Il quotidiano britannico The Indipendent ha pubblicato una sconvolgente indagine dopo che 64 famiglie dei lavoratori nucleari deceduti, i cui organi sono stati segretamente prelevati per la ricerca sulle radiazioni, hanno chiesto un'inchiesta che faccia luce su questo macabro aspetto del nucleare.
Secondo L'Indipendent «Parti del corpo sono state prelevate, senza consenso, tra il 1960 ed il 1991, da 64 ex dipendenti dell'impianto nucleare di Sellafield. Organi sono stati prelevati anche da altri 12 lavoratori degli impianti di Springfields, Capenhurst, Dounreay e Aldermaston ed esaminati nei laboratori di Sellafield».
L'inchiesta è condotta dal procuratore Michael Redfern: che ha evidenziato diversi casi in cui i morti venivano sepolti o cremati senza molti organi interni.
Gli organi interessati da questi "studi" illegali e non autorizzati dai parenti erano di solito diversi: fegato e polmoni e, nella maggior parte dei casi, vertebre, sterni, costole, linfonodi, milze, reni e femori.
Secondo il quotidiano «Su ordine del responsabile medico di Sellafield venivano prelevati anche cervello, lingua, cuore e testicoli. Tutti gli organi, una volta utilizzati, venivano in seguito distrutti.
La maggior parte dei prelievi post-mortem venivano effettuati dai patologi dell'ospedale West Cumberland attraverso un "accordo informale" con l'ufficiale medico di Sellafield».
Dopo il prelievo gli organi venivano portati in auto a Sellafield in un box frigorifero.
Secondo Redfren il rapporto tra patologi, medici legali e ufficiali sanitari a Sellafield era «molto stretto» e senza rispetto delle norme professionali: «Nella maggior parte dei casi le analisi post-mortem venivano eseguite pur non essendoci nessuna rilevanza sulla causa di morte. La colpa risiede principalmente nei patologi che hanno effettuato gli esami sui cadaveri senza rispettare la legge, prelevando organi senza ricevere il consenso dei parenti dei defunti. Di conseguenza i corpi venivano sepolti o cremati privi di parti interne e le loro famiglie scoprivano la verità dopo diversi anni dall'accaduto. In alcuni casi la presenza di vigilanti e supervisori nelle attività post-mortem ha impedito abusi e permesso che i corpi venissero trattati con dignità e rispetto».