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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
By Admin (from 08/08/2010 @ 16:56:45, in it - Video Alerta, read 1524 times)

Bruno Michelucci è infelice. Insegnante di lettere a Milano, si addormenta al parco, fa uso di droghe e prova senza riuscirci a lasciare una fidanzata troppo entusiasta. Lontano da Livorno, città natale, sopravvive ai ricordi di un'infanzia romanzesca e alla bellezza ingombrante di una madre estroversa, malata terminale, ricoverata alle cure palliative. Valeria, sorella spigliata di Bruno, è decisa a riconciliare il fratello col passato e col genitore.

Precipitatasi a Milano alla vigilia della dipartita della madre, convince Bruno a seguirla a Livorno e in un lungo viaggio a ritroso nel tempo. Le stazioni della sua “passione” rievocano la vita e le imprese di Anna, madre esuberante e bellissima, moglie di un padre possessivo e scostante, croce e delizia degli uomini a cui si accompagna senza concedersi e a dispetto delle comari e della provincia. Domestica, segretaria, ragioniera, figurante senza mai successo, Anna passa attraverso i marosi della vita col sorriso e l'intenzione di essere soltanto la migliore delle mamme. A un giro di valzer dalla morte, sposerà “chi la conosceva bene” e accorderà Bruno alla vita.

Č cosa nota ma è bene ribadirlo. Se si cerca un erede convincente della grande tradizione della commedia all'italiana, quello è indubbiamente Paolo Virzì. Lo è per attitudine, scrittura, sguardo. Per la modalità di immergersi nell'anima vera e nera del nostro paese, producendo affreschi esemplari e spaccati sociologici precisi.

Archiviata la Roma dei call center e della solidarietà zero (Tutta la vita davanti), il regista livornese torna in provincia con una commedia drammatica e col professore depresso di Valerio Mastandrea, che spera un giorno di “ingollare” quella madre che non va né giù né su ma che ugualmente suscita un'irresistibile attrazione.

Indietro nel tempo e al centro del film c'è allora una mamma, l'affettuosa e “disponibile” Anna di Micaela Ramazzotti, idealmente prossima alla Adriana di Antonio Pietrangeli (Io la conoscevo bene), sedotta dalle persone e dagli avvenimenti ma trattenuta e contenuta dall'amore filiale. Se Adriana fosse sopravvissuta alle malignità di un cinegiornale e a un volo dalla finestra della sua camera, avrebbe adesso due figli e un cancro nella Livorno e nel cinema di Virzì.

Perché Anna, mamma negli anni Settanta, è come Adriana vittima del torpore psicologico della provincia e della diffusa incomprensione maschile, da cui non sono immuni il figlio e il marito. A interpretarla nel tempo presente e nel letto di un hospice, centro di accoglienza e ricovero per malati terminali, è appunto Stefania Sandrelli, che trova per il suo personaggio (tra)passato un destino più dolce.

La prima cosa bella nel film di Virzì è proprio il personaggio di Anna che, libera e priva di pregiudizi, vive in uno stato di perenne disponibilità nei confronti della vita, offrendo agli uomini quello che può e ai figli quello che sente.

Dotata di un'autenticità insolita e una femminilità impropria in un mondo di persone “normali”, Anna è insieme amata e invisa al figlio, che ripudia il candore scandaloso della madre e trova rifugio senza pace nella fuga.

Rientrato suo malgrado nella vita di provincia come un adolescente dopo l'ennesima evasione, Bruno indaga un'unità difficile da trovare dentro i silenzi e il dolore compresso.

La famiglia rappresenta allora il cuore della commedia, condita con robuste iniezioni di popolarità e ghiotte cadenze toscane, dentro il quale ci tuffa e si tuffa il figlio dolente di Mastandrea, incontrando i fantasmi del passato e contrattando il proprio posto nel mondo.

La prima cosa bella si appoggia su un coro di attori efficaci nel sapere stare dentro e fuori i personaggi, finendo per dare forma a una felice e insieme scriteriata idea di famiglia. Dalla meravigliosa inadeguatezza di Mastandrea deriva poi l'equilibrio tra ironia e malinconia che è la cifra di una commedia colma di sentimenti e spoglia di sentimentalismi. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della recensione: Marzia Gandolfi

 
By Admin (from 09/08/2010 @ 15:57:29, in it - Video Alerta, read 2357 times)

Jack, un ex marine, viene inviato insieme a una spedizione sul pianeta Pandora, abitato da una razza umanoide e ricco di risorse minerarie. La popolazione locale vive in completa empatia col pianeta e non ha mai avuto contatti con altri. Il piano degli scienziati è quello di infiltrare militari all'interno della popolazione indigena per poi prendere possesso del pianeta. Ma Jack, e alcuni altri si innamoreranno del luogo e della sua popolazione e cercheranno di impedirne la distruzione.

Ci sono diversi modi di approcciare al commento di un film del genere.
Il primo e sicuramente quello di maggiore rilievo, riguarda il comparto tecnico e la messa in scena complessiva. Ovvio che, dato il notevole dispendio di risorse, siamo di fronte a un lavoro tecnicamente perfetto. Non c'è nulla che non sia stato curato nel più piccolo dettaglio e, di conseguenza, niente è lasciato al caso. Il pianeta e i suoi abitanti sono il meglio che ci si possa, al momento, aspettare dall'accurato lavoro in computer grafica di un manipolo di grossi esperti senza praticamente nessun limite di budget.

La poesia sottesa al concetto di un pianeta in empatia coi propri abitanti ricorda i sogni nostalgici dei figli dei fiori e, in verità rapisce anche un pochino lo spettatore dal cuore non ancora indurito del tutto dalla realtà politica attuale. Inoltre le immagini hanno quel sapore magico e leggermente onirico, che regala il brivido in 3d del videogioco totale.

Insomma siamo dentro il sogno di una natura che ha vinto, prima di svegliarci a colpi di arma da fuoco e scoprire che era solo una vittoria temporanea. Gli americani e in particolare i militari si sa, amano l'ordine e le risorse di un pianeta non possono restare là dove sono originate, devono per forza entrare a far parte di un qualche progetto per arricchire qualcuno.

A questo punto si entra nel vivo della questione se sia lecito o meno aspettarsi qualcosa di più da un siffatto capolavoro tecnico.

Forse è pretendere troppo, ma una trama degna di questo nome ci sarebbe stata più che bene.
Però è anche vero che, di fronte a tale stupita meraviglia solo lo spettatore più insensibile e ingrato si sognerebbe di chiedere anche un senso al tutto. Gli sceneggiatori americani, che non sono mai tenuti in gran conto nella realizzazione di un film, in questo caso danno il peggio nel saccheggio di tutte, ma proprio tutte, le icone storiche e fantasmatiche della storia locale.

Abbiamo nell'ordine: cinquant'anni dopo L'invasione degli ultracorpi, un gruppo di ex marine che decide di far parte di un'esperimento il quale gli consentirà di possedere il corpo di un indigeno e fingere di essere lui, ovviamente col segreto intento di colonizzare il pianeta e impossessarsi delle risorse di cui è ricco. Vi ricorda nulla?

Poi c'è un'invasione a terra con gli elicotteri, stile Vietnam, con tanto di militari cattivi, manca solo la cavalcata delle valchirie e il napalm di prima mattina. La novità in questo caso è che dietro i militari ci sono le multinazionali.

Davvero una gran novità.

Inoltre c'è uno sterminio della popolazione indigena, inizialmente pacifica, che ricorda assai da vicino quello dei nativi americani, un nome carino per definire la popolazione indiana prima che venisse cacciata dalla sua terra e ridotta a sopravvivere nelle riserve. E infine un'esportazione massiccia di democrazia mai vista neanche in Iraq, col conseguente passaggio alle ruspe della foresta amazzonica locale.

I nativi vengono prontamente addestrati alla battaglia, di cui non sospettavano neanche l'esistenza prima di essere invasi, dall'americano buono che ha perso la sua identità abitando il corpo di un indigeno e frequentando una ragazza del posto. Residui di melassa avanzati dal Titanic infestano la parte centrale del film, che però si riprende alla grande nella battaglia finale a colpi di mitragliatrici e con un bel ritorno in grande stile dell'antico eco-vengeance.

Tutto qua. Sarebbe da considerarsi un peccato, se veramente fosse mai stato possibile pensare che una parte, anche piccola, di tutto quello che è stato speso per la realizzazione, potesse andare a uno sceneggiatore. Magari europeo. Uno non così ossessionato dalla storia americana da dover ancora una volta passarla in rassegna tutta per non dimenticare.

Sperando che la gente intanto si beva il fatto che, a volte, ci sono americani buoni che contravvengono agli ordini, in nome dell'amore per qualcosa di cui manco sospettavano l'esistenza: un pianeta pacifico.
Ma tant'è. Adesso se non vogliamo passare per i soliti guastafeste ci tocca dire che comunque il film è bellissimo e merita la visione, cosa del tutto vera. Ma purtroppo questo non esime lo spettatore dal provare una leggera rabbia di fronte all'ennesima presa per i fondelli, mascherata da sentimenti buonisti, e dal desiderio di mostrare l'altra faccia dell'America.

Quella che ha votato Obama. Ma che al momento sta con le braccia incrociate aspettando che i militari finiscano con le ruspe e con l'esportazione di democrazia residua dell'amministrazione precedente. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della Recensione: Anna Maria Pelella

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

 

Buongiorno a tutti, oggi smontiamo un altro luogo comune, un altro di quelli slogan, come quello della separazione delle carriere che ci vengono bombardati da anni e che molti finiscono per prendere sul serio proprio perché il martellamento ha questo di bello, lo diceva già Goebbels ripeti una bugia 10/20/30 volte, alla fine diventerà una verità, mi riferisco a quell’espressione incredibile di grande presa che è quella dei pentiti a rate o a orologeria, l’hanno ritirata fuori per cercare di screditare Gaspare Spatuzza, il quale avrebbe fatto delle rilevazioni non tutte subito, ma scaglionate nel tempo.

Imputati che parlano.

Intanto diciamo subito una cosa: chi sono i pentiti? Noi abbiamo creato questa categoria dello spirito, i collaboratori di giustizia, in realtà i pentiti non esistono, esistono semplicemente degli imputati che si comportano in modo diverso a seconda della loro scelta processuale, ci sono degli imputati che parlano e degli imputati che non parlano, tra gli imputati che parlano ci sono quelli che dicono la verità e qui che raccontano balle, è un diritto dell’imputato in Italia raccontare balle ai giudici, quindi non c’è problema, all’estero, in America c’è l’oltraggio alla Corte, ti danno una pena aggiuntiva se scoprono che hai pure mentito nel processo, perché?
Perché è assurdo consentire all’imputato di prendere in giro i giudici, hai il diritto di tacere sulle cose tue, negli Stati Uniti, per esempio, ma se parli devi dire la verità, da noi invece c’è il diritto di tacere e c’è anche il diritto di mentire, va beh pazienza, siamo generosi!
Quindi l’imputato può decidere di stare zitto, oppure di parlare e se parla può dire la verità o può raccontare balle, se l’imputato dice la verità e fornisce ai magistrati degli elementi utili per scoprire autori di reati che senza le sue parole non si scoprirebbero, ecco il collaboratore di giustizia che se appartiene a organizzazioni come la mafia, ‘ndrangheta o camorra che vivono dell’omertà dei loro membri e quindi già si sa che se un loro membro viola il giuramento del segreto e parla e denuncia reati di altri suoi complici oltre ai suoi, viene eliminato fisicamente e se non si riesce a eliminarlo fisicamente perché è ben protetto, si eliminano suoi familiari, vendette trasversali per farlo stare zitto o per farlo ritrattare, allora lo Stato decide che è conveniente per l’interesse pubblico, proteggere questa persona per vietare che venga eliminata o che venga eliminato qualche suo parente e è conveniente anche dare degli incentivi ai criminali delle grandi organizzazioni mafiose, terroristiche etc., perché essendo delle organizzazioni compartimentate e impenetrabili, spesso l’unico modo per scoprirne i segreti, gli arcani è quello di far parlare qualcuno dall’interno, ecco quindi la legislazione premiale, per i pentiti non l’abbiamo mica inventata noi, l’hanno inventata gli americani molto prima di noi e noi l’abbiamo, in parte, importata anche se la nostra è molto diversa.
Gli incentivi sugli Stati Uniti per i delinquenti che collaborano, arrivano addirittura all’impunità perché in America non è obbligatoria l’azione penale e quindi si può decidere di non aprire un processo nei confronti di un mafioso che collabora, questo mafioso non verrà mai condannato né processato per i suoi crimini e vivrà da incensurato per tutta la vita, protetto a spese dello Stato. Da noi invece c’è l’obbligatorietà dell’azione penale, quindi li si processa, se colpevoli li si condanna, ma si concedono delle attenuanti, degli sconti di pena stabiliti per legge in cambio della loro collaborazione, solo lì si riesce a convincerli e a rompere il vincolo dell’omertà e a superare la paura che comunque avranno sempre che l’organizzazione di cui facevano parte li raggiunga anche in capo al mondo e li elimini o elimini qualcuno dei loro parenti, è per questo che abbiamo la legge sui pentiti, legge che è stata poi codificata e perfezionata da Giovanni Falcone quando era al Ministero, legge che ha pagato con la vita Falcone, perché soltanto dopo la sua morte è stata perfezionata come la voleva lui e poi è stata snaturata nel 2001 dal centro-sinistra e centro-destra insieme quando si decise che i pentiti erano troppi, non i mafiosi erano troppi, i 30 mila mafiosi irriducibili, no erano troppi quei 1200/1300 pentiti che c’erano, quindi si decise di sfoltire e infatti ci sono riusciti, da allora non si è quasi più pentito nessuno, uno dei pochissimi della mafia vera che si sono pentiti è Gaspare Spatuzza, il quale è un pentito molto strano perché è molto più pentito dei pentiti normali, nel senso che non è un collaboratore di giustizia nel senso che ha fatto i suoi conti e ha capito che gli conveniva schierarsi dalla parte dello Stato, ha avuto proprio una specie di folgorazione religiosa, tant’è che ha avuto un percorso con il Vescovo de L’Aquila dove era detenuto, ha avuto la crisi mistica. Sta di fatto che comunque anche con la crisi mistica per chi ci crede e per chi non ci crede, bisogna comunque andare a verificare quello che uno dice, ci interessa a noi quando lo dicono? Personalmente a me non me ne frega niente di quando lo dicono, l’importante è che quando lo dicono, dicano la verità, il fatto che il pentito non dica tutto subito è umano, intanto prima ti raccontano le cose proprie e poi ti raccontano le cose degli altri, magari hanno degli amici carissimi che ne hanno combinate di tutti i colori e quindi per non fare la spia magari cercano di salvare qualcuno dei loro amici carissimi, mentre invece il pentito per avere la protezione e mantenerla deve dire tutto, poi mettetevi nei panni di uno che è stato mafioso per 50 anni, da quando aveva i pantaloni corti e deve raccontare tutto subito, magari non si ricorda tutto, magari gli vengono in mente delle altre cose mesi dopo, anni dopo, magari viene in mente al giudice di chiedergli una notizia che lui magari non si era ricordato oppure non era importante, non gli sembrava importante, invece il giudice ha scoperto delle altre cose e chiede delle conferme al collaboratore di giustizia e magari quello dice: ah già è vero, avevo sentito dire quella cosa o avevo visto quella cosa, non l’ho fatta io, non l’avevo raccontata, non me l’ero ricordata, il pentito ti serve sempre, lo devi proteggere sempre perché potrebbe venire utile in qualsiasi momento.
In America non c’è problema, quando il pentito parla, aggiunge, lo si sta a sentire, si verifica se è vero ok, se non è vero pazienza, in Italia abbiamo dal 2001 questa legge folle, la Fassino – Napolitano che ha tolto beneficio ai pentiti, ha tolto attenuanti e in più li ha obbligati a dire tutto entro 6 mesi, i primi 6 mesi sono decisivi, devono dire tutto almeno dettagliare l’indice delle cose che vorranno dire se non fanno in tempo poi a entrare nei particolari, bisogna sapere i titoli dei capitoli dei delitti che vuole affrontare, e se si ricorda qualcosa dopo? E se oggi un pentito dopo i 6 mesi decide per ragioni sue di rivelarci chi ha ucciso il Generale Dalla Chiesa, cosa facciamo buttiamo via? Stante così la legge è esattamente quello che prevede, dopo i 6 mesi non vale più.
Ci dicono che Spatuzza ha raccontato di quello che gli raccontò Graviano Giuseppe su Berlusconi, Dell’Utri e le stragi dopo i primi 6 mesi e questo non varrebbe, in realtà la Cassazione ha detto che i 6 mesi valgono per le cose che sai di tuo perché le hai fatte tu, non perché te le ha dette un altro, se le cose te le ha dette un altro le puoi dire anche dopo, ma in ogni caso per questa ragione, per avere detto cose su Berlusconi dopo i 6 mesi, contro il parere delle procure antimafia e della Procura nazionale antimafia, la Commissione del Governo presieduta dall’On. Mantovano ha negato il programma di protezione a Spatuzza, così chi volesse fare come Spatuzza già sa che certi nomi non li deve fare.

Zitto Spatuzza, zitti tutti.

E’ un sasso in bocca è un segnale a lui e agli altri, ma questa storia dei pentiti a rate è interessante perché ci viene sempre detto: negli altri paesi non si consente ai pentiti di raccontare le cose quando vogliono loro.
Al processo Andreotti venne a testimoniare Richard Martin, chi era? Era il Procuratore Federale di Manhattan che ha collaborato con Falcone nella megaindagine sul riciclaggio tra la mafia siciliana e la mafia americana detta Pizza connection e poi è diventato il rappresentante speciale degli US General Attorney e infine è diventato special assistent US Attorney presso la Procura federale del distretto meridionale di New York perché è importante Dick Martin? Perché Dick Martin ricevette le prime confidente di Buscetta nel 1983, Buscetta era detenuto negli Stati Uniti e poi fu estradato in Italia e cominciò a parlare con Falcone, ma prima di parlare con Falcone aveva già parlato con Dick Martin e a quest’ultimo aveva rivelato di sapere che Andreotti era uomo di mafia, perché l’aveva detto all’americano e non l’ha poi detto al giudice italiano? Perché in America non è obbligatoria l’azione penale e quindi lui aveva detto: qui lo dico e qui lo nego, le dico Andreotti ma lei non ci faccia niente perché tanto io… in Italia un giudice sarebbe obbligato a aprire un fascicolo su Andreotti, in America possono fregarsene tranquillamente e poi comunque non erano competenti i giudici americani nel giudicare Andreotti, quindi Buscetta ha confidato a Dick Martin, fin dal 1983, 9 anni prima di dirlo a Caselli e ai magistrati di Palermo, il nome di Andreotti, quando Falcone gli chiese di parlare di mafia e politica, Buscetta disse: meglio di no perché ci prendono per matti e ci mettono in manicomio e ci ammazzano tutti e due.
Decise di parlarne quando il sistema di cui Andreotti era uno dei perni, il prima Repubblica, crollò nel 1992 e quando Falcone morì, come risarcimento morale, lui Mannoia e altri cominciarono a parlare dei rapporti mafia – politica, questa è un’altra spiegazione del perché ogni tanto parlano a rate, ma cosa dice Dick Martin al processo Andreotti? Spiega com’è il sistema americano che prevede proprio i pentiti a rate, dice: già nel 1985 a una mia domanda sul livello politico di Cosa Nostra in Italia, Buscetta mi rispose: dico un solo nome Andreotti!
Da noi, spiega Martin, non esiste alcun obbligo di dire tutto e subito, ma solo l’obbligo di dire la verità, come mi insegnò Falcone, sviluppare la testimonianza di uno che è stato dentro un’organizzazione come Costa Nostra non è semplice, non è una cosa che si fa in una settimana o in un mese, quando uno ha vissuto come Buscetta 30 anni in Cosa Nostra, ci sarà un lungo periodo durante il quale si devono fare interrogatori, verifiche, anche in Italia Falcone non insisteva mai che qualcuno dicesse tutto subito, perché capita spesso che ci siano questioni, domande o informazioni che non sembrano rilevanti al momento e perché il testimone non può sapere tutto quello che serve al Procuratore, ma con il tempo possono venire fuori delle altre cose, delle altre domande, questo è il metodo utilizzato da Falcone anche con Buscetta, se dopo anni il collaboratore dice cose nuove, magari aprendo il discorso politico, per noi americani non fa differenza, se si parla di Cosa Nostra o di politica è sempre la stessa cosa, è sempre necessario fare le verifiche, ma non è proibita una testimonianza su un soggetto isolato anche se è stata resa dopo un lungo periodo.
Lo stesso Manganelli, oggi capo della Polizia, all’epoca Questore di Palermo, già capo del servizio centrale di protezione dei pentiti e dei testimoni disse al processo Andreotti: negli Stati Uniti ogni procuratore ha il suo pentito, cioè quello funzionale alla sua inchiesta, tant’è che il magistrato è definito prosecutor sponsor del collaboratore, con lui stringe un contratto, nessun altro giudice può utilizzare nel frattempo quel pentito, finito il processo se questi viene ancora richiesto fa un altro contratto, altrimenti esce di scena, sempre protetto.


Perché a Spatuzza è stata negata la protezione dal governo Berlusconi dopo che ha parlato di Berlusconi? Perché l’ha detto fuori tempo massimo? No, perché ha parlato di Berlusconi, ce la vogliono raccontare, ci vogliono dire che stiamo diventando come gli americani, la testimonianza di Dick Martin ci dimostra che il modello americano è esattamente quello che aveva importato Falcone in Italia e che abbiamo abbandonato grazie alla destra e alla sinistra infami che ci toccano in sorte nel 2001, non ce l’hanno con Spatuzza perché parla in ritardo, ce l’hanno con Spatuzza perché parla di Berlusconi, passate parola!

Fonte: BeppeGrillo.it

 
By Admin (from 10/08/2010 @ 14:26:36, in it - Video Alerta, read 2500 times)

NEW YORK. Abbandonato dagli agenti e alla gogna sui tabloid, Mel Gibson lascia Hollywood con la coda tra le gambe: l'attore e regista che nel 2004 divenne un eroe della destra cristiana per ‘La Passione di Cristo' starebbe per abbandonare gli Stati Uniti per tornare in Australia e riunirsi con l'ex moglie Robyn che lo difende e lo rivuole indietro.

Il Daily Mail ha appreso che Gibson ha venduto la sua villa in Connecticut e si appresterebbe a far lo stesso con quella di Malibu in California. "Robyn lo ha persuaso che deve lasciare Hollywood e ritrovare la pace nel suo ranch. Lei starà al suo fianco con alcuni dei figli", ha detto un amico di famiglia.
C'é in America chi dice che Gibson ce la farà, che supererà questa crisi proprio come Woody Allen, ostracizzato quando si scoprì che andava a letto con la figliastra adolescente della compagna Mia Farrow, ma che poi è tornato a fare film.

Details on projects in development for Mel Gibson are available on IMDb.

Intanto però negli Usa il caso Mel Gibson è diventato politico dopo le raccapriccianti registrazioni in cui il cineasta insulta come "una fottuta troia in calore" degna di "essere stuprata da un branco di negri" la ex compagna Oksana Grigorieva e minaccia di picchiarla anche quando lei aveva in braccio il loro figlio neonato.

Gibson, che nei giorni scorsi è stato scaricato dalla prestigiosa agenzia per attori William Morris, è stato ieri al centro delle riflessioni di Frank Rich, uno degli editorialisti di punta del New York Times, che vede nella sua stella discendente la fine di un'era: "La buona notizia su Mel Gibson è che il giorno del giudizio per il creatore della ‘Passione di Cristo' é arrivato in parallelo con il declino della destra cristiana".
Rich, un progressista che firma sul giornale della domenica, ricorda che sei anni fa Gibson non era solo "una star di serie A con la tendenza all'alcol e al bullismo, ma un potente personaggio canonizzato nel pantheon dei conservatori".

Il columnist ricorda il trionfo al box office e tra le elite repubblicane della ‘Passione' (370 milioni di dollari con la benedizione della Casa Bianca) e osserva che "il fatto che oggi abbia toccato il fondo non dice nulla di nuovo su Gibson, ma la dice lunga sui cambiamenti intercorsi da allora nel nostro paese: cambiamenti di cui bisogna prendere nota e celebraré".
Questi cambiamenti, secondo Rich, hanno a che fare con il declino delle campagne che nella seconda metà del decennio hanno visto divampare le "isterie" sulle presunte "guerre al Natale" e ai Dieci Comandamenti mentre gli Stati Uniti si preparavano alle elezioni 2004 vinte dalla coppia Bush-Karl Rove mobilitando il fervore evangelico sullo spettro delle nozze gay.

Secondo Rich, l'ondata culturale che portò la ‘Passione' sugli altari era molto più grande di Gibson, che fu semplicemente un sintomo e il beneficiario di un momento storico superato: "Gli ayatollah della destra religiosa sono stati marginalizzati dalla morte (il predicatore Jerry Fallwell), la pensione (James Dobson di Focus in the Family) e gli scandali sessuali: sui loro eredi del movimento dei Tea Party le crociate morali ereditate dall'era Reagan non fanno più presa".

Fonte: americaoggi.info

 
By Admin (from 10/08/2010 @ 16:58:11, in it - Video Alerta, read 1568 times)

Il riccio rappresenta l’esordio alla regia di Mona Achace, di cui scrive anche la sceneggiatura, caratterizzandola di espedienti narrativi che sottolineano la sua creatività e padronanza del mezzo.
Il film è tratto dal romanzo “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery (edito in Italia da E/O) che ha ottenuto un notevole successo in Francia. La regista e sceneggiatrice ha elaborato e ampliato alcuni elementi presenti nel libro.

Parigi. In un elegante palazzo borghese abita Paloma una dodicenne intelligente e brillante, fin troppo sveglia che ha deciso di interrompere la sua vita, il giorno del suo compleanno. La ragazzina vede la vita delle persone che la circondano come se fossero dei pesci rossi in una boccia di vetro, in cui passano l’esistenza a scontrarsi. La portinaia del palazzo, Renée, è una persona che passa inosservata, dall’aspetto sciatto e trasandato, che nasconde però una cultura da autodidatta. Queste due figure si conoscono grazie al nuovo inquilino Monsieur Kakuro Ozu, che si accorge della loro vitalità nascosta. L’affetto reciproco che si doneranno, le riporterà a sbocciare nuovamente alla vita.

Mona Achache ha ottenuto i diritti del romanzo, prima che esplodesse l’entusiasmo dei lettori, poi mentre si è messa a scrivere la sceneggiatura si è imposta di non ascoltare alcun commento a riguardo per non esserne influenzata.

La scelta di questo romanzo è stata del tutto casuale, un giorno si è trovata a leggere il quarto di copertina e l’ha subito colpita.

Ciò che la regista vuol fare emergere dal film è la magia di incontri improbabili e come siano assurdi i pregiudizi. Renée è apparentemente una persona, ruvida, brusca, che non si cura del suo fisico, dei suoi capelli, del suo abbigliamento, ma nutre la sua anima intellettuale, giorno dopo giorno. Ha messo insieme una vera biblioteca nella stanza in fondo all’appartamento, che tiene sempre chiusa, lontana da sguardi indiscreti.

La donna adora l’arte, la filosofia, la letteratura, la cultura giapponese e lascia che gli altri mantengano il loro giudizio legato al clichè, minimamente interessati all’essere umano che quotidianamente si trovano di fronte. Kakuro Ozu si rivela diverso, da piccoli gesti coglie la gentilezza d’animo di Renée ed è curioso e interessato nel conoscerla più profondamente.

Kakuro è un uomo elegante, gentile, rispettoso, è un intellettuale, la regista ha voluto che rimanesse il più enigmatico possibile, anche lui raffigura un personaggio inconsueto come Renée e Paloma, tre solitudini che si danno calore l’un l’altro, tuttavia Kakuro è il mezzo che scuote le due donne dal riccio nel quale si sono rinchiuse. Il film è un alternarsi costante tra il punto di vista di Paloma e quello di Renée, senza che uno dei due prevalga nel corso del racconto.

Mona Achache è stata dietro ad ogni dettaglio, aveva un’idea ben precisa di come rendere i personaggi del libro.

Nel romanzo Paloma scrive un diario, nel film la regista ha scelto di utilizzare una cinepresa, che il personaggio filmasse seriamente, e i disegni. Questo perché Achache ha pensato che questi strumenbti traducessero lo stesso spirito della poesia che traspare nel romanzo. Inoltre nel film c’è un elemento tattile molto presente, la tappezzeria, la carta, l’inchiostro, gli oggetti presenti nella camera di Paloma, l’intento è stato quello di puntare sugli elementi visivi per non caricarlo di troppe parole, che potevano essere superflue.

Una componente, solamente accennata nel libro, qui diventa un personaggio con un suo ruolo specifico, il pesce rosso. Paloma lo filma con la stessa cura che ci mette con le persone, inoltre gli dà una pillola per assistere a cosa succede, lo crede morto e lo butta nel gabinetto per poi ricomparire vivo in casa di Renée.
La regista ha voluto mostrare la morbosità che a volte hanno i bambini, ma soprattutto il pesce raffigura la rinascita, voleva essere una metafora di come la morte di Renée ridia la voglia di vivere a Paloma. Č un passaggio di testmone.

Altra cura si ha avuto per l’ambientazione, Achache concentra la storia all’interno del palazzo “come in un immenso vaso” nel 2009, ma senza che si scorgano cellulari, computer o altri oggetti che lo colleghino al resto del mondo. Voleva che fosse un ambiente senza tempo, reale ma con un tocco di fantasia, come fosse sospeso.

I costumi rivestono un aspetto importante soprattutto nell’evoluzione di Renée, che poco a poco riscopre la sua femminilità, il suo essere elegante, e sensuale a suo modo. Dagli abiti ordinari e spenti si passa ad un tailleur pantalone che valorizza la sua figura e la sua personalità.

Gli attori sono stati straordinari nel dare corpo a tre solitudini, tre individui che la società non vede per quelli che sono, dotati di un enorme sensibilità. Josiane Balasko ha saputo rendere con naturalezza il doppio volto di Renée e la sua trasformazione si legge prima di tutto attraverso gli occhi.

Il riccio è un film delicato, che pone in primo piano l’animo dei suoi personaggi, sottolineando quanto spesso non si conosca la persona che si ha accanto nonostante si passi molto tempo insieme.

L’idea che ci si fa di una persona rimane quella, solo perché non c’è la voglia di confutare il primo giudizio, e c’è l’arronganza di inquadarla solo dall’aspetto, dal riccio che ognuno di noi possiede. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della Recensione: Francesca Caruso

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

 
By Admin (from 11/08/2010 @ 14:58:45, in it - Video Alerta, read 1604 times)

Dalle pagine del manga (fumetto in giapponese) di Osamu Tezuka a una trasposizione cinematografica tutta da assaporare, non solo per i più piccini, ma per chi ha amato il bambino/robot dotato di un innato altruismo, il solo in grado di salvare Metro City da qualsiasi minaccia.

Il regista, sceneggiatore e animatore David Bowers ha portato sul grande schermo uno dei personaggi dei cartoni animati più amato e conosciuto a livello internazionale.

Astroboy appare per la prima volta nel 1951, nelle pagine del leggendario manga di Osamu Tezuka, per poi prendere vita nella serie d’animazione in bianco e nero del 1963. Fu subito un successo straordinario non solo in patria, ma anche negli Stati Uniti, dove la serie venne trasmessa nello stesso anno. Poi ci fu la serie a colori degli anni ’80, che catturò la nuova generazione, e nel 2003 è la volta di una serie americana. Astroboy è un’icona, la sua considerazione in Giappone equivale al Mickey Mouse americano. Astroboy è senza tempo, un po’ come Pinocchio, col quale condivide alcune tematiche.

Metro City è una futuristica metropoli che si trova nel cielo, abitata da esseri umani che lasciano ai robot ogni tipo di mansione, di cui non si vogliono più occupare. I robot hanno un codice preciso: non far del male a un essere umano.

Tobio è un bambino come tanti, in più è appassionato di robotica. Il padre, il dottor Tenma, è uno scienziato che si occupa della creazione di robot dalla tecnologia sempre più avanzata. Quando, in un malaugurato incidente, il dottor Tenma perde suo figlio, decide di creare un robot che abbia le sembianze e i ricordi di Tobio, per avere l’illusione di tenerlo ancora accanto a sé. Tenma si rende conto solo successivamente che il robot non può sostituire Tobio.

Questi ha dentro di sé il nucleo blu, un’energia positiva che lo anima, e viene individuato dal Presidente Stone, che vuole dominare la Terra, il quale invia le forze armate per la sua cattura. Nello scontro il robot cade sulla superficie terrestre ed è aiutato da Cora e i suoi amici, il nome col quale si presenta è Astro Boy. Qui Astro Boy imparerà a trovare il suo posto nel mondo.

La prolificità e le tecniche di Osamu Tezuka gli sono valse il soprannome di “padre dei Manga”, è sua l’invenzione di una caratteristica distintiva dell’animazione giapponese, gli “occhioni”, per i quali si è ispirato a Betty Boop e Topolino.

Osamu Tezuka è rimasto molto colpito dal lavoro di Walt Disney e nel suo Astro Boy vi ha introdotto alcuni profili simili.

Il dottor Tenma come Geppetto, in Pinocchio, dà letteralmente la vita ad un bambino, in questo caso un robot, che ha dei sentimenti umani. Inoltre c’è il distacco paterno, certo per ragioni diverse.
Astro Boy diventa quasi un orfano, si delineano così i temi dello sradicamento da quello che il bambino/robot crede essere la propria casa e di conseguenza avverte la necessità di capire quale sia il luogo giusto a cui appartenere.

Il senso di appartenenza di un individuo è un valore che accomuna tutti e col quale ci si identifica.
Ci si sente vicini al protagonista, tanto che nello spettatore scaturisce un senso di protezione.
Il tema fondante il racconto è l’altruismo innato per il prossimo, anche nei confronti di chi ci fa del male. Astro Boy racchiude in sé quei valori puri che non sono ancora stati contaminati dalla società.

L’intento di David Bowers è stato quello di rendere omaggio a questo personaggio intramontabile e al suo autore, cercando di rimanere fedele allo spirito originale di Astro Boy e aggiornando gli aspetti estetici. Il regista e i suoi collaboratori hanno fatto approfondite ricerche per renderlo al meglio. Gran parte del mondo in cui il protagonista vive deriva dal lavoro di Isamu Noguchi, il famoso artista e architetto nippo - americano del 20° secolo, per gli ambienti ci si è ispirati anche all’artista del 19° secolo Katsushita Hokusai, che utilizza un approccio molto semplice nella creazione dei paesaggi, in cui elimina il disordine visivo in favore di un immagine subito interpretabile.

Astro Boy è un film d’animazione ben caratterizzato, in cui tutti gli elementi convergono verso il suo protagonista.

E' una figura positiva, dotata di una maturità fuori del comune, dalla quale si può trarre buoni insegnamenti.
Non è un film solo per bambini, ma per i nostalgici di tutte le età. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore: Francesca Caruso

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

 
By Admin (from 12/08/2010 @ 15:09:21, in it - Video Alerta, read 2651 times)

La regista Mira Nair si è saputa ben dividere tra Hollywood e il cinema indipendente, e i suoi lavori, sempre diversificati, hanno catturato l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico e della critica. Amelia rappresenta un ennesimo cambio di rotta, vi si racconta la vita di Amelia Earhart, la prima donna aviatrice della storia.

È il 1928, quando Amelia trasvola l’Atlantico come passeggero, ingaggiata dal magnate della stampa George P. Putnam, che vede in lei il potenziale di cui aveva bisogno. A questa prima avventura straordinaria ne seguiranno altre, come il volo in solitario dell’Atlantico.

Amelia diventerà un modello da seguire, Putnam le starà accanto come manager e marito devoto per farle realizzare i suoi sogni. Un altro uomo che sarà fondamentale per la sua ascesa è il pilota Gene Vidal, col quale condivide una relazione amorosa. Per raccogliere il denaro che le servirà per finanziare i voli, Amelia si presterà a presenziare conferenze stampa ed eventi mondani, oltre a diventare testimonial pubblicitaria. L’obiettivo più ambito è quello di poter fare il giro del mondo. Nel 1937 Amelia e George riescono a mettere appunto ogni dettaglio per l’impresa, al suo fianco ci sarà il pilota e navigatore Fred Noonan, che aveva una grande reputazione, ma era noto che fosse anche un bevitore. Per Amelia sarà l’avventura di tutta una vita. La regista si è voluta cimentare nel delineare una figura tanto amata, con la quale si rispecchia per alcuni lati del carattere che ammira e condivide.

Amelia Earhart ha vissuto una vita piena senza compromessi, una donna in anticipo sui tempi, una donna che viveva di dedizione per il suo amore più grande e che la faceva sentire libera, poter volare con un aeroplano, ma soprattutto sfidare i propri limiti. Ogniqualvolta raggiungeva un traguardo e realizzava un sogno se ne poneva sempre uno più ambizioso e difficile davanti. Per Amelia non esistevano ostacoli invalicabili.

Era una donna a caccia d’avventura, per la quale non esistevano confini. Era dotata di uno spirito coraggioso e indipendente, con una vita sentimentale complicata, che metteva al secondo posto. È stata una donna che ha saputo imporsi in un mondo prettamente maschile, portando alla ribalta la figura della donna indipendente e decisionista, una donna che sa quello che vuole e si impegna con energia per ottenerlo.
Ha aperto la strada alla presenza della figura femminile nell’aviazione, la sua figura ha avuto un’utilità sociale.

Mira Nair ha voluto mostrare Amelia nel suo essere viva e pulsante, mettendo sotto l’occhio dei riflettori una donna che ha osato sognare come nessuna aveva fatto prima di allora.

La regista, attraverso la storia vera e documentata, ha puntato sulla protagonista, sulle varie sfaccettature di una personalità forte e positiva. Attraverso i pregi e i difetti della sua personalità Nair ha delineato il contesto storico, le problematiche e le tematiche presenti in quegli anni, arricchendo il film.

Amelia era una donna talmente innamorata del cielo e delle sensazioni che provava quando era in volo, da influenzare ogni azione sulla terra. Era un’individualista, dotata di sensibilità, cercava sempre di essere chiara in ciò che voleva dalla vita.

La regista ha approfondito personalmente le ricerche grazie ai cinegiornali dell’epoca, dei quali si scorgono alcune immagini all’interno del film perfettamente integrate nella storia.
L’intento è stato quello di portare sullo schermo la vita e la personalità di Amelia, una vita passata all’insegna dell’amore, del sacrificio e del successo, ma anche mostrare le sue fragilità e il suo amore per il cielo, il sentirsi libera di essere sempre se stessa.

Una tematica importante che si scorge dal suo modo di vivere è quello di aver raffigurato una nuova e luminosa immagine di donna americana, che non sta solo dietro ai fornelli, una donna che si vuol mettere alla prova come può fare un uomo.

Le riprese si sono effettuate in Sud Africa, un paese dalle caratteristiche geografiche quanto mai variegate, riuscendo a ricreare le location di otto diversi paesi che Amelia ha visitato. La fotografia ha contribuito in modo determinante a sottolineare l’amore per la natura che Amelia nutriva, l’immensità dei paesaggi ripresi a bassa quota. Sono stati effettuati una gran quantità di voli veri affinché fosse catturato lo splendore di quei paesaggi in tutta la loro interezza. Volare bassi con l’aereo sopra le cascate Vittoria o sfiorare le dune del deserto ha dato un’accezione aggiunta al film e lo spettatore rimane estasiato dagli splendidi scenari, che rivestono un ruolo fondamentale tanto quanto l’aereo e Amelia. L’interazione tra questi tre elementi è alla base del film e ognuno di loro riesce a catturare l’attenzione su di sé senza oscurarsi a vicenda.
Nell’interpretare questa donna forte e indipendente è stata scelta l’attrice Hilary Swank, che ha saputo catturarne l’essenza oltre alla fisicità.

Amelia è un film luminoso e attraverso le avventure della sua protagonista mostra valori importanti e come si possa fare qualsiasi cosa si desideri nella vita se si ha vera passione, impegno, dedizione ed energia, valori che oggi molti giovani sacrificano in favore di una popolarità immediata, ma che difficilmente dura nel tempo, data soprattutto dalla mancanza dei suddetti. Amelia Earhart è ricordata e rispettata ancora oggi. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della recensione: Francesca Caruso

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

 
By Admin (from 13/08/2010 @ 16:00:01, in it - Video Alerta, read 2002 times)

Brothers racconta una storia che punta profondamente sul fattore umano. Il regista Jim Sheridan è andato a nozze con tematiche di cui è solito trattare nei suoi lavori: i rapporti di famiglia, la possibilità del perdono e della guarigione. L’esordio alla regia è avvenuto nel 1989 con “Il mio piede sinistro”, catturando immediatamente l’attenzione mondiale e ricevendo numerosi riconoscimenti. Il suo talento, nel delineare delle persone ricche di un’umanità che sgorga dall’interno, come un fiume in piena, lo ha reso un regista e sceneggiatore molto ricercato.

In Brothers vi si racconta la storia di Sam Cahill, un capitano dei marines, che conduce una vita sicura e organizzata, sposato con la ragazza del liceo Grace, con cui ha avuto due bambine. Il fratello minore Tommy è invece la pecora nera della famiglia, appena uscito di prigione, rappresenta una delusione per il padre. Sam viene richiamato ancora una volta ad andare in missione in Afghanistan, Tommy inizia spontaneamente a responsabilizzarsi prendendosi cura delle nipotine e di Grace, dopo che il fratello viene dichiarato morto in seguito all’abbattimento del suo velivolo.

Le bambine troveranno, grazie allo zio, serenità e spensieratezza e gli antichi dissapori con Grace lasceranno il posto a un’intesa sincera. Sam, però, non è morto, è stato catturato con un suo sottoposto ed entrambi torturati, affinché si sottomettano ai voleri dei combattenti talebani. Sam riesce a tornare a casa ma non è più la stessa persona. Riuscirà l’uomo a ritrovare la sua anima e l’amore profondo che nutriva dentro?

Il regista ha delineato dei personaggi molto viscerali, che vanno oltre l’etichetta, esprimendo in modi diversi tutto il dolore, la rabbia e la frustrazione che hanno dentro. Sam subisce traumi che minacciano di privarlo della sua umanità, traumi che lo divorano dentro. Tommy, da uomo che rifiuta l’autorità e le regole, che non vuole impegnarsi in nulla, diviene responsabile e si mette a disposizione incondizionatamente della famiglia che Sam ha lasciato, ricoprendo un ruolo fondamentale per tutti. Brothers è basato sul dramma danese del 2004 “Non desiderare la donna d’altri”, scritto e diretto da Susan Bier.

È piaciuto ai produttori che ne hanno chiesto i diritti per trarne un remake americano.
Ciò che il film affronta sono l’esplorazione dei conflitti interiori e le ripercussioni emotive che la guerra infligge ai soldati di ritorno a casa e alle loro famiglie, che non sono preparate a sostenere situazioni particolari e delicate.

Non è un film sulla guerra in sé, già nel titolo si comprende come il tema fondante siano le relazioni che intercorrono tra i componenti di una famiglia, nello specifico tra due fratelli.

Sam e Tommy sono diversi per carattere e scelte di vita, ma si trovano ad affrontare situazioni poco comuni e agli antipodi, una costruttiva e l’altra distruttiva. Nell’arco del racconto c’è un ribaltamento di ruoli, Sam, una persona che è riuscita a costruirsi una famiglia e un lavoro che gli ha dato soddisfazioni, una persona amorevole e disponibile, diviene oscura e riservata, paranoica e piena di rabbia, che ha perso la sua autostima. Tommy, cresciuto all’ombra del fratello e che si è sempre sentito non amato dal padre, diviene tutto ciò che Sam rappresentava.

L’intento del regista è stato quello di mostrare cosa succede ad un uomo i cui ideali e valori vengono distrutti e le sue azioni lo tormentano a tal punto da farlo uscire fuori di sé, lo inducono a perdere la sua identità. Due sono gli aspetti sui quali si vuol far riflettere: quali siano le esperienze che formano un uomo nella sua esistenza e quali, di contro, lo annientano.

Nella sceneggiatura si è sorvolato su alcuni aspetti, nelle sequenze in cui Grace si mette in relazione con Sam dopo il suo ritorno a casa. Grace vede Sam diverso nei modi e nei pensieri, ma non chiede aiuto, non ne parla con nessuno, neanche con i familiari. Tutti sembrano far finta di niente, come se l’uomo avesse dei normali scatti di nervi e arrabbiature, solo Tommy alla fine interverrà per salvare la vita di Sam.

Il film è stato girato in New Messico e il più possibile in ordine cronologico, per consentire agli attori di entrare nel percorso dei personaggi. Sono stati tutti eccellenti da Jake Gyllenhaal, che interpreta Tommy, a Bailee Madison, nel ruolo di Isabelle Cahill, che possiede una presenza straordinaria lasciando un’impressione fortissima sullo spettatore.

Brothers è un film intenso e viscerale, che lascia senza parole per la forza della gamma delle emozioni descritte. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della recensione: Francesca Caruso

Redazioneonline- Cinema e Spettacoli

 
By Admin (from 15/08/2010 @ 15:00:38, in it - Video Alerta, read 2376 times)

Jennifer è una bellissima cheerleader, Needy la sua migliore amica dalla popolarità piuttosto scarsa. Le due si recano a un concerto in un locale in città, durante il quale scoppia un incendio. Jennifer viene portata via dalla band e durante la notte si presenta a casa di Needy coperta di sangue. La ragazza si rende immediatamente conto del fatto che qualcosa è andato storto e che Jennifer non è più la stessa persona. Ma la sua nuova consapevolezza la pone di fronte ad un grosso dilemma.

C'è un solo modo per andare fino in fondo a questo film: puntare alla parte meglio girata e più interessante dell'intero plot, i titoli di coda.

Intanto segnalano la fine della storia, e con essa del tormento dei neuroni dello spettatore, e inoltre l'effetto catartico che sprigionano è di quelli che motiva abbondantemente il tempo speso a guardare un teen movie abbastanza datato e poco avvincente.
Megan Fox è un'improbabile cheerleader, molto bellla, corteggiata e inspiegabilmente vergine.
Particolare questo di importanza capitale per l'altrettanto improbabile seguito della storia.

La sua amica del cuore Needy ha invece un ragazzo che si secca un pochino del fatto che l'attraente Jennifer le chieda di accompagnarla a rimorchiare il cantante di un gruppo rock locale. La serata ovviamente sarà un disastro, e il coniglietto impaurito che in realtà abita il corpo di Jennifer lascia misteriosamente il posto a una pericolosa e famelica belva.

Il resto è puro slasher anni settanta. Con tanto di corpulenti giocatori fagocitati letteralmente dalla libidine e dalla sensualissima bocca di Jennifer. Il suo corpo, oggetto di fantasie più che naturali, diviene ricettacolo dell'altrettanto naturale paura del femminile che viene abbondantemente mascherato da comportamenti predatori. Il tutto si capovolge, come nella fantasie più sfrenate di ogni teenager che si rispetti, e trattandosi di un film americano, invece del solito travaglio interiore tipico dell'adolescenza che abbonda nella vecchia Europa, avremo una catartica orgia, se non di sesso, almeno di sangue.

Inutile invocare la simbolica dei riti di passaggio adolescenziali, e la trita storia del ballo di fine anno distrutto dalla parte oscura del cuore giovanile americano. Un cuore che, da troppo tempo ormai, coltiva omicidi e macellamenti in apparente ribellione ad una società che queste cose usa esportarle.

La povera Jennifer sembra dapprima una decerebrata vittima dell'ingordigia maschile e della volontà universale di fama e potere, e poi un prodotto assai pericoloso della commistione tra i due. Il tenebroso Nik è il sinistro catalizzatore prima degli ormoni della piccola Jennifer, e poi del lato oscuro che finisce per prevalere sul normale andamento di queste cose.

Il sesso, ormai si sa, da anni è usato come parafrasi dell'individuazione e della crescita, che sempre segna una separazione dalla famiglia di origine, solitamente costituita da persone che soffrono un po' a veder crescere i pargoli, e li assillano con divieti e paure, al solo scopo di tenerli ancora un po' al sicuro tra le pareti di casa.

Ma qua siamo in presenza di uno strappo, segno e simbolo della mancata volontà di crescita e individuazione, che finisce per affogare il tutto nell'elemento fusionale per eccellenza: il sangue.

Il racconto si svolge piuttosto prevedibilmente tra omicidi, sparizioni e inseguimenti, e solo il summenzionato finale, catartico e ben fotografato, salva dall'assoluto e meritato oblio una pellicola tra le tante, il cui solo eventuale merito può essere quello di aver mostrato una bella ragazza che fa a pezzi tutti quelli che mirano soltanto al suo corpo. ( Fonte: cinemalia.it)

Autore della recensione: Anna Maria Pelella

WIE VAN DE DRIE

 Kelly Brook 
Sarah | Kelly Brook | Hanah
 

Buongiorno a tutti, si avvicina la ripresa delle attività, questo è il penultimo Passaparola registrato prima delle vacanze, credo che questi Passaparola così un po’ a volo pindarico ci aiutino a guardare un po’ più dall’altro la nostra realtà e magari a capire meglio quello che succede.

Tutti i ladri del Presidente.

Molto spesso ci sono commentatori che non è che non capiscono quello che succede, fanno finta di non capire quello che succede, pensate soltanto a quanta ipocrisia intorno alle leggi vergogna, quanti paraculi ci hanno raccontato che le leggi vergogna con qualche aggiustamento, con qualche emendamento possono funzionare e quanti altri dicono: ma perché Berlusconi continua a occuparsi di queste faccende, della giustizia quando c’è un paese in crisi profonda, non si sa quante imprese riapriranno i battenti dopo l’estate, quanta gente perderà ancora il lavoro, quanto crollerà ancora il reddito degli italiani e lui si occupa soltanto di queste cose?
Ma è il suo dovere, la sua missione, è entrato in politica per quello, non è mica entrato in politica per risolvere gli affari nostri, è entrato in politica per risolvere gli affari suoi, non solo suoi, ma di un’intera classe dirigente cresciuta e selezionata in questi anni a sua immagine e somiglianza o da lui o comunque secondo criteri simili ai suoi che ha un disperato bisogno di leggi per impedire i processi, le indagini, le intercettazioni, la libertà di stampa, perché? Perché hanno una tale montagna di merda da nascondere che se venisse fuori in aule di giustizia o sugli organi di informazione, non potrebbero più restare nei posti dove sono.
Qualche tempo fa per il fatto mi sono divertito proprio a fare una specie di lista della spesa della nostra classe dirigente, di quelli che sono nelle posizioni di vertice, ci si rende conto che è sembra il museo Lombroso di Torino, dove ci sono questi cranietti in forma Aldeide, facce e crani che costituiscono reati soltanto a vederli, anche senza sapere cosa hanno fatto, andiamo a vedere un po’ quelli che comandano in Italia come sono messi e poi capiremo, secondo me molto meglio, perché fino a quando non verrà giù tutto questo sistema, questa classe dirigente, il Parlamento non potrà fare altro che occuparsi di bloccare continuamente iniziative della Magistratura e quel pochissimo che resta della libertà di stampa, intanto abbiamo il Presidente del Consiglio che sappiamo che razza di personaggino è, la sfangata in una quindicina di processi, ora per amnistia, ora per prescrizione del reato spesso propiziata dalla legge ex Cirielli che aveva fatto lui, per avere depenalizzato il suo reato di falso in bilancio, per insufficienza di prove, quasi mai perché è stato ritenuto innocente e in più ha dei processi in corso, ne ha tre a Milano, Mediaset e Media Trade per appropriazione indebita, falso in bilancio e evasione a fiscale, poi ne ha uno a Milano per corruzione in atti giudiziari, il processo Mills, quest’ultimo è già stato ritenuto colpevole fino in Cassazione, reato alla fine prescritto, Berlusconi non ha ancora avuto la prescrizione perché i tempi per lui sono stati congelati nell’anno e mezzo in cui il processo è rimasto sospeso per il lodo Alfano e poi è stato di nuovo bloccato per illegittimo impedimento, quindi tutto questo tempo morto viene calcolato e aggiunto al termine di prescrizione che ordinariamente sarebbe scaduto nel novembre dell’anno scorso.
Poi c’è l’inchiesta di Trani trasferita in parte a Roma, dove Berlusconi è indagato per minacce a organo dello Stato, all’AgCom per ottenere la multa che avrebbe dato alla RAI il pretesto di chiudere Annozero. Il suo braccio destro, Previti, è un pregiudicato, 7 anni e mezzo di galera definitivi per corruzione giudiziaria, quindi è stato addirittura espulso dal Parlamento, non ci può più rientrare, interdizione perpetua dai pubblici uffici, il suo braccio sinistro, il Marcello Dell’Utri è stato condannato anche in appello a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, aveva già una condanna definitiva a 2 anni e tre mesi per frode fiscale, false fatture cumulate con alcuni patteggiamenti per falso in bilancio per la gestione allegra di Publitalia e le ruberie sui fondi neri di Publitalia, ha un processo in appello che ha bloccato in extremis questa estate con una richiesta di trasferimento di dimissione a altra sede per legittimo sospetto in base alla legge Cirami, una di quelle leggi che il centro-sinistra doveva abolire secondo quello che aveva raccontato, in realtà lasciato in vigore e Dell’Utri l’ha utilizzata per allontanare il momento della sentenza che è abbastanza imminente e quello è il processo dove Dell’Utri è accusato di avere organizzato un complotto di falsi pentiti per calunniare i veri pentiti che sono quelli che accusano lui, ma accusano anche i capimafia in base a quei pentiti sono stati condannati tutti i capi della cupola, non è che sono altri i pentiti e poi ha un altro processo per estorsione mafiosa a Milano, ne abbiamo parlato qualche mese fa, è quello dove Dell’Utri è accusato di fare fatto minacciare dal Boss di Trapani Virga, un imprenditore, Garraffa dal quale Dell’Utri pretendeva in nero 750 milioni di lire come ritorno della metà del valore di una sponsorizzazione che Publitalia aveva procacciato alla squadra di pallacanestro di questo Garraffa, la pallacanestro Trapani.
Anche Dell’Utri è ben messo anche perché poi è pure indagato per lo scandalo dell’eolico e della P3. Il coordinatore del partito, uno dei 3 coordinatori nazionali, quello più importante, Denis Verdini è indagato per corruzione nello scandalo dell’eolico e è anche indagato per violazione della legge Anselmi, per avere ricostituito un’associazione segreta e una nuova P2, la P3 insieme a Carboni e a quegli altri galantuomini.
Il vicecoordinatore nazionale Giancarlo Abelli, di Milano, ciellino, ex democristiano già beccato per strane consulente non fatturate ai tempi dello scandalo del Prof. Poggi Longostrevi, è stato di nuovo beccato recentemente nell’inchiesta sulla’‘ndrangheta a Milano, quella del blitz con cui Ilda Boccassini ha fatto arrestare circa 300 ‘ndranghetisti legati a vari uomini politici che volevano mettere le mani su Expo 2015 a Milano e è risultato dalle carte che questo gentiluomo aveva preso voti da alcuni di questi signori.
Poi ci sono i Ministri, il Ministro Matteoli è sotto processo per favoreggiamento con l’accusa di avere avvertito l’ex Prefetto di Livorno che c’erano intercettazioni su di lui in un’indagine sugli abusi edilizi all’Isola d’Elba, processo che è stato bloccato dal Parlamento con ogni sorta di artifizi, ho raccontato tutto nel dettaglio nel libro “Ad personam” e poi c’è Fitto, Raffaele Fitto, l’ex governatore della Puglia che è stato rinviato a giudizio, credo già due volte, oppure una in udienza preliminare e l’altra già approdata a rinvio a giudizio per vicende di corruzione, associazione a delinquere, finanziamento illecito, tangenti provenienti, secondo l’accusa dalla famiglia Angelucci, dai re delle cliniche editori di Libero e del Riformista a spese dei contribuenti ovviamente.
Poi ci sono altri due Ministri che sono addirittura pregiudicati Maroni lo sappiamo tutti, la leggendaria condanna per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale per avere picchiato dei poliziotti durante la perquisizione a Via Bellerio e Bossi pregiudicato sia per la maxi tangente Enimont, 200 milioni da Carlo Sama e poi finanziamento illecito e poi per istigazione a delinquere per avere detto che bisognava andare a prendere quelli di Alleanza Nazionale casa per casa e fare giustizia e poi altre cose minori come le indagini di Verona sulla costituzione di una banda armata come le Camicie Verdi.
Poi abbiamo i sottosegretari Gianni Letta indagato, salvo notizie contrarie che finora non sono arrivate, però a Lagonegro per lo scandalo degli appalti per il catering dei centri di raccolta per profughi stranieri, Bertolaso indagato per corruzione nello scandalo della protezione civile e degli appalti del G8, Brancher imputato a Milano per i soldi, circa 300 mila Euro che gli avrebbe dato Fiorani per costruire una lobby favorevole al Governatore Fazio e a tutti i furbetti del quartierino, Cosentino e basta la parola, c’è un mandato di cattura che pende sul suo capo ormai da 8/9 mesi per concorso esterno in associazione camorristica, 8 collaboratori del clan dei Casalesi lo indicano come il referente politico di Gomorra.
Il viceMinistro della Giustizia Caliendo, anche lui indagato per la storia della P3, non a caso relatore della norma sulle intercettazioni telefoniche, ex magistrato, anzi forse magistrato in aspettativa, questo meraviglioso governo gode della fiducia e l’ha già ottenuta una trentina di volte in due anni, di un Parlamento che gli somiglia perché il Parlamento italiano conta 24 pregiudicati, salvo errori o omissioni e 90 tra imputati, condannati in primo e secondo grado, prescritti etc..
Anche al Parlamento europeo abbiamo un’eccellente rappresentanza perché abbiamo pregiudicati per finanziamento illecito come Patriciello, di nuovo imputato per storie di malaffare in Molise, Borghezio condannato definitivamente per incendio doloso e Bonsignore condannato per tentata corruzione e poi abbiamo indagati tipo Mastella per quelle belle cose che faceva insieme alla moglie nella sanità e nei posti pubblici della Campania.
Molti sindaci anche sono indagati è il federalismo penale, molti sindaci e molti governatori, la Moratti è indagata per abuso d’ufficio per le consulenze facili concesse al Comune di Milano, è indagata per lo smog e per lo smog a Milano è indagato anche il governatore Formigoni, poi ci sono i sindaci leghisti condannati per razzismo come Tosi definitivamente e Gentilini in primo grado, poi c’è il Sindaco di Salerno, De Luca, ha una sfilza di pendenze, è stato salvato dalla prescrizione nel processo per smaltimento abusivo di rifiuti dopo avere promesso solennemente in cambio della sua candidatura a governatore della Campania che avrebbe rinunciato alla prescrizione, l’ha incassata questa estate e l’ha portata a casa in appello, in primo grado era stato condannato e poi è ancora imputato in due dibattimenti per associazione per delinquere, concussione, truffa, falso e altre simpatiche accuse.
Poi c’è Cammarata Diego, il sindaco di Palermo di nuovo piena di immondizia da fare schifo, Cammarata è indagato per abuso d’ufficio. Poi ci sono i governatori, ne abbiamo 6 su 20 indagati, quindi una bella media anche tra di loro, Formigoni l’ho detto, poi c’è Raffaele Lombardo il governatore della Sicilia che è indagato per mafia a Catania e per abuso d’ufficio, poi per avere messo in piedi un ufficio stampa che sembra l’esercito americano tanto è nutrito, tanto paghiamo noi! Scopelliti, il neogovernatore della Calabria era già imputato prima di essere eletto per omissione in atti di ufficio e recentemente è stato beccato a cena con un boss della’‘ ndrangheta . Poi c’è De Filippo il governatore della Basilicata che è ancora indagato per favoreggiamento in un’indagine aperta a Potenza da Woodcock, poi c’è Iorio il governatore del Molise che è indagato per concussione e abuso, poi ci sono gli ex governatori e qui non finiremmo più, abbiamo Del Turco imputato per corruzione in udienza preliminare, abbiamo Cuffaro condannato in appello a 7 anni per favoreggiamento mafioso e adesso è di nuovo udienza preliminare per l’altro processo per concorso esterno in associazione mafiosa, dove i PM hanno addirittura chiesto di condannarlo a 10 anni.

Politica, economia, giornalismo e Chiesa nel Paese di Berlusconi.

I vertici della protezione civile sappiamo come sono messi, sono tutti tra l’ora d’aria e i domiciliari, c’è pure un cardinale indagato, il Cardinale Sepe, Vescovo di Napoli che era il capo della propaganda Fide e gestiva il patrimonio immobiliare sterminato del Vaticano, non tanto per raccogliere soldi per i poveri e le missioni, quanto per fare ogni tanto anche qualche favore a gente tipo Lunardi, Bertolaso, Bruno Vespa è un suo inquilino affezionatissimo.
E abbiamo anche insigni gentiluomini di Sua Santità come Balducci arrestati e indagati, per i monarchici abbiamo l’erede al trono imputato, Vittorio Emanuele si era detto: ah l'hanno arrestato quei pazzi Woodcock, quelli Potenza, finirà tutto nel nulla, l'inchiesta è passata a Roma e persino Roma, la Procura ha chiesto il suo rinvio a giudizio per associazione per delinquere finalizzata a vari traffici nel mondo del slot machine, proprio una cosa da principe!
I Presidenti emeriti della Cassazione ne abbiamo due che sono uno meglio dell’altro, uno era Mirabelli quello che telefonava con Pasqualino Lombardi, quello della P3 e l’altro è Antonio Baldassarre che qualche anno fa ha capeggiato una cordata per prendere Alitalia e poi si è scoperto che era una cordata di cartapesta, infatti è indagato per millantato credito.
Governatore della Banca d’Italia, quello attuale non ha problemi, il suo predecessori, Fazio è sotto processo per aggiotaggio delle scalate bancarie sia nel caso Unipol, sia nel caso Fiorani Antonveneta, il Gota di Confindustria è una meraviglia a cominciare dalla Presidente Marcegaglia, la cui ditta di famiglia, quella fondata dal famoso Steno Marcegaglia ha patteggiato come azienda per corruzione nello scandalo dell’Enel power a Milano e per di più il padre è stato di nuovo indagato di recente per smaltimento illegale di rifiuti tossici.
Poi c’è il gruppo FIAT – Agnelli che è sotto processo con i suoi supermanager Grande Stevens e Gabetti a Torino per lo scandalo dell’equity swap, anche lì sono reati finanziari ai danni della borsa, dei risparmiatori, la Telecom di Tronchetti è nei guai sempre di più per lo scandalo della security e dello spionaggio di Tavaroli e poi abbiamo grandi ditte, il riciclaggio miliardario di Fastweb, quello di Finmeccanica, la Parmalat, che ancora è sotto processo insieme a una serie di banche italiane e americano che hanno contribuito al crac, l’Unipol, l’Impregilo , pensate lo scandalo dei rifiuti che coinvolge oltre all’Impregilo anche un altro ex governatore celeberrimo, Bassolino, ce lo eravamo dimenticato, abbiamo Ligresti che passa da condanne a indagini in continuazione, abbiamo Geronzi che ha ancora un bel po’ di processi sia per gli scandali della Cirio, sia della Parmalat, abbiamo le forze dell’ ordine e i servizi di sicurezza in grande spolvero, il Sismi di Pollaro e Pompa è sotto processo a Perugia per i dossier illegali accumulati in quell’ufficietto riservato di Via Nazionale a Roma, il Dis (Centro di coordinamento di tutti i servizi segreti capeggiato da Gianni De Gennaro che è stato appena condannato in appello per istigazione alla falsa testimonianza di un funzionario di polizia che doveva stare zitto, coprire le responsabilità dei vertici della Polizia Municipale nel G8 di Genova del 2001 e per quei pestaggi, per quelle sevizie tra torture alla Diaz e torture alla caserma di Bolzaneto abbiamo ben 73 tra dirigenti e agenti di polizia condannati già in appello, nessuno di questi è stato rimosso, nessuno! Chi vogliono rimuovere? Giocacchino Genchi, quello collabora con le procure, mica va a massacrare la gente in giro, quello sì, è stato sospeso e adesso lo vogliono destituire, è già stato sospeso e lo vogliono destituire.
Poi abbiamo l’ex comandante della Guardia di Finanza, il Generale Roberto Speciale condannato in appello per peculato perché si faceva portare le spigole fresche quando andava in alta montagna, arrivava proprio una spigola aviotrasportata a spese nostre, 18 mesi di reclusione in appello, il Comandante in capo attuale del Ros dei Carabinieri, il Generale Ganzer è stato condannato a 14 anni in primo grado dal Tribunale di Milano per traffico internazionale di droga e anche lui gode della fiducia del governo e del Parlamento e ci mancherebbe, con il governo e il Parlamento che abbiamo volete che non abbiano fiducia di uno condannato in primo grado a 14 anni per traffico di droga, ma è un Marocchino che spaccia erba agli un angoli delle strade, è uno serio, è uno che si è beccato 14 anni in primo grado, massima fiducia, rimane al suo posto, combatte la droga con una condanna per traffico di droga.
Il Ros ha una grossa tradizione, perché l’ex capo del Ros, il Generale Mori è imputato insieme al suo braccio destro il Colonnello Obinu per avere mancato o forse per non avere voluto catturare Provenzano nel 1995, quando ce l’avevano lì pronto in un casolare di Mezzojuso e averlo lasciato scorrazzare per un’altra decina di anni, sapete che Provenzano con il suo Maggiolone verde andava addirittura a trovare Vito Ciancimino a Roma e Ciancimino era agli arresti domiciliari, ma quando arrivava Provenzano si voltavano tutti dall’altra parte.
Infine ci siamo noi, che non commettiamo reati e che dovremmo cominciare a domandarci dove abbiamo sbagliato, perché o abbiamo sbagliato noi o hanno sbagliato loro, il problema è che ci sono molte persone oneste che non commettono reati che poi al momento di andare a votare continuano a votare per i ladri, forse sarebbe il caso di smettere, visto che come dimostrano i dati dell’economia che sono sempre peggiori rispetto a quelli del giorno precedente.

Questo sistema fondato sul malaffare, sul crimine del potere, sulla corruzione e su tutti i contorni, non ci conviene proprio dal punto di vista economico e quindi se conoscete qualcuno che vota per dei ladri, ditegli di smettere, passate parola!

Fonte: BeppeGrillo.it

 
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