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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Science says it's okay to barely exercise at all

Noi cercetari demonstreaza ca, de fapt, avem nevoie sa facem mult mai putina miscare decât am crede. Desigur, cu cât mai multe exercitii fizice, cu atât mai bine, însa cercetatorii din Canada au efectuat un studiu pentru a vedea care este minimul de exercitii fizice necesara unui om pentru o viata sanatoasa.

Câtă mişcare trebuie să facem pentru a avea un stil de viaţă sănătos?

Studiul a fost realizat pe doua grupuri de voluntari: unul alcatuit din persoane cu vârste medii si o conditie fizica deficitara (dar sanatosi) si un alt grup format tot din persoane cu vârste medii, dar care sufereau de boli cardiovasculare. Pentru început, specialistii au calculat, pentru fiecare individ, nivelul de baza al rezistentei la efort.

Pentru exercitiile de rutina, specialistii au propus ca voluntarii sa faca exercitii pe biciclete medicinale, de 2 ori pe saptamâna. Timp de un minut, ei au pedalat cu 90% din maximul de efort (care se masoara luând ca baza frecventa batailor inimii, pâna la 220 pe minut, minus vârsta individului), urmat de un minut de pedalare usoara. Acest proces trebuia repetat de 10 ori, astfel încât individul sa efectueze un total de 20 de minute de exercitii.

Dupa doar câteva saptamâni, toti voluntarii au prezentat o îmbunatatire a sanatatii. Aceasta schimbare s-a observat mai ales în cazul celor care sufereau de boli cardiace. Corpurile lor au produs mai multe proteine, implicate în productia de energie si de oxigen . De asemenea, s-au observat o scadere a riscului de diabet tip 2, datorata îmbunatatirii nivelului de sensibilitatea la insulina si a capacitatii sângelui de a retine zahar.

Studiul vine sa demonstreze ca nu este nevoie sa mergem zilnic la sala, atât timp cât stim ce fel de exercitii ne-ar face bine. Specialistii subliniaza faptul ca nu e nicio problema daca facem mai multe exercitii, dar ca, pentru unii dintre noi, care nu au destul timp, este bine sa stim ca 40 de minute de miscare, pe saptamâna, sunt de ajuns pentru a ne mentine în forma.

Sursa: Dvice via descopera.ro

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Far sapere al mondo che lì, in quel momento, si stava compiendo un’impresa epocale, non era così semplice. Agli inizi del Novecento le comunicazioni in quella parte di mondo, nel profondo Sud del pianeta, erano piuttosto problematiche. Così, anche le scoperte degne di nota e traguardi importanti come la conquista del Polo Sud arrivavano in ritardo. Nel caso specifico, quasi tre mesi dopo che la spedizione al seguito di  Roald Amundsen(1872-1928)ebbe piantato la bandiera norvegese al centro dell’ Antartide.

Era infatti il 7 marzo 1912 quando lo storico telegramma con l’annuncio della conquista veniva spedito da Hobart, in Tasmania, ma il fatto risaliva al 14 dicembre dell’anno precedente. Anche se l’impresa era grande, Amundsen non fece molto rumore quando mise piede a terra dalla sua Fram, l’imbarcazione che lo aveva portato fin lì. Si racconta infatti che prima di diffondere la notizia, l’esploratore volesse assicurarsi che il re della Norvegia Haakon VII venisse a conoscenza della sua prodezza. E fu così che l’impresa restò in gran segreto, almeno all’inizio. Nello stesso modo in cui era cominciata, visto che Amundsen non rese note le sue mire fino all’ultimo (aveva sperimentato in prima persona cosa volesse dire essere battuto sul tempo nella conquista al Polo Nord, da parte di Frederik Cook e Robert Peary, e non voleva farsi superare di nuovo).

Quel telegramma fu la prova che ce l’aveva fatta, in pieno. Da una parte, infatti, con quelle poche righe Amundsen reclamava il primato di aver conquistato per il primo il Polo Sud; dall’altro questo significava che i suoi diretti concorrenti, quelli della spedizione inglese Terra Nova al seguito di Robert Falcon Scott, avevano mancato l’impresa. Questi infatti avrebbero tagliato il traguardo solo una trentina di giorni dopo il norvegese, e avrebbero avuto un destino decisamente più infausto, visto che i membri della missione esplorativa e il suo capitano sarebbero morti tutti sulla via del ritorno, sconfitti dalla fame, dalla stanchezza e dal freddo.

Amundsen avrebbe spiegato così il modo in cui era riuscito dove altri avevano fallito: “Posso dire che questo è il fattore più importante, il modo in cui la spedizione è stata equipaggiata, il modo in cui ogni difficoltà è stata prevista, e le precauzioni per affrontarla o evitarla. La vittoria aspetta colui che ha tutto in ordine, la fortuna, come la chiamano alcuni. La sconfitta è certa per colui che non ha tenuto conto di tutte le necessarie precauzioni per tempo; questa si chiama sfortuna”. 

Ed eccola la fortuna di Amundsen. In primo luogo era stata una questione di determinazione. Aveva in testa il ghiaccio e il freddo sin da bambino, sin da quando dormiva con la finestra aperta per temprare il corpo e lo spirito alle condizioni estreme. E amava le grandi imprese (nel 1906 diventava infatti il primo ad aver attraversato il Passaggio a Nordovest).

Così, nel 1910, dopo aver fatto credere di essere diretto verso lo Stretto di Bering, attraverso cui sarebbe entrato nel Mar Artico risalendo il Pacifico una volta passato Capo Horn, deviò e si mise in corsa per il Polo Sud. Obiettivo: la Baia delle Balene, nell’Antartide, da dove si sarebbe diretto verso l’interno. Stabilita la meta, il successo sarebbe stato una combinazione di tenacia e abilità tecniche, tra cui la dimestichezza con gli sci e con le slitte trainate dai cani. Anche grazie a loro, ai quattro compagni di viaggio, e forse anche alla fortuna vera e propria, il 14 dicembre 1911 Amundsen conquistava il Polo Sud.

Fonte: wired.it

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Servizio Pubblico 24a puntata - titolo La Politica. In questo video l'editoriale di Marco Travaglio "Non si capisce bene se i politici fanno così perché non vogliono cambiare, o non possono cambiare o non vogliono cambiare, ma mi sembrano tre ottimi motivi per mandarli tutti a casa lo stesso".

Marco Travaglio (Torino, 13 ottobre 1964) è un giornalista, saggista e scrittore italiano, attualmente vicedirettore de il Fatto Quotidiano.

Le sue principali aree di interesse sono la cronaca giudiziaria e l'attualità politica, occupandosi di questioni che spaziano dalla lotta alla mafia ai fenomeni di corruzione. Più di una volta i suoi articoli hanno suscitato le ire dei politici, senza distinzione di schieramenti.

Fonte: http://tv.ilfattoquotidiano.it

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Cannabis cured my skin cancer. This is my story. It has been proven that concentrated cannabis oil cures cancer.

 

Duration: 9 minutes and 15 seconds
Country: United States
Language: English
License: CC - Attribution Non-commercial No Derivatives
Genre: Documentary
Producer: D. Triplett
Director: D. Triplett
Views: 1.087.202 (1.012.502 embedded)
Posted by: fabulousbb on 30.04.2011

Source: dotsub.com


THREE and a half years ago, on my 62nd birthday, doctors discovered a mass on my pancreas. It turned out to be Stage 3 pancreatic cancer. I was told I would be dead in four to six months. Today I am in that rare coterie of people who have survived this long with the disease. But I did not foresee that after having dedicated myself for 40 years to a life of the law, including more than two decades as a New York State judge, my quest for ameliorative and palliative care would lead me to marijuana.

My survival has demanded an enormous price, including months of chemotherapy, radiation hell and brutal surgery. For about a year, my cancer disappeared, only to return. About a month ago, I started a new and even more debilitating course of treatment. Every other week, after receiving an IV booster of chemotherapy drugs that takes three hours, I wear a pump that slowly injects more of the drugs over the next 48 hours.

Nausea and pain are constant companions. One struggles to eat enough to stave off the dramatic weight loss that is part of this disease. Eating, one of the great pleasures of life, has now become a daily battle, with each forkful a small victory. Every drug prescribed to treat one problem leads to one or two more drugs to offset its side effects. Pain medication leads to loss of appetite and constipation. Anti-nausea medication raises glucose levels, a serious problem for me with my pancreas so compromised. Sleep, which might bring respite from the miseries of the day, becomes increasingly elusive.

Inhaled marijuana is the only medicine that gives me some relief from nausea, stimulates my appetite, and makes it easier to fall asleep. The oral synthetic substitute, Marinol, prescribed by my doctors, was useless. Rather than watch the agony of my suffering, friends have chosen, at some personal risk, to provide the substance. I find a few puffs of marijuana before dinner gives me ammunition in the battle to eat. A few more puffs at bedtime permits desperately needed sleep.

This is not a law-and-order issue; it is a medical and a human rights issue. Being treated at Memorial Sloan Kettering Cancer Center, I am receiving the absolute gold standard of medical care. But doctors cannot be expected to do what the law prohibits, even when they know it is in the best interests of their patients. When palliative care is understood as a fundamental human and medical right, marijuana for medical use should be beyond controversy.

Sixteen states already permit the legitimate clinical use of marijuana, including our neighbor New Jersey, and Connecticut is on the cusp of becoming No. 17. The New York State Legislature is now debating a bill to recognize marijuana as an effective and legitimate medicinal substance and establish a lawful framework for its use. The Assembly has passed such bills before, but they went nowhere in the State Senate. This year I hope that the outcome will be different. Cancer is a nonpartisan disease, so ubiquitous that it’s impossible to imagine that there are legislators whose families have not also been touched by this scourge. It is to help all who have been affected by cancer, and those who will come after, that I now speak.

Given my position as a sitting judge still hearing cases, well-meaning friends question the wisdom of my coming out on this issue. But I recognize that fellow cancer sufferers may be unable, for a host of reasons, to give voice to our plight. It is another heartbreaking aporia in the world of cancer that the one drug that gives relief without deleterious side effects remains classified as a narcotic with no medicinal value.

Because criminalizing an effective medical technique affects the fair administration of justice, I feel obliged to speak out as both a judge and a cancer patient suffering with a fatal disease. I implore the governor and the Legislature of New York, always considered a leader among states, to join the forward and humane thinking of 16 other states and pass the medical marijuana bill this year. Medical science has not yet found a cure, but it is barbaric to deny us access to one substance that has proved to ameliorate our suffering.

Gustin L. Reichbach is a justice of the State Supreme Court in Brooklyn.

A version of this op-ed appeared in print on May 17, 2012, on page A27 of the New York edition with the headline: A Judge’s Plea for Pot.

Source: NYtimes.com

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The study published Jan. 9 online in the journal Circulation found the risk of heart attack remained eight times above normal during the first week after the death of a loved one, slowly declining, but remaining elevated for at least a month.

Researchers interviewed approximately 2,000 patients who suffered myocardial infarctions, or heart attacks, over a five-year period. Patients were asked a series of questions about potentially triggering events, including losing someone close to them in the past year.

While there is widespread anecdotal evidence that the death of a loved one can lead to declining health in survivors, few studies have looked at the acute effect of bereavement and grief on myocardial infarction.

"Bereavement and grief are associated with increased feelings of depression, anxiety and anger, and those have been shown to be associated with increases in heart rate and blood pressure, and changes in the blood that make it more likely to clot, all of which can lead to a heart attack," says lead author Elizabeth Mostofsky, MPH, ScD, a post-doctoral fellow in the cardiovascular epidemiological unit at BIDMC.

"Some people would say a 'broken heart' related to the grief response is what leads to these physiologic changes," says senior author Murray Mittleman, MD, DrPH, a physician in the Cardiovascular Institute at Beth Israel Deaconess Medical Center, an Associate Professor of Medicine at Harvard Medical School and director of BIDMC's cardiovascular epidemiological research program. "So that emotional sense of the broken heart may actually lead to damage leading to a heart attack and a physical broken heart of a sort."

Mostofsky and Mittleman think that being aware of the heightened risk can go a long way toward "breaking the link between the loss of someone close and the heart attack."

"Physicians, patients and families should to be aware of this risk and make sure that someone experiencing grief is getting their physical and medical needs met," says Mittleman. "And if an individual develops symptoms that we're concerned might reflect the beginnings of heart attack, we really need to take it very seriously and make sure that that patient gets appropriate evaluation and care."

Providing appropriate psychological interventions for someone who is grieving is also important. Mostofsky says, "We do think it's plausible that social support during that increased time of vulnerability would help mitigate the risk of heart attack."

Source: Beth Israel Deaconess Medical Center - via zeitnews.org

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Decizia a fost anuntata dupa doua luni de dezbateri intense, dupa ce oficialii SUA au solicitat ca anumite aspecte ale cercetarii sa nu fie publicate, datorita riscului ca acestea sa fie folosite de teroristi. Conform declaratiilor expertilor, boala creata în laborator are potentialul de a ucide miliarde de oameni. Cu toate acestea, creatorul acesteia, dr. Ron Fouchier, a cerut ca studiul sa fie publicat necenzurat, pentru ca va ajuta la prevenirea si la tratarea acestor tulpini gripale în cazul în care acestea vor aparea în urmatorii ani.

Decizie finală: „reţeta” super-virusului gripal va fi publicată necenzurată

Specialistii OMS sustin publicarea cercetarii, decizia fiind anuntata în urma discutiilor purtate de 22 de experti din întreaga lume. Cei mai multi dintre acestia considera ca riscul utilizarii studiului de catre teroristi este mult mai mic decât riscul ca aceste tulpini sau unele similare sa apara în natura. De aceea, recomandarea lor a fost ca studiul sa fie publicat necenzurat, pentru a permite identificarea si studierea detaliilor care ar putea ajuta la descoperirea virusurilor ce au potentialul sa provoace o pandemie înainte ca acest lucru sa se petreaca.

Forma naturala a gripei aviare a infectat milioane de pasari, mai ales în tarile sarace din Asia. Aceasta nu se transmite usor la oameni, însa atunci când se transmite, are o rata a mortalitatii ridicata. Daca virusul ar dezvolta capacitatea de a infecta oamenii mai usor si pe cea de a se transmite de la om la om, ar putea ucide milioane de persoane.

Din cele 600 de cazuri umane de H5N1 înregistrate pâna acum la nivel mondial, peste 50% au fost letale. Cercetatorii cred ca aceasta este cea mai letala forma a gripei întâlnita pâna acum. Cea mai devastatoare epidemie din istorie, epidemia de gripa din 1918, care a dus la moartea a 50 de milioane de persoane la nivel mondial, a fost provocata de o tulpina cu rata mortalitatii de 2%.

Cercetarea ce a dus la conceperea unei forme extrem de letale a H5N1 s-a dovedit controversata: daca unii cercetatori cer publicarea necenzurata a studiului, altii considera ca nu doar publicarea sa reprezinta o greseala, ci si însasi realizarea sa.

Bruce Alberts, editorul prestigiosului jurnal Science, una din cele doua publicatii stiintifice în care urmeaza sa apara studiul, s-a declarat surprins ca OMS a luat atât de repede decizia publicarii acestuia.

Cercetarea urmeaza sa fie publicata în câteva luni.

Sursa: New York Times via descopera.ro

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Si torna a parlare del bosone di Higgs, la particella più ricercata nella storia della fisica. Vi ricordate quella traccia – lungi ancora dall'essere una prova – individuata da due team presso il Large Hadron Collider al Cern di Ginevra? Bene, lo stesso indizio è stato ora trovato anche nei dati usciti negli ultimi anni da un altro acceleratore di particelle, il Tevatron del Fermilab (Batavia, Usa), ormai spento.

La notizia è stata diffusa a La Thuile, in Val D'Aosta, dalle collaborazioni Cdf (Collider Detector at Fermilab) e Dzero del dipartimento di energia del Fermilab stesso, durante un incontro di cervelli conosciuto come Rencontres de Moriond.

In modo simile a quanto osservato al Cern, in seguito ai numerosi scontri di fasci di protoni e antiprotoni (dal 2002 al 2011), è stato evidenziato un eccesso di eventi intorno al valore di energia di 125 gigaelettronvolt: tra 115 e 135, per l'esattezza. Significa che, in quel punto, una particella non attesa potrebbe essersi formata per poi decadere velocemente. Se non si tratta di un abbaglio (una fluttuazione statistica, per dirla con i fisici), questa particella avrebbe una massa di circa 130 volte quella del protone (la misura dell’energia viene trasformata in valore di massa, secondo la relazione E = mc˛): un valore compatibile con quelli previsti per il bosone di Higgs.

Proprio come al Cern, il range di valori emerge dall'analisi dei dati di due esperimenti indipendenti. Come sottolinea anche Nature, i risultati non sono statisticamente significativi (ovvero il margine di incertezza è ancora troppo alto), ma sono comunque in linea con quelli dell'Lhc, e tanto basta per scaldare gli animi.

Anche perché i sistemi di rilevamento dei due acceleratori sono diversi: quello del Fermilab è più sensibile a certi prodotti del decadimento, come particolari quark (chiamati bottom e antibottom), mentre quello del Cern rileva altre particelle, tra cui i fotoni. Le osservazioni, quindi, sono complementari, come sottolinea Dmitri Denisov, responsabile di D0, perché è come avere due fotografie della stessa scena, scattate da punti di osservazione diversi. “ Ma gli scienziati hanno ancora parecchio lavoro davanti, prima che si possa essere certi dell'esistenza del bosone di Higgs”, ha aggiunto il ricercatore.

La cautela è più che d'obbligo. Esattamente un anno fa, il Tevatron aveva già sperato di aver trovato l' Higgs. Le analisi successive alle prime indiscrezioni, però, avevano scartato questa possibilità, indirizzando comunque gli scienziati verso l'esistenza di un'altra particella sconosciuta, non predetta dal famoso Modello Standard (la teoria che riproduce e spiega tutte le misure condotte fino ad oggi).

Questi nuovi dati, oltre a sostenere quelli dell'Lhc, danno un'altra preziosa informazione: il bosone di Higgs, se esiste, non si trova tra i 147 e i 179 gigaelettronvolt.

“Senza qualcosa che assomigli al bosone di Higgs e che dia massa alle particelle fondamentali, l'intero mondo intorno a noi sarebbe molto diverso da quello che vediamo oggi”, ha commentato Giovanni Punzi, responsabile dell'esperimento Cdf e fisico presso l'Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) di Pisa. Č per questo che la caccia si sta facendo più serrata, e che all' Lhc hanno già pensato bene di aumentare l'energia degli scontri tra protoni.

Fonte: wired.it

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A new method described in BioMed Central's open access journal BMC Medicine uses stem cells from cord blood to re-educate a diabetic's own T cells and consequently restart pancreatic function reducing the need for insulin.

Stem Cell Educator therapy slowly passes lymphocytes separated from a patient's blood over immobilized cord blood stem cells (CBSC) from healthy donors. After two to three hours in the device the re-educated lymphocytes are returned to the patient. The progress of the patients was checked at 4, 12, 24 and 40 weeks after therapy.

C-peptide is a protein fragment made as a by-product of insulin manufacture and can be used to determine how well beta cells are working. By 12 weeks after treatment all the patients who received the therapy had improved levels of C –peptide. This continued to improve at 24 weeks and was maintained to the end of the study. This meant that the daily dose of insulin required to maintain their blood glucose levels could be reduced. In accordance with these results the glycated hemoglobin (HbA1C) indicator of long term glucose control also dropped for people receiving the treatment, but not the control group.

Dr Yong Zhao, from University of Illinois at Chicago, who led the multi-centre research, explained, "We also saw an improved autoimmune control in these patients. Stem Cell Educator therapy increased the percentage of regulatory T lymphocytes in the blood of people in the treatment group. Other markers of immune function, such as TGF-beta1 also improved. Our results suggest that it is this improvement in autoimmune control, mediated by the autoimmune regulator AIRE in the CBSC, which allows the pancreatic islet beta cells to recover."

Source: Medical Xpress

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Fizicienii de la Universitatea New South Wales si Universitatea Purdue afirma ca reusita lor reprezinta primul pas spre conceperea unui computer quantic, ce va functiona la scara nanometrica.

Mai aproape de computerul cuantic: a fost creat un tranzistor funcţional dintr-un singur atom (VIDEO)

Spre deosebire de computerele conventionale, bazate pe tranzistori cu stari distincte „pornit” si „oprit” (sau „0” si „1”), computerele cuantice sunt construite din qubiti. Spre deosebire de biti, qubitii pot reprezenta mai multe valori simultan, ca urmare a proprietatilor mecanicii cuantice.

Computerele cuantice ar putea factoriza numerele mari cu o viteza mult mai mare decât computerele conventionale, compromitând astfel sistemele moderne de securitate folosite în comertul electronic si pentru a proteja intimitatea datelor. De asemenea, computerele cuantice vor face posibila simularea structurilor moleculare cu o viteza record, ceea ce va accelera procesul de concepere a noilor medicamente si a altor materiale.

„Abordarea echipei este extrem de puternica”, a comentat anuntul Andreas Heinrich, fizician în cadrul IBM. „Acesta este un efort de cel putin 10 ani pentru a crea fire electrice extrem de mici si pentru a le combina cu un atom de fosfor exact acolo unde le doresc”, a adaugat Heinrich.

Dr. Heinrich afirma ca aceasta cercetare este un pas important spre realizarea unui computer cuantic functional.

Chiar daca au mai existat demonstratii ale unor tranzistori creati dintr-un singur atom, actuala reusita a fizicienilor americani si australieni reprezinta un progres pe doua fronturi: precizia cu care au amplasat tranzistorul si folosirea tehnicilor industriale pentru construirea circuitului, ceea ce a facut posibila citirea si scrierea de informatie de pe tranzistor.

„Acest dispozitiv este perfect. Este pentru prima data când cineva poate controla un singur atom într-un substrat cu acest nivel de precizie”, a declarat Michelle Simmons, conducatoarea echipei de cercetatori si totodata directorul Centrului de Computatie Cuantica de la Universitatea New South Wales.

Sursa: New York Times via descopera.ro

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Non ci sono solo la Tav e i no Tav. A guardare la mappa del Nimby Forum – un osservatorio promosso dall’associazione no profit Aris (Agenzia di Ricerche Informazione e Società) che si occupa di monitorare le opposizioni territoriali in materia di ambiente contro opere di pubblica utilità - non ci sono Regioni immuni da contestazioni. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia sono 331 in totale i progetti in fase di stallo, a cui i cittadini, comuni e comitati dicono no. Not In My Back Yard ( Nimby) per la precisione, ovvero non nel mio giardino, o comunque non sul mio territorio. Un dato che sembrerebbe quindi ben motivare le recenti intenzioni del governo di modificare la legislazione in materia di grandi opere a favore di un modello di democrazia partecipativa alla francese, che coinvolga i diretti interessati nella realizzazione di un progetto.

Rispetto al 2010, nel rapporto del Nimby Forum si parla di un aumento del 3,4% delle contestazioni, 163 delle quali sorte solo nel 2011 (il calcolo totale considera quelle effettivamente registrate nel corso dell’anno analizzato), come rivela lo studio di carta stampata nazionale, locale e del Web (dal momento che non esiste un archivio con la lista di tutti i progetti in corso o ancora da approvare). E in molti casi (poco più della metà, il 51%) non si parla neanche di progetti in cantiere, letteralmente, ma solo di idee, ancora da sviluppare formalmente. 

Il nord e il centro sono le aree in cui si concentra il maggior numero di opposizioni, mentre nella classifica delle Regioni con più contestazioni spicca la Lombardia, con 46 progetti in bilico. Segue la Toscana (42) e completa il podio il Veneto (40). E i progetti messi in discussioni sono dei più vari: da impianti eolici e fotovoltaici alle centrali a biomassa, e poi centrali idroelettriche, discariche, termovalizzatori, gassificatori e rigassificatori. Ovunque cioè ci sia una problematica di tipo ambientale.

Ecco allora che accanto alle opere del comparto elettrico contestate (pari a circa il 62,5%), a quello dei rifiuti (che contribuisce per un 31,4%) ci sono anche quelle per le infrastrutture (4,8%) seguite in coda dalle proteste contro la realizzazione di impianti industriali (1,2%). Se a questo si aggiunge il fatto che dei 331 progetti contestati 156 sfruttano le rinnovabili, appare chiaro come gran parte delle discussioni riguardino proprio quelle tecnologie verdi che almeno a prima vista sembrerebbero invece essere accolte positivamente.

Il rapporto reso noto dal Nimby Forum non si limita a disegnare una mappa del fenomeno, e delinea anche quali sono i soggetti che portano avanti le contestazioni e le loro motivazioni. Ecco allora che quelle di matrice popolare appaiono le più forti, con il 36%. Seguono i soggetti politici e gli enti pubblici nella lista dei più dissidenti. Ma se si seziona bene il gruppo dei contestatori emergono dati interessanti, che parlano di soggetti politici locali, comuni e comitati come i principali attori delle opposizioni. Anche se sono sempre le amministrazioni locali le parti più favorevoli alla realizzazione dei progetti contestati, visti principalmente come un’opportunità per lo sviluppo del territorio.

Non stupiscono, proprio come accade nel caso delle contestazioni in Val di Susa, i motivi che spingono a scendere in piazza e dire no agli impianti in costruzione (o anche solo ai loro progetti). Impatto ambientale (soprattutto nel campo delle infrastrutture) e qualità della vita guidano la classifica delle problematiche alla base delle contestazioni, ma anche questioni burocratiche, come le difficoltà incontrate nelle procedure di autorizzazione. Le stesse che sembrerebbero, come racconta il Sole24ore, aver spinto la British Gas ad aver abbandonato il progetto di un rigassificatore a Brindisi, dopo aver atteso invano per 11 anni i permessi necessari ad avviare l’opera. Tempi normali? Non proprio, considerando che in Galles un impianto praticamente identico nello stesso lasso di tempo è stato progettato, approvato, costruito e diventato operativo.

Fonte: wired.it

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Now Colorado is one love, I'm already packing suitcases;)
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By Napasechnik
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By Anonimo
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By Anonimo


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