Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Mangiare insetti per salvare il Pianeta? È la tesi di un ricercatore olandese: introdurre formiche, cavallette, farfalle e grilli nell'alimentazione contribuirebbe seriamente a ridurre i gas serra derivanti dall'allevamento di bestiame.
Per vedere qualcuno mangiare insetti, oggi sembrano esserci solo due possibilità: guardare un tizio in tv che lo fa per sopravvivere nei posti più strani, o spingerci verso luoghi esotici dove il prelibato e nutriente pasto a base di proteine è visto con curiosità o disgusto solo dall'occidentale occhio turistico.
Ma una dieta a base di insetti è tutt'altro che incredibile. È ecosostenibile! Uno studio della Università di Wageningen in Olanda, ha infatti scoperto che la carne di insetto è nutriente come una bistecca (e questo a dire il vero era già noto), ma soprattutto è a impatto zero.
Questione di emissioni
Calcolando la quantità di gas serra (nel caso specifico metano e ossido di azoto) prodotta dalle 5 specie diverse di insetti e comparandola a quella di bovini e suini, i ricercatori hanno dimostrato che gli insetti inquinano, al chilo, circa il 99% in meno dei ruminanti e almeno la metà dei suini. Un bel risparmio, soprattutto considerando che l'industria della carne bovina e suina è colpevole di circa il 18% delle emissioni globali di CO2 (e quindi concausa del cambiamento climatico). Anche se lo studio non tiene conto dell'intero ciclo produttivo necessario per la grande distribuzione, in linea di principio la carne di insetto ha tutte le carte in regola per sostituire quella bovina nella futura società sostenibile. Un solo dubbio resta: siamo davvero sicuri di preferire una manciata di locuste a una succosa fiorentina?
Autore: Riccardo Pavone - Fonte: Focus.it
Il cervello dell'uomo si sta rimpicciolendo. E secondo alcune teorie stiamo diventando... sempre meno intelligenti. Eppure dal punto di vista evolutivo avere il cervello piccolo ha i suoi vantaggi.
Le misure non contano. Almeno, non sempre. Il nostro cervello per esempio, a un certo punto dell'evoluzione ha smesso di crescere e ha inziato a diventare sempre più piccolo. Accadde 20-30.000 anni fa, quando sulla Terra comparve il più dotato, dal punto di vista della massa cerebrale, di tutta la specie "homo": l'Uomo di Cro-Magnon. Le evidenze fossili hanno dimostrato che il suo cervello era del 10% più grande rispetto al nostro. Ma che senso ha, dal punto di vista evolutivo, questo strano andamento a fisarmonica delle misure cerebrali? Gli esperti hanno elaborato diverse teorie.
Un po' tonti e tanto buoni
Secondo David Geary, docente di Scienze Psicologiche all'Univeristà del Missouri, sarebbe la prova che stiamo diventando sempre meno intelligenti: la crescente complessità delle interazioni e dei rapporti sociali che ha contraddistinto la storia umana, ha reso sempre meno necessaria l'intelligenza del singolo come elemento indispensabile alla riproduzione e alla sopravvivenza. Ma non tutti sono così pessimisti. Ben Hare, antropologo al Duke Univeristy Institute for Brain Sciences, ritiene che la riduzione delle misure cerebrali sia un vantaggio evolutivo: "Un cervello più piccolo indica che la selezione naturale ha privilegiato comportamenti non aggressivi" spiega ai media. È accaduto a numerose specie animali quando sono state addomesticate dall'uomo, per esempio i cani: hanno perso la componente aggressiva e hanno evidenziato alcune caratteristiche fisiche come uno scheletro più snello, quindi meno adatto al combattimento, una fronte più piatta e un cervello più piccolo.
Cooperativo come una scimmia
Hare ha condotto un interessante studio sugli scimpanzè e sui bonobo: queste scimmie, dal punto di vista evolutivo, sono molto simili all'uomo ma sono molto diverse tra loro. I bonobo hanno il cervello più piccolo rispetto agli scimpanzè e sono meno aggressivi. Non solo: pur essendo entrambe molto abili nel superare facili prove, per esempio procurarsi del cibo azionando dei meccanismi, i bonobo hanno una maggior predisposizione alla cooperazione finalizzata al raggiungimento del risultato. "L'aspetto più interessante degli studi sugli animali e sul comportamento umano è che aiutano a fare luce sul nostro lato più nascosto" spiega Hare.
Fonte: Focus.it
Con le lenti a contatto non si correggono più solo i difetti della vista o il colore degli occhi, ma si effettuano diagnosi e... si leggono i risultati in realtà aumentata.
Se fissando negli occhi una bella fanciulla (o un bel fanciullo) doveste scorgere circuiti integrati e telecamere non spaventatevi: non state per baciare un cyborg, ma probabilmente qualcuno che indossa le lenti a contatto intelligenti, un dispositivo di nuova concezione a metà strada tra la medicina e i...videogames. Queste singolari lenti sono infatti dotate di una serie di sensori in grado misurare il livello glicemico e la pressione dell’occhio in pazienti affetti da diabete o glaucoma ma anche di proiettare immagini direttamente sulla retina di chi le indossa creando un vero e proprio display biologico che può essere utilizzato in applicazioni di realtà aumentata.
Lacrime... dolci
L’idea non viene dal set di Star Trek ma da Babak Parviz, un ricercatore della Washington University di Seattle, che già nel 2008 aveva creato il primo prototipo di lente intelligente, o smart lens, installando un microscopico led rosso su un materiale trasparente bio compatibile. Utilizzando la stessa tecnologia ha costruito, qualche anno dopo, la prima lente a contatto in grado di indicare a un diabetico il livello di glicemia. Il dispositivo contiene un minuscolo sensore elettronico e misura in modo continuo e senza bisogno di aghi o prelievi, il livello di glucosio delle lacrime che corrisponde perfettamente a quello del sangue. Una serie di led, impercettibili quando sono spenti, visualizza l’informazione direttamente sull’occhio dell’utilizzatore che in questo modo può dosare in modo più preciso i farmaci per tenere sotto controllo la malattia. Fantascienza? No, realtà.
Occhio alla pressione
Lo scorso settembre Sensimed, uno spin-off dell’Istituto Federale Svizzero per la Tecnologia, ha lanciato la prima versione commerciale di smart lens: serve per tenere sotto controllo il glaucoma, una malattia che provoca un aumento della pressione all’interno del bulbo oculare e che può danneggiare, se non opportunamente curata, il nervo ottico e la vista. Le super lenti misurano costantemente la curvatura dell’occhio, direttamente correlata con la pressione che c’è al suo interno, e trasmettono l’informazione via radio a un dispositivo portatile indossato dal paziente. La smart lens è alimentata dal campo elettromagnetico generato da una piccola antenna attaccata con un cerotto al volto del paziente. Funziona insomma come le etichette antifurto dei supermercati che sono alimentate dal campo elettromagnetico delle antenne poste all’uscita. Una volta indossate, chi le porta presenta una qualche somiglianza con Robocop: "una lente colorata potrebbe ovviare al problema" spiegano i ricercatori della Sensimed, "ma in questo momento non è la nostra priorità".
Fonte: Focus.it
Un ricercatore svizzero è riuscito a mettere in relazione i mutamenti climatici con i cicli di ascesa e declino delle civiltà antiche. È tutto scritto negli alberi. Basta avere abbastanza legno a disposizione.
La storia delle civiltà antiche non si studia solo sui manoscritti e negli scavi archeologici, ma anche leggendo… gli alberi. Un gruppo di scienziati svizzeri ha analizzato oltre 9.000 manufatti in legno degli ultimi 2.500 anni ed è riuscito a stabilire un collegamento tra l’ascesa e il declino delle popolazioni europee e gli improvvisi mutamenti climatici che hanno caratterizzato le diverse epoche. I periodi con estati calde e umide hanno coinciso con prosperità e pace, mentre quelli secchi e instabili hanno accompagnato sconvolgimenti politici e guerre. Ma come può tutto questo essere scritto nel legno?
Anelli di storia
Ulf Buntgen, un paleoclimatologo dello Swiss Federal Research Institute for Forest, Snow and Landscape, ha studiato l’influenza del clima sulla crescita degli alberi dell’Europa Centrale negli ultimi due secoli e in particolare la formazione degli anelli di crescita. Ha scoperto che negli anni più floridi, quando acqua e terra sono più ricche di sostanze nutritive, gli alberi crescono con anelli grandi e dai bordi ben definiti. Al contrario, negli anni di siccità, gli anelli sono più stretti e fitti. I ricercatori hanno poi utilizzato queste informazioni per studiare gli anelli di crescita presenti nei manufatti d’epoca e in alcuni alberi fossilizzati. Hanno potuto così ricostruire in modo molto preciso la cronologia climatica degli ultimi 2500 anni. "Le estati più umide e calde hanno coinciso con i periodi di massimo splendore dell’epoca romana e medievale, mentre la maggior instabilità climatica degli anni tra il 250 e il 600 d.C. ha accompagnato il declino dell’Impero, le sollevazioni popolari e le migrazioni" spiega il ricercatore alla BBC. E in effetti nel III secolo Roma ha dovuto fronteggiare, oltre a un periodo di grande siccità e carestia, le invasioni barbariche e una pesante crisi economica in molte province della Gallia. Lo studio di Buntgen non si limita ad aprire la strada a un nuovo modo di studiare la storia, ma permette di costruire modelli in grado di spiegare gli effetti delle mutazioni climatiche su società ed economia.
Fonte: Focus.it
In quanti modi si può scrivere 4 come somma di numeri interi? 1+3, 2+2... E 10.000? In quanti modi si può scrivere? Un giovane scienziato americano è venuto a capo di un problema, banale solo in apparenza, che tiene in scacco i matematici da secoli.
Ken Ono, un ricercatore della Emory University di Atlanta, in Georgia, è venuto a capo di uno degli enigmi matematici più resistenti della storia: la funzione di partizione. A prima vista sembra un problema banale: la partizione di un numero intero n è una sequenza di numeri interi la cui somma dà come risultato n. Per esempio, il numero 4 può essere scritto come somma di interi in 5 modi diversi:
4=4 4=3+1 4=2+2 4=2+1+1 4=1+1+1+1+1
Si dice quindi che la partizione di 4 è 5 e si indica come P(4)=5
La sequenza delle partizioni dei primi numeri naturali è quindi P(0)=1, P(1)=1, P(2)=2, P(3)=3, P(4)=5, P(6)=7, P(8)11, P(9)=15, P(10)=42. Come si può vedere il valore della funzione di partizione P(n) cresce molto in fretta al crescere di n: per il numero 100 è maggiore di 190.000.000 e tende rapidamente all'infinito (Per vedere la sequenza delle partizioni dei numeri fino a 10.000 clicca qui). A prima vista la crescita non segue alcuno schema nè moltiplicativo nè additivo e per secoli i matematici hanno tentato di trovare un'equazione che permettesse di calcolare il valore di P(n) per qualunque intero n. Ci aveva provato nel XVIII secolo Eulero, che era riuscito a mettere a punto un metodo di calcolo ricorsivo lento, complesso e inapplicabile a numeri grandi.
Giallo matematico
Nel XX secolo i matematici Ramanujan e Hardy svilupparono una formula che funziona abbastanza bene per numeri inferiori a 200, ma, contenendo la costante π, offre risultati approssimativi e con un numero infinito di decimali. Nel 1919 Ramanujan, poco prima di morire, lasciò un misterioso appunto nel quale indicava una non meglio specificata schematicità secondo le potenze di 5, 7, 11 nella sequenza dei numeri di partizione. Nel 1937 il tedesco Hans Rademacher riesce a sviluppare un'equazione che permette di calcolare l'esatto valore di partizione: peccato che per funzionare richieda di sommare infiniti numeri che hanno un numero infinito di decimali. "Sono numeri macabri" commenta Ono.
Lo schema del disordine
Ma dopo mesi di tentativi falliti Ken Ono e il suo team hanno trovato la chiave di lettura della misteriosa sequenza: i numeri di partizione si comportano come i frattali. In apparenza sono disordinati e senza alcuna congruenza, ma se analizzati a livello "micro" sono composti da schemi ordinati che si ripetono. Le sequenze delle partizioni sono insomma periodiche e si ripetono identiche a intervalli precisi. Ramanujan aveva ragione e il segreto di questo schema è nelle proprietà di divisibilità dei numeri di partizione. Ono e i suoi collaboratori si sono spinti oltre e grazie a una serie di intuizioni geniali sono riusciti a sviluppare una formula che permette di calcolare P(n) per ogni numero intero pari a n. "I risultati di Ono sono sorprendenti" ha commentato George Andrews, presidente della American Mathematical Society. "Ha ideato una superstruttura matematica inimmaginabile fino a qualche anno fa. È un fenomeno"
Cui prodest?
Interessante ma... a cosa serve tutto questo? In realtà, oltre che essere un affascinante problema matematico, le partizioni hanno molte implicazioni in diverse aree dell'algebra, della fisica, della statistica, e dell'economia.
La matematica può essere curiosa e divertente. Non ci credi? Clicca qui
Fonte: Focus.it
È il più mega dei megayacht ed è destinato ai più vip tra i vip. Abbastanza grande per giocarci a tennis ma anche per correrci sopra in macchina, è in cerca di un miliardario che ne finanzi la costruzione.
Immaginate uno yacht talmente grande da poter ospitare sui suoi ponti un circuito automobilistico (ok, per go kart, ma con tanto di tunnel e corsia dei box), un casinò e un numero imprecisato di veri e propri palazzi, oltre a piscine, giardini e campi da tennis. È lo Street of Monaco, l'ultima creazione di Island Yacht Desing, uno studio di progettazione inglese che ha elaborato un nuovo concetto di lusso: lo yacht a tema (Guarda le altre foto della barca)
Paradiso (fiscale) semovente
Più che di uno yacht si tratta di una vera e propria isola galleggiante: lungo 155 metri riproduce, e nemmeno troppo in piccolo, uno scorcio del principato più famoso del mondo. Nella Piazza del Casino, il più elevato dei quattro ponti che formano l'imponente imbarcazione, trovano posto tra gli altri il Palazzo del Principe, dove è ubicato l'apparmento dell'armatore (3 piani per oltre 1.400 metri quadri), una cascata, l'eliporto e la minipista dove scatenare le passioni motoristiche: una pefetta replica in scala del circuito di Formula 1 di Montecarlo. Per sgranchirsi le gambe basta scendere di un piano ed entrare nell' Oasi, un grande giardino che occupa il secondo ponte ispirato al parco che si trova appena fuori dal Casinò monegasco. E per gli appassionati di fitness è disponibile una palestra con annessa sauna, piscina coperta, spa, parrucchiere e bar. Ma il cuore della barca è il Grand Atrium, il ponte centrale che unisce la zona superiore a quella inferiore dello yacht: un grande soggiorno con balconi, divani, zone di conversazione e relax, un cinema, una sala per fumare e una discoteca. Oltre all'armatore, la barca può ospitare 16 persone in 7 suites principesche da 350 metri quadri e 70 uomini di equipaggio.
Realizzata interamente in alluminio e acciaio, lo Street of Monaco può raggiungere la rispettabile velocità di 15 nodi, circa 27 km/h. Tra gli accessori anche un sommergibile, che viene calato in acqua da un'apertura nel fondo della barca e due tender che sono a loro volta dei piccoli yacht. Il costo? Circa 840 milioni di euro. E per chi vuole spendere un po' meno lo studio ha già pronto il progetto per una barca di "soli" 85 metri, il cui design è ispirato a un atollo del Pacifico.
Fonte: Focus.it
Un team di ricercatori statunitensi e svizzeri ha sviluppato un impianto solare che riesce a trasformare energia solare, acqua e CO2 in “combustibile”, proprio come fanno le piante. Più o meno...
Potremmo chiamarla "la pianta biomeccanica", un dispositivo di nuova concezione sviluppato dai ricercatori del California Institute of Technology che, con un processo simile alla fotosintesi clorofilliana, trasforma energia solare, acqua e anidride carbonica in idrogeno, un vettore energetico (vedi box) che può essere impiegato nell’alimentazione di celle a combustibile per la produzione di energia elettrica. La macchina, descritta nell'ultimo numero di Science, è stata messa a punto da Sossina Haile e da un team di scienziati svizzeri ed è in grado di di ricavare l’idrogeno a partire dall’acqua grazie alla dissociazione termochimica, un procedimento a basso costo e a basso impatto ambientale.
Il pieno è (quasi) gratis
Il prototipo utilizza un sistema di lenti e specchi per concentrare l’energia del Sole in un cilindro rivestito di cerio, un raro ossido metallico (è il più abbondante tra i metalli rari) il cui comportamento varia in funzione della temperatura: emette ossigeno quando si scalda e lo assorbe quando si raffredda.
Quando all’interno del cilindro arroventato dal Sole vengono immesse acqua e CO2 il cerio si raffredda. Perdendo calore "strappa" atomi di ossigeno all’acqua, liberando così monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2). Quest’ultimo può essere catturato, immagazzinato e utilizzato come carburante, per esempio nelle celle combustibile che alimentano le autovetture. E da un’opportuna miscela di H2 e CO si possono ottenere gas di sintesi, anche questi utilizzabili come combustibile. Non solo: secondo i ricercatori con lo stesso dispositivo e un procedimento simile sarebbe possibile ottenere addirittura metano. Bello, forse troppo per essere vero. Almeno per ora.
Può solo migliorare
Il prototipo della Haile è infatti altamente inefficiente: attualmente riesce a trasformare solo lo 0,7-0,8% dell’energia solare che entra nel sistema (la restante parte viene dispersa sotto forma di calore). Un po’ poco, ma i ricercatori contano di arrivare al 19% migliorando l’isolamento della macchina e riducendo le dispersioni. Questo rendimento dovrebbe essere sufficiente per uno sviluppo commerciale del dispositivo. Secondo la Haile nel giro di qualche anno potrebbero sorgere grandi impianti che sfruttano questa tecnologia 24 ore su 24: di giorno grazie alla luce solare diretta e di notte grazie al calore conservato in grandi "serbatoi di caldo", speciali contenitori di sali sciolti che durante la notte cedono l’energia termica assorbita durante il giorno. La tecnologia del solare a concentrazione non è comunque nuova: il più grande impianto al mondo sta sorgendo in Spagna.
Fonte: Focus.it
È il punto di incontro tra meccanica, fisica delle particelle e filosofia: si tratta della prima macchina quantistica mai realizzata dall’uomo. Visibile a occhio nudo, si comporta come una particella subatomica e può essere contemporaneamente in due posti. Secondo Science è l’invenzione dell’anno. Ma a cosa serve?
É la scoperta scientifica dell’anno e se ad affermarlo è l’autorevole rivista Science, c’è da crederci. Stiamo parlando della prima macchina quantistica mai realizzata, un apparecchio che non si muove secondo le leggi della meccanica classica ma secondo quelle della fisica quantistica. Secondo questa disciplina, che spiega il comportamento di molecole, atomi e particelle subatomiche, un corpo molto piccolo può assorbire energia solo in quantità discrete (cioè intere), non può mai essere completamente immobile e può essere in due posti contemporaneamente. Queste teorie sono state più volte verificate su particelle di luce, fasci di elettroni e anche atomi di elio allo stato liquido, ma nessuno le aveva mai sperimentate su un dispositivo meccanico abbastanza grande da essere visibile a occhio nudo.
Un qubit per motore
Andrew Cleland e John Martinis, fisici dell’ Università della California Santa Barbara, hanno modificato una sottile lastra di nitrato di alluminio ricoprendola di alluminio: in questo modo hanno realizzato un materiale piezoelettrico che può cambiare forma, diventando più spesso o più sottile, quando viene esposto a stimoli elettrici. Hanno poi collegato il tutto a una specie di motore quantistico chiamato "qubit di fase", un anello realizzato in materiale semiconduttore che può avere due livelli possibili di energia quantistica, uno basso e uno alto. Utilizzando delle microonde, Cleland e Martins, sono riusciti a trasferire dei quanti di energia dal qubit all’oscillatore d’alluminio e viceversa: raffreddando il dispositivo a temperature vicine allo zero assoluto lo hanno portato al più basso livello di energia teoricamente possibile, poi hanno eccitato il qubit e hanno trasferito un singolo quanto di energia all’oscillatore. La lastra di alluminio ha così iniziato a muoversi con vibrazioni quantiche. Non solo: data la natura quantistica del dispositivo, nello stesso istante lo si può vedere fermo e in movimento. Interessante. Ma a cosa serve?
Fisica o magia?
Secondo i ricercatori questo studio apre la strada alla costruzione di rilevatori di forze ultrasensibili e a generatori di quanti di luce. Più in generale permetterà di mettere alla prova i confini della teoria quantistica nel mondo sensibile: perché un quanto può essere in due posti contemporaneamente mentre un’automobile non può? Per rispondere a questa domanda ci vorranno ancora parecchi anni ma gli scienziati ci stanno già lavorando: presso il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, di Livingston, Louisiana, e Hanford, Washington, si stanno mettendo a punto due laser che dovrebbero riuscire a raffreddare corpi molto grandi fino al loro stato di energia minimo, così da permettere agli scienziati di compiere esperimenti quantistici su oggetti molto grandi.
Le altre scoperte dell'anno 2010
Tra le altre scoperte dell'anno Science premia il batterio artificiale di Craig Venter e il sequenziamento del genoma del Neanderthal. Su Science , in inglese, la classifica completa.
Fonte: Focus.it
Uno studio americano suggerisce una nuova ipotesi sulla formazione degli oceani e della vita sulla Terra. E proverebbe che anche Marte e molti altri esopianeti recentemente scoperti potrebbero ospitare la vita.
Da dove viene l’acqua che forma gli oceani? Astronomi e geologi se lo domandano da tempo. Secondo la teoria più accreditata sarebbe giunta sulla Terra quasi 4 miliardi di anni fa portata da asteroidi e comete ghiacciate che in quell’epoca remota bombardarono il nostro pianeta. Ma Linda Elkins-Tanton, una geologa del Massachusetts Institute of Technology, non è d’accordo: un suo recente studio proverebbe che la Terra ha "spremuto" l’acqua dalle sue rocce, senza alcun intervento di fattori esterni. (guarda come nasce un oceano in questa fotogallery)
Acqua aliena? No, grazie
Questa rivoluzionaria ipotesi spiegherebbe come mai la vita sul nostro pianeta è comparsa così presto e potrebbe far supporre l’esistenza di vasti oceani liquidi su altri mondi rocciosi.
La Elkins-Tanton ha condotto una ricerca chimico fisica sui meteoriti caduti sulla Terra: la loro composizione è infatti molto simile a quella della Terra primordiale. Ha poi utilizzato i dati di questa analisi per alimentare un modello computerizzato del pianeta nelle sue prime fasi di vita: la simulazione ha mostrato come l’acqua contenuta nelle rocce sia rapidamente evaporata formando un’atmosfera umida che si è poi condensata negli oceani. Questo processo sarebbe durato poche decine di milioni di anni: ciò significa che 4,4 miliardi di anni fa gli oceani erano già presenti sulla Terra.
La vita? È vecchia come il mondo
Sul nostro pianeta la vita si è formata in tempi rapidissimi, solo 600 milioni di anni dopo la sua nascita, e l’ipotesi della Elkins-Tanton spiegherebbe il perchè: "Se gli oceani fossero stati presenti sul pianeta già 4,4 miliardi di anni fa [cioè all’epoca dell’impatto che portò alla formazione della Luna], la vita avrebbe avuto molto tempo per formarsi e ciò spiegherebbe come mai i primi organismi di cui abbiamo tracce fossili sono già relativamente complessi", spiega Dirk Schulze-Makuch, un astrobiologo della Washington State University.
E secondo Pin Chen, ricercatore della NASA, la teoria della Elkins-Tanton, supporta l’ipotesi che Marte possa aver avuto in passato un clima più umido di quello odierno, e che quindi possa aver ospitato qualche forma di vita. E così tutti gli altri pianeti rocciosi simili alla Terra che gli astronomi stanno scoprendo in questi mesi.
Fonte: Focus.it
La domanda giusta per scoprire che si può "fare fisica" con Guerre Stellari, che tenere sollevata da terra una valigia da 57 chili non è assolutamente un lavoro e che sull'energia non si sa poi molto di più.
Sgombriamo il campo da ogni dubbio e rispondiamo subito: l'energia è la capacità di compiere un lavoro. Facile. Talmente facile che il test orale preliminare di ammissione al programma di fisica dell'Università del Minnesota inizia con questa domanda: quanta energia serve alla Morte Nera per polverizzare il pianeta Alderaan? Lo chiede regolarmente il professor Terry Jones, astronomo, agli studenti che vogliono accedere al suo corso. La domanda fa riferimento a un episodio della serie Guerre Stellari. Perché proprio quella particolare situazione e non qualcosa di più pratico... per esempio l'energia necessaria (sulla Terra) per sollevare di un metro una mela da 102 grammi, oppure il suo rapporto (o equivalenza) con la massa di quella stessa mela? Sorprendentemente, sulla natura dell'energia questa è l'unica domanda a cui rispondere è (abbastanza) facile: primo, bisogna leggere bene le domande prima di rispondere. La nostra è "che cos'è", non "cosa può farci fare" l'energia. E, secondo, ... bisogna ammettere che non c'è una vera risposta. O, se preferite, non c'è una risposta più vera di un'altra perché non c'è una maniera univoca per ragionare sull'energia. L'ENERGIA NON È UNA SOSTANZA! Anche se non abbiamo un'idea precisa di cosa esattamente siano, nozioni come quella di energia, ma anche, per esempio, di spazio e di tempo, sono radicate intimamente nella nostra quotidianità e nelle nostre pratiche di vita. Come anche è radicato il principio che non si possa produrre lavoro utile dal nulla. Il concetto era chiaro persino agli atomisti greci di 2.500 anni fa (Melisso, Empedocle, Anassagora, Democrito, Epicuro), ma "grazie" al dualismo tra spirito e materia introdotto con Platone e Socrate dovette attendere la metà dell'Ottocento per essere nuovamente formalizzato nel "principio di conservazione dell'energia" da Meyer (1842), Joule (1843) e Helmholtz (1847). Ci sono insomma voluti venticinque secoli solo per riscoprire la vecchia massima della metafisica atomista: nulla si crea e nulla si distrugge, altrimenti da qualunque cosa potrebbe nascerne qualunque altra.
Anche mettendo da parte la metafisica e limitando la questione al solo campo della scienza, le cose restano lo stesso abbastanza complicate. Oggi siamo abituati a parlare di "fonti di energia", di "energia immagazzinata" o di "trasformazione dell'energia" come se l'energia fosse una sostanza, sia pure invisibile e immateriale, facente parte di ogni cosa nel mondo, capace di assumere forme diverse e di essere trasferita da un corpo a un altro. Ma per quanto efficace ai fini della comunicazione e comprensibile a livello intuitivo, questo modo di rappresentare l'energia ha solo un valore metaforico.
RELAZIONI Proporre una vera e propria definizione di "energia" è insomma ancora un'impresa che va oltre le nostre possibilità. Persino gli scienziati preferiscono glissare e scelgono piuttosto di delineare, con sempre maggior precisione, a mano a mano che la scienza evolve, cosa fa l'energia, come si comporta, a cosa serve e quali sono i suoi effetti. Attraverso questi "filtri" possiamo affermare che per energia di un corpo o di un sistema (un insieme) di corpi si intende l'entità (la misura: si tratta quindi di una grandezza fisica) delle trasformazioni che tale sistema può indurre su altri sistemi, interagendo con essi. Per esempio, un corpo che si sposta può alterare lo stato di altri: urtandoli può trasmettere loro una parte del suo moto (della sua energia cinetica) o deformarli modificandone la configurazione, a spese del proprio moto, che può venire rallentato, deviato, arrestato... Un po' come succede su un tavolo da biliardo, dove si colpisce una palla per mandarne in buca un'altra: l'energia viene trasferita dal braccio alla stecca alla prima palla e via di seguito fino all'ultima. Tuttavia nessuno dei singoli componenti è l'energia così come non lo è la catena intera dei trasferimenti. NON DIRMI CHE QUESTO È LAVORO! L'energia di un corpo o di un sistema può anche essere definita come la sua capacità di produrre lavoro, ma lavoro è un'altra parola che in fisica assume un significato preciso e diverso da quello che ha nel linguaggio comune: è il prodotto di una forza per lo spostamento del suo punto di applicazione. Detto in modo più intuitivo, è l'azione di produrre un cambiamento di configurazione in un sistema. Ha quindi a che fare con il cambiamento, con il moto. Ecco un esempio curioso ma efficace per comprendere il concetto fisico di lavoro. Nel linguaggio comune, per tutti un lavoro è un onere, qualcosa che costa fatica fare, come tenere sollevata una valigia pesante. Dal punto di vista della fisica, però, tenere semplicemente sollevata una valigia non è un lavoro, perché non produce alcun cambiamento nello stato delle cose. Se invece camminassimo con la valigia in mano o la sollevassimo rapidamente da terra all'altezza delle ginocchia, allora sì che staremmo producendo lavoro.
TRASFORMISTA Chiarito che l'energia non ha una definizione univoca, che produce lavoro ma non è il lavoro, che ha a che fare con i concetti di spazio, tempo, moto e cambiamento... vediamo quali forme assume (generalmente) e in quali altre ha la tendenza a trasformarsi. Energia chimica. È l'energia che viene sviluppata o assorbita nelle trasformazioni (reazioni) chimiche. A rigore, come energia chimica dovrebbe intendersi solo l'energia di legame, cioè quella liberata o assorbita nel corso del fenomeno chimico come conseguenza della rottura dei legami tra gli atomi delle molecole che reagiscono e della costituzione dei legami delle molecole che si formano. L'energia chimica sviluppa generalmente calore o energia raggiante, talora energia elettrica e qualche volta anche energia meccanica. Energia meccanica. In fisica la si considera sotto varie forme: energia cinetica, che corrisponde al lavoro che un corpo in movimento può compiere sull'esterno; energia potenziale (cioè di posizione), che dipende da dove il corpo si trova rispetto agli altri e dal tipo di forza (gravitazionale, elettrica, magnetica...) attraverso la quale interagisce con essi. Per esempio: un corpo sopra la superficie terrestre ha un'energia di posizione gravitazionale rispetto alla Terra, perché si trova nel suo campo gravità. Energia elastica. È il lavoro che un corpo elastico (per esempio una molla) deformato dall'azione di forze esterne può restituire riprendendo la configurazione originaria. Il corpo elastico deformato possiede quindi energia "immagazzinata". La restituzione, però, non è integrale: non esistono in natura corpi perfettamente elastici, in grado cioè di restituire il 100% dell'energia immagazzinata. Energia nucleare. È l'energia di legame che tiene uniti i neutroni e i protoni nel nucleo di un atomo. Quando un nucleo pesante (di uranio, plutonio...) viene spaccato (per esempio in una centrale nucleare) o quando due nuclei leggeri si fondono insieme (come avviene nelle stelle), si libera una grande energia sotto forma di energia cinetica e termica. Energia elettrica. In fisica la si considera energia del campo elettrostatico in presenza di corpi dotati di carica (positiva o negativa) e di potenziale differente. Quando la differenza di potenziale diventa molto elevata (per esempio durante un temporale) si manifesta con scariche improvvise, i fulmini, tra nuvola e nuvola e tra nuvola e terra. L'energia elettrocinetica, cioè quella prodotta da un generatore o dalle reazioni elettrochimiche in una batteria, è invece una corrente (il moto degli elettroni lungo un cavo) che, percorrendo un circuito, fornisce a un motore elettrico, una resistenza (come una lampadina a incandescenza), un lettore mp3 eccetera ciò che serve a farli funzionare. Energia radiante. È l'energia emessa dai corpi, spontaneamente o in particolari condizioni. Si tratta di irradiazioni di onde elettromagnetiche che si propagano con la velocità della luce. Le radiazioni luminose (luce, infrarosso, ultravioletto), le onde radio, i raggi X e i raggi gamma sono tutti esempi di energia radiante. Energia sonora. L'energia delle vibrazioni meccaniche della sorgente sonora (voce, altoparlante...) viene parzialmente spesa producendo delle perturbazioni della densità dell'aria (o del mezzo elastico circostante) che si propagano sotto forma di onde elastiche. Se parte della vibrazione che raggiunge l'orecchio ha frequenza acustica, l'energia recepita produce una sensazione "uditiva" direttamente correlata alla natura e all'intensità della vibrazione percepita: solo parte dell'energia sonora diviene "acustica", come solo parte delle radiazioni luminose si trasforma in stimoli ottici. Energia termica. Il calore è l'effetto del moto, ossia delle vibrazioni e delle collisioni, di atomi e molecole all'interno di una sostanza. Per converso, quando un oggetto viene scaldato (cioè gli si fornisce energia termica) il suo stato viene alterato: atomi e molecole, eccitati, vibrano e collidono tra loro. L'energia geotermica è generata da fonti geologiche di calore. Energia di moto. È l'energia espressa dal movimento degli oggetti. Più velocemente si muovono, maggiore era l'energia accumulata. Il vento è un esempio di questo tipo di energia.
Fonte: Focus.it
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