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 Trilingual World Observatory: italiano, english, română. GLOBAL NEWS & more... di Redazione
   
 
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Cos’hanno in comune un russo, un cinese, un finladese, un boliviano e un italiano? Non è l’inizio di una barzelletta, ma la sintesi di un recente studio sull’evoluzione delle lingue secondo il quale gli oltre 6000 idiomi parlati oggi nel mondo deriverebbero tutti da un’unica lingua ancestrale parlata in Africa dai nostri antichi progenitori tra i 50.000 e 70.000 anni fa.

 

Secondo Quentin Atkinson, docente di psicologia evolutiva presso l’Università di Auckland (Nuova Zelanda) e autore della ricerca, circa 50.000 anni fa i nostri antenati africani ebbero un improvvisa evoluzione culturale e comportamentale: diedero vita alle prime forme di arte rupestre, iniziarono a costruire i primi manufatti di osso e misero a punto attrezzi da caccia relativamente sofisticati.
Secondo gli esperti questo exploit può essere attribuito alla nascita della prima forma di linguaggio complesso, elemento indispensabile alla formulazione di pensieri astratti.

Più è meglio

Atkinson ha formulato la sua tesi mutuando dalla genetica un processo noto come "effetto del fondatore" secondo il quale in una popolazione nata da un piccolo gruppo di individui fuoriusciti da un gruppo molto più grande, si assiste a una progressiva riduzione della variabilità e della complessità genetica. E quindi della ricchezza evolutiva.
Secondo lo scienziato questo modello può essere applicato ai fonemi, i suoni elementari alla base di una lingua: Atkinson ha analizzato oltre 504 lingue e dialetti parlati oggi nel mondo e ha scoperto che mentre quelli più ricchi di fonemi si trovano in Africa, quelli più poveri sono in Sud America e in alcune isole del Pacifico.
I risultati di Atkinson sono coerenti con le più recenti ipotesi secondo le quali il Continente Nero sarebbe stato la culla del genere umano sviluppatosì lì circa 200.000 anni fa. Poi, tra i 50.000 i 70.000 anni fa, un piccolo gruppo dei nostri progenitori si sarebbe spostato colonizzando il resto del mondo e dando vita alle popolazioni non africane.
E così come l’effetto del fondatore incide sulla popolazione che si separa rendendola più debole, allo stesso modo i primi uomini che hanno lasciato l’Africa hanno probabilmente dovuto pagare uno scotto notevole, in termini di complessità e diversità culturale.

Dall’Africa con furore

Secondo un’altra teoria, nota come "ipotesi multiregionale", le prime forme di uomo nate in Africa si sarebbero lentamente evolute fino alla forma moderna nelle diverse aree dell’ Europa. E allo stesso modo le lingue sarebbero nate e si sarebbero sviluppate indipendentemente una dall’altra.

Fonte: Focus.it

 

Che fare con gli ultimi esemplari di un virus letale che solo nello scorso secolo ha causato la morte di oltre 400 milioni di persone? Distruggerli definitivamente o conservarli perchè "non si sa mai"? La risposta a questa domanda è meno ovvia di quanto a prima vista potrebbe apparire e da oltre 15 anni sta tenendo impegnati gli esperti dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità.

Vaiolo

Provette letali

Il protagonista di questa storia è il vaiolo, o meglio le ultime provette contenenti il virus che al momento sono conservate, e ben protette, nelle stanze blindate del Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta e in un centro sanitario della Siberia.

Completamente debellato alla fine degli anni ‘70 grazie a una capillare campagna di vaccinazione di massa durata un decennio, il vaiolo è stato ufficialmente dichiarato sconfitto dall’OMS nell’inverno del 1979. Da allora le autorità dei paesi in via di sviluppo, in assoluto i più colpiti da questo devastante flagello, premono perchè anche gli ultimi campioni conservati nei laboratori vengano eliminati. Il loro timore è quello di una fuga del virus che potrebbe sfociare in nuove pericolose epidemie.
E in effetti le autorità sanitarie internazionali avevano deciso di procedere con la soppressione del virus già nel 1996. La "condanna" fu sospesa all’ultimo momento su richiesta di molti paesi, Russia e USA in testa, che sostenevano l'opportunità di conservare alcuni esemplari del virus per studiare nuovi vaccini e nuove cure, utili in caso di improvvise recrudescenze della malattia.

All’OMS l’ardua sentenza

L'unica altra malattia ad essere stata ufficialmente debellata dal pianeta è la peste bovina, una specie di morbillo altamente contagioso che colpisce e stermina i ruminanti.
La decisione ufficiale sulla sorte dei campioni di vaiolo è attesa per il prossimo mese di maggio: Russia e Stati Uniti sembrano in realtà propensi a conservare i campioni del virus, ritenendoli indispensabili per la ricerca e per produrre antidoti e medicinali in caso di scellerati attacchi con armi biologiche base di vaiolo.

Vaccinati è meglio

Lo scorso agosto un team di ricercatori dell’ UCLA ha presentato alla comunità scientifica internazionale gli inquietanti risulatati di uno studio secondo il quale la fine delle vaccinazioni antivaiolose nei paesi africani, ha coinciso con un esponenziale aumento di casi vaiolo delle scimmie, una malattia esotica provocata da un virus del genere Orthopoxvirus, simile al Variola (il virus del vaiolo) e al Vaccinia (il virus utilizzato nel vaccino del vaiolo).
Questa malattia causa gravi eruzioni cutanee, febbre, dolori di testa e, nei casi più gravi, cecità e morte. Al momento non è curabile: a dispetto del nome, si contrae dalle principamente dai roditori e chi ne è colpito può solo sperare di sopravvivere. La più grave epidemia recente si è registrata in Congo nel 1997.

Fonte: Focus.it

 

La delibera AGCOM sul diritto d'autore è al giro di boa: la battaglia sembra persa per gli attivi dei diritti digitali. Venerdì le parti si sono incontrate ma non sono giunte ad alcun compromesso. O meglio, secondo Luca Nicotra di Agorà Digitale il Garante avrebbe fretta di chiudere la partita per questioni prettamente politiche e di lobbying.

Com'è risaputo entro il 6 luglio il Garante delle Comunicazioni approverà la tanto contestata delibera sul diritto d'autore. Una sorta di regolamento che consentirà la cancellazione e l'inibizione di siti Internet (amatoriali e commerciali, compresi blog) sospettati di violare il diritto d’autore mediante il blocco dell'indirizzo IP o del Domain Name Systems.

Presidente AGCOM Calabrò

I difetti di questa iniziativa, rilevati per lo più dagli esperti giuristi del Web, sono molti. Il primo è che l'AGCOM diventa di fatto una sorta di poliziotto: interviene se le richieste di rimozione di un titolare di copyright non vengono esaudite (dal sito) entro 48 ore. Ecco quindi scattare "una breve verifica in contraddittorio con le parti da concludere entro cinque giorni". In caso di esito negativo l'AGCOM dispone la rimozione e per i siti stranieri volendo anche "l’inibizione del nome del sito web […] ovvero dell’indirizzo Ip, analogamente a quanto già avviene per i casi di offerta, attraverso la rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi in assenza di autorizzazione, o ancora per i casi di pedopornografia".

"Saremo l'esperimento più avanzato di censura del nuovo millennio. È questo il baratro in cui stanno lanciando il sistema dell'informazione italiana", ha tuonato Nicotra. 

"Calabrò non si era preparato un discorso o una parte da recitare. Non ha provato a contrapporre argomentazioni alle nostre, che ignari, siamo subito partiti, ordinati come scolaretti, a spiegare pacatamente le nostre posizioni e le nostre critiche", ha raccontato Nicotra dell'incontro con il presidente AGCOM.

"Calabrò ha deciso di mettere in scena il potere che non deve giustificarsi, che può dire beffardamente, quasi ingenuamente Speriamo di no mentre gli spieghiamo l'inferno di decine di migliaia di richieste di rimozione di contenuti da cui saranno sommersi. Sarà il far west, con un approssimazione totale nella decisione di rimuovere o chiudere siti web, e decine, centinaia forse migliaia di contenuti innocenti e abusi del sistema. È questa l'ovvio risultato della censura. È questo il motivo per cui non è mai accettabile in democrazia".

Spaghetti Western, manca solo Sergio Leone

"Chissà com'eravamo buffi agli occhi di Calabrò quando gli abbiamo chiesto conto del fatto che senza preavviso aveva rimosso Nicola D'Angelo, l'unico commissario che aveva promesso una lotta fino all'ultimo per evitare un sistema di censura così pervasivo. Eravamo buffi e gli abbiamo ispirato una sorta di barzelletta: Mi avevano informato - ci ha detto sorridendo - che D'Angelo voleva dimettersi. E allora l'ho dimesso io, il giorno prima. Cosa potevamo rispondere noi di fronte a questo?", continua Nicotra facendo riferimento al licenziamento di Nicola D'Angelo.

"L'Italia sarà un esperimento, noi saremo un esperimento. Possiamo fermarci? ha chiuso Calabrò, e senza motivazione, e anzi contraddicendo quanto aveva appena detto circa la complessità della materia si è risposto No, dobbiamo chiudere subito, dobbiamo chiudere entro l'estate".

Insomma, il dibattito è stato ridotto ai minimi termini e secondo Nicotra la questione è semplice. "Si teme che presto l'aria politica fuori e dentro Agcom non sarà così favorevole. Forse non ci sarà la stessa protezione dei grandi soggetti dominanti il mercato dei media e non sarà così facile spianare la strada ai progetti di conquista che il sistema mainstream ha sull'informazione online. E allora bisogna fare in fretta, raccogliere tutto il possibile in tempi brevi", sottolinea l'esperto.

"E allora che importa se ci avevano assicurato che ci sarebbe stato un nuovo incontro con tutti i soggetti interessati per discutere i risultati della consultazione pubblica? Che importa se ci avevano rassicurato che il regolamento, nella sua forma definitiva sarebbe anch'esso entrato nuovamente in consultazione permettendo un ampio dibattito? Che importa mentire e mentire pubblicamente? Che importa? Hanno tagliato tutto perché hanno una fretta terribile. Se mamma televisione impone che il Web italiano debba essere forgiato in questo modo, Agcom e Calabrò obbediscono".

Pare che un funzionario AGCOM abbia sussurrato a Nicotra e il resto del gruppo del "Libro bianco su diritti d'autore e diritti fondamentali nella rete Internet" un ultimo messaggio da lasciare ai posteri.

"Ma è possibile che qui sotto vengano a protestare per ogni stronzata e ora, che stanno per portare una censura infernale in Italia non c'è un cane che venga a dire qualcosa?".

Fonte: tomshw.it

 

Astronauti e turisti spaziali, nel preparare la valigia per il prossimo viaggio tra le stelle non dimenticatevi la maglia di lana: nel cosmo anche un banale raffreddore potrebbe diventare piuttosto antipatico visto che l'efficacia di aspirine e medicinali vari, lassù, sembra essere notevolmente ridotta. Lo affermano i ricercatori del Johnson Space Center in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista scientifica AAPS.

Emicranie spaziali

Le medicine, sulla Terra, hanno una vita utile media di un paio di anni, poi cominciano più o meno rapidamente a perdere le funzionalità terapeutiche. Ma nello spazio l'esposizione prolungata alle basse dosi di radiazioni ionizzanti ne riduce notevolmente la vita utile: in altre parole, scadono prima.

Il problema è piuttosto serio, perchè la sempre maggior durata di viaggi e missioni spaziali rende indispensabile agli astronauti poter disporre di farmacie  ben fornite.
Gli scienziati americani hanno mandato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale 35 campioni di medicine diverse e a intervalli variabili tra 15 giorni e 28 mesi ne hanno analizzato l'effettiva efficacia. I risultati sono stati sconfortanti: quasi tutti i composti sono tornati dallo spazio parzialmente o completamente degradati e la maggior parte di loro non avrebbe superato i test della Food and Drug Administration per la commercializzazione negli USA.

Le adrenaline, la vitamina A e la vitamina C hanno invece tratto giovamento dalla permanenza nello spazio: l'ambiente ricco di CO2 le ha protette dalla ossidazione alla quale sono particolarmente sensibili.
"Lo studio faciliterà la ricerca e lo sviluppo di prodotti farmaceutici progettati per lo spazio e di tecnologie di packaging adatte all'ambiente extraterrestre" spiega Lakshmi Putcha, responsabile dello studio.

Fonte: Focus.it

 

Via libera della Corte di Cassazione alla coltivazione della marijuana sul terrazzo di casa. Una sentenza rivoluzionaria e quanto meno discutibile la numero 25674 della Suprema Corte, che ha respinto il ricorso con il quale il procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro si era opposto all’assoluzione di un ragazzo di 23 anni sorpreso con una piantina di "maria" sul balcone della sua abitazione a Scalea, in provincia di Cosenza.

I giudici hanno aperto una breccia nel finora rigidissimo orientamento della giurisprudenza in materia, che aveva sempre punito la coltivazione di sostanze stupefacenti. Per essi occorre sposare la linea di giudizio che individua nella "problematica dell’offensività" la leva "destinata in futuro ad innovare tutto il sistema penale". Insomma, in presenza di "modestia dell’attività posta in essere" (in questo caso una piantina in un piccolo vaso sul terrazzo di casa con un principio attivo di 16 milligrammi) il comportamento dell’imputato deve essere ritenuto del tutto inoffensivo e non punibile anche in presenza di specifiche norme di segno contrario. Di fatto per la Cassazione non solo non è punibile alcun comportamento non previsto dalla legge come reato, ma non è punibile nemmeno il reato che non procura danni a nessuno.

Un principio questo che turba il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, secondo la quale "il via libera della Cassazione alla coltivazione di marijuana sul terrazzo di casa è scandaloso. Lo stato si regge su leggi uguali per tutti, anche per chi è chiamato a farle rispettare". "La motivazione della sentenza - aggiunge il ministro - ha poi qualcosa di agghiacciante, quando prevede che il fatto è non punibile anche in presenza di specifiche norme di senso contrario, perché inoffensivo. Questo rischia di stabilire un precedente gravissimo: ovvero che un reato non sia più tale, nonostante la legge, quando considerato inoffensivo".

"Se i magistrati vogliono farsi legislatori - conclude Meloni - smettano la toga e si facciano eleggere in Parlamento". Di altro avviso Marco Staderini, segretario dei Radicali italiani, secondo il quale la sentenza della Cassazione "introduce un elemento di buon senso e un principio liberale: non c’è reato se non c’è vittima".

Addirittura secondo Staderini "l’autocoltivazione andrebbe promossa, perché garantisce al consumatore la qualità del prodotto, lo libera dal mercato criminale e riduce i profitti delle mafie". Favorevole alla pronuncia della Cassazione anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione: "Finalmente la follia repressiva della legge Fini-Giovanardi viene messa in discussione, applicando correttamente la Costituzione e quindi garantendo la libertà dei cittadini di compiere atti non dannosi per sé o per gli altri".

Fonte: ilgiornale.it - Autore: Enrico Silvestri

 

L’emolumento annuale del Presidente degli Stati Uniti d’America ammonta a 400.000 dollari più i benefits. Lo Stato della California, che vanta un prodotto interno lordo fra i più alti del mondo (settimo posto), concede al governatore, Arnold Schwarzenegger, 162.598 euro lordi l’anno, un poco più della metà gli altri governatori statunitensi (88 mila euro circa).

I consiglieri delle assemblee legislative italiane superano abbondantemente queste cifre. In Sicilia, per esempio, le istituzioni sono molto più generose sia nei confronti dei deputati regionali, quanto verso i Presidente dell’Assemblea e della Regione. Antonio Stella, autore della Casta, riferisce che il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, porta a casa 320.496 euro lordi l’anno, circa 36.000 euro più del presidente degli Stati Uniti.

Le spese correnti di Palazzo Madama, nel 2008, sono salite di quasi 13 milioni rispetto al 2007 per sfondare il tetto di 570 milioni e mezzo di euro, annota diligentemente Stella. “Un’enormità: un milione e 772.000 euro a senatore”.

Grazie al parametro con il Senato le spese dell’Assemblea regionale siciliana seguono la stessa sorte, o quasi.

La lievitazione della spesa nei Palazzi delle istituzioni è stata stimolata anche

Dalle nuove pensioni, o vitalizi, assegnati ai 57 parlamentari che non sono stati rieletti. 7.251.000 euro sono stati concessi generosamente agli ex senatori a titolo di «assegni di solidarietà». Così piangono con un solo occhio.

Si può dubitare di tutto nei Palazzi, ma non della solidarietà: su questa non si transige. Clemente Mastella ha ricevuto un «assegno di reinserimento nella vita sociale» di 307.328 euro, Armando Cossutta 345.600 euro, Alfredo Biondi 278.516, Francesco D’Onofrio 240.100.

E questo al senato. Quanto alla Camera, è ancora Stella a farcelo sapere, non sono stati da meno in quanto a solidarietà verso i colleghi. Angelo Sanza ha ricevuto una specie di premio di consolazione, consistente in un accredito bancario di 337.068 euro oltre al vitalizio mensile di 9.947 euro per dieci legislature “teoriche”. Grazie alle consultazioni elettorali anticipate, infatti, gli anni di attività dei parlamentari sono di gran lunga inferiori.

“Il verde Alfonso Pecoraro Scanio, andato a riposo a 49 anni appena compiuti con gli 8.836 euro al mese che spettano a chi ha fatto 5 legislature pur essendo stato eletto solo nel 1992: 16 anni invece di 25. Il democratico Rino Piscitello: 7.958 euro per quattro legislature nonostante non sia rimasto alla Camera 20 anni ma solo 14”.

Quirinale, Senato, Camera, Corte costituzionale, Cnel e Csm costavano tutti insieme nel 2001 un miliardo e 314 milioni di euro saliti in cinque anni a un miliardo e 774 milioni. Nel 2007 gli organi istituzionali italiani sono costati un miliardo e 945 milioni. Nel corrente anno è stato calcolato che la cifra aumenterà, alla faccia del taglio alle spese della politica, raggiungendo la cifra di un miliardo e 998 milioni. (Quel dispettoso di Stella avverte che la regina Elisabetta ha tagliato del 61 per cento le spese).

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deciso una svolta di buonsenso al Quirinale, adottando alcune misure che potrebbero avere il valore di una moral suasion “forzata”.

Il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, ha scritto al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che il Quirinale non utilizza la possibilità di adeguare il suo bilancio al tasso dell’inflazione. La qualcosa significa che taglia le spese, una decurtazione consistente di 10 milioni e 456 mila euro nel biennio 2010-11.

«Il deciso ridimensionamento delle previsioni del fabbisogno, comunica il segretario generale del Quirinale, è stato reso possibile dal programma di contenimento della spesa, in ogni sua componente, avviato su impulso del Presidente per concorrere al risanamento dei conti pubblici ».

La riduzione delle spese è stata ottenuta attraverso il turn-over, la riduzione del personale distaccato e comandato, la cessazione dell’allineamento automatico delle retribuzioni a quelle del Senato e una riorganizzazione amministrativa.

Scostandosi dal parametro con il Senato e decidendo una piana autonomia amministrativa nella contrattazione con il personale, i risparmi potranno essere mantenuti. Altra novità, l’aggiornamento periodico sul sito internet del Quirinale delle informazioni sulle spese correnti.

Il parametro con il Senato è stato finora mantenuto dall’Assemblea regionale siciliana con il Quirinale. Le scelte di Napolitano lasciano il Parlamento regionale come unica istituzione che lo utilizza.

Siccome ci troviamo alla vigilia della presentazione del bilancio interno dell’Assemblea, presto sapremo che cosa faranno in Sicilia, sia sul fronte dei tagli alla spesa per la politica e le istituzione quanto sul fronte della trasparenza. Una materia che vede in coda il Parlamento regionale.

Fonte: aetnascuola.it

 

L’intera volta celeste immortalata a 360° in un’unica gigantesca immagine: è lo straordinario risultato ottenuto da Nick Risinger, un giovane astronomo dilettante americano, che qualche giorno fa ha pubblicato online la prima superimmagine a tutto cielo della Via Lattea come appare dal nostro pianeta. È una enorme fotografia panoramica, navigabile e interattiva, da 5.000 megapixel nella quale sono ritratti gli oltre 20.000.0000 di stelle visibili dai due emisferi della Terra. 

Passione hi tech

Per realizzala Risinger, accompagnato dal papà, ha viaggiato per oltre 96.000 km in tutti e 5 i continenti e si è servito dalle più moderne tecnologie.
Per essere certo di non dimenticare nemmeno un angolo di cielo, ha diviso la volta celeste in 624 aree uniformi e ha inserito le loro coordinate nel suo portatile. Ogni area è stata immortalata con 60 scatti da una batteria di 6 fotocamere montate su uno speciale cavalletto motorizzato controllato da un GPS e sicrnonizzato con il movimento degli astri.
Per ottenere il miglior risultato possibile Nick ha lavorato solo nelle notti più buie, quelle di luna nuova, quando il cielo era sereno e in luoghi non raggiunti dall’inquinamento luminoso.

Superpuzzle

Al termine del suo giro del mondo Risinger è tornato a casa con 37.440 immagini che ha assemblato utilizzando speciali programmi per l’editing delle fotografie astronomiche.
Sul suo sito, che in pochi giorni ha raggiunto qualche milione di contatti, potete letteralmente immergervi nella sua superfotografia e vedere stelle e costellazioni invisibili dal nostro emisfero. E se apprezzate l’opera del giovane astronomo potete cliccare sul pulsante “Donate” e contribuire alle spese, sicuramente non trascurabili, che ha sostenuto.

Guarda la prima foto a tutto cielo dell'intero universo.

Fonte: Focus.it

 
By Admin (from 05/07/2011 @ 15:00:43, in it - Osservatorio Globale, read 1987 times)

Mi chiamo Silvano Xxxxx e sono un cittadino, abitante della Valle di Susa, luogo ormai noto, ahimè, più come sinonimo di Tav che come bel territorio alpino dove fare qualche passeggiata in relax.
 
Come cittadino, sono preoccupato.
 
Il giorno dopo la manifestazione No Tav di Domenica 3 Luglio in Valle di Susa, sono preoccupato per la libertà degli italiani, costretti a ricevere un'informazione parziale, distorta e schierata. Gli italiani hanno visto in televisione scene di guerriglia con protagonisti due-trecento (forse) attivisti e centinaia di agenti. Gli italiani non hanno visto – o non è stato presentato loro nel modo corretto – il fiume delle decine di migliaia di persone che hanno sfilato pacificamente.
E agli italiani non sono state raccontate le ragioni che hanno portato migliaia e migliaia di famiglie sulle strade della Val di Susa per manifestare.

Sono preoccupato perché la rappresentazione che media e politici danno della realtà è scollata da quanto succede davvero. Partecipo ad una manifestazione No Tav, poi sento il servizio del TG di turno e non ritrovo nulla di quanto ho visto e sentito.
 
Sono preoccupato perché giornali, tv e politici ripetono il mantra che lega il movimento No Tav a black-block e anarco-insurrezionalisti, ricordando ogni giorno di più i proclami dei nazisti contro i “banditen” partigiani, volti soltanto a spaventare e fare dell'altro un “nemico”, una minaccia.
 
Sono preoccupato perché sul campo, sulla strada, nel corteo ho visto polizia e carabinieri incapaci di isolare i violenti.
Sono preoccupato per la sicurezza di noi cittadini perché ho visto gli agenti attaccare indiscriminatamente. Ho visto una trentina (quindi per la questura erano in 3!) di attivisti cercare di forzare le barriere alla centrale idroelettrica, a fronte di migliaia e migliaia di donne, uomini, bambini che manifestavano tanto rumorosamente quanto pacificamente. E ho visto polizia e carabinieri colpire senza distinzione chiunque, con idranti e lacrimogeni sparati ad alzo zero. Ho visto lacrimogeni lanciati contro il presidio di pronto soccorso, sulle persone a oltre duecento metri dalla “zona calda”, dove c'erano famiglie con bambini. Ho visto la furia di forze dell'ordine in guerra contro i cittadini: decine e decine di lacrimogeni sparati sulla gente.
 
Sono preoccupato perché i miei figli sono ragazzi e si stanno formando, stanno maturando la loro idea di società, di legalità, di Stato. Ieri hanno respirato i gas irritanti dei rappresentanti della legge, loro che stavano ben lontani dagli scontri. Hanno visto la violenza vestita in divisa comportarsi come e peggio dei (pochi) violenti che stavano al di qua delle barricate erette a difesa del cosiddetto cantiere. Hanno sperimentato che non basta essere onesti e pacifici per non rischiare di essere colpiti e fatti oggetto di violenza da coloro che noi cittadini paghiamo per tutelare l'ordine e la legge.
 
Sono preoccupato perché ho visto poliziotti e carabinieri protetti da caschi, scudi, protezioni integrali del corpo, schierati dietro 3 barriere di ferro e cemento, sparare ad alzo zero lacrimogeni sulla gente.
 
Sono preoccupato perché poliziotti e carabinieri non solo non ne sono stati capaci, ma non si sono minimamente curati di isolare il gruppetto di violenti, sparando invece nel mucchio e innescando una tensione violenta fino a quel momento inesistente.
 
Sono preoccupato perché ho visto nei telegiornali immagini che ritraevano ragazzi tirare oggetti contro gli agenti, ma raccontavano solo il finale della scena: il resto, l'inizio (e io l'ho visto), era invece dato dal lancio folle di lacrimogeni, che poi i ragazzi avrebbero cercato di restituire al mittente.
 
Sono preoccupato perché ho sentito politici di quasi ogni parte politica condannare la violenza dei manifestanti, mentre se ne stavano seduti comodi in qualche poltrona; non sanno niente, non vedono niente, non ci sono mai e tranciano giudizi senza appello. Dovrebbero rappresentare i cittadini e non si accorgono neanche della loro esistenza. Domenica eravamo certamente almeno settantamila a manifestare pacificamente e risolutamente contro un'opera inutile e devastante: su questa folla, neanche una parola.
 
Sono preoccupato perché voi che avete le leve del potere concepite e vi occupate solo della violenza: vi accorgete di un centinaio di violenti a fronte di decine di migliaia di persone pacifiche e rispondete unicamente con la violenza di polizia e carabinieri, incapaci peraltro di gestire un ordine pubblico. Per voi non esiste altro. E quando commentate la giornata di domenica, parlate solo degli scontri, non fate riflessioni sul perché, sui contenuti, sulle ragioni delle donne e degli uomini (decine di migliaia!) che portavano la propria persona pacificamente a manifestare.
Come si fa a sentirsi rappresentati e tutelati da persone come voi?
 
Sono preoccupato perché ho imparato che le forze di polizia non distinguono e non proteggono: attaccano indiscriminatamente un'intera popolazione: forse per paura, forse per inadeguatezza, forse per qualche altro motivo peggiore... non lo so. Ma di certo li ho sentiti contro, li ho sentiti aggressori, li ho sentiti nemici nei miei confronti: io che non ho mai tirato una pietra o qualsivoglia altro oggetto.
 
Sono preoccupato perché alla fine degli scontri, alla centrale, ho visto poliziotti e carabinieri continuare a sparare decine di lacrimogeni sulla gente in fuga, li ho visti correre dietro i singoli rimasti isolati, li ho visti spaccare i resti delle tende e dei cartelli portati dalla manifestazione. Li ho visti lanciare ogni sorta di oggetto nel fiume, in spregio al territorio e di conseguenza alla gente che lo vive. Sono preoccupato perché ho visto atteggiamenti da esercito invasore, non da tutori dell'ordine.
E sono preoccupato perché questi atteggiamenti (che magari – chissà? - sono di singoli esagitati) non vengono mai stigmatizzati e perseguiti dalle gerarchie, tant'è vero che si ripresentano puntualmente. Questi non possono rappresentare lo Stato, il bene comune ed esserne tutori.
 
Sono preoccupato perché ho visto e sentito persone normali, tranquille, uscire esasperate e incattivite da quelle strade pregne di gas lacrimogeno: donne e uomini sfiduciati, amareggiati, traditi nel loro essere e sentirsi cittadini.
Così non si difende il bene pubblico, ma si violenta una società, creando lacerazioni e risentimento.
 
Sono preoccupato perché questa mia voce resterà con ogni probabilità inascoltata; e se fosse la voce di un singolo, sarebbe poca cosa. Ma invece resta inascoltata la voce di decine di migliaia di cittadini onesti, informati e pacifici.
 
Sono preoccupato perché il cantiere Tav si doveva fare solo “con il consenso” delle popolazioni interessate: in una valle di sessantamila abitanti, ieri avete avuto settantamila no. Cos'altro vi serve?
 
Sono preoccupato perché la scuola dei miei figli subisce tagli, il loro futuro è incerto e vedo avviare delle “grandi opere” da decine di miliardi di euro, con l'unica spiegazione che sono “strategiche”, senza uno straccio di dato ad avvalorare questa tesi.
 
Sono preoccupato
perché se il mio stato, l'Italia, è disposto a militarizzare e attaccare un'intera popolazione per il “progresso”, allora abbiamo davanti anni bui, di paura e tensione.
Questo non è progresso.
E' follia.
E' antiStato.
 
Silvano Xxxxxxx – Villar Focchiardo (TO), 4 Luglio 2011

 

Come in un effetto domino, l’impatto delle guerre e delle rivoluzioni nei paesi del Nord Africa si sta facendo sentire negli altri paesi. Come rispondono l’Europa e l’Italia? Stando ai messaggi dei politici e agli umori della gente sembra regnare un clima di paura e di chiusura. Più che la complessità della situazione geo-politica, a preoccupare è soprattutto la questione immigrazione. Quanti profughi dovranno ancora arrivare? Come possiamo tenerli lontani? Se bombardiamo la Libia, arriveranno in massa? L’allarme è però eccessivo. Con questo aggettivo lo ha definito Laurens Jolles, rappresentante per l’Italia dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), nel corso di un incontro organizzato da Link2007 a Roma.

Detail-libia immigrazione

Secondo Jolles, lo stato di paura che regna sta facendo dimenticare gli impegni e i doveri di protezione che l’Italia e gli altri paesi hanno nei confronti di queste persone. Sulle coste di Lampedusa ne sono sbarcate 23 mila dalla Tunisia, e la maggior parte è stata trasferita in qualche altro paese europeo. Poi, a metà marzo, è cominciato il secondo flusso dalla Libia, di circa 8 mila persone, quasi tutti somali, eritrei, nigeriani. “Se si tiene conto che dalla Libia sono partite ben 700 mila persone, accolte per lo più in Tunisia, Egitto o in qualche altro paese africano, il numero di persone giunte in Italia è molto piccolo”, spiega Jolles. “Ciò non vuol dire che non dobbiamo essere preparati a un’ondata maggiore di profughi. Potrebbero essere 50mila, come dice il governo italiano, e la maggior parte richiederà asilo. Serve un piano di intervento per accoglierli e chiarezza sui fatti”.

Troppo spesso, infatti, si tende a includere sotto il cappello della clandestinità tutti i fenomeni migratori, senza considerare che molti fuggono dal proprio paese per motivi economici o perché perseguitati per ragioni politiche, religiose o etniche. Questi profughi, in base alle norme internazionali, hanno diritto di fare richiesta di asilo e di vedersi riconosciuto lo status di rifugiati. Il principio del “non respingimento” sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 trova applicazione anche in acque internazionali e vincola l’Europa. “Per quanto riguarda la procedura di accesso all’asilo in Italia, il sistema sta funzionando abbastanza bene. Il tasso dei riconoscimenti è alto rispetto alla media europea”, continua Jolles, che teme però la possibilità di un ritorno a quelle politiche di respingimento in mare attuate fino a poco tempo fa. “Ciò che preoccupa è la mozione approvata in questi giorni dalla Lega e dal Pdl, che impegna il governo a insistere affinché l’Unione europea ‘renda immediatamente operativa un’azione di pattugliamento del Mediterraneo’ allo scopo di fare prevenzione migratoria”.

L’atteggiamento di chiusura e di paura non riguarda solo l’Italia. Da quando sono iniziati gli sbarchi, altri paesi europei hanno cercato di bloccare l’entrata dei migranti nel proprio territorio. “Esistono norme che limitano la libera circolazione dei rifugiati tra i paesi; il Trattato di Dublino impone che chi arriva in uno stato e vi chiede rifugio debba rimanere lì”, spiega ancora Jolles. “L’Italia ha il diritto di dare i permessi di soggiorno, ma è sbagliato presentarli come la garanzia di una libera circolazione tra paesi. Per affrontare in maniera collaborativa la questione dei rifugiati, servono regole e standard comuni di accoglienza e di trattamento”.

Il problema non è solo politico ma sociale. Gli stranieri rifugiati in Italia, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei, spesso vivono nel degrado, non hanno accesso ai servizi sociali e sanitari, non lavorano e stentano a integrarsi a causa della mancanza di una rete di sostegno e di accoglienza. “Serve una politica migratoria realistica, con delle quote di ingresso legali, basate sui bisogni del paese che ospita”, ha aggiunto Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr. “Ogni anno entrano nel nostro paese tantissimi migranti in possesso di regolare visto di studio e lavoro, che poi diventano irregolari e clandestini perché manca un sistema di integrazione e di supporto”.

Fonte: Galileonet.it

 

Il tema è quello fortemente dibattuto del testamento biologico, e "LaMiaScelta.it" - online dal 5 maggio 2011 - è il nuovo portale dedicato all’iniziativa.

Per prendere parte al progetto basta registrarsi e caricare sul sito video, foto o testi, che contengano le proprie volontà o anche soltanto commenti e spunti di riflessione sull’argomento. Le testimonianze rilasciate sul sito naturalmente non costituiscono dei documenti ufficiali: l’obiettivo finale del progetto, infatti, è soprattutto quello di alimentare il dibattito dei cittadini sul tema e richiamare l’attenzione dei legislatori.

Detail-lamiascelta

Il testamento biologico è lo strumento che permette a ogni cittadino, nel pieno delle sue facoltà, di esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto a terapie e trattamenti medici di qualsiasi tipo, qualora un giorno non dovesse essere più in grado di scegliere autonomamente. Non una dichiarazione di ciò che è giusto o sbagliato, quindi, né una scelta politica o religiosa, ma solo una messa in atto del diritto fondamentale di autodeterminazione.

In Italia, infatti, non esiste ancora una normativa che regoli questa istituzione, dal momento che da quando nel 2001 il nostro paese ha firmato la Convenzione di Oviedo - dove è sancito che "i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione" – non è mai stato emanato alcun decreto per recepirla. Risultato: è come se la convenzione non fosse mai stata firmata, e le uniche norme esistenti sul trattamento sanitario rimangono l’art. 32 della Costituzione e la legge sul consenso informato.

Il nuovo sito, raccogliendo le voci dei cittadini, vuole lanciare un messaggio ai legislatori affinché vengano emanate delle disposizioni precise per regolamentare le dichiarazioni anticipate di trattamento: una normativa che faccia diventare attiva la Convenzione.

Fonte: galileonet.it

 
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