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 Trilingual World Observatory: italiano, english, română. GLOBAL NEWS & more... di Redazione
   
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Costa Azzurra: sono due parole che, al solo leggerle, potrebbero evocare, nell'immaginazione dei più fantasiosi, quella fascia di terra verde e felice, irta di promontori e riflessa nel Mediterraneo, che vide al tempo della belle époque le follie floreali di principi e regnanti invaghiti di affascinanti avventuriere; che divenne celebre nel primo dopoguerra per i capricci patetici dei miliardari americani esaltati da Scott Fitzgerald in Tenera è la notte; e che, più recentemente, ha visto i propri allori rinverditi da spiagge soprannominate Tahiti e dagli scandaletti veri o inventati di stelle e stelline del cinema.

La Costa Azzurra che suggeriamo in questa guida, però, non è questa. È quella non meno bella, non meno verde e non meno felice dell'entroterra. Sono i villaggi non ancora o non ancora tutti contaminati dal turismo di massa, le strade che non conoscono gli scoraggianti intasamenti della costa, gli alberghi e i ristoranti i cui prezzi - benché non troppo modesti, come dappertutto in Francia non hanno tuttavia raggiunto i livelli astronomici dei locali lungo il mare. Un viaggio nell'entroterra, a cavallo tra la Costa Azzurra, i rilievi delle Alpi Marittime e le colline bianche dell'Alta Provenza, potrebbe essere una gradita sorpresa per tutti; addirittura una vacanza affascinante per chi ha la passione per l'arte perché, tra le pieghe di queste colline, sono vissuti, hanno lavorato ed hanno lasciato la loro opera Fragonard, Renoir, Matisse, Léger, Picasso. E potrebbe piacere anche a chi ha il gusto per .la gastronomia, per i fragranti profumi, per il buon miele di montagna, per le memorie napoleoniche, per gli straordinari spettacoli della natura, per i musei, per i silenzi profondi che danno l'impressione di essere fuori dal mondo, su un altro pianeta.

Un viaggio nell'entroterra della Costa Azzurra, dunque. Chi supera il confìne italo-francese dovrebbe fado al mattino, dopo aver pernottato sulla riviera ligure. Il mattino, con il sole alle spalle, è il momento migliore per affrontare, subito dopo Mentone, la Grande Comiche. Che la strada corra alta sulla montagna non deve preoccupare: la salita è condensata tutta nelle prime rampe che conducono al villaggio di Roquebrune. Chi desidera visitare il castello, che è tra i più belli della Francia, deve fare molta attenzione a non perdere la strada a gomito, sulla destra, che porta in piazza della Repubblica, antico barbacane della fortezza ed oggi unico parcheggio del villaggio.

La discesa su Nizza rappresenta un momento particolare del viaggio.
Per non perdersi nell'intrico delle strade del centro è bene seguire le indicazioni che conducono al porto, imboccare lo celebre passeggiata degli Inglesi e percorrerla fìno in fondo, oltre l'aeroporto e Gros de Cagnes. AI bivio dell'autostrada con lo Nazionale n. 7 è meglio seguire quest'ultima, sulla sinistra, percorrere altri 2 chilometri e salire poi, voltando a destra, verso Biot. Il museo di Fernand Léger è prima del villaggio, a circa 300 metri sulla destra della strada. Biot non offre molte possibilità di parcheggio. Chi non lascia l'auto sulla piazza all'ingresso del paese, può trovarsi in serie difficoltà per fare poi lo retromarcia o per districarsi dai vicoli strettissimi, con curve impossibili. Biot, del resto, merita una visita a piedi: si tratta, fra tutto, di 500 metri.
Lasciata Biot è bene prendere l'autostrada fìno a Cannes e, usciti al casello di Le Cannet, imboccare lo strada per Grasse. Dopo 3 chilometri i cartelli segnalano lo deviazione per Mougins, che potrebbe essere lo sede ideale per il primo giorno di viaggio o, addirittura, per una lunga vacanza.

Ripartendo da Mougins la strada da seguire è quella per Grasse, la stessa che percorse, con il cuore in gola, il fuggiasco Napoleone per gli ultimi cento giorni di gloria. Grasse è una città difficile per gli automobilisti. Chi proviene da Mougins, cioè dalla strada di Cannes,percorre fatalmente i boulevards leclerc e Victor Hugo fino all' avenue De Gaulle. Qui è opportuno parcheggiare e inoltrarsi a piedi fino al museo di Fragonard (il pittore nacque a Grasse nel 1732), alla Cattedrade di Notre-Dame e al belvedere della piazza 24 agosto. Grasse, se ha fama di «stazione climatica », lo deve a Paolina Bonaparte che tra il 1807 e il 1808 venne qui a ritemprarsi. Il suo giardino - stupendo per la vegetazione e per il panorama che offre - è a 4 chilometri.

Imboccata l'avenue Baudoin (strada per Digne), bisogna svoltare quasi subito a destra sul boulevard Cnarabot, praseguire sul boulevard Albert I e seguire le indicazioni.
La route Napoléon è tra le più belle strade di montagna che attraversino la Francia da sud a nord. Ai suoi margini si incontrano numerosi chioschi che vendono, a prezzi convenienti, acqua di lavanda e miele.
Vi consigliamo di pernottare poco più avanti a Castellane per affrontare, la mattina dopo, il circuito del gran canyon del Verdon. Il fìume taglia Castellane e lo si incontra di nuovo poco più avanti, già verde smeraldo e alle prese con le rocce a strapiombo che esso ha scavato nei corso della sua esistenza. Il nostro suggerimento è di percorrere prima la strada settentrionale (direziore Moustiers) per una ragione di prudenza. Poiché la strada non è molto larga, è opportuno trovarsi sempre dalla parte della montagna piuttosto che dalla parte dei precipizio. Numerosi cartelli segnalano le deviazioni per scendere ai belvedere, quasi tutti raggiungibili in auto.

Moustiers è celebre per le faiences esposte nel suo glorioso museo.
Le maioliche smaltate di Moustiers si diffusero in tutta la Francia quando nel 1672, per risanare le fìnanze, Luigi XIV ordinò la requisizione di tutto il vasellame d'oro e d'argento. La nobiltà sostituì allora i vassoi e i piatti con i prodotti delle industrie locali che ebbero qui, fìno al 1873, i più grandi maestri. La tradizione, spenta per molti anni, è ripresa nel 1925. Da Moustiers, oltrepassato il ponte sul Verdon, e raggiunto l'abitato di Aiguines, dominato da un vecchio castello, si può prendere la Corniche Sublime, cioè lo strada meridionale che costeggia il canyon. È una strada da vertigini, in molti punti senza protezioni sul precipizio: è perciò opportuno, anche in questo caso, trovarsi dalla parte della montagna.

Giunti a Comps, la strada da seguire è quella che scende da Draguignan, dove si può pernottare o a Frejus i cui alberghi, aperti da giugno a settembre, sono tutti sulla spiaggia, Da qui una bella strada panoramica attraversa le colline dell'Esterel e scende a Cannes. Proseguendo lungo il mare, all'altezza di Golf-Juan si può salire a Vallauris scendere ad Antibes e, arrivati a Gros de Cagnes, tornare nell' entroterra.

Da Vence altri 14 chilometri portano - attraverso il villaggio di Tourrettes - al canyon del loup e da qui, percorrendo la strada secondaria D 6, all'incantevole St. Paul.

Da St. Paul, tornati a Cagnes, si prosegue lungo la Nazionale 7 fìno a Nizza e, giunti al porto, si sale verso la Moyenne Corniche per evitare il traffico sempre intenso che scorre lungo il mare. Non solo per questo, ma per avere lo possibilità, prima di varcare il confìne, di visitare il villaggio di Eze. L'itinerario, partendo dal confìne italiano e tornandovi, è di 450 chilometri.

Fonte: ilturista.info

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By Admin (from 21/03/2011 @ 11:00:12, in en - Science and Society, read 1919 times)

Solar cells are made from semiconductors whose ability to respond to light is determined by their band gaps (energy gaps). Different colors have different energies, and no single semiconductor has a band gap that can respond to sunlight's full range, from low-energy infrared through visible light to high-energy ultraviolet.

Although full-spectrum solar cells have been made, none yet have been suitable for manufacture at a consumer-friendly price. Now Wladek Walukiewicz, who leads the Solar Energy Materials Research Group in the Materials Sciences Division (MSD) at the U.S. Department of Energy's Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab), and his colleagues have demonstrated a solar cell that not only responds to virtually the entire solar spectrum, it can also readily be made using one of the semiconductor industry's most common manufacturing techniques.

The new design promises highly efficient solar cells that are practical to produce. The results are reported in a recent issue of Physical Review Letters.

How to make a full-spectrum solar cell

"Since no one material is sensitive to all wavelengths, the underlying principle of a successful full-spectrum solar cell is to combine different semiconductors with different energy gaps," says Walukiewicz.

One way to combine different band gaps is to stack layers of different semiconductors and wire them in series. This is the principle of current high-efficiency solar cell technology that uses three different semiconductor alloys with different energy gaps. In 2002, Walukiewicz and Kin Man Yu of Berkeley Lab's MSD found that by adjusting the amounts of indium and gallium in the same alloy, indium gallium nitride, each different mixture in effect became a different kind of semiconductor that responded to different wavelengths. By stacking several of the crystalline layers, all closely matched but with different indium content, they made a photovoltaic device that was sensitive to the full solar spectrum.

However, says Walukiewicz, "Even when the different layers are well matched, these structures are still complex -- and so is the process of manufacturing them. Another way to make a full-spectrum cell is to make a single alloy with more than one band gap."

In 2004 Walukiewicz and Yu made an alloy of highly mismatched semiconductors based on a common alloy, zinc (plus manganese) and tellurium. By doping this alloy with oxygen, they added a third distinct energy band between the existing two -- thus creating three different band gaps that spanned the solar spectrum. Unfortunately, says Walukiewicz, "to manufacture this alloy is complex and time-consuming, and these solar cells are also expensive to produce in quantity."

The new solar cell material from Walukiewicz and Yu and their colleagues in Berkeley Lab's MSD and RoseStreet Labs Energy, working with Sumika Electronics Materials in Phoenix, Arizona, is another multiband semiconductor made from a highly mismatched alloy. In this case the alloy is gallium arsenide nitride, similar in composition to one of the most familiar semiconductors, gallium arsenide. By replacing some of the arsenic atoms with nitrogen, a third, intermediate energy band is created. The good news is that the alloy can be made by metalorganic chemical vapor deposition (MOCVD), one of the most common methods of fabricating compound semiconductors.

How band gaps work

Band gaps arise because semiconductors are insulators at a temperature of absolute zero but inch closer to conductivity as they warm up. To conduct electricity, some of the electrons normally bound to atoms (those in the valence band) must gain enough energy to flow freely -- that is, move into the conduction band. The band gap is the energy needed to do this.

When an electron moves into the conduction band it leaves behind a "hole" in the valence band, which also carries charge, just as the electrons in the conduction band; holes are positive instead of negative.

A large band gap means high energy, and thus a wide-band-gap material responds only to the more energetic segments of the solar spectrum, such as ultraviolet light. By introducing a third band, intermediate between the valence band and the conduction band, the same basic semiconductor can respond to lower and middle-energy wavelengths as well.

This is because in a multiband semiconductor, there is a narrow band gap that responds to low energies between the valence band and the intermediate band. Between the intermediate band and the conduction band is another relatively narrow band gap, one that responds to intermediate energies. And finally, the original wide band gap is still there to take care of high energies.

"The major issue in creating a full-spectrum solar cell is finding the right material," says Kin Man Yu. "The challenge is to balance the proper composition with the proper doping."

In solar cells made of some highly mismatched alloys, a third band of electronic states can be created inside the band gap of the host material by replacing atoms of one component with a small amount of oxygen or nitrogen. In so -- called II-VI semiconductors (which combine elements from these two groups of Mendeleev's original periodic table), replacing some group VI atoms with oxygen produces an intermediate band whose width and location can be controlled by varying the amount of oxygen. Walukiewicz and Yu's original multiband solar cell was a II-VI compound that replaced group VI tellurium atoms with oxygen atoms. Their current solar cell material is a III-V alloy. The intermediate third band is made by replacing some of the group V component's atoms -- arsenic, in this case -- with nitrogen atoms.

Finding the right combination of alloys, and determining the right doping levels to put an intermediate band right where it's needed, is mostly based on theory, using the band anticrossing model developed at Berkeley Lab over the past 10 years.

"We knew that two-percent nitrogen ought to do the job," says Yu. "We knew where the intermediate band ought to be and what to expect. The challenge was designing the actual device."

Passing the test

Using their new multiband material as the core of a test cell, the researchers illuminated it with the full spectrum of sunlight to measure how much current was produced by different colors of light. The key to making a multiband cell work is to make sure the intermediate band is isolated from the contacts where current is collected.

"The intermediate band must absorb light, but it acts only as a stepping stone and must not be allowed to conduct charge, or else it basically shorts out the device," Walukiewicz explains.

The test device had negatively doped semiconductor contacts on the substrate to collect electrons from the conduction band, and positively doped semiconductor contacts on the surface to collect holes from the valence band. Current from the intermediate band was blocked by additional layers on top and bottom.

For comparison purposes, the researchers built a cell that was almost identical but not blocked at the bottom, allowing current to flow directly from the intermediate band to the substrate.

The results of the test showed that light penetrating the blocked device efficiently yielded current from all three energy bands -- valence to intermediate, intermediate to conduction, and valence to conduction -- and responded strongly to all parts of the spectrum, from infrared with an energy of about 1.1 electron volts (1.1 eV), to over 3.2 eV, well into the ultraviolet.

By comparison, the unblocked device responded well only in the near infrared, declining sharply in the visible part of the spectrum and missing the highest-energy sunlight. Because it was unblocked, the intermediate band had essentially usurped the conduction band, intercepting low-energy electrons from the valence band and shuttling them directly to the contact layer.

Further support for the success of the multiband device and its method of operation came from tests "in reverse" -- operating the device as a light emitting diode (LED). At low voltage, the device emitted four peaks in the infrared and visible light regions of the spectrum. Primarily intended as a solar cell material, this performance as an LED may suggest additional possibilities for gallium arsenide nitride, since it is a dilute nitride very similar to the dilute nitride, indium gallium arsenide nitride, used in commercial "vertical cavity surface-emitting lasers" (VCSELs), which have found wide use because of their many advantages over other semiconductor lasers.

With the new, multiband photovoltaic device based on gallium arsenide nitride, the research team has demonstrated a simple solar cell that responds to virtually the entire solar spectrum -- and can readily be made using one of the semiconductor industry's most common manufacturing techniques. The results promise highly efficient solar cells that are practical to produce.

Source: ScienceDaily

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By Admin (from 21/03/2011 @ 08:00:44, in ro - Stiinta si Societate, read 1958 times)

 La zece ani dupa nasterea oitei Dolly, prima clona a unui mamifer obtinuta dintr-o celula de animal adult, comunitatea stiintifica britanica nu a ajuns la o concluzie comuna privind utilitatea reala a tehnicii clonarii in cazul omului. A clonarii si mai ales a clonarii terapeutice, prin dezvoltarea de celule suse embrionare, in speranta ca o serie de maladii degenerative precum Alzheimer, cancerul etc. vor putea fi stopate. Profesorul Ian Wilmut „parintele” clonei Dolly, s-a aratat deceptionat de progresele realizate in acest sens. O tehnologie performanta a clonarii terapeutice este, in opinia sa, realizabila peste 40-50 de ani.

Clonarea reproductiva, in cazul animalelor, se efectueaza frecvent. Au fost clonati cai, tauri, porci, soareci, sobolani, vulpi, pisici, câini...  urmând sa fie crescut in herghelia societatii Cryozootech unde va fi pregatit pentru diverse probe, timp de doi ani. In SUA, industria clonarii animalelor domestice e prospera. Clonarea terapeutica nu ii entuziasmeaza insa pe toti oamenii de stiinta. Multi dintre ei se intreaba daca e intr-adevar cea mai buna solutie pentru a lupta impotriva bolilor, optiunea lor fiind in special legata de masuri de preventie.

Un lucru este cert: deocamdata nimeni nu stapâneste tehnologia productiei de celule suse embrionare. Singurul cercetator care ar fi reusit sa extraga linii de celule suse dintr-un embrion obtinut prin clonare a fost sud-coreanul Hwang Woo-suk, care s-a dovedit insa a fi un sarlatan. Cât despre Dolly, cea care a stârnit valuri uriase de entuziasm in rândul specialistilor, aceasta ramâne un mit. In februarie 2003 a fost eutanasiata in urma unei maladii pulmonare incurabile si a unei artrite. Si, o veste de „ultima ora”:

Societatea franceza Cryozootech in colaborare cu Universitatea din Texas a realizat o copie genetica a unui cal, campion mondial absolut la cursa cu obstacole, in vârsta de 20 de ani. Mânzul este cel de-al treilea animal clonat de cercetatorii de la Cryozootech care intentioneaza sa obtina noi clone ale celebrului armasar. Pentru asta au procedat la o biopsie, celulele prelevate fiind congelate in azot lichid la o temperatura de -196ºC. Mânzul, care se afla intr-o excelenta stare de sanatate, are exact acelasi patrimoniu genetic ca si donatorul.

Cercetatorii au decis ca urmasul campionului sa fie folosit doar ca reproducator. Peste doua luni el va pleca din Texas spre Franta, urmând sa fie crescut in herghelia societatii Cryozootech unde va fi pregatit pentru diverse probe, timp de doi ani.

DORIN MARAN - magazin.ro

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By Admin (from 20/03/2011 @ 14:00:42, in it - Scienze e Societa, read 3223 times)

Maribor, città universitaria, la metropoli della Stiria slovena, è il secondo centro culturale ed economico della Slovenia. Una volta gigante industriale si sta trasformando velocemente in un centro culturale, d'affari, sportivo, di manifestazioni e in un moderno centro turistico della Slovenia nordorientale. Maribor, conosciuta anche come: "città sotto il verde massiccio del Pohorje", si estende lungo le due rive della Drava. Il suo aspetto ordinato, il verde contorno di colline vinifere e l'antica Vite antica sul Lent (già porto fluviale) regalano al panorama cittadino un'impronta piacevole, cordiale e ospitale.

Maribor è sorta da un abitato antico che mise radici sulle sponde della Drava già nella preistoria. Nel medioevo, nei primi del sec. XIII Maribor o "castello nella Marca" venne promossa a borgo commerciale e nel 1254 a città, la città visse sviluppando il commercio, la vinicoltura, la riscossione del dazio e l'artigianato. Un gruppo economico importante era rappresentato dagli Ebrei, espulsi dalla città nel sec. XV. In tutta la sua storia medievale, Maribar fu protetta dagli Asburgo che alla città conferirono molti privilegi. Una forte spinta economica venne nel 1846, quando il primo treno dell'importantissima arteria Vienna - Trieste arrivò da Graz.
L'aspetto sloveno della città si deve a due uomini: il vescovo Anton Martin Slomsek, che con il trasferimento della diocesi lavantina a Maribor nel 1859 delineò i confini sloveni, e il generale e poeta Rudolf Maister, che nel 1918 con l'esercito sloveno riuscì a difendere questi confini.

Già nel 1852 a Maribor sorse il primo teatro, edificio che oggi ospita la sede delle massime istituzioni professionali del Teatro nazionale sloveno di Maribor: teatro di prosa, teatro lirico e balletto. Il ricco Museo provinciale di Maribor (Pokrajinski muzej), ospitato nel monumentale castello civico, costruito nel 1483, rappresenta il cuore del centro storico. La ricca cultura esportata dalla città di Maribor, con orgoglio, anche oltre i confini cittadini, viene ampliata da musei e gallerie civici, dal Centro culturale e di manifestazioni (Kulturno-prireditveni center) Narodni dom Maribor nonché da numerosi gruppi di dilettanti. Le radici della vita accademica risalgono al lontano 1859, quando la città ebbe la sua prima scuola a livello universitario: il seminario. L'odierna università vanta nove facoltà, una ricca biblioteca, un maestoso rettorato uno dei più begli edifici della città - e, naturalmente, una frenetica vita studentesca allegra e culturale.

Maribor è sempre stata la città della cultura, dello sport e dell'intrattenimento, dei festival ...
Non a caso proprio qui nel 1966 nacque la prima rassegna dei teatri sloveni, chiamata National Festival Borstnikovo Sreèanje, che ancor'oggi rappresenta l'apice della creatività teatrale slovena. l cittadini e i numerosi ospiti, anche oggi, sono giustamente orgogliosi delle manifestazioni di Maribor. Grazie a più di una, Maribor è famosa in tutto il mondo. Una delle più rinomate e più frequentate è sicuramente la tradizionale Volpe d'Oro, gara femminile di slalom speciale e slalom gigante valida per la Coppa del mondo di sci alpino (sulla piste sciistiche del Pohorje). Rappresentano un orgoglio particolare il Festival internazionale e multiculturale di Lent, una delle più grandi manifestazioni di questa zona d'Europa, la manifestazione enologica chiamata "Nell'abbraccio della vite antica", il Settembre musicale, il battesimo degli zatterieri, le manifestazioni carnevalesche nella città, le massime gare internazionali sportive ecc.

Le storia legata al vino, a Maribor ha una tradizione secolare. La guerra del vino di trecento anni, provocata dai privilegi asburgici per il commercio del vino nelle regioni dell'Austria superiore che "infuriava" tra le medievali città di Ptuj e di Maribor, è un'evidente prova che a Maribor il vino era una cosa seria. La zona vinicola di Maribor vanta vini di prestigio: nobili ed eccellenti fondamenta sono state gettate da uno dei pretendenti al trono austriaco, l'arciduca Giovanni, grande amico, maestro e mecenate dei viticoltori stiriani. La vite antica, la più antica vite del mondo, è una prova di tenacità e di ferma perseveranza nella produzione dei vini a Maribor. ln città e dintorni ad ogni passo incontrerete segni indelebili di questa tradizione. Le lussureggianti colline vinicole con numerose strade del vino e fattorie vinicole, abbracciano piacevolmente la città che nel suo seno nasconde una delle più grandi e classiche cantine vinicole d'Europa, nota per i vini bianclli di prestigio nonché per l'amato Mariborèan. Gli abitanti di Maribor apprezzano i propri vini così come apprezzano le specialità della cucina stiriana slovena.

Lo sviluppo della città non si è fermato agli antichi muri della città prima medievale e più tardi industriale. Maribor si sta sviluppando in una moderna città commerciale e in uno dei più grandi centri turistici del Paese. Qui, sotto il Pohorje, l'anno la loro sede anche Terme di Maribor di cui fa parte l'albergo Habakuk di categoria lusso, con annesso Centro congressi, centro salute e bellezza nonchè centro medico e ricreativo Fontana. Offrono, inoltre, ottime opportunità per trascorrere una vacanza: l'albergo Arena, i villaggi turistici Martin e Bolfenk, il residence Pohorje e i numerosi rifugi alpini nelle immediate vicinanze delle piste da sci e degli impianti di risalita.
 
Sul Pohorje si estendono i più grandi campi da sci sloveni, con le più moderne attrezzature per la preparazione delle piste sciistiche. Le ricche foreste con il parco "adrenalinico" e con altri sentieri o parchi tematici offrono l'opportunità di vivere esperienze indimenticabili in tutte le stagioni, sia per gli amanti del movimento sia per gli amanti del relax.
Si parte per le numerose fattorie vinicole ubicate lungo le strade del vino, proprio dalle vie del centro cittadino, dove si può pernottare negli alberghi Piramida, Orel, Garni Hotel Tabor ... e per divertirsi ci sono numerevoli e piacevoli manifestazioni nonché il casinò.

Fonte: Ufficio del Turismo di Maribor

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By Admin (from 20/03/2011 @ 11:00:32, in en - Global Observatory, read 3473 times)

A strain of bacteria found in soil is being studied for its ability to convert waste from a promising alternative fuel into several useful materials, including another alternative fuel.

A graduate student at The University of Alabama in Huntsville is developing biological tools to make products from crude glycerol -- a waste material from the production of biodiesel. The research is being funded by the National Science Foundation.

Disposing of glycerol has been a problem for the biodiesel industry, according to Keerthi Venkataramanan, a student in UAHuntsville's biotechnology Ph.D. program. "Many companies have had problems disposing of it. The glycerol you get as a byproduct isn't pure, so it can't be used in cosmetics or animal feeds. And purifying it costs three times as much as the glycerol is worth."

The volume of glycerol produced is also daunting: About 100,000 gallons of glycerol is produced with every million gallons of biodiesel manufactured from animal fats or vegetable oils. (In 2009 more than 500 million gallons of biodiesel were produced in the U.S. while more than 2.75 billion gallons were produced in Europe.)

Two major American companies "were made to close biodiesel plants in Europe because they couldn't dispose of their crude glycerol," Venkataramanan said. He is working with the Clostidium pasteurianum bacteria, which "eats" glycerol and produces several potentially useful byproducts.

"This strain is found deep in the soil," he said. "It was originally studied for its ability to 'fix' nitrogen from the air."

The bacteria uses glycerol as a carbohydrate source. From that they produce three alcohol byproducts -- butanol, propanediol and ethanol -- plus acetic acid and butyric acid. Butanol is a particularly interesting byproduct.

"Butanol is a big alcohol molecule, twice as big as ethanol," Venkataramanan said. "You can use it as an industrial solvent and it can be used in cars, replacing gasoline with no modifications. It doesn't have some of the problems you have with ethanol, such as rapid evaporation. And ethanol is a two-carbon molecule, but butanol is a four-carbon molecule so its energy value is much higher. In fact, there are plans to use it for jet fuel.

"You can also get butanol from crude oil, but this biological process is less polluting."

In their present form, the bacteria convert about 30 to 35 percent of their gylcerol meals into butanol and another 25 to 30 percent into a chemical used to make plastics.

Venkataramanan is looking at different strategies to improve that yield. He is also studying the bacteria's genes to see if a more productive strain can be bioengineered.

Other groups in the U.S. and abroad are studying a variety of fungi, bacteria and algae for glycerol conversion, but Venkataramanan says his strain has several advantages. Some of the bacteria being studied are dangerous pathogens, while Clostidium pasteurianum "is a completely non-pathogenic strain," he said. "An accidental release is not a big deal. You get it from the soil, so if you spill any you're putting it back in the soil."

Source: ScienceDaily

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By Admin (from 20/03/2011 @ 08:00:22, in ro - Stiinta si Societate, read 2262 times)

 Printre cele mai pretuite relicve sacre ale crestinatatii se numara Sfântul Graal, potirul din care, conform traditiei, ar fi baut Iisus la „Cina cea de Taina”. Potirul a stârnit, de-a lungul timpului, numeroase controverse, fiind readus in centrul atentiei de catre hipermediatizatul roman al lui Dan Brown, „Codul lui da Vinci”. Se pare insa ca scriitorul american a batut câmpii scriind ca legendarul artefact ar fi fost de fapt o reprezentare metaforica pentru Maria Magdalena. In ciuda acestei fanteziste idei, pasionatii de mistere din Japonia sunt de parere ca Sfântul Graal ar fi chiar un potir, ajuns cândva pe indepartatele meleaguri de la Soare-Rasare...

In anul 1935, istoricul japonez Kiyomaro Takeuchi a descoperit, cercetând arhivele prefecturii Ibaraki, un straniu manuscris ce amintea ca un anume Ioshua, nascut la Betleem, ar fi fost ingropat in satul Herai, districtul Aomori. Documentul parea autentic, dar stirea li s-a parut autoritatilor nipone atât de exploziva incât nu au permis opiniei publice sa aiba acces la ea si au incuiat pergamentul in depozitele unui muzeu din Tokyo. In timpul razboiului, insa, muzeul a fost distrus si pretioasa marturie arsa. Din fericire, Takeuchi realizase copii dupa el, copii care se afla si astazi in posesia familiei sale. Una dintre copii se afla chiar in muzeul din fostul sat Herai, actualmente Shingo, ai carui locuitori se lauda ca asezarea lor l-ar fi gazduit cândva pe Iisus.

Amagusa Shiro, urmasul lui Iisus?

 Potrivit legendelor, pe care oricare om din Shingo le stie pe de rost, Iisus s-ar fi aflat in Orient, pe perioada „lipsa” din viata lui, intre vizita la templu la 12 ani si inceputul predicilor in Iudeea, la 30. Apoi, dupa ce ar fi reusit sa scape de crucificare, Iisus si-ar fi gasit refugiul in Japonia, unde ar fi avut urmasi si ar fi murit, la adânci batrânete, mormantul lui, deasupra caruia se afla o simpla cruce de lemn, putând fi si astazi vazut. Desigur, teologii desfid o asemenea teorie, cercetatorii o privesc cu scepticism, dar cert e faptul ca, pe seama legendei a inflorit turismul in regiunea Shingo, mii de vizitatori venind sa vada „locul unde ar fi fost ingropat Iisus”. Interesant e faptul ca stindardul militar al conducatorului rebeliunii crestine din secolul 17, Amagusa Shiro, reprezenta un potir, deasupra caruia se aflau o pâine si literele INRI (Iesus Nazarenus, Rex Iudaeorum) Stindardul, aflat astazi in muzeul din Hondo, prefectura Kumamoto, este considerat unul dintre cele trei steaguri sacre ale crestinatatii, alaturi de drapelul cruciatilor si flamura Ioanei d'Arc. Rebeliunea, ramasa in istorie sub denumirea de „Shimabara”, a opus cei 37.000 de crestini condusi de adolescentul Amagusa, armatei de 124.000 de soldati a Shogunului.

Toti crestinii au fost masacrati fara mila de catre trupele guvernamentale. Dar cum au putut oare atâtea mii de crestini sa-si incredinteze soarta in mâinile unui copil de nici 16 ani? Gestul lor pare absurd, dar incepe sa capete logica daca adaugam ca Amagusa se considera un descendent direct al lui Iisus, pastrator al „Sfântului Graal”, pe care l-a infatisat, de altfel, pe propriul steag. Despre ce s-a intâmplat cu „potirul sacru” dupa inabusirea rebeliunii, nu se mai stie nimic. A disparut cu desavârsire sau se afla pastrat in cine stie ce locatie secreta, iata un mister care probabil nu va mai fi niciodata dezlegat...

Sursa: magazin.ro

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By Admin (from 19/03/2011 @ 21:02:27, in en - Video Alert, read 2648 times)

@patsaxon:
Oh wait, here's the kicker... is your God so vengeful that apparently he has to kill and destroy in order to make people believe in him? "Believe in me and do as I say or else!" Only tyrants do that... clearly your God is exactly that and more!

Spetsop


Religion has done something good for me, I now take care of myself by eating well and exercising and living a healthy life all because of religion. Because I want to live long enough to see the headline: "About Time! Religion Finally Dies!" So thank you religion!

kissmyass682

Source: youtube


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By Admin (from 19/03/2011 @ 14:00:56, in ro - Stiinta si Societate, read 1667 times)

 Controversele generate de „statutul" fosilei umane vechi de 18.000 de ani, descoperita in insula indoneziana Flores in 2004, in apropiere de fragmentele osoase ale altor 9 indivizi, continua. Unii specialisti considera ca e vorba de un individ bolnav. Altii sunt convinsi ca acesta apartine unei noi specii. Craniul, in opinia celor mai multi specialisti, apartine unui Homo sapiens care suferea de microcefalie (o patologie ce presupune dezvoltarea insuficienta a craniului si a creierului). Comunicarea acestei descoperiri a fost, la vremea ei, senzationala intrucât se presupunea faptul ca de la disparitia omului de Neanderthal, in urma cu 30.000 de ani, specia Homo sapiens a ramas singurul reprezentant al genului.

Cine era, totusi, omul din Flores? Dezbaterea se anunta lunga si sofisticata. Asa cum s-a intâmplat dupa descoperirea primului om de Neanderhal in secolul XIX. Unii oameni de stiinta il considerau „degenerat" pâna in momentul in care au fost descoperite zeci de specimene similare. Asteptând sa apara noi fosile ale omului din Flores (Homo floresiensis) si rezultatele cercetarilor ADN aflate in curs, specialistii continua sa-si sustina teroriile legate de acest specimen. Iata cele mai importante din acestea:

1) In viziunea cercetatorilor de la Field Museum din Chicago, volumul creierului LB1 (inmatricularea fosilei) de 400 cm3 e mult prea mic pentru un individ normal chiar daca acesta are o inaltime de 1 metru. Regulile biometriei care studiaza, mai ales in cazul primatelor, relatia dintre marimea organelor si cea corporala, ar fi compromise, in acest caz. Fosila a fost gasita lânga unelte prea complicate pentru putea fi confectionate de indivizi cu o capacitate cerebrala echivalenta cu cea a unui cimpanzeu. In concluzie, ar fi vorba de un specimen bolnav si nimic mai mult.

      2) Specialistii de la Universitatea de stat din Florida sunt de parere ca interesul nu trebuie centrat asupra marimii creierului ci asupra organizarii sale interne: lobii temporali si frontali ai omului din Flores sunt diferiti de cei ai lui Homo sapiens. Proportiile „delicate" ale fosilei din Flores indica faptul ca ar fi vorba de nanism insular asa cum s-a intâmplat in cazul unor mamifere, cu mult timp inainte (cum ar fi, de pilda, elefantii). Cât priveste uneltele, acestea seamana foarte mult cu cele descoperite in grota din Liang Bua. In plus, sunt mai vechi (din urma cu 800.000 de ani) ceea ce inseamna ca astfel de obiecte ar fi putut fi confectionate si de omul din Flores. Sau de Homo erectus, Homo georgicus... (Homo georgicus, descoperit in Eurasia, ar fi dat nastere omului din Flores) Chiar daca sunt fragmentare, resturile celor noua indivizi sugereaza faptul ca este vorba de liliputani si nu de un caz patologic printre indivizi normali.

DORIN MARAN - magazin.ro

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By Admin (from 19/03/2011 @ 11:00:53, in it - Scienze e Societa, read 3000 times)

In italiano si chiama Bleda e in tedesco è conosciuto come Veldes, ma il nome originale di questo paesino sloveno è Bled. Comunque lo si chiami, si tratta di un agglomerato di edifici a dir poco fiabesco, situato in uno scenario da sogno che ricorda l’illustrazione di un libro di fate: incastonato nella parte nord-occidentale della Slovenia, alle falde delle imponenti Alpi Giulie, Bled è un piccolo gioiello che fa innamorare. Nonostante le dimensioni, piuttosto ridotte, si tratta di una meta turistica molto importante, frequentata ogni anno da visitatori provenienti dall’Austria, dalla Germania e dall’Italia, e che per questo motivo, in estate, assiste a un aumento notevole della popolazione.

Uno dei dettagli più noti è certamente il suo lago, del diametro di circa 2 km, uno specchio di smalto turchese, con una pietra preziosa incastonata nel centro: è la piccola isola che ospita la chiesetta dell’Assunzione della Vergine. Ad esso, tra le bellezze locali più valide, si aggiungono le favolose fonti termali, benefiche sorgenti scoperte e apprezzate sin dalla seconda metà dell’Ottocento.

L’escursione a Bled può iniziare proprio dalla navigazione sul lago e dalla conquista dell’isolotto, raggiungibile facilmente con le barchette a remi che si noleggiano lungo la riva. Ogni stagione regala uno scenario differente, ogni volta carico di fascino e atmosfere magiche: in primavera e in estate la natura brilla di tinte accese, agghindata di verdi lucenti e spruzzi di fiori tra la vegetazione; in autunno le foglie tutt’intorno al lago si incendiano di toni caldi e la nebbia vellutata, che si eleva dalle acque, sfuma i colori dorati dando al paesaggio un’espressione misteriosa. Il culmine della magia si raggiunge però in inverno, quando la neve glassa il paesaggio e lo protegge con la sua coperta candida: allora il lago diventa uno scudo argentato immerso nella bambagia, e l’isoletta centrale, con la sua chiesa imbiancata, pare una scultura di zucchero. Per godere di tanta bellezza navigare sull’acqua è l’ideale, ma vale la pena anche di passeggiare intorno al lago via terra, lungo i sentieri che lo circondano. Qui, lungo le sponde, si incontrano i campeggi, gli impianti turistici e gli alberghi, pronti ad accogliervi con cortesia e professionalità.

La Chiesa dell’Assunzione che occupa il punto più alto dell’isolotto è una bella costruzione medievale, poi riadattata in stile barocco, affiancata da una torre campanaria e preceduta da una monumentale scalinata in pietra composta da 99 gradini. All’interno si rimane rapiti dalla bellezza degli affreschi, raffiguranti alcune scende della vita della Madonna, e si incontra la famosa “campana dei desideri”: narra la leggenda che chi suona questa antica campana, realizzata nel 1534, vedrà realizzarsi ogni suo sogno.

Ad ammirare il lago e la chiesa dall’alto, da circa 604 metri di quota, c’è il bellissimo Castello di Bled, appollaiato alla sommità di un colle. Realizzato probabilmente intorno all’anno Mille e in seguito ampliato e modificato più volte, il maniero ospita un interessante museo ed è aperto al pubblico ogni giorno dell’anno dalle 8 di mattina, con chiusura invernale alle 17.00 e chiusura estiva alle 20.00. Non sono da meno le meraviglie naturali, come la “Babji Zob”, una grotta sotterranea di oltre 300 metri di lunghezza, costellata di stalattiti e stalagmiti, visitabile con una guida ogni sabato e domenica da maggio a settembre. Interessanti anche la Gola del Vintgar, lunga 1.6 km, scavata dal torrente Radovna, e la Cascata pod Iglico del torrente Suha, alta circa 18 metri.

Per finire, dopo tanto vagare e esplorare, ci si può dedicare alla cura del corpo e alla distensione della mente nelle terme di Bled. Le fonti vengono convogliate nelle piscine di tre diversi alberghi, dove le acque vengono ulteriormente riscaldate. La temperatura costante alla sorgente è di circa 23°C e l’acqua contiene acidi carbonici liberi e Sali naturali, tra cui cloruro di sodio, cloruro di zolfo e di carbonio, carbonato di calcio e di magnesio e cloruro di calcio.

A conciliare il relax c’è anche il clima di Bled, di tipo temperato subalpino, con la stagione balneare più lunga di tutte le mete turistiche alpine. A proteggere il centro dai gelidi venti del nord ci pensano le vette delle Alpi Giulie e delle Karavanke, e le nebbie sono un fenomeno praticamente assente nei mesi estivi. La temperatura media del mese più caldo, luglio, si aggira intorno ai 18°C, mentre quella di gennaio scende a -1.7°C.

Da non perdere, poi, i numerosi eventi che vengono organizzati in ogni periodo dell’anno nel centro di Bled. Tra le occasioni principali ci sono il Violina Festival che si tiene tra giugno e luglio e porta in città tanti violinisti di fama internazionale; il Blejski dnevi, a fine luglio, una fiera del’artigianato locale accompagnata da concerti, spettacoli e fuochi d’artificio sul lago; infine il concerto di Natale con la fiaccolata lungo lo specchio d’acqua, la festa di capodanno con i giochi pirotecnici sulle rive e il concerto di musica classica di fine anno nella Sala dei Festival.

Per raggiungere la località slovena si possono valutare differenti possibilità. L’aeroporto più vicino è quello di Brnik/Ljubljana (Lubiana), a circa 36 km, mentre la stazione ferroviaria locale si trova sul lato opposto del lago rispetto al paese, a circa 5 km dal centro. Per arrivare in treno da Lubiana occorre circa 1 ora e mezza cambiando a Jesenice, mentre da Nova Gorica, accanto a Gorizia, partono i treni diretti che raggiungono Bled in un paio d’ore. Da Venezia Mestre si giunge a destinazione in 4-6 ore con uno o due cambi di treno.

Giunti a Lubiana una valida soluzione per completare il viaggio possono essere gli autobus, che partono quasi ogni ora a arrivano a destinazione in un’ora e mezzo. Chi viaggia con la propria auto dovrà, da Trieste, prendere l’autostrada per Lubiana e proseguire per Jesenice: Bled si raggiunge in meno di 2 ore.

Fonte: ilturista.info

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By Admin (from 19/03/2011 @ 08:00:31, in en - Global Observatory, read 2205 times)

Agave, currently known for its use in the production of alcoholic beverages and fibers, thrives in semi-arid regions where it is less likely to conflict with food and feed production. Agave is a unique feedstock because of its high water use efficiency and ability to survive without water between rainfalls. An article in the current issue of Global Change Biology Bioenergy evaluates the potential of Agave as a sustainable biofuel feedstock.

Scientists found that in 14 independent studies, the yields of two Agave species greatly exceeded the yields of other biofuel feedstocks, such as corn, soybean, sorghum, and wheat. Additionally, even more productive Agave species that have not yet been evaluated exist.

According to bioenergy analyst, Sarah Davis, "We need bioenergy crops that have a low risk of unintended land use change. Biomass from Agave can be harvested as a co-product of tequila production without additional land demands. Also, abandoned Agave plantations in Mexico and Africa that previously supported the natural fiber market could be reclaimed as bioenergy cropland. More research on Agave species is warranted to determine the tolerance ranges of the highest yielding varieties that would be most viable for bioenergy production in semi-arid regions of the world."

Agave is not only an exciting new bioenergy crop, but its economically and environmentally sustainable production could prove to successfully stimulate economies in Africa, Australia, and Mexico, if political and legislative challenges are overcome.

Source: ScienceDaily

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