Una delle nostre battute preferite è una vignetta di Calvin & Hobbes (e quindi di Bill Watterson): “Credo che uno dei segni più sicuri dell’esistenza di intelligenze aliene sia il fatto che nessuno di loro ha mai cercato di contattarci“. Insomma, sembra proprio che, se vogliamo chiacchierare con qualcuno, si sia noi a dover prendere l’iniziativa.
Un primo tentativo ragionevolmente serio di comunicazione con gli extraterrestri è quello tentato il 16 novembre 1974 ad Arecibo, per festeggiare la ristrutturazione del telescopio: 1679 bit, trasmessi in circa tre minuti verso M13 (che, come tutti sanno, è l’Ammasso Globulare di Ercole, quindi grosso modo in direzione del “centro” della nostra Galassia; da non confondersi con M31, che è invece il codice, nel catalogo Messier, di Andromeda), contenevano un messaggio destinato a raggiungere tra venticinquemila anni circa (niente battute sulle poste nazionali, prego) qualche probabile alieno.
1679 può sembrare un numero piuttosto strano, ma ha una ben precisa ragione: è il prodotto di due numeri primi (73 e 23), quindi viene spontaneo (beh, diciamo che quantomeno “potrebbe” venire spontaneo) organizzare i nostri bit in modo univoco in un rettangolo 23×73 e vedere se esce fuori qualcosa [Nota a margine: in realtà potete organizzarlo come due rettangoli, quello "giusto" da 73 righe e 23 colonne o l'altro, da 23 righe e 73 colonne: quest'ultimo, comunque, mostra delle regolarità che dovrebbero convincervi a provare nell'altro modo].
Ma cosa c’era, nel messaggio? Beh, per prima cosa lo riproduciamo qui di fianco (grazie, Wikipedia); le parti nere sono degli zeri, mentre tutte le parti colorate sono degli uno: i colori sono inseriti unicamente per capire di che zona stiamo parlando.
La prima parte (zona bianca) riporta i numeri da uno a dieci in binario; ignorate l’ultima riga, serve solo a far capire da che parte si trova il bit meno significativo; inoltre, avendo a disposizione sostanzialmente tre bit, dall’otto in poi si sono dovute usare due righe.
La parte viola sono numeri: 1, 6, 7, 8 e 15: visti così non vi dicono probabilmente nulla, ma il fatto che siano i numeri atomici di idrogeno, carbonio, azoto, ossigeno e fosforo, ossia degli elementi che compongono il nostro DNA probabilmente (?) salterà immediatamente agli occhi degli extraterrestri, e questo dovrebbe portarli a capire la zona verde: il blocco sulla sinistra contiene le cifre 7-5-0-1-0 e, siccome abbiamo appena finito di parlare di atomi, una popolazione ragionevolmente intelligente dovrebbe associarli immediatamente al sistemino visto sopra: sette del primo (idrogeno), cinque del secondo (carbonio), nessuno di azoto, uno di ossigeno e niente fosforo, ossia, per la gioia dei chimici, C5OH7, che come tutti dovrebbero sapere è la forma del desossiribosio così come si trova nel DNA.
Da qui è tutta discesa: sulla stessa riga del desossiribosio avete adenina e timina (e poi un’altro desossiribosio), poi una riga formata da due gruppi fosfato (ripetuta anche alla fine) e in mezzo i soliti due desossiribosio con citosina e guanina.
La parte blu, a questo punto, dovrebbe essere abbastanza chiara: l’elica del DNA, mentre il numeraccio bianco in mezzo secondo qualcuno rappresenta un errore: c’è scritto qualcosa dalle parti di quattro miliardi e rotti e dovrebbe essere il numero delle coppie, ma il valore esatto è dalle parti di tre miliardi.
Quello in rosso è un omino, disegnato come forse anche Rudy riuscirebbe a farlo: sulla sinistra l’altezza, e qui gli extraterrestri dovrebbero rendersi effettivamente conto che siamo degli enigmisti: infatti non è indicata in centimetri, ma in multipli della lunghezza d’onda del messaggio. Idea decisamente carina, secondo noi.
La parte gialla rappresenta il sistema solare, e la Terra, per indicare che è casa nostra, è sfalsata; il telescopio di Arecibo (con indicate le dimensioni), chiude il messaggio e, per far vedere che a noi le complicazioni piacciono, scrive il numero in orizzontale.
Non sappiamo se si sia notato, ma come messaggio a noi sembra cervellotico, scritto male e tale da mettere fortemente in dubbio l’origine intelligente; tutt’altro discorso, invece, se parliamo della piastra attaccata al Pioneer 10, ma fosse lì è più facile: sempre da Wikipedia, la vedete qui di fianco.
Qui, la simbologia è decisamente più diretta (e più comprensibile: qualche dubbio potremmo averlo sul disegno in alto a sinistra (la transazione di spin dell’atomo di idrogeno) o sul fatto che la strana stella sotto rappresenti il nostro indirizzo di casa, riferito alle distanze di quattordici quasar di cui è indicato il periodo (l’unità di tempo, qui, è data dalla frequenza della transazione di spin); in realtà all’epoca aveva causato molte discussioni per il suo supposto antropocentrismo: francamente, visto che l’abbiamo fatta noi e deve parlare di noi, evitare l’antropocentrismo ci pare piuttosto difficile, e abbiamo sempre considerato la più bella critica quella di una vignetta che Rudy ricordava, ma non se ne parla neppure di ritrovarla; ormai pronto a violare fior di copyright pur di riprodurla (facendola ridisegnare al figlio ancora minorenne, quindi anche sfruttamento di minori), è arrivato in soccorso Piero, che ne conservava una copia: la riproduciamo qui di fianco.