un esecutivo privo di legittimazione elettorale.
Con maggior senso pratico e lucidità, Antonio Di Pietro si dichiara pronto alle elezioni anticipate, rifiutando l’ipotesi del governo tecnico (che il leader dell’Italia dei Valori definisce“un’ammucchiata generale”) e proponendo al Pd la formazione di una “casa comune” del centrosinistra, ipotesi accolta con freddezza dallo stesso Bersani. L’eventualità del governo di transizione è accarezzata anche dall’Udc, mentre Nichi Vendola concorda con Di Pietro sulla necessità di andare subito alle urne.
E così, mentre i numerosi scienziati della politica che affollano lo schieramento di centrosinistra si spremono le meningi sulle vie istituzionali più idonee a condurre ad un grande esecutivo tecnico e di transizione, l’ormai unico ed incontrastato leader del Popolo della Libertà si prepara allo scontro finale. Se dovesse vincere - questa volta da solo - dubito che farebbe prigionieri.