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 Trilingual World Observatory: italiano, english, română. GLOBAL NEWS & more... di Redazione
   
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Bell, Book & Candle restaurant in the West Village is using its roof to grow sixty percent of its ingredients via energy-efficient Aeroponic growing towers. Led with Chef John Mooney’s locavore beliefs, Mooney’s initiatives transcend the typical local farm-to-table restaurant. By growing vertically, Mooney is able to control what goes into each vegetable, with a contained water system and no soil – meaning no additives or pesticides are necessary.

Furthermore, since Bell, Book & Candle is self-supplying, fruits and veggies are picked at their peak and used immediately, rather than being stored for long periods of time. A carbon neutral pulley brings each day’s harvest down into the kitchen to be turned into mouth-watering dishes such as Roasted Heirloom Pumpkin Soup, Rooftop Mixed Green Salad, and Gin & Tonic Wild Salmon with caramelized cauliflower. Any produce that isn’t sourced from above is instead purchased from a cold-weather greenhouse in nearby Lancaster, PA. But it really doesn’t get any fresher than rooftop-to-table!

Source: InHabitat - zeitnews.org

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By Admin (from 24/02/2011 @ 10:00:20, in it - Scienze e Societa, read 1786 times)

Stili di vita non salutari ancora diffusi fra i bambini italiani. Secondo i dati dell'indagine OKkio alla Salute, che ha analizzato oltre 42.000 alunni delle terze classi delle scuole primarie, è ancora alta la prevalenza del sovrappeso (23%) e dell'obesità (11%). I piccoli del belpaese nel 9% dei casi non fanno colazione e nel 30% non la fanno adeguatamente, mentre 1 bambino su 4 non mangia quotidianamente frutta e verdura e circa il 50% consuma bevande zuccherate o gassate nell'arco della giornata.

 

I dati sono stati resi noti in occasione di un incontro organizzato oggi a Roma per discutere il bilancio dell'iniziativa 'Scuola e Salutè, avviata nel 2007 dal ministero della Salute e da quello dell'Istruzione per e che mira a inculcare la cultura della prevenzione e della salute fin dalle scuole elementari.

 

Secondo i dati diffusi 1 bambino su 2 oggi ha la televisione in camera, uno su 5 pratica sport per non più di un'ora a settimana. Inoltre, i genitori non sempre hanno un quadro corretto dello stato ponderale del proprio figlio: tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 36% non ritiene che il proprio figlio abbia chili di troppo.  Lo studio Zoom8 condotto dall'Inran su un campione di 2.100 bambini di 8-9 anni ha approfondito alcuni aspetti indagati da OKkio alla Salute, rilevando che circa il 70% dei bambini non ha l'abitudine di andare a scuola a piedi e che solo il 26,8% gioca più di due ore al giorno all'aria aperta, nei giorni feriali. La scarsità di tempo trascorso dai piccoli all'aperto è correlata alla sicurezza dell'ambiente circostante l'abitazione e alla mancanza di strutture adeguate, specie al Sud.

 

Il ribaltamento di queste tendenze è l'obiettivo principale del progetto 'Scuola e Salutè, che insegna a 'guadagnare vità sin dai banchi di scuola. È stato presentato oggi il bilancio di tre anni dell'iniziativa che, grazie a una sinergia tra scuole, ministero della Salute e ministero dell'Istruzione, vuole contribuire alla riduzione del numero delle malattie e delle morti causate da stili di vita scorretti e cattive abitudini, come l'obesità, il fumo e l'alcol. L'Health Behaviour in School-aged Children, studio multicentrico promosso dall'Organizzazione mondiale della sanità finalizzato a raccogliere dati sui comportamenti relativi alla salute in età pre-adolescenziale (11-15 anni), realizzato in collaborazione tra l'Istituto superiore di sanità, le Università di Torino, Padova e Siena, indica fra i teenager italiani una diminuzione dell'eccesso ponderale al crescere dell'età.

La frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi va dal 29,3% nei maschi e dal 19,5% nelle femmine undicenni, al 25,6% nei maschi e al 12,3% nelle femmine di 15 anni. Emerge un minor consumo quotidiano di verdura nel Sud e tra i maschi. L'indagine evidenzia inoltre lo svolgimento di minore attività fisica tra i ragazzi di 15 anni (47,5% dei maschi e 26,6% delle femmine) rispetto ai tredicenni (50,9% dei maschi e 33,7% delle femmine); una percentuale del 40% dei maschi e del 24% delle femmine di 15 anni che dichiara di consumare alcol almeno una volta a settimana e un 19% dei quindicenni (maschi e femmine) che dichiara di fumare almeno una volta a settimana.

 

Proprio sul fumo, i dati più recenti a disposizione (Doxa-Iss-Osfad 2010) indicano che tra i 15 e i 24 anni d'età i fumatori rappresentano il 21,9%. I maschi sono il 25,3% e le femmine il 18, 4%. In questa fascia d'età, l'indagine ha rilevato che il 34,5% dei baby-tabagisti inizia a fumare prima dei 15 anni e il 50,8% tra i 15 e i 17 anni: quindi l'85,3% dei ragazzi si accende la prima sigaretta prima dei 18 anni, quando frequenta ancora la scuola. Secondo i dati, il 73,4% dei giovani fumatori prende il vizio sotto l'influenza degli amici: si fuma perchè 'lo fanno tuttì. 

Fonte: leggo.it

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http://www.youtube.com/user/TZMOfficialChannel

Zeitgeist: Moving Forward, by director Peter Joseph, is a feature length documentary work which will present a case for a needed transition out of the current socioeconomic monetary paradigm which governs the entire world society.

This subject matter will transcend the issues of cultural relativism and traditional ideology and move to relate the core, empirical "life ground" attributes of human and social survival, extrapolating those immutable natural laws into a new sustainable social paradigm called a "Resource-Based Economy".

One voice can make a difference........a million voices can change the world!


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By Admin (from 23/02/2011 @ 12:00:00, in ro - Stiinta si Societate, read 2042 times)

 Progresele realizate in ultimii ani de medicina sunt uluitoare, printre ele numarandu-se, la loc de cinste, acel vaccin impotriva cancerului de col uterin. Iata insa, ca tot cu ajutorul unui vaccin medicii vor sa vina de hac si altor formatiuni maligne si anume tumorile cerebrale.Este vorba, mai precis, despre gliomurile recurente, unele dintre cele mai agresive tumori maligne, considerate a se numara printre formele de cancer cu o incidenta a mortalitatii de aproape 100%.

In cazul lor, metodele de tratament clasice – chimioterapia sau radioterapia – au o eficienta scazuta; pornind tocmai de la aceasta premisa, o echipa de cercetatori californieni, condusa de dr. Andrew Parsa, de la San Francisco Medical Center, incearca sa vina de hac tumorilor folosind celule canceroase prelevate chiar din acestea!Parsa, un reputat neurochirurg, a inceput deja sa faca testari pe un grup de pacienti voluntari, pentru a pune la punct un „vaccin” impotriva tumorii, prin care aceasta este invinsa cu propriile ei arme, daca ne putem exprima astfel.

Tumora este distrusa cu propriile arme

 Vaccinul, ca si cele impotriva rabiei, tuberculozei si altor maladii, utilizeaza anumite proteine luate chiar din tumora si este administrat prin intermediul unei seringi, in bratul bolnavului, la fiecare doua saptamani, scopul sau fiind de a stimula cresterea nivelului celulelor-T, „caramizile” de baza ale sistemului imunitar si de a opri astfel orice reaparitie a celulelor canceroase.

„La toti cei sase pacienti care au primit acest tratament pana in prezent s-a pus in evidenta un raspuns imunitar. Atunci cand le-am analizat sangele, dupa administrarea vaccinului, s-a observat o crestere semnificativa a nivelului de celule-T. Cinci dintre pacienti au trait mai mult de jumatate de an dupa reaparitia glioblastomului, care este cea mai maligna forma de tumora cerebrala”, spune Parsa. Pana in prezent, rareori, pacientii cu aceasta forma rara de tumora supravietuiau mai mult de sase luni.

 „Sunt semnale incurajatoare dar asta nu inseamna ca tratamentul va fi suta la suta eficient. Oricum, vom continua cercetarile, pentru ca se pare ca ne aflam pe drumul cel bun”, crede savantul californian. Deja, 48 de bolnavi cu gliom recurent s-au inscris pe „lista lui Parsa”, pentru a beneficia de dozele saptamanale de vaccin, dar rezultatele in privinta starii lor de sanatate vor fi date publicitatii abia la finele anului viitor. La realizarea vaccinului, echipa dr. Parsa a colaborat cu o companie de biotehnologie, Antigens Inc., iar fondurile pentru cercetare, in suma totala de aproape jumatate de milion de dolari, au fost donate de Asociatia Americana pentru Tumori Cerebrale, prin Institutul National de Cancer.

Unul dintre pacienti, doamna Rosalind Hekkala, in varsta de 66 de ani, a fost diagnosticata cu tumora cerebrala si operata, in iulie 2005. O noua tumora i-a fost detectata in noiembrie acelasi an, in ciuda faptului ca a urmat un tratament intensiv – chimio si radioterapie. Dupa ce a inceput sa-i fie administrat vaccinul, cu aproape un an in urma, cancerul nu a mai recidivat!

Gabriel TUDOR - magazin.ro

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By Admin (from 23/02/2011 @ 10:00:12, in it - Osservatorio Globale, read 3132 times)

Definire il lavoro un social killer, come ha fatto un giornalista d’assalto, Marc Ames nel suo rapporto sulle drammatiche azioni dei dipendenti che perdono la testa perché sfiniti dallo sfruttamento o dalla paura di venire licenziati, può sembrare eccessivo.

 

Ma ogni incidente dovrebbe anche servire a ricordare che molto più spesso di quanto non si dica di lavoro si muore. E non per fatalità, ma perché le condizioni in cui lavorano milioni di persone in Europa e nel mondo le espongono a rischi letali per incidenti, malattie correlate al lavoro, o crollo psicofisico quando gli oneri personali che il lavoro impone appaiono insostenibili.

 

Qualche dato per memoria? Secondo le stime dell’International Labour Office di Ginevra, ogni anno muoiono a causa di incidenti sul lavoro circa 400mila persone. Cifra spaventosa. La quale viene però superata di ben quattro volte da quella che riguarda le morti correlate al lavoro, che sono valutate in 1,7 milioni. Il totale dei decessi tocca quindi 2,1 milioni. Tra le morti “correlate al lavoro” si collocano in primo piano quelle derivanti dall’esposizione continuativa a sostanze nocive, stimate in 420mila l’anno, di cui 100mila sono quelle imputabili all’amianto. Proprio in queste settimane si sta svolgendo a Torino un processo dove l’accusa sostiene che una fabbrica di Casale, la Eternit, avrebbe provocato col tempo il decesso di tremila lavoratori ch’erano addetti alla lavorazione di prodotti amiantiferi senza alcuna protezione.

Un altro modo per morire di lavoro sono i suicidi. Nei nostri Paesi hanno destato giustamente impressione diffusa i suicidi in poco più di un anno di 16-18 tecnici e quadri di Telecom France, mentre un numero pressoché uguale di piccoli imprenditori si è tolto la vita, nello stesso periodo, nel solo Veneto. Determinante nel primo caso pare sia stato lo stress dovuto ai ritmi di lavoro e al carico di responsabilità; nel caso veneto sono invece quasi tutti imprenditori di cui la crisi ha spezzato il sogno di emancipazione di una vita. Bisogna guardare a queste vittime del lavoro con la pietà e il dolente rispetto che meritano; senza però dimenticare che in India, ad esempio, i suicidi di contadini che si tolgono la vita perché schiacciati dai debiti, dal crollo dei prezzi dei loro prodotti da cui noi siamo avvantaggiati, dagli espropri delle loro terre cui partecipano sia le corporation americane ed europee sia il governo indiano, ammontano a parecchie centinaia l’anno.

 

Simili cifre dovrebbero bastare per impegnare i nostri governi, i sindacati, le imprese, le comunità locali, a celebrare il 1° maggio come il giorno in cui si dovrebbe  registrare ogni anno, grazie alle azioni intraprese, il progressivo declino del lavorocome social killer.

Fonte: caffe.ch - Autore: Luciano Gallino

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By Admin (from 23/02/2011 @ 08:00:00, in en - Global Observatory, read 2727 times)

A new application of Molten Carbonate Fuel Cell (MCFC) has been developed by the European-funded MC WAP research project to be eventually used as an alternative power supply for ships. This will be cleaner and avoid the pollution of the marine diesel engines which currently provide the power in the vast majority of the world's ships.

The research into molten carbonate fuel cells has it origins as early as the 1930s, Emil Baur and H.Preis in Switzerland experimented with high-temperature, solid oxide electrolytes. At the initial stages the research was applicable to both molten carbonate and solid oxide fuel cells which are both high-temperature devices. The technical history of both cells seems to follow a similar line of research. A divergence in the development appeared in the late 1950s. From then on, the Molten Carbonate Fuel Cell (MCFC) was developed from a purely experimental prototype to today’s practical demonstrator.

Molten carbonate fuel cells demand very high operating temperatures (600°C and above) and most applications for this kind of cell are limited to large, stationary power plants. The envisaged initial application is associated with waste heat, industrial processing, and in steam turbines to generate more electricity.

The MC WAP project has developed a molten carbon fuel cell which uses hydrogen obtained from a system that converts diesel oil into a hydrogen-rich gas, and air coming from the compressor of a microturbine. The reaction produces electricity and heat, without combustion.

To operate the MCFC on board a ship, researchers of the MC-WAP project have developed two major elements: The Fuel Processor Module and the Fuel Cells Module. The Fuel Cells Module is a chemical plant. It is fed from one side by compressed air and from the other side by a gas called syngas (produced from diesel) by the Fuel Processor Module. This gas is currently being tested in Germany, at the University of Freiberg. The chemical reaction between air and syngas then generates electricity.

The energy produced by the current system, corresponds to about 250 kilowatts, and represents one production unit of reserve energy that can power the essential systems on board, such as the control systems, communication, lighting and main auxiliary systems. Although at this time it will not power the propulsion, it will be able to contribute to it in some cases.

No combustion means fewer greenhouse gas emissions from the many tourist and cargo ships that carry the millions of people and goods around the coasts of Europe and the world. The cleaner ship exhausts are better for the environment and will help the operators to meet the new green legislation.

Cleaning the exhausts involves removing the traces of sulphur and carbon di-oxide that remain after normal combustion, resulting in clean exhaust gases. The system releases virtually no harmful substances: the fuel is transformed into synthetic gas which is then used in the fuel cell, without creating pollution. Furthermore the lack of moving parts in the MCFC will reduce the overall ship vibrations which will result in a more comfortable journey for the passengers.

Source: PhysOrg - zeitnews.org

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By Admin (from 22/02/2011 @ 12:00:56, in it - Scienze e Societa, read 1815 times)

Per chi guarda alla crisi in corso dal punto di vista di un mondo diverso alcune questioni già ampiamente dibattute in altre sedi possono essere date per scontate. Innanzitutto, se c'è o ci sarà una "ripresa" dalla crisi - il che è ancora da vedere - non sarà granché; dei tre principali indicatori con cui si misura l'andamento economico (Pil, profitti e occupazione), la ripresa potrà riguardare il Pil di alcuni paesi, i profitti di una parte, e una parte soltanto, delle imprese; ma sicuramente non riguarderà l'occupazione e i redditi da lavoro. Meno che mai possiamo pensare di andare incontro a una nuova fase di espansione economica, come quella dei cosiddetti "Trenta gloriosi" (1945-1975); per lo meno nella parte del mondo che ci riguarda. Investimenti e profitti sono ormai irreversibilmente disgiunti da occupazione e migliori condizioni di lavoro.

Il pianeta Terra è sull'orlo di un baratro dovuto all'eccessivo consumo di ambiente, sia dal lato del prelievo delle risorse che da quello dell'emissione di scarti, residui e rifiuti. Crisi economica e crisi ambientale sono indissolubilmente legate. Per questo, per garantire reddito e condizioni di vita e di lavoro dignitose a tutti è necessario un profondo cambiamento sia dei nostri modelli di consumo che dell'apparato produttivo che li sostiene. Consumi e struttura produttiva sono indissolubilmente legati: fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica, risparmio e riciclo di suolo e di risorse, mobilità sostenibile e agricoltura biologica, multiculturale, multifunzionale e a km0 sono i capisaldi del cambiamento necessario. Questo cambiamento impone una radicale inversione di paradigma nei processi economici, per sostituire alle economie di scala fondate su grandi impianti e grandi reti di controllo economico e finanziario (come il ciclo degli idrocarburi, dalla culla alla tomba) i principi del decentramento, della diffusione, della differenziazione territoriale, dell'integrazione attraverso un rapporto diretto, anche personale, tra produzione di beni o erogazione di servizi e consumo. L'esigenza di rilocalizzare e "territorializzare" produzioni e consumi riguarda ovviamente le risorse e i beni fisici (gli atomi) e non l'informazione e i saperi (i bit); ma questo corrisponde perfettamente al criterio guida di pensare globalmente e agire localmente.

Le attuali classi dirigenti, sia politiche (di maggioranza e di opposizione) che manageriali o imprenditoriali non sono attrezzate né sostanzialmente interessate a un cambiamento del genere. La crisi potrebbe sviluppare processi sia di compattazione autoritaria che di disgregazione del tessuto connettivo dell'economia e della società. In entrambi i casi, pericolosi per tutti. C'è pertanto bisogno di una diversa forza trainante, non solo per essere realizzare, ma anche solo per concepire e progettare nelle loro articolazioni qualsiasi trasformazione sostanziale.

Una forza del genere oggi non c'è, ma nel tessuto sociale di un pianeta globalizzato si sono andate sviluppando nel corso degli ultimi due decenni pratiche, esperienze, saperi e consapevolezze nuove, anche se prive di una "voce" commisurata alla loro consistenza o di collegamenti adeguati; sia per mancanza di risorse e di accesso ai media, sia, soprattutto, per le loro caratteristiche ancora in gran parte locali o settoriali. Ma per una riconversione di vasta portata non bastano la difesa, la rivendicazione e il conflitto; servono anche progettualità, valorizzazione dei saperi e delle competenze mobilitabili, aggregazione non solo dell'associazionismo, ma anche di imprenditorialità e di presenze istituzionali. Una aggregazione del genere delinea un perimetro variabile, ma essenziale, di una democrazia partecipativa - compatibile e per molto tempo destinata a convivere con le rappresentanze istituzionali tradizionali - le cui forme non potranno necessariamente essere simili dappertutto.

Ho evitato finora di nominare termini come decrescita, democrazia a Km0, conversione ecologica, socialismo, lotta di classe, partito e simili: parole che possono dividere. Cercando di porre l'accento su quello che unisce o può unire uno schieramento di idee, di pratiche e di organizzazioni più ampio possibile. Qui di seguito, invece, prendo posizione su questioni che possono non trovare più tutti d'accordo.

Innanzitutto ritengo che lo Stato e gli Stati siano la controparte e non gli agenti di una trasformazione come quella delineata, che non può essere governata o gestita, ma nemmeno progettata, dall'alto e in forma centralizzata. Tanto meno possono svolgere un ruolo del genere la finanza internazionale o gli organismi che la rappresentano a livello planetario o quelli in cui si articola il loro potere.

In secondo luogo, ritengo sacrosanta e irrinunciabile la difesa dell'occupazione e del reddito sui luoghi di lavoro, ma se si svolge senza mettere in discussione logica e tipologia dei beni e dei servizi prodotti, al di fuori di una prospettiva di riconversione della struttura produttiva e dei modelli di consumo vigenti, è una lotta perdente. Per esempio non porta a nulla chiedere che la Fiat produca più auto, che ne produca di più in Italia, che produca modelli a più alto valore aggiunto, cioè di lusso, che produca "auto ecologiche" (peraltro un ossimoro). Per questo ritengo fulcro della riconversione il passaggio dall'accesso individuale ai beni e ai servizi a forme sempre più spinte di consumo condiviso. Non si tratta di "collettivizzare" i consumi, ma di associarsi per migliorarne l'efficacia e ridurne i costi. Gli esempi a portata di mano sono i Gas (gruppi di acquisto solidale) che nel corso degli ultimi due anni si sono diffusi in modo esponenziale; quelli più promettenti sono l'associazionismo per gestire il risparmio energetico, installare impianti di energia rinnovabile o promuovere la mobilità flessibile. È un modello che può investire tutti i servizi pubblici locali: trasporti, energia, rifiuti, acque, manutenzione del territorio, welfare municipale. E poi cultura, spettacolo, istruzione, formazione professionale e permanente; ma anche riuso di beni dismessi o da dismettere, attraverso la promozione di una cultura e di una pratica della manutenzione.

Certamente c'è bisogno di un quadro programmatico generale, non solo di livello nazionale, ma anche internazionale. Ma in mancanza di soggetti e agenti in grado o disponibili a farsene carico - e comunque impossibilitati a realizzarlo nelle sue articolazioni territoriali - è a livello locale che si gioca la partita; oggi un disegno programmatico generale può nascere solo dal concorso di iniziative a carattere locale, ancorché concepite con un approccio e un pensiero globali. Per questo la salvaguardia o la riconquista di un ruolo fondamentale per i poteri locali - municipalità e i loro bracci operativi - assume una valenza strategica generale: cosa che la campagna contro la privatizzazione dell'acqua ha messo in evidenza.

Niente a che fare con il "federalismo" sbandierato dalla Lega. Non c'è mai stato tanto accentramento e tanta espropriazione dei poteri locali - dall'Ici alle decisioni sulla localizzazione degli impianti nucleari; dal sequestro dei fondi Fas al taglio dei trasferimenti e all'accentramento degli interventi straordinari nelle mani della Protezione civile, cioè della Presidenza del consiglio, cioè della "cricca" - come da quando la Lega è al governo. Ma la minaccia e l'ostacolo maggiori per qualsiasi prospettiva di cambiamento radicale dello stato di cose presente sono rappresentati dalla privatizzazione dei servizi pubblici locali, promossa e portata avanti sotto le false sembianze della loro "liberalizzazione". Non solo perché essa sostituisce il profitto alla valenza e alle finalità sociali dei "beni comuni". Ma soprattutto perché il divieto o la limitazione dell' in house providing, lungi dal promuovere l'efficienza dei servizi, innescano processi di aggregazione e finanziarizzazione delle gestioni; e con esse un progressivo e violento allontanamento dei poteri decisionali dal territorio di riferimento in attività che sono essenzialmente "servizi di prossimità", la cui efficacia dipende dal grado di controllo e di condizionamento - ma anche di partecipazione e di coinvolgimento - che l'utenza riesce a esercitare su di essi. La vicenda dei rifiuti urbani della Campania, la cui gestione era stata affidata nella sua interezza a una multinazionale estranea al territorio, dopo essere stata sottratta, con l'istituto del Commissario straordinario e con la militarizzazione del territorio, al già debole controllo delle rappresentanze istituzionali e della contestazione dal basso, è un caso da manuale. Come lo è la vicenda del sequestro del servizio idrico privatizzato in provincia di Latina.

Per questo la promozione di forme nuove di consumo condiviso - che vuol dire controllo o condizionamento sulle condizioni in cui il bene o il servizio vengono prodotti, distribuiti o erogati - è al tempo stesso via e risultato di una democrazia partecipata che coinvolga la cittadinanza attiva e la faccia crescere in numero e capacità di autogoverno: protagonisti ne dovrebbero diventare, secondo le modalità specifiche proprie di ciascun attore, i lavoratori e le loro organizzazioni, il volontariato e l'associazionismo di base, le amministrazioni locali o qualche loro segmento, le imprese sociali e quelle, anche private, soprattutto se a base locale, disponibili al cambiamento. La progettazione e la realizzazione di questo passaggio richiede comunque un confronto aperto tra tutti gli interlocutori potenziali; un confronto che nella maggior parte dei casi andrà imposto con la lotta; ma che in altri potrà essere favorito dal precipitare della crisi.

Le proposte maturate e già sperimentate in anni di riflessione e di pratiche in seno ai movimenti sono vincenti. In un confronto aperto e trasparente non possono che prevalere. Il che non significa che si impongano anche le soluzioni proposte: tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Autore: Guido Viale - Fonte: ariannaeditrice.it

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By Admin (from 22/02/2011 @ 10:00:32, in en - Science and Society, read 1922 times)

Eduardor Relero has made these amazing chalk drawings in the streets of Spain. However, this don’t look like your average Julian Beever drawings, each one could contain a hidden message about poverty or death such as “Amnesty International“, but I’m stumped for what these pictures could mean. I especially like the rich man or women holding the gun, it took me a while to see that. I also like the baby head and the skull drawings because they’re done so well! I appreciate the skull one more though, because if you look closely at the background the sun appears to be right above the drawing, but the drawing itself seems to create its own light source. How amazing is that?

Source: moillusions.com

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By Admin (from 22/02/2011 @ 08:00:18, in ro - Stiinta si Societate, read 2599 times)

 De la H.G. Wells incoace, toti savantii au visat sa inventeze o masina a timpului cu ajutorul careia omul sa calatoreasca, dupa dorinta, in trecut si viitor, devenind practic nemuritor. Dar nici macar tehnologia actuala, care a reusit sa trimita pamanteni pe Luna si sonde spatiale dincolo de Sistemul Solar, nu a putut realiza un astfel de dispozitiv.

Si totusi, o firma din Germania a reusit sa puna la punct recent un dispozitiv care permite posesorului sau sa calatoreasca instantaneu in propriul viitor! Nu, sa nu credeti ca, imbracand costumul in care respectivul dispozitiv este incorporat, veti ajunge pe loc in anul 2040, ci doar va veti simti ca si cum ati avea 70 de ani! Denumit "Age Explorer", dispozitivul se doreste a fi unul educational, oferind tinerilor posibilitatea de a se transpune, macar pentru cateva minute, in pielea varstei a treia.

"In cultura de astazi, tineretul si-a pierdut aproape orice respect fata de situatia celor in etate si chiar manifesta tendinta de a ironiza betesugurile acestei varste, neglijand complet faptul ca pana si cei care au astazi 20 de ani si se simt puternici si capabili sa intoarca lumea pe dos, vor avea candva 70 de ani, vor suferi de artrita, le vor anchiloza articulatiile, le va slabi auzul si vederea, vor pasi cu dificultate", spune Hanne Meyer-Hentschel, inventatoarea costumului-minune.

Dupa cum au relevat experientele facute pe voluntari, doar zece minute petrecute in "Age Explorer" au fost suficiente pentru ca mentalitatea pe care tinerii o au fata de batrani sa se schimbe radical si ei sa dobandeasca o intelegere aparte fata de greutatile persoanelor in varsta. Costumul, asemanator cu cel de cosmonaut, pune "in carca" purtatorului o greutate de circa 6 kilograme si are chingi rigide la nivelul articulatiilor, care creeaza o senzatie de intepenire si limiteaza drastic miscarile, asemenea artritei.

Plimbarea intr-un asemenea costum va deveni prin urmare o experienta chinuitoare si obositoare. Mai mult, costumul contine si o pereche de casti, similare celor de protectie a auzului din aeroporturi, care diminueaza fondul sonor, in asa fel incat "batranelul instantaneu" aude cu mare greutate cuvintele celor din jur. O pelicula din material plastic aproape transparenta face ca, in ochii privitorului, obiectele sa devina incetosate. Majoritatea tinerilor care s-au oferit voluntari sa poarte acest costum au renuntat la el dupa doar doua minute, spunand ca nu vor mai rade in viata lor de batrani.

Unii au reusit sa ramana in el circa un sfert de ora, dar au marturisit ca a fost cea mai socanta experienta din viata lor. " La inceput, a fost distractiv, imi parea ca ma aflu intr-un costum de Halloween, spune Lisa Neundorfer, o specialista in marketing care a probat costumul. Dar apoi realizezi ca esti rupt total de realitate si capeti o noua perspectiva asupra lucrurilor".

Asadar, scopul realizarii acestei masinarii care te imbatraneste la comanda a fost atins, caci, dupa cum precizeaza doamna Hanne Meyer-Hentschel, "nu inseamna neaparat ca toti batranii vor ajunge astfel, vor avea adica toate aceste simptome. Dar noi le-am reunit, creand cel mai rau scenariu pentru batranete, in ideea ca tinerii vor vedea ca nu este deloc usoara viata la 70 de ani si vor nutri mai mult respect si simpatie fata de varstnici".

GABRIEL TUDOR - magazin.ro

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By Admin (from 21/02/2011 @ 12:00:23, in it - Osservatorio Globale, read 2257 times)

La parola d’ordine è sempre la stessa: muovere il primo passo. Nessuno di noi può aspettare, fare finta che il problema non esista oppure delegare ad altri la sua risoluzione. Partendo dalla nostra quotidianità dobbiamo mettere in pratica tutti quei comportamenti virtuosi che, una volta radicati e sommati l’uno all’altro, costituiranno il nuovo modello sostenibile di domani. Allo stesso tempo tuttavia, un ruolo fondamentale lo giocano le istituzioni.

Abbiamo detto che il problema dell’inquinamento e dello spreco di risorse in alcuni casi è talmente grande che serve un intervento dall’alto che quantomeno supporti un altrettanto deciso intervento dal basso. Qui entrano in gioco le pubbliche amministrazioni, che hanno in mano la potentissima leva dell’imposizione normativa.

Il Rapporto Cittalia dedica un po’ di spazio anche a questo argomento e tasta il polso della situazione utilizzando come metro di giudizio il computo delle iniziative a favore e tutela dell’ambiente, definendo un livello di attenzione ambientale in base alla quantità di programmi e provvedimenti varati sul tema.

È confortante scoprire che quasi la metà (48%) degli stanziamenti previsti nei Programmi Triennali, per una cifra che si aggira sui 15 miliardi di euro, è dedicata all’attuazione di politiche 'a valenza ambientale'. All’interno di questa macro-categoria troviamo ulteriori sottogruppi, corrispondenti grossomodo agli indicatori che fanno da scheletro a tutto lo studio: i progetti relativi alla mobilità sostenibile la fanno da padrone e catalizzano il 65% degli investimenti. Il 24% spetta alla tutela del territorio, il 7% alla gestione delle acque (distribuzione delle risorse idriche e trattamento delle acque reflue), il 3% alle iniziative in campo energetico e solo l’1% a quelle dedicate ai rifiuti.

 

Confrontando questa statistica con una delle prime che abbiamo analizzato, emergono però almeno due grosse criticità. La prima è relativa al palese scompenso fra l’attenzione dedicata alla mobilità e quella dedicata alla riduzione dei consumi, soprattutto in virtù del fatto che l’incidenza del primo ambito sulle emissioni di CO2 è pari al 31% (ma riceve il 65% dei fondi), mentre quella del secondo ambito è pari al 37%, che diventa il 67% se sommiamo ai consumi di gas quelli di energia elettrica, e riceve solo il 3% (il 10% se vogliamo includere nel computo anche i consumi idrici).

La seconda contraddizione è relativa alla concezione e al percorso con cui vengono elaborate le politiche ambientali: è chiaro che manca il senso di programmazione a lungo termine. La mobilità sostenibile è sostanzialmente un modo di ridurre il più possibile l’impatto di qualcosa che è e sarà sempre inquinante, ovvero lo spostamento di massa di persone e beni; non bisogna quindi pensare a come spostarsi meglio, bensì a come spostarsi meno, sennò il problema verrà tutt’al più mitigato, ma mai risolto.

Sintomatico è poi il dato dei rifiuti, sommato a quello dell’energia: solo il 4% degli investimenti viene dedicato a questi due settori. In realtà nella loro combinazione si trova la chiave per un futuro realmente sostenibile, poiché ciò che dobbiamo fare è creare cicli virtuosi in cui lo scarto non esista più e diventi materia prima da impiegare in un nuovo ciclo; è questa la logica dei rifiuti zero.

Il sistema attuale invece consuma sempre di più energia e materie prime, che sono in pericolosa diminuzione, e produce sempre più rifiuti, che non sappiamo come smaltire. La statistica di Cittalia però rileva che non solo questo problema è lontano dall’essere risolto, ma addirittura quasi nessuno vi rivolge attenzione e risorse economiche.

Ma veniamo alla distribuzione geografica. In questo caso l’Italia si divide in tre: da una parte le amministrazioni che spendono per le politiche ambientali più della media nazionale (Roma, Milano e Bologna), da un’altra quelle che sono più o meno in linea (Genova, Tornio, Catania e Palermo) e infine quelle i cui stanziamenti sono leggermente o grandemente inferiori, fra le quali la meno peggio è Napoli (41%) mentre le ultime della classe sono Firenze e Trieste (17%) e Reggio Calabria (16%). In generale si spende meglio al Nord, dove sembra ci sia più attenzione per le tematiche ambientali.

 

In ogni caso, per quanto essa sia utile ai fini di una panoramica generale, la valutazione dell’impegno delle amministrazione italiane in questi ambiti non si può fermare a questa statistica.

Cosa è opportuno che facciano quindi? Un primo ammonimento che ci sentiamo di rivolgere riguarda la natura dei provvedimenti. Politiche strumentali, di facciata, palliative e non realmente incisive sono quanto di più dannoso ci possa essere, poiché danno l’impressione che il problema sia stato affrontato mentre in realtà non è così e l’attenzione cala ma i danni rimangono.

Purtroppo è proprio questa la direzione in cui vanno la maggior parte dei politici italiani, più attenti ad adottare misure popolari e foriere di consenso elettorale che provvedimenti davvero incisivi (la politica urbanistica e relativa alla mobilità è piena di esempi di questo tipo). Detto ciò, è importante avere un approccio sistemico, che tenga presente l’obiettivo che si vuole raggiungere.

 

In tema di raccolta differenziata, per fare un esempio, studiare un nuovo sistema di raccolta con i cassonetti stradali significa partire subito col piede sbagliato, poiché è dimostrato che la cassonettizzazione può portare a un massimo del 45% circa di raccolta differenziata; la vera svolta sarebbe eliminare i cassonetti e sostituirli con la raccolta porta a porta, ma questo passo si può compiere per prima cosa solo se è chiaro e definito l’obiettivo finale (che nel nostro esempio è costituito da un sistema a rifiuti zero), secondariamente se si è liberi da influenze esterne (penso in questo caso alle aziende municipalizzate che gestiscono la raccolta dei rifiuti, le quali non hanno alcuna convenienza economica a perseguire questo obiettivo e quindi agiscono diversamente).

Il pugno di ferro è necessario quando si ha a che fare con soggetti del territorio (o, ancora peggio, esterni al territorio) che non hanno fra le loro priorità la tutela ambientale e la riduzione dei consumi: abbiamo visto che sono proprio loro a causare gli scompensi e i deficit che il calcolo dell’impronta ecologica ci ha aiutato a individuare e in una logica di sostenibilità, autosufficienza, tutela delle risorse e riduzione dei consumi l’intervento delle istituzioni in questi casi deve essere perentorio, libero da qualsiasi condizionamento e se necessario radicale.

 

Il principio del protocollo di Kyoto "chi inquina deve pagare" (peraltro scarsamente rispettato) è errato: nessuno può inquinare, né chi ha i soldi e si può permettere di saldare multe e sanzioni né chi non ne ha e non se lo può permettere.

 

Abbiamo così concluso il nostro ciclo di analisi. Un elogio va rivolto all’Associazione dei Comuni Italiani, la quale ha portato avanti questo studio che testimonia da un lato come gli enti locali siano piacevolmente decisi a ritornare protagonisti di una politica oggi sempre più globalizzata e deterritorializzata, dall’altro come ci sia ancora qualcuno che fortunatamente si pone come priorità lo studio e la risoluzione del problema ambientale.

 

L’invito è quello di dare un seguito a ciò che si è iniziato: il Rapporto Cittalia ha tracciato il solco mostrandoci che le criticità sono urgenti e gravi e che c’è bisogno di un’azione decisa, sia da parte dei cittadini sia da parte delle istituzioni, per risolverle. Quindi rimbocchiamoci le maniche e cominciamo…

 

Fonte: ilcambiamento.it

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