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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Il cosiddetto "scandalo fiscale planetario". A finire sotto la lente d'ingrandimento dell'ICIJ questa volta è la Deutsche Bank, la più grande banca tedesca.

Secondo quanto rivelato dall'ICIJ, in collaborazione con il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, la Deutsche Bank avrebbe aiutato i propri clienti a sviluppare e mantenere oltre 300 compagnie "offshore" (per la precisione, 309) all'interno di paradisi fiscali attraverso una sua filiale che ha sede a Singapore.

I dipendenti della banca tedesca coinvolti sarebbero più di un centinaio. Quest'ultimi, con l'aiuto di un'altra compagnia con sede a Singapore, la Portcullis TrustNet, avrebbero aiutato i clienti della Deutsche Bank a creare entità offshore dai nomi più strani come “Thrilling Returns Incorporated,” “Amazing Opportunity Limited” e “Market Dollar Group Limited”.

La banca tedesca, per adesso, si è rifiutata di rispondere a domande precise ma ha solamente fornito un commento generale. "La Deutsche Bank non sta offrendo nessun consiglio fiscale o servizio di registrazione di compagnie in paradisi fiscali" si legge in una nota di un portavoce.

Nonostante queste dichiarazioni, tuttavia, l'imbarazzo delle grandi istituzioni finanziarie continua a crescere. Secondo Frank Wehrheim, capo dell'unità investigazioni fiscali nella città di Francoforte, le grandi banche come la Deutsche Bank sono responsabili per "complicità in frode fiscale, riciclaggio di denaro e crimini simili".

Nonostante ciò, i paradisi fiscali mantengono legislazioni tributarie e fiscali molto complesse che, nella maggior parte dei casi, non permettono alle autorità di andare a fondo.

Fonte: it.ibtimes.com - Autore: Dario Saltari

 

Ciononostante, ogni mese, tonnellate di scorie nucleari ad altissima radioattività viaggiano sui binari ferroviari delle nostre città, senza che la popolazione ne venga messa al corrente. Ho chiesto a Stefano Ciafani, vicedirettore nazionale di Legambiente, di raccontarlo al blog.

I TRENI DELLA MORTE

intervista a Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente

 Il nostro Paese continua ad essere interessato, ormai da qualche anno, dall’esportazione soprattutto di barre di uranio irraggiato, ovvero il combustibile che veniva utilizzato nelle quattro centrali italiane che erano in funzione fino agli anni ’80, e che poi fortunatamente sono state spente grazie al referendum approvato e poi votato dalla maggioranza degli Italiani nell’’87. Quelle barre vengono esportate su rotaia, e dovrebbe essere segnalato chiaramente agli abitanti dei territori che vengono attraversati. Cosa che succede abbastanza normalmente negli altri Paesi. Noi non stiamo facendo nulla di tutto ciò.

 In questo periodo la direttrice principale è Piemonte- Francia, anche se qualche mese fa c’era stato un viaggio, di cui non si è parlato adeguatamente e che ha scatenato molte polemiche sul territorio, che dalla provincia di Vercelli doveva andare verso Trieste, perché in quel caso i rifiuti radioattivi sarebbero stati imbarcati su una nave per essere poi destinati all’esportazione via mare. Diciamo che ci sono magari differenze nelle tratte, ma la costante è la totale assenza di corretta informazione su questi viaggi molto pericolosi che, se in alcuni casi sono inevitabili, devono esser fatti nel rispetto delle norme, nel rispetto della giusta necessità da parte dei cittadini di essere informati. E questo purtroppo non si sta facendo.

 I treni con le scorie radioattive viaggiano sui binari tradizionali: quindi sulle ferrovie che vengono ogni giorno seguite dai treni dei pendolari, dai treni di chi si sposta da una città all’altra piuttosto che dai treni merci. Ed è per questo che è fondamentale informare le popolazioni, perché ad esempio quei treni passano nelle stazioni, dove magari ci sono persone che stanno aspettando il treno per andare al lavoro, o per andarsene in un’altra città o per andarsene in vacanza e magari rischiano di vedersi passare il treno coi rifiuti radioattivi davanti senza saperlo. Ecco, questo è il punto: si deve rendere consapevole la popolazione che a quell’ora, in quella stazione ferroviaria, oppure a quell’ora, a quel passaggio a livello, oppure a quell'ora, davanti a una casa, passa il treno. Si devono informare tutti che sta passando un treno coi rifiuti radioattivi. Chi non vuole starci, accanto a un treno coi rifiuti radioattivi, deve essere adeguatamente informato perché si deve allontanare quantomeno per quei minuti in cui il treno sta passando. Se non si dice a che ora e dove passerà il treno, i cittadini non potranno scegliere, saranno in qualche modo obbligati a subire il passaggio del treno con le scorie.

 La legge esiste. Viene previsto l’obbligo della corretta informazione. Il vuoto sta nella politica locale e nel network delle prefetture e dei territori che vengono interessati dal passaggio del treno, che non fanno quello che è previsto dalla norma. Questa è la cosa più grave che abbiamo denunciato per l’ennesima qualche lunedì fa. Un treno di scorie è più sicuro rispetto alle scorie che possono viaggiare su un TIR, su gomma, ma è possibile che si verifichino incidenti ferroviari. I cittadini devono essere informati sugli scenari possibili, anche quelli più catastrofici, che speriamo non si concretizzino mai. Senza un'adeguata informazione aumentano i rischi di coinvolgimento delle popolazioni o dei territori in potenziali incidenti. Dovremmo imparare dagli altri Paesi: continuiamo a gestire questa partita in maniera sbagliata, e questo finisce per creare inutili polemiche, che a loro volta producono tanti ritardi. Ma si tratta di ritardi voluti da chi decide di realizzare le opere: pensano di poter fare le cose alla chetichella, ma poi questa mancata informazione si paga. In Francia esiste una legge da diversi anni: la legge sul cosiddetto dibattito pubblico che prevede una fase di consultazione vera del territorio che sarà oggetto di questa nuova infrastruttura stradale, autostradale, ferroviaria, impiantistica eccetera... Insomma c’è una fase di discussione, a volte anche accesa, nella quale si mette in discussione il progetto o i suoi dettagli. Si perde un po’ di tempo prima, ma poi quel tempo che tu perdi prima dell’approvazione dell’impianto lo recuperi nel momento in cui l’impianto o l’infrastruttura trasportistica la devi realizzare, dopo.

 Stiamo facendo una cosa molto discutibile: inviamo i nostri rifiuti radioattivi all’estero, negli impianti di riprocessamento delle scorie. Li inviamo in quello francese piuttosto che in quello inglese di Sellafield. Poi le barre, dopo essere state trattate adeguatamente, vengono rispedite al mittente, nella loro parte, diciamo, di rifiuto, con tutto il loro contenuto altamente radioattivo. Quel tipo di radioattività decade con intervalli di tempo lunghissimi: si parla di decine di migliaia di anni. Questi rifiuti torneranno in Italia vetrificati, cementificati, ma con tutto il loro contenuto radioattivo che dovrà essere depositato nel famigerato deposito nazionale di rifiuti radioattivi che ancora ad oggi non è stato realizzato, e che ancora ad oggi non è stato neanche localizzato, dopo il folle percorso che il governo Berlusconi nel novembre del 2003 decise di imboccare quando decise la localizzazione di Scanzano Jonico in Basilicata. Volevano realizzare un deposito di rifiuti radioattivi senza aver fatto la minima condivisione con il territorio. Non lo sapevano gli enti locali, non lo sapevano i cittadini, non lo sapevano le categorie produttive, gli agricoltori e gli operatori turistici. Il risultato fu che come ricordiamo tutti la Basilicata fu bloccata dalle proteste popolari per un mese. E dopo un mese, il governo Berlusconi fece il secondo errore: dopo aver individuato un sito senza condividerlo con nessuno, decise di ritirare quella localizzazione, creando un precedente assolutamente pericoloso perché innanzitutto non abbiamo bisogno di un deposito per rifiuti ad alta attività, visto che fortunatamente dalla fine degli anni ’80 non ne produciamo più (e mi auguro non ne produrremo più, visto che il NO al nucleare detto in maniera chiara dagli Italiani nell’’87 è stato ribadito poi con altrettanta forza nel referendum del 2011).

Quei pochi rifiuti radioattivi ad alta produttività, l’Italia può stoccarli in quelli che la direttiva europea sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi definisce depositi internazionali, nei confini europei, magari realizzati in quei Paesi che continuano a produrre elettricità dall’atomo, e che quindi continuano a produrre rifiuti radioattivi. Tuttavia, dalla fine degli anni ’80, continuiamo a produrre ogni anni circa 2 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a media e bassa attività, che sono i rifiuti che sono prodotti nell’industria, piuttosto che negli ospedali, piuttosto che nei centri di ricerca. Ecco, li stiamo producendo anche nel 2013 e, quindi, è comunque necessario individuare uno o più siti che li possano ospitare, per le decine di anni in cui quei rifiuti continueranno ad emettere radioattività. Per questo genere di scorie in qualche modo bisognerà trovare una sistemazione nei confini nazionali. Ma  con il precedente di Scanzano ora sarà complicatissimo anche trovare una localizzazione per i rifiuti a media e bassa attività. Quindi è stato fatto un doppio disastro dall’allora governo Berlusconi, che purtroppo ancora oggi paghiamo perché, ad esempio, le scorie che stiamo inviando in Francia, le scorie che abbiano inviato nel passato in Gran Bretagna, quelle torneranno indietro, qui, con tutto il loro corico di radioattività. E noi, ad oggi, non sappiamo dove metterle. Non abbiamo neanche firmato un accordo con un altro Paese, nel rispetto della direttiva europea, per conferirli. Ad oggi, è bene ricordare che nessun Paese del mondo ha realizzato un deposito per rifiuti ad alta attività, un deposito definitivo. E non ce n’è neanche uno in attività. L'unico che c'è, negli Stati Uniti, è per rifiuti nucleari derivanti dalle attività militari, ma un deposito per rifiuti radioattivi civili non è attivo, parlo di depositi definitivi. E questo dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la follia che sta dietro a questa tecnologia per produrre elettricità, in Europa così come nel resto del mondo.

Fonte: byoblu.com - Autore: Valerio Valentini

 

In Germania il settore delle energie rinnovabili è la principale via di uscita di una politica energetica basata in precedenza sull’utilizzo del nucleare e del carbone e non sono pochi i progetti ambiziosi sviluppati in questi ultimi mesi. Oltre ad aver dichiarato l’abbandono definitivo del nucleare entro il 2022, qualcuno di voi ricorderà anche l’annuncio sulla futura conversione in senso rinnovabile del sistema ferroviario entro il 2050.

Adesso un altro importante progetto sta portando la Germania in pole position come uno dei Paesi più attenti alle politiche ambientali. Vicino alla città di Senftenberg, nel Brandeburgo in Germania, è stato inaugurato un parco solare su una vecchia miniera a cielo aperto della superficie di 200 ettari. Il terreno, da anni dismesso e inutilizzabile a scopo agricolo, è stato affidato ai lavori di tre importanti aziende leader nella costruzione degli impianti fotovoltaici: Safe Ray, Canadian Solar e GP JOULE. Sono bastati solo 3 mesi per installare 330.000 moduli solari con 62 centrali inverter necessarie per la conversione dell’energia.

Al momento si tratta del parco solare più grande del mondo, un vero e proprio fiore all’occhiello per i tedeschi a dimostrazione di come sia possibile osare con successo. Si stima che verranno prodotti 166 MW di energia che raggiungeranno le abitazioni di 50.000 famiglie. Il progetto, sviluppato dalla società berlinese Unlimited Energy GmbH, è stato possibile grazie all’intervento di tre primari istituti bancari tedeschi a sostegno dell’investimento necessario.

Ma l’impegno green della Germania non finisce qui, perchè come ha dichiarato Torsten Kash, managing director della GmbH, sono stati messi a punto dei progetti per la ripopolazione della fauna e della flora locale.

Sono stati lasciati 24 ettari al di fuori dell’area coparta dagli impianti fotovoltaici per le allodole, mentre i moduli solari sono stati integrati nel territorio garantendo un habitat il più possibile naturale per le altre specie di uccelli.

Nel complesso, un modo creativo e produttivo di recupero del territorio, a cui bisogna guardare con grande attenzione.

Fonte: tuttogreen.it

 

Per la legge 267 del 1942 non vi è uguaglianza fra cittadini ed essa non tutela il risparmio.
La legge 267 colpisce gli imprenditori privati, le società di capitali e le società di persone.

Colpisce sul piano penale i cittadini, che hanno la responsabilità sociale delle imprese e delle società private.Tutela i creditori dei privati cittadini e delle società.

Non colpisce le banche, gli istituti pubblici, gli enti parastatali. Non sono colpiti con la 267 i "managers " di Stato, i lottizzati del potere pubblico, mentre i privati sono considerati dissestatori, bancarottieri ed incriminati magari per pochi soldi, nulla di fronte alle migliaia di miliardi che vengono a mancare negli istituti pubblici dissestati.

Assistiamo in silenzio alla devastazione economica degli enti e delle aziende di stato.
Il Banco di Sicilia ha perso migliaia e migliaia di miliardi (sembra oltre cinquemila miliardi) .
Per salvare il Banco di Napoli lo Stato si è accollato 12.000 miliardi di crediti e partite a rischio, più o meno il valore dell’Eurotassa.

La Federconsorzi ha perso circa centomila miliardi.
Il gruppo Ferruzzi ha perso trentaduemila miliardi.
L’INPS denuncia pubblicamente ottantamila miliardi di deficit. Il deficit dell’INPS ha distrutto in termini monetari anche il patrimonio immobiliare, valutato in circa cinquemila miliardi, mentre il deficit è indicato in ottantamila miliardi.

La BNL ad Atlanta ha perso quattromiladuecento miliardi; trentaquattro miliardi in Argentina; migliaia di miliardi con la Federconsorzi ed ha chiamato il suo socio INPS a ripianare le perdite: l’INPS poi afferma di non avere il danaro per adempiere alla sentenza della Corte Costituzionale che ha riconosciuto ai deboli cittadini il diritto a pensioni eque.

La legge 267 del 1942 non si applica a questi istituti pubblici che peraltro sono anche società per azioni.
Tali Istituti non possono fallire.

Per i loro responsabili non esiste reato di bancarotta fraudolenta neppure nel caso del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli che con i loro debiti hanno superato e distrutto capitale sociale e patrimonio.
Non vale neppure per i managers dell’EFIM e delle altre società del Gruppo IRI, che perdono centinaia di migliaia di miliardi, anzi quei managers sono riciclati e proposti come leaders politici.

La Costituzione è palesemente violata soprattutto se si considera che, se il privato opera male lo fa a danno suo e dei suoi eventuali soci e non della collettività.
I managers delle imprese pubbliche e para pubbliche operano male in danno alla collettività ed a vantaggio personale dei loro amici lottizzatori.

La legge 267 del 1942 viola perciò l’art. 3 della Costituzione, ma viola altresì l’art. 47 della Costituzione, che prevede la tutela del risparmio, che non è tutelato, anzi ostacolato. In particolare:

illegittimità costituzionale della legge 267 del 1942, detta legge fallimentare con particolare riguardo agli artt. 216 - 217 - 218 - 219 - 220 - 221 - 222 - 223, laddove non prevede il reato di bancarotta semplice o fraudolenta nei confronti dei managers pubblici (ENEL - INPS - INA - ASSITALIA - EFIM - FEDERCONSORZI - BANCA NAZIONALE DEL LAVORO - BANCO DI SICILIA - BANCO DI NAPOLI - ITALSTAT - IRI) e laddove non prevede il fallimento di banche, industrie pubbliche, para pubbliche o istituti pubblici o para pubblici, per violazione degli artt. 3 e 47 della Costituzione Italiana.

Fonte: associttadini.org

 

L'uomo, o la donna, che salirà al Quirinale condizionerà nel bene e nel male la vita del Paese per sette anni. I presidenti delle Camere e il prossimo presidente del Consiglio sono in transito, hanno il fiato corto, potrebbero arrivare, secondo valutazioni ormai unanimi, al massimo alle prossime elezioni europee della primavera del 2014. Le trattative per un nome condiviso per la presidenza della Repubblica tra pdl e pdmenoelle sono in uno stato avanzato. Il pdl vuole un presidente di garanzia, un salvacondotto per i processi dello psiconano. Il pdmenoelle vuole anch'esso un presidente di garanzia, che lo tuteli dalla prossima bomba ternmonucleare del MPS. Entrambi vorrebbero un presidente "Quieta non movere et mota quietare (Non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato)". Non un Pertini, ma neppure più modestamente un Prodi che cancellerebbe Berlusconi dalle carte geografiche. E' necessario un nome nobile e alto che stia appollaiato sul suo ramo ad ascoltare le lodi per la sua indiscutibile alterità che gli arriveranno copiose da giornalisti proni e da politici grati. Io ritengo che il prossimo presidente della Repubblica non debba venire dalla politica, né ricoprire, o aver ricoperto, incarichi istituzionali. Se infatti diventi presidente dell'ABI come Mussari o presidente della Finmeccanica come Orsi, sei comunque parte del gioco, promosso dai partiti. Un foglione di fico e nulla più.

Il M5S voterà on line per il presidente della Repubblica nei prossimi giorni. Il suo nome sarà presentato in Parlamento. Di seguito le regole per le votazioni.

"Tempistiche:
- La proposta dei candidati verrà effettuata da tutti coloro abilitati al voto l'11 aprile dalle 10.00 alle 21.00.

- La votazione successiva sui primi 10 candidati selezionati si terrà sul sito beppegrillo.it due giorni prima della votazione in aula sempre dalle 10.00 alle 21.00.

Per votare le persone devono aver inviato il documento digitalizzato alla pubblicazione di questo articolo, 30 marzo 2013, ed essersi iscritte al MoVimento 5 Stelle entro il 31/12/2012

Modalità per proporre il Presidente della Repubblica:
- Per proporre il nome del suo candidato l'iscritto al MoVimento 5 Stelle dovrà accedere alla sua pagina personale. Potrà proporre un solo candidato con nome e cognome e non potrà modificare la scelta.

- Per votare l'iscritto al MoVimento 5 Stelle dovrà accedere alla pagina di votazione indicata con la propria email e password. Il sistema di votazione sarà linkato da un’email inviata a tutti gli aventi diritto di voto e sarà linkata anche all’interno della pagina personale.

- Ogni iscritto potrà votare per un solo candidato.

- Nel caso il servizio di voto non fosse raggiungibile (ad esempio per un attacco hacker) per più di un’ora il tempo di down verrà recuperato, se possibile, il giorno successivo.

- I 10 nomi più proposti verranno resi pubblici e utilizzati come base dei votabili e disposti in ordine alfabetico per la votazione finale. Su questi verrà verificato che abbiano compiuto 50 anni alla data del 15 aprile 2013 (o alla data delle votazioni in aula se già resa pubblica) e che siano italiani. In caso di problemi verrà preso il primo degli esclusi.

- Il nome che avrà ricevuto più voti sarà votato dai Parlamentari del MoVimento 5 Stelle

- Il processo di voto sarà verificato da un ente esterno ."

 

Il funzionamento di Internet sta subendo gravi problemi e rallentamenti su scala globale a causa di quello che gli esperti considerano il più grande cyber-attacco della storia. Lo riferisce il sito della BBC secondo cui sull’episodio hanno avviato indagini le unità anti-cybercrime di cinque diversi paesi. 


 
All’origine ci sarebbero i contrasti insorti tra Spamhaus, un’organizzazione internazionale no-profit attiva nella lotta contro lo spam con sede a Londra e Ginevra, e Cyberbunker società olandese di hosting. I problemi sono nati nel momento in cui Spamhaus ha bloccato i server gestiti da Cyberbunker, disposta ad ospitare qualsiasi contenuto ad eccezione di pedopornografia e terrorismo come dichiara sul suo sito.

 

A questa decisione Sven Olaf Kamphuis, portavoce di Cyberbunker, ha replicato a brutto muso accusando Spamhaus di abusare della sua posizione non avendo titolo a stabilire in modo arbitrario “ciò che può stare o non può stare sul web”. Sin dal 19 marzo, secondo Spamahaus, Cyberbunker avrebbe fatto partire una serie di attacchi di tipo DdoS (Distributed Denial of Service) in combutta con bande criminali dell’Europa orientale e della Russia scaricando una massa di traffico impressionante pari a 300 gb/s (in genere il volume è in media di 50 gb/s) contro le strutture dell’organizzazione per tagliarle fuori. 
 
L’aggressione ha colpito anche il sistema di Domain Name System (DNS) e la potenza è tale da compromettere anche le infrastrutture governative. “L’effetto a catena generato da questo attacco sta avendo ripercussioni su Internet a livello globale”, ha dichiarato il Prof. Alan Woodward, esperto di sicurezza informatica presso la University of Surrey che in passato aveva già denunciato la vulnerabilità del DNS. Spamhaus comunque si dice in grado di far fronte a questa emergenza e Linford suo chief executive ha annunciato la collaborazione di molte importanti società come Google che si sono messe a disposizione per aiutare ad “assorbire tutta questa massa di dati” cercando di scongiurare effetti più devastanti per la rete. 

Fonte: lastampa.it - Autore: Carlo Lavalle

 

Agli inizi del 1997 sembra che i banchieri abbiano presentato ufficiosamente al Governo ed a tutti leader politici un dossier descritto come un’analisi in vista di Maastricht.

L’Europa unita in verità c’entra poco, il dossier è stato un grido d'allarme ed una disperata richiesta d'aiuto.
Le banche hanno chiesto forti agevolazioni fiscali, lo sgravio di oneri impropri e strumenti per tagliare il costo del lavoro anche al di là della cassa integrazione che dal punto di vista dei banchieri è considerata inutile.
La piattaforma di salvataggio chiesta dai banchieri si dovrebbe aggirare intorno a 10.000 miliardi di lire.
Stiamo in guardia perché dietro la falsa cortesia del banchiere in doppiopetto c’è un sistema non solo inefficiente e spesso arrogante con i clienti ma anche sembra virtualmente sull’orlo del fallimento.

Gli ultimi dati sono da brivido: i crediti in sofferenza di tutte le banche ammontano a circa 118 mila miliardi, se andrà bene, dopo anni di trafile giudiziarie, potranno esserne recuperati la metà.
Altri 48 mila miliardi rappresentano i crediti incagliati, cioè seriamente in pericolo.
In tutto sono 166 mila miliardi di lire in pericolo.
A fronte c’è il patrimonio delle banche: 180 mila miliardi di lire.
Il rischio sta per raggiungere il capitale.

E questi sono soltanto i dati ufficiali!

Oggi le banche sono come degli studi cinematografici: il cliente è intimorito da facciate imponenti ma dietro la cartapesta sbucano le erbacce mentre attori e comparse sono affaccendati intorno ai loro guai.
Questi guai si scaricano due volte sui cittadini: come contribuenti sono stati a ripianare i buchi del Banco di Napoli, come risparmiatori affrontano l’incertezza dei depositi, disservizi, angherie e ricatti come quello del direttore che minaccia il cliente di revocargli in tronco il fido se non aumenta la movimentazione (e quindi i costi) del conto corrente.
Le vessazioni iniziano dai tassi d’interesse, oggetto degli appelli del Capo del Governo, di politici ed industriali.
Tali appelli sono velleitari perché il Capo del Governo sa molto bene che se il costo del denaro scendesse a livelli europei, le banche dovrebbero sopportare un buco supplementare di diciottomila miliardi: sarebbe il crack!
Questo non significa negare lo scandalo.

La forbice tra i tassi medi pagati sui depositi e quelli pretesi per i prestiti è ancora di quasi cinque punti percentuali: quasi il doppio dell’inflazione!
Il costo medio del denaro in Italia è in media dell’11.54%, il più alto dell’Europa occidentale ed un imprenditore (al Sud è quasi norma) può pagare oltre il 20% per un prestito bancario.
Siamo sudditi altro che clienti!

Sapete cos’è l'anatocismo trimestrale"? E’ un’espressione oscura per definire un trucco: le banche addebitano ogni tre mesi gli interessi sugli scoperti, così il debitore si trova a pagare un interesse anche sull’interesse appena conteggiato.

Se molto prendono, ben poco le banche italiane sono disposte a dare ed infatti vantano un altro record negativo: il basso rendimento delle obbligazioni che emettono.

Negli USA le banche spesso pagano tassi più alti rispetto ai bonds federali, da noi no.
Spesso è usata l’argomentazione che i titoli di Stato possono essere congelati mentre le obbligazioni bancarie sono garantite dal sistema bancario, come se questo in verità fosse meno inguaiato delle casse statali !
Le banche, sempre protette dall’ombrello della politica e della Banca d’Italia, sono abituate a fare i bilanci lucrando sui tassi d’interesse e dimenticando i costi, ignorando la concorrenza.

L’arrivo della concorrenza straniera sta cambiando lo stato di fatto, i costi delle banche tedesche e francesi arrivano all’1,5% delle attività quelli delle italiane arrivano al 2,5%.
Il costo del lavoro per ogni bancario dovrebbe calare da 110 ad 87 milioni di lire all’anno.

Dei 354.000 dipendenti almeno 30.000 sono in esubero.
Gli sportelli hanno raggiunto il record di 22.450 e tra le due cose c’è un nesso: per sistemare il personale in eccesso le banche hanno attuato una politica insensata di moltiplicazione degli sportelli.Il problema non è soltanto quello degli esuberi, c’è un intero ceto di funzionari e dirigenti che ha fatto carriera con la lottizzazione.
Lo scambio con la politica è tra le cause principali delle sofferenze, il male che si è mangiato il Sud e le sue banche.

La Banca di Roma denuncia sofferenze per oltre 6.000 miliardi di lire ed oltre 3.000 miliardi di lire in partite incagliate.

La somma è più o meno pari al suo patrimonio.
La banca, nata da una complicata fusione tra Cassa di Risparmio di Roma, Banco di Roma e Santo Spirito, pilotata dall’IRI di Prodi e sponsorizzata da Giulio Andreotti sta digerendo a fatica altri bocconi: la Banca Mediterranea, l’Interbanca e la Banca Nazionale dell’Agricoltura.
Stanno lasciando il gruppo circa 1.500 dipendenti ed altrettanti se ne potrebbero andare se il governo accettasse le richieste dei banchieri in merito ai prepensionamenti.

Anche la CARIPLO riesce a malapena a chiudere i conti in utile, zavorrata da sofferenze e perdite delle casse acquisite in Puglia e Calabria.
Il potente San Paolo di Torino presenta circa 6.000 miliardi di sofferenze a fronte di 9.000 miliardi di patrimonio.

La prima banca italiana per affidabilità è considerata l'I.M.I.: figura all’ottantatreesimo posto nel mondo !

Fonte: associttadini.org

 

L'Ente nazionale per la Valorizzazione delle Proprieta' dello Stato (Taiped, incaricato delle privatizzazioni), ha indetto la gara internazionale per la vendita e il riaffitto da parte dello stato, con il sistema 'sale & lease back', di 28 edifici demaniali che oggi sono sedi di ministeri, di Enti pubblici e anche il quartier generale della polizia di Atene.

Gli immobili in vendita saranno divisi in due gruppi di 14 immobili ciascuno, mentre il totale degli affitti che si ricavera', secondo il Taiped, ammontera' a circa ai 30 milioni di euro all'anno. Il tempo a disposizione per la presentazione delle offerte da parte degli interessati scade il prossimo 19 aprile. Per quanto riguarda il periodo di riaffitto, si parla di 20-25 anni al termine dei quali lo Stato potra' riacquistare qualsiasi immobile al prezzo di mercato. Secondo funzionari del Taiped, il problema per la vendita degli immobili non e' la mancanza di acquirenti disposti ad investire ma la diminuzione dei prezzi, in quanto la vendita avviene in un periodo di grave crisi economica che ha gia' provocato un pesante calo del valore degli immobili. Come consiglieri finanziari del Taiped sono stati nominati l'AlphaBank, la Eurobank Equities Investment, la Banca Nazionale e la Banca del Pireo.

Fonte: italian.irib.ir

 

Con trentasei voti contrari e nessuno favorevole.

Fino ad oggi, infatti, nessuno, fra i Paesi dell’eurozona, aveva avuto il coraggio di non ottemperare agli ordini che arrivavano dai burocrati di Bruxelles. I quali hanno alimentato una sorta di terrorismo psicologico, atto ad impaurire i popoli sovrani, col fine di far loro accettare le misure imposte.

In pratica è come se uno ti dicesse: “Io ho cento bombe atomiche, se non fai ciò che ti dico te ne sgancio una addosso”. Qualcuno poteva pure pensare che non avesse le 100 bombe atomiche, ma nessuno però aveva voluto fare la prova (beh c’è da capirlo!), e quindi Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia avevano chinato il capo ed ubbidito.

O meglio, per la verità Grecia ed Italia avevano, timidamente, provato ad opporsi, ma in un giorno sono stati sostituiti i governi legittimamente eletti dal popolo e sostituiti con due governi fantoccio la cui prima mossa, ovviamente, è stata quella di recarsi a Bruxelles, dai loro padroni, e genuflettersi, imponendo poi, ai propri popoli, tassazioni al limite dello svenamento.

Ma la piccola Cipro, no! Il microbo Cipro ha risposto: “Bene signori! Sganciatemi pure la bomba atomica, io sono qui e non ho paura.”

Ed allora l’Europa ha dimostrato tutta la sua inconsistenza, balbettando: “Ehmmm ... ehmmm... non avevamo mai detto che ti sganciavamo addosso una bomba atomica ... vediamo ... troviamo una soluzione ... ehmmm ... dopotutto i problemi non sono così gravi ...”.

E allora?

E allora non importa se Cipro vale lo 0,2% del Pil dell’eurozona, il precedente ora c’è! E qualsiasi altro Paese, prima di accettare le imposizioni di Bruxelles, dovrà fare i conti con il proprio popolo, che sarà libero di rifiutarsi di adottare misure autolesioniste, sì, perché la sovranità popolare, in democrazia, non è molto ... è tutto!

Giancarlo Marcotti per FinanzaInChiaro.it

 

Il Giudice monocratico presso il Tribunale di Ferrara, dott. ATTINA', ha assolto con la formula perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato, due giovani ferraresi, NICOLA BALBONI e NICOLA GRANDINI, che nei giorni scorsi erano stati addirittura arrestati, siccome trovati in possesso di gr. 8 di hashish e di n. 4 piantine di cannabis.

I due ragazzi, che erano stati immediatamente scarcerati, hanno optato, a mezzo del loro difensore di fiducia Avv. Carlo Alberto Zaina del foro di Rimini, legale di ADUC, per la celebrazione del giudizio abbreviato.

Allo stato non si conoscono ancora le motivazioni della decisione, che verranno pubblicate entro 15 giorni, ma la lunga camera di consiglio che ha portato alla assoluzione, pare legittimare il convincimento che il giudice abbia accolto in toto la tesi della difesa in ordine alla non punibilità della coltivazione, siccome essa sarebbe stata destinata ad un uso esclusivamente personale degli interessati.

I due imputati, infatti, hanno sempre sostenuto che il prodotto della coltivazione delle 4 piantine sarebbe stato destinato a soddisfare un fabbisogno strettamente personale.

Se questa fosse la motivazione della decisione ci troveremmo, quindi, di fronte finalmente ai primi segnali di un'equiparazione giurisprudenziale della condotta coltivativa a quella detentiva, nel senso di escludere che chi coltiva per sè debba essere sottoposto a sanzione.

La decisione del Tribunale di Ferrara, per il suo carattere estremamente radicale in punto a responsabilità ed il suo contenuto assolutorio, assorbe anche la questione di costituzionalità che la difesa aveva presentato preliminarmente e che, comunque, ha avuto indubbio rilievo ai fini del felice esito della vicenda.

Fonte: aduc.it

 
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Now Colorado is one love, I'm already packing suitcases;)
14/01/2018 @ 16:07:36
By Napasechnik
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21/11/2016 @ 09:41:39
By Anonimo
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21/11/2016 @ 09:40:41
By Anonimo


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24/04/2024 @ 18:21:30
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